Immobiliare e demografia in Italia

oneone

Andrà tutto diversamente bene
Registrato
7/11/09
Messaggi
60.080
Punti reazioni
2.846
Edilizia e demografia: la grande mutazione modifica il mercato della casa
Settembre 10, 2021
demografia
Uno spettro si aggira per l’Italia: la scomparsa degli italiani. Più morti e meno nascite significano anche un’economia da rifondare o, perlomeno, da rivedere. E, dunque, anche l’offerta delle aziende, comprese quelle dell’edilizia o dell’immobiliare.

L’unico trend in crescita, da un punto di vista demografico, è quello dell’immigrazione, che piaccia o meno. Questo significa anche che l’offerta immobiliare dovrà sintonizzarsi su quello che è il reale mercato della casa, diverso da quello del secolo scorso.

In fondo, al di là delle polemiche che piacciono tanto alla politica, in effetti gli italiani sono già il risultato di un mix composto da etruschi, greci, albanesi, occitani, normanni, arabi, celti, germani, eccetera.

Questo amalgama di popolazioni ed etnie che si sono sovrapposte nel tempo è stato unito amministrativamente dall’impero romano e dall’utilizzo della lingua latina, fino a formare la popolazione attuale.

Anche se, non a caso, l’Italia ha conservato quella diversità di usi, dialetti e gastronomia che arricchiscono la nostra cultura. Ma il fatto di discendere da un caleidoscopio di etnie non toglie che il declino demografico sia una prospettiva poco allegra.

Che gli italiani siano in via di estinzione è previsione drastica? No, è il trend che, matematica alla mano, condiziona già economia e società, anche se non è detto che sia irreversibile.

Calo demografico: i dati Istat 2021
I dati Istat indicano, in ogni caso, che la popolazione continua a diminuire: a gennaio 2021 i residenti ammontavano a 59 milioni 258 mila, cioè 384 mila in meno su base annua. D’accordo, il covid ha dato una mano alle partenze, ma il trend resta. Sempre l’Istat ha rilevato che siamo arrivati al minimo di nascite: ogni mille abitanti si registrano sette neonati e 13 defunti.

Tasso-di-fertilita-in-italia
Il saldo positivo, se si tiene conto del semplice dato numerico, è quello degli immigrati dall’estero, fenomeno noto e generalmente non troppo apprezzato. Tra chi arriva su un barcone o in aereo e chi se ne va, il saldo è di +79 mila, cioè 1,3 immigrati ogni mille abitanti.

Per la cronaca, probabilmente causa covid nel 2020 ci sono stati la metà degli arrivi rispetto al 2019. Altro dato statistico di cui tenere conto: l’età media è in ulteriore rialzo, a 46 anni e conferma il trend di invecchiamento della popolazione.

Crisi demografica e modelli abitativi
I numeri o, meglio, la statistica indicano dunque che sul lungo periodo gli italiani sono una specie a rischio di estinzione. Il trend, per la verità, non è nuovo: va avanti da anni, ma si è ulteriormente rafforzato.

Bisogna aggiungere anche che l’Italia non è l’unica a soffrire di questa malattia, molto comune nei Paesi cosiddetti avanzati, cioè più ricchi, anche se da noi i sintomi sono più acuti.

Il trend si può anche riassumere in due parole: crisi demografica. L’Italia invecchia. E questo significa che chi costruisce deve tenere conto di due fattori: meno giovani acquisteranno abitazioni per creare un nucleo famigliare, più anziani avranno necessità di appartamenti più piccoli, ma su misura per le esigenze di chi ha diversi «anta» alle spalle. Ci sono, inoltre, i nuclei famigliari stranieri, che rappresentano una esigenza abitativa generalmente low cost e che dovrebbe essere al centro di politiche di social housing.

Resta, poi, il problema fondamentale: il calo demografico è una libera scelta di nuove modalità di vita o la conseguenza della insufficienza del welfare? La tendenza degli italiani a mettere al mondo meno figli si è sviluppata prima al Centronord, ma ora è comune anche nel Mezzogiorno.

natalità
Anzi, l’area d’Italia che una volta era la patria della famiglia numerosa, che al pranzo della domenica deve unire due tavoli per farci stare tutti, registra negli ultimi anni una riduzione della fecondità maggiore rispetto alla media nazionale.

A questo si aggiunge, come ben sanno le imprese di costruzione del Centrosud, che l’emigrazione di giovani verso il Nord o all’estero non è mai terminata, anche se non assume più le dimensioni da esodo come negli anni Cinquanta e Sessanta. I giovani cercano opportunità nei grandi centri, da Roma in su. Anche se l’immigrazione di giovani a Milano, Torino o Bologna non basta per invertire il trend in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna.

Declino demografico: fenomeno irreversibile?
Ma il declino demografico è davvero un fenomeno irreversibile? Non è detto. In alcune aree, in prevalenza nel Nord, il tasso di natalità è maggiore dove la presenza di servizi di assistenza tra lavoro e famiglia rende possibilela scelta di avere figli anche lavorando.

Sintetizzando: ci fossero più asili e doposcuola ci sarebbero anche più nascite. Naturalmente, è meglio evitare di fermarsi agli slogan da campagna elettorale: più asili significa anche più tasse per i residenti nel comune, perché i servizi sociali costano. E quale candidato sindaco può presentarsi agli elettori promettendo più imposte?

Secondo le analisi sociologiche, per esempio, nel Sud la natalità è ancora associata ai ruoli di genere: se la donna non lavora sta a casa e alleva figli, anche perché i servizi di supporto, come appunto gli asili, risultano spesso più rarefatti.

Risultato: a Reggio Calabria e a Reggio Emilia si trova più o meno la stessa percentuale di bambini sotto i dieci anni. Solo che nella Reggio emiliana c’è un tasso di occupazione femminile oltre il doppio rispetto alla quasi omonima città calabrese.

BAMBINI-CHE-HANNO-USUFRUITO-DEI-SERVIZI-COMUNALI-PER-LINFANZIA
BAMBINI CHE HANNO USUFRUITO DEI SERVIZI COMUNALI PER L’INFANZIA
Altro dato che testimonia la correlazione tra servizi per le famiglie e natalità è testimoniata a Milano e Bologna, due città in controtendenza in fatto di nascite e dove è maggiore il supporto dei servizi messi a disposizione dai comuni.

Rapporto tra reddito e disponibilità abitativa
C’è, poi, un altro aspetto da non sottovalutare: il rapporto tra reddito e disponibilità abitativa. Difficile formare una famiglia e fare figli se il reddito di un giovane non consente neppure l’affitto o l’acquisto di un’abitazione indipendente.

E se, in teoria, per comprare casa in Italia servono in media 6,6 annualità di stipendio, per comprare un immobile a Milano ce ne vogliono oltre 11 e a Roma 9,3.

Ma, attenzione, si tratta di una media dell’Ufficio Studi di Tecnocasa: il calcolo si è basato sullo stipendio medio di un impiegato e non certo sui compensi da apprendista o, in ogni caso, da giovane al primo impiego.

Se si calcolasse il rapporto tra prezzo di un immobile in una città medio grande, seppure in zona periferica, e lo stipendio di un giovane a inizio carriera, ammesso che abbia un contratto non a termine o un rapporto di lavoro instabile, l’incidenza tra annualità di stipendio necessarie per acquistare un bilocale salirebbe in modo ancora più sostanzioso.

La soluzione è una sola: costruire di più e con politiche di supporto per i giovani che vogliono acquistare casa.

Un passo in questa direzione è stato appena compiuto dal governo con il bonus per chi ha meno di 36 anni contenuto nel decreto Sostegni bis approvato a fine maggio. L’incentivo prevede l’esenzione fino al 30 giugno 2022 dall’imposta di registro, ipotecaria e catastale, un credito d’imposta per gli acquisti assoggettati a Iva e la cancellazione dell’imposta sostitutiva per i mutui. E per i giovani con Isee inferiore a 40 mila euro c’è anche la garanzia dello Stato all’80%. Ma si tratta di un intervento legato all’emergenza covid ed è tutto da vedere se sarà prorogato nel futuro.

Edilizia e demografia: la grande mutazione modifica il mercato della casa - YouTrade Web
 
Edilizia e demografia: la grande mutazione modifica il mercato della casa
Settembre 10, 2021
demografia
Uno spettro si aggira per l’Italia: la scomparsa degli italiani. Più morti e meno nascite significano anche un’economia da rifondare o, perlomeno, da rivedere. E, dunque, anche l’offerta delle aziende, comprese quelle dell’edilizia o dell’immobiliare.

L’unico trend in crescita, da un punto di vista demografico, è quello dell’immigrazione, che piaccia o meno. Questo significa anche che l’offerta immobiliare dovrà sintonizzarsi su quello che è il reale mercato della casa, diverso da quello del secolo scorso.

In fondo, al di là delle polemiche che piacciono tanto alla politica, in effetti gli italiani sono già il risultato di un mix composto da etruschi, greci, albanesi, occitani, normanni, arabi, celti, germani, eccetera.

Questo amalgama di popolazioni ed etnie che si sono sovrapposte nel tempo è stato unito amministrativamente dall’impero romano e dall’utilizzo della lingua latina, fino a formare la popolazione attuale.

Anche se, non a caso, l’Italia ha conservato quella diversità di usi, dialetti e gastronomia che arricchiscono la nostra cultura. Ma il fatto di discendere da un caleidoscopio di etnie non toglie che il declino demografico sia una prospettiva poco allegra.

Che gli italiani siano in via di estinzione è previsione drastica? No, è il trend che, matematica alla mano, condiziona già economia e società, anche se non è detto che sia irreversibile.

Calo demografico: i dati Istat 2021
I dati Istat indicano, in ogni caso, che la popolazione continua a diminuire: a gennaio 2021 i residenti ammontavano a 59 milioni 258 mila, cioè 384 mila in meno su base annua. D’accordo, il covid ha dato una mano alle partenze, ma il trend resta. Sempre l’Istat ha rilevato che siamo arrivati al minimo di nascite: ogni mille abitanti si registrano sette neonati e 13 defunti.

Tasso-di-fertilita-in-italia
Il saldo positivo, se si tiene conto del semplice dato numerico, è quello degli immigrati dall’estero, fenomeno noto e generalmente non troppo apprezzato. Tra chi arriva su un barcone o in aereo e chi se ne va, il saldo è di +79 mila, cioè 1,3 immigrati ogni mille abitanti.

Per la cronaca, probabilmente causa covid nel 2020 ci sono stati la metà degli arrivi rispetto al 2019. Altro dato statistico di cui tenere conto: l’età media è in ulteriore rialzo, a 46 anni e conferma il trend di invecchiamento della popolazione.

Crisi demografica e modelli abitativi
I numeri o, meglio, la statistica indicano dunque che sul lungo periodo gli italiani sono una specie a rischio di estinzione. Il trend, per la verità, non è nuovo: va avanti da anni, ma si è ulteriormente rafforzato.

Bisogna aggiungere anche che l’Italia non è l’unica a soffrire di questa malattia, molto comune nei Paesi cosiddetti avanzati, cioè più ricchi, anche se da noi i sintomi sono più acuti.

Il trend si può anche riassumere in due parole: crisi demografica. L’Italia invecchia. E questo significa che chi costruisce deve tenere conto di due fattori: meno giovani acquisteranno abitazioni per creare un nucleo famigliare, più anziani avranno necessità di appartamenti più piccoli, ma su misura per le esigenze di chi ha diversi «anta» alle spalle. Ci sono, inoltre, i nuclei famigliari stranieri, che rappresentano una esigenza abitativa generalmente low cost e che dovrebbe essere al centro di politiche di social housing.

Resta, poi, il problema fondamentale: il calo demografico è una libera scelta di nuove modalità di vita o la conseguenza della insufficienza del welfare? La tendenza degli italiani a mettere al mondo meno figli si è sviluppata prima al Centronord, ma ora è comune anche nel Mezzogiorno.

natalità
Anzi, l’area d’Italia che una volta era la patria della famiglia numerosa, che al pranzo della domenica deve unire due tavoli per farci stare tutti, registra negli ultimi anni una riduzione della fecondità maggiore rispetto alla media nazionale.

A questo si aggiunge, come ben sanno le imprese di costruzione del Centrosud, che l’emigrazione di giovani verso il Nord o all’estero non è mai terminata, anche se non assume più le dimensioni da esodo come negli anni Cinquanta e Sessanta. I giovani cercano opportunità nei grandi centri, da Roma in su. Anche se l’immigrazione di giovani a Milano, Torino o Bologna non basta per invertire il trend in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna.

Declino demografico: fenomeno irreversibile?
Ma il declino demografico è davvero un fenomeno irreversibile? Non è detto. In alcune aree, in prevalenza nel Nord, il tasso di natalità è maggiore dove la presenza di servizi di assistenza tra lavoro e famiglia rende possibilela scelta di avere figli anche lavorando.

Sintetizzando: ci fossero più asili e doposcuola ci sarebbero anche più nascite. Naturalmente, è meglio evitare di fermarsi agli slogan da campagna elettorale: più asili significa anche più tasse per i residenti nel comune, perché i servizi sociali costano. E quale candidato sindaco può presentarsi agli elettori promettendo più imposte?

Secondo le analisi sociologiche, per esempio, nel Sud la natalità è ancora associata ai ruoli di genere: se la donna non lavora sta a casa e alleva figli, anche perché i servizi di supporto, come appunto gli asili, risultano spesso più rarefatti.

Risultato: a Reggio Calabria e a Reggio Emilia si trova più o meno la stessa percentuale di bambini sotto i dieci anni. Solo che nella Reggio emiliana c’è un tasso di occupazione femminile oltre il doppio rispetto alla quasi omonima città calabrese.

BAMBINI-CHE-HANNO-USUFRUITO-DEI-SERVIZI-COMUNALI-PER-LINFANZIA
BAMBINI CHE HANNO USUFRUITO DEI SERVIZI COMUNALI PER L’INFANZIA
Altro dato che testimonia la correlazione tra servizi per le famiglie e natalità è testimoniata a Milano e Bologna, due città in controtendenza in fatto di nascite e dove è maggiore il supporto dei servizi messi a disposizione dai comuni.

Rapporto tra reddito e disponibilità abitativa
C’è, poi, un altro aspetto da non sottovalutare: il rapporto tra reddito e disponibilità abitativa. Difficile formare una famiglia e fare figli se il reddito di un giovane non consente neppure l’affitto o l’acquisto di un’abitazione indipendente.

E se, in teoria, per comprare casa in Italia servono in media 6,6 annualità di stipendio, per comprare un immobile a Milano ce ne vogliono oltre 11 e a Roma 9,3.

Ma, attenzione, si tratta di una media dell’Ufficio Studi di Tecnocasa: il calcolo si è basato sullo stipendio medio di un impiegato e non certo sui compensi da apprendista o, in ogni caso, da giovane al primo impiego.

Se si calcolasse il rapporto tra prezzo di un immobile in una città medio grande, seppure in zona periferica, e lo stipendio di un giovane a inizio carriera, ammesso che abbia un contratto non a termine o un rapporto di lavoro instabile, l’incidenza tra annualità di stipendio necessarie per acquistare un bilocale salirebbe in modo ancora più sostanzioso.

La soluzione è una sola: costruire di più e con politiche di supporto per i giovani che vogliono acquistare casa.

Un passo in questa direzione è stato appena compiuto dal governo con il bonus per chi ha meno di 36 anni contenuto nel decreto Sostegni bis approvato a fine maggio. L’incentivo prevede l’esenzione fino al 30 giugno 2022 dall’imposta di registro, ipotecaria e catastale, un credito d’imposta per gli acquisti assoggettati a Iva e la cancellazione dell’imposta sostitutiva per i mutui. E per i giovani con Isee inferiore a 40 mila euro c’è anche la garanzia dello Stato all’80%. Ma si tratta di un intervento legato all’emergenza covid ed è tutto da vedere se sarà prorogato nel futuro.

Edilizia e demografia: la grande mutazione modifica il mercato della casa - YouTrade Web

Il tema è interessante e sicuramente vi è una forte relazione tra immobiliare e demografia, bene hai fatto ad aprire un thread per sviscerarlo.

Certo è che sostenere che la soluzione passi per costruire di più mi pare ridicolo. Bisogna riqualificare le nostre città, ristrutturare anche pesantemente il patrimonio abitativo presente (con sgravi fiscali), bene anche ridurre i costi di transazione per rendere più agevole l'acquisto e la rivendita (e in questo c'è da fare ancora molto, c'è ancora troppo grasso che cola tra agenti immobiliari e notai).

Se posso dare un mio contributo penso che a livello governativo si potrebbe pensare di istituire un sistema di compravendita di diritti di suolo tra comuni e aree, anche distanti tra loro (diritti che comprendano oneri atti a demolire + elemento indennitario).

Ad esempio il paesino del Sud potrebbe vendere cubatura alla grande città (Napoli piuttosto che Roma, ma anche Milano), questo permetterebbe di riequilibrare le esigenze abitative che mutano in compatibilità con il consumo di suolo.

Inoltre bisognerebbe permettere di costruire il nuovo solo laddove l'esistente risulta essere insufficiente, nelle zone in cui invece il costruito basta bisogna incentivare il ricircolo di immobili con incentivi forti (per esempio i bonus ristrutturazioni)
 
Il tema è interessante e sicuramente vi è una forte relazione tra immobiliare e demografia, bene hai fatto ad aprire un thread per sviscerarlo.

Certo è che sostenere che la soluzione passi per costruire di più mi pare ridicolo. Bisogna riqualificare le nostre città, ristrutturare anche pesantemente il patrimonio abitativo presente (con sgravi fiscali), bene anche ridurre i costi di transazione per rendere più agevole l'acquisto e la rivendita (e in questo c'è da fare ancora molto, c'è ancora troppo grasso che cola tra agenti immobiliari e notai).

Se posso dare un mio contributo penso che a livello governativo si potrebbe pensare di istituire un sistema di compravendita di diritti di suolo tra comuni e aree, anche distanti tra loro (diritti che comprendano oneri atti a demolire + elemento indennitario).

Ad esempio il paesino del Sud potrebbe vendere cubatura alla grande città (Napoli piuttosto che Roma, ma anche Milano), questo permetterebbe di riequilibrare le esigenze abitative che mutano in compatibilità con il consumo di suolo.

Inoltre bisognerebbe permettere di costruire il nuovo solo laddove l'esistente risulta essere insufficiente, nelle zone in cui invece il costruito basta bisogna incentivare il ricircolo di immobili con incentivi forti (per esempio i bonus ristrutturazioni)

Si, io aperto il thread perché è un tema fondamentale, comunque sappiamo che quando si parla di immobiliare è praticamente impossibile fare un'analisi sull'intero territorio nazionale: ci sono zone e zone, situazioni e situazioni, edifici e edifici, ecc...
Ho trovato interessante la parte di analisi dell'articolo, le soluzioni proposte sono invece ridicole.

Quanto alle soluzioni condivido il tuo parere, bisogna capire che bisogna ridurre l'edificato un po' ovunque proprio perché la popolazione residente sta calando come pure le dimensioni abitative richieste. Il 40enne medio ha bisogno di meno metri quadri del 40enne degli anni 90.
 
Si, io aperto il thread perché è un tema fondamentale, comunque sappiamo che quando si parla di immobiliare è praticamente impossibile fare un'analisi sull'intero territorio nazionale: ci sono zone e zone, situazioni e situazioni, edifici e edifici, ecc...
Ho trovato interessante la parte di analisi dell'articolo, le soluzioni proposte sono invece ridicole.

Quanto alle soluzioni condivido il tuo parere, bisogna capire che bisogna ridurre l'edificato un po' ovunque proprio perché la popolazione residente sta calando come pure le dimensioni abitative richieste. Il 40enne medio ha bisogno di meno metri quadri del 40enne degli anni 90.

Non sono d'accordo che il 40enne di oggi abbia bisogno di meno spazio abitativo dello stesso 40enne di 30 anni fa. Il classico trilocale (soggiorno+due camere+cucina+bagno) di cui sono piene le nostre cittÃ* è ancora assolutamente attuale, ragioniamo pure sulle modifiche abitative che oggi propongono la cucina in living e, laddove possibile, un secondo bagno per comoditÃ*. Ma per il resto gli stessi 90-100 metri quadri continuano ad avere la stessa funzione abitativa. Forse oggi per chi se lo può permettere può tornare ad avere senso la camera in più da adibire a studio per poter fare smart working (per le famiglie di impiegati di concetto), alzando la metratura a 120 metri quadri. Il problema è che i 40enni attuali sono meno di quelli di 30 anni fa. E fra 30 anni saranno probabilmente meno ancora.
Sicuramente oggi sono ormai fuori contesto gli appartamentoni da 200 mq (lusso escluso) che prevedevano 4 camere da letto, le famiglie numerose con più di 2 figli sono ormai preistoria (certo, ci sono le eccezioni...); lo stesso vale per le case unifamigliari da 300 mq che venivano costruite in gran quantitÃ* negli anni 70/80 e che oggi sono dei colabrodi energetici e hanno spazi che non servono più alle famiglie attuali. Per contro c'è sempre maggior richiesta di bilocali con una sola camera da letto, sia per i giovani single sia per gli anziani soli, soprattutto in cittÃ* (non solo grande cittÃ*, ma tutte).
Ora, i catafalchi di cui sopra non possiamo pensare di abbandonarli e basta, vanno riqualificati e frazionati laddove possibile e abbattuti dove non c'è più richiesta. Per fare queste operazioni servono incentivi fiscali.
 
Si, il trilocale, meglio se con doppi servizi, rimane il punto di riferimento per il 40enne medio con nucleo familiare di 1-2-3 persone, sono assolutamente d'accordo. Ti dirò di più con il covid tanti si sono resi conto che la casa minuscola è un grosso rischio in caso di restituzioni o prospettive di work at home.
Pensavo alle "case grandi" che hai descritto in dettaglio, sono un problema in termini di costi per riscaldamento e raffrescamento e, nel caso di villette, anche il tempo necessario a gestirle è sempre più chiaro a chi le valuta e passa a soluzioni più pratiche.

Saranno sempre più frequenti situazioni in cui i 75enni con grandi case e grandi appartamenti decidono di vendere per trasferirsi in case più adatte e questi 200+metri quadri non trovano l'interesse dei compratori che avrebbero avuto 20 o 30 anni fa.
 
Si, il trilocale, meglio se con doppi servizi, rimane il punto di riferimento per il 40enne medio con nucleo familiare di 1-2-3 persone, sono assolutamente d'accordo. Ti dirò di più con il covid tanti si sono resi conto che la casa minuscola è un grosso rischio in caso di restituzioni o prospettive di work at home.
Pensavo alle "case grandi" che hai descritto in dettaglio, sono un problema in termini di costi per riscaldamento e raffrescamento e, nel caso di villette, anche il tempo necessario a gestirle è sempre più chiaro a chi le valuta e passa a soluzioni più pratiche.

Saranno sempre più frequenti situazioni in cui i 75enni con grandi case e grandi appartamenti decidono di vendere per trasferirsi in case più adatte e questi 200+metri quadri non trovano l'interesse dei compratori che avrebbero avuto 20 o 30 anni fa.

Sì, le case (sia appartamenti sia case indipendenti) da 200 mq e più saranno sempre più fuori mercato. Ho avuto testimonianza proprio in questi giorni di due amici che l'hanno ricevuta dal nonno (casona anni 70 da 300 mq), hanno provato a venderla per un bel pò di tempo, ma essendo in zona non particolarmente appetibile (basso Biellese) alla fine non sono riusciti nemmeno scendendo pesantemente di prezzo e hanno deciso di andare ad abitarci loro, proprio per non lasciarla vuota a marcire. Però è una soluzione di second best perchè la sfrutteranno a metÃ*, spenderanno troppo di riscaldamento e ogni qualvolta che dovranno fare ristrutturazioni straordinarie non sarÃ* sicuramente la soluzione più efficiente. E situazioni così ce ne saranno sempre di più in futuro...
 
Sì, le case (sia appartamenti sia case indipendenti) da 200 mq e più saranno sempre più fuori mercato. Ho avuto testimonianza proprio in questi giorni di due amici che l'hanno ricevuta dal nonno (casona anni 70 da 300 mq), hanno provato a venderla per un bel pò di tempo, ma essendo in zona non particolarmente appetibile (basso Biellese) alla fine non sono riusciti nemmeno scendendo pesantemente di prezzo e hanno deciso di andare ad abitarci loro, proprio per non lasciarla vuota a marcire. Però è una soluzione di second best perchè la sfrutteranno a metÃ*, spenderanno troppo di riscaldamento e ogni qualvolta che dovranno fare ristrutturazioni straordinarie non sarÃ* sicuramente la soluzione più efficiente. E situazioni così ce ne saranno sempre di più in futuro...

Ci credo, conosco anche io persone che si sono trasferite in case ereditate perché non c'erano alternative migliori.
300 metri quadri... oggettivamente a una famiglia tipo in cui entrambi lavorano e hanno un figlio o eventualmente due cosa servono quegli spazi?
Interessanti le possibilità di frazionamento e/o cambio di destinazione d'uso ma vale per un sottoinsieme di queste proprietà di grandi metrature
 
Ci credo, conosco anche io persone che si sono trasferite in case ereditate perché non c'erano alternative migliori.
300 metri quadri... oggettivamente a una famiglia tipo in cui entrambi lavorano e hanno un figlio o eventualmente due cosa servono quegli spazi?
Interessanti le possibilità di frazionamento e/o cambio di destinazione d'uso ma vale per un sottoinsieme di queste proprietà di grandi metrature

Alcune per loro caratteristiche possono diventare binate (ho visto alcune soluzioni qui in zona con ristrutturazione con frazionamento), ma per altre è impossibile.
Più facile (quasi sempre si riesce) è frazionare gli appartamentoni.
 
Edilizia e demografia: la grande mutazione modifica il mercato della casa
Settembre 10, 2021
demografia
Uno spettro si aggira per l’Italia: la scomparsa degli italiani. Più morti e meno nascite significano anche un’economia da rifondare o, perlomeno, da rivedere. E, dunque, anche l’offerta delle aziende, comprese quelle dell’edilizia o dell’immobiliare.

L’unico trend in crescita, da un punto di vista demografico, è quello dell’immigrazione, che piaccia o meno. Questo significa anche che l’offerta immobiliare dovrà sintonizzarsi su quello che è il reale mercato della casa, diverso da quello del secolo scorso.

In fondo, al di là delle polemiche che piacciono tanto alla politica, in effetti gli italiani sono già il risultato di un mix composto da etruschi, greci, albanesi, occitani, normanni, arabi, celti, germani, eccetera.

Questo amalgama di popolazioni ed etnie che si sono sovrapposte nel tempo è stato unito amministrativamente dall’impero romano e dall’utilizzo della lingua latina, fino a formare la popolazione attuale.

Anche se, non a caso, l’Italia ha conservato quella diversità di usi, dialetti e gastronomia che arricchiscono la nostra cultura. Ma il fatto di discendere da un caleidoscopio di etnie non toglie che il declino demografico sia una prospettiva poco allegra.

Che gli italiani siano in via di estinzione è previsione drastica? No, è il trend che, matematica alla mano, condiziona già economia e società, anche se non è detto che sia irreversibile.

Calo demografico: i dati Istat 2021
I dati Istat indicano, in ogni caso, che la popolazione continua a diminuire: a gennaio 2021 i residenti ammontavano a 59 milioni 258 mila, cioè 384 mila in meno su base annua. D’accordo, il covid ha dato una mano alle partenze, ma il trend resta. Sempre l’Istat ha rilevato che siamo arrivati al minimo di nascite: ogni mille abitanti si registrano sette neonati e 13 defunti.

Tasso-di-fertilita-in-italia
Il saldo positivo, se si tiene conto del semplice dato numerico, è quello degli immigrati dall’estero, fenomeno noto e generalmente non troppo apprezzato. Tra chi arriva su un barcone o in aereo e chi se ne va, il saldo è di +79 mila, cioè 1,3 immigrati ogni mille abitanti.

Per la cronaca, probabilmente causa covid nel 2020 ci sono stati la metà degli arrivi rispetto al 2019. Altro dato statistico di cui tenere conto: l’età media è in ulteriore rialzo, a 46 anni e conferma il trend di invecchiamento della popolazione.

Crisi demografica e modelli abitativi
I numeri o, meglio, la statistica indicano dunque che sul lungo periodo gli italiani sono una specie a rischio di estinzione. Il trend, per la verità, non è nuovo: va avanti da anni, ma si è ulteriormente rafforzato.

Bisogna aggiungere anche che l’Italia non è l’unica a soffrire di questa malattia, molto comune nei Paesi cosiddetti avanzati, cioè più ricchi, anche se da noi i sintomi sono più acuti.

Il trend si può anche riassumere in due parole: crisi demografica. L’Italia invecchia. E questo significa che chi costruisce deve tenere conto di due fattori: meno giovani acquisteranno abitazioni per creare un nucleo famigliare, più anziani avranno necessità di appartamenti più piccoli, ma su misura per le esigenze di chi ha diversi «anta» alle spalle. Ci sono, inoltre, i nuclei famigliari stranieri, che rappresentano una esigenza abitativa generalmente low cost e che dovrebbe essere al centro di politiche di social housing.

Resta, poi, il problema fondamentale: il calo demografico è una libera scelta di nuove modalità di vita o la conseguenza della insufficienza del welfare? La tendenza degli italiani a mettere al mondo meno figli si è sviluppata prima al Centronord, ma ora è comune anche nel Mezzogiorno.

natalità
Anzi, l’area d’Italia che una volta era la patria della famiglia numerosa, che al pranzo della domenica deve unire due tavoli per farci stare tutti, registra negli ultimi anni una riduzione della fecondità maggiore rispetto alla media nazionale.

A questo si aggiunge, come ben sanno le imprese di costruzione del Centrosud, che l’emigrazione di giovani verso il Nord o all’estero non è mai terminata, anche se non assume più le dimensioni da esodo come negli anni Cinquanta e Sessanta. I giovani cercano opportunità nei grandi centri, da Roma in su. Anche se l’immigrazione di giovani a Milano, Torino o Bologna non basta per invertire il trend in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna.

Declino demografico: fenomeno irreversibile?
Ma il declino demografico è davvero un fenomeno irreversibile? Non è detto. In alcune aree, in prevalenza nel Nord, il tasso di natalità è maggiore dove la presenza di servizi di assistenza tra lavoro e famiglia rende possibilela scelta di avere figli anche lavorando.

Sintetizzando: ci fossero più asili e doposcuola ci sarebbero anche più nascite. Naturalmente, è meglio evitare di fermarsi agli slogan da campagna elettorale: più asili significa anche più tasse per i residenti nel comune, perché i servizi sociali costano. E quale candidato sindaco può presentarsi agli elettori promettendo più imposte?

Secondo le analisi sociologiche, per esempio, nel Sud la natalità è ancora associata ai ruoli di genere: se la donna non lavora sta a casa e alleva figli, anche perché i servizi di supporto, come appunto gli asili, risultano spesso più rarefatti.

Risultato: a Reggio Calabria e a Reggio Emilia si trova più o meno la stessa percentuale di bambini sotto i dieci anni. Solo che nella Reggio emiliana c’è un tasso di occupazione femminile oltre il doppio rispetto alla quasi omonima città calabrese.

BAMBINI-CHE-HANNO-USUFRUITO-DEI-SERVIZI-COMUNALI-PER-LINFANZIA
BAMBINI CHE HANNO USUFRUITO DEI SERVIZI COMUNALI PER L’INFANZIA
Altro dato che testimonia la correlazione tra servizi per le famiglie e natalità è testimoniata a Milano e Bologna, due città in controtendenza in fatto di nascite e dove è maggiore il supporto dei servizi messi a disposizione dai comuni.

Rapporto tra reddito e disponibilità abitativa
C’è, poi, un altro aspetto da non sottovalutare: il rapporto tra reddito e disponibilità abitativa. Difficile formare una famiglia e fare figli se il reddito di un giovane non consente neppure l’affitto o l’acquisto di un’abitazione indipendente.

E se, in teoria, per comprare casa in Italia servono in media 6,6 annualità di stipendio, per comprare un immobile a Milano ce ne vogliono oltre 11 e a Roma 9,3.

Ma, attenzione, si tratta di una media dell’Ufficio Studi di Tecnocasa: il calcolo si è basato sullo stipendio medio di un impiegato e non certo sui compensi da apprendista o, in ogni caso, da giovane al primo impiego.

Se si calcolasse il rapporto tra prezzo di un immobile in una città medio grande, seppure in zona periferica, e lo stipendio di un giovane a inizio carriera, ammesso che abbia un contratto non a termine o un rapporto di lavoro instabile, l’incidenza tra annualità di stipendio necessarie per acquistare un bilocale salirebbe in modo ancora più sostanzioso.

La soluzione è una sola: costruire di più e con politiche di supporto per i giovani che vogliono acquistare casa.

Un passo in questa direzione è stato appena compiuto dal governo con il bonus per chi ha meno di 36 anni contenuto nel decreto Sostegni bis approvato a fine maggio. L’incentivo prevede l’esenzione fino al 30 giugno 2022 dall’imposta di registro, ipotecaria e catastale, un credito d’imposta per gli acquisti assoggettati a Iva e la cancellazione dell’imposta sostitutiva per i mutui. E per i giovani con Isee inferiore a 40 mila euro c’è anche la garanzia dello Stato all’80%. Ma si tratta di un intervento legato all’emergenza covid ed è tutto da vedere se sarà prorogato nel futuro.

Edilizia e demografia: la grande mutazione modifica il mercato della casa - YouTrade Web

a Milano popolazione sarà in crescita fino al 2050 come polo attrattiva, idem gran parte della Lombardia. Si spopoleranno ulteriormente sud e zone di provincia non economicamente brillanti. In certe zone, senza turismo né aziende, quotazioni da 1k al mq non le vedremo mai più-
 
Ci credo, conosco anche io persone che si sono trasferite in case ereditate perché non c'erano alternative migliori.
300 metri quadri... oggettivamente a una famiglia tipo in cui entrambi lavorano e hanno un figlio o eventualmente due cosa servono quegli spazi?
Interessanti le possibilità di frazionamento e/o cambio di destinazione d'uso ma vale per un sottoinsieme di queste proprietà di grandi metrature

Questo è un grande punto di discussione. Immobili vecchi ma praticamente gratis (oltre alle eredità questi immobili potrebbero essere valutati 1/4 di quelli "appetibili") quanto verranno preferiti rispetto ad immobili nuovi? Vedendo anche qualcosa all'estero è probabile che molti eviteranno di fare mutui per niente e preferiranno vivere senza debiti in case un po' isolate, obsolete e vecchiotte. Chiaramente immobiliaristi, banche e finanza faranno di tutto per far fare mutui, cosa che stanno facendo almeno da fine anni '90.
 
Questo è un grande punto di discussione. Immobili vecchi ma praticamente gratis (oltre alle eredità questi immobili potrebbero essere valutati 1/4 di quelli "appetibili") quanto verranno preferiti rispetto ad immobili nuovi? Vedendo anche qualcosa all'estero è probabile che molti eviteranno di fare mutui per niente e preferiranno vivere senza debiti in case un po' isolate, obsolete e vecchiotte. Chiaramente immobiliaristi, banche e finanza faranno di tutto per far fare mutui, cosa che stanno facendo almeno da fine anni '90.

non credo o comunque verranno valutati caso per caso nel mio piccolo conosco persone ( famiglie con bambini ) che hanno ereditato grosse ville e hanno ristrutturato e ci sono andati a vivere e persone ( giovani senza famiglia ) che hanno venduto e si sono trasferiti a Milano.
 
Secondo me ormai lo scollamento tra quotazioni immobiliari e il reale potere d'acquisto delle famiglie, in particolare dei giovani, è troppo ampio per consentire una ripresa anche minima dell'immobiliare italiano.
A questo aggiungiamoci l'inevitabile aumento della tassazione immobiliare e abbiamo fatto tombola.
Non saranno di certo gli immigrati (che in futuro prevedo saranno sempre meno e che hanno potere d'acquisto ancor più basso) a risollevare un mercato moribondo.
 
Edilizia e demografia: la grande mutazione modifica il mercato della casa
Settembre 10, 2021
demografia
Uno spettro si aggira per l’Italia: la scomparsa degli italiani. Più morti e meno nascite significano anche un’economia da rifondare o, perlomeno, da rivedere. E, dunque, anche l’offerta delle aziende, comprese quelle dell’edilizia o dell’immobiliare.

L’unico trend in crescita, da un punto di vista demografico, è quello dell’immigrazione, che piaccia o meno. Questo significa anche che l’offerta immobiliare dovrà sintonizzarsi su quello che è il reale mercato della casa, diverso da quello del secolo scorso.

In fondo, al di là delle polemiche che piacciono tanto alla politica, in effetti gli italiani sono già il risultato di un mix composto da etruschi, greci, albanesi, occitani, normanni, arabi, celti, germani, eccetera.

Questo amalgama di popolazioni ed etnie che si sono sovrapposte nel tempo è stato unito amministrativamente dall’impero romano e dall’utilizzo della lingua latina, fino a formare la popolazione attuale.

Anche se, non a caso, l’Italia ha conservato quella diversità di usi, dialetti e gastronomia che arricchiscono la nostra cultura. Ma il fatto di discendere da un caleidoscopio di etnie non toglie che il declino demografico sia una prospettiva poco allegra.

Che gli italiani siano in via di estinzione è previsione drastica? No, è il trend che, matematica alla mano, condiziona già economia e società, anche se non è detto che sia irreversibile.

Calo demografico: i dati Istat 2021
I dati Istat indicano, in ogni caso, che la popolazione continua a diminuire: a gennaio 2021 i residenti ammontavano a 59 milioni 258 mila, cioè 384 mila in meno su base annua. D’accordo, il covid ha dato una mano alle partenze, ma il trend resta. Sempre l’Istat ha rilevato che siamo arrivati al minimo di nascite: ogni mille abitanti si registrano sette neonati e 13 defunti.

Tasso-di-fertilita-in-italia
Il saldo positivo, se si tiene conto del semplice dato numerico, è quello degli immigrati dall’estero, fenomeno noto e generalmente non troppo apprezzato. Tra chi arriva su un barcone o in aereo e chi se ne va, il saldo è di +79 mila, cioè 1,3 immigrati ogni mille abitanti.

Per la cronaca, probabilmente causa covid nel 2020 ci sono stati la metà degli arrivi rispetto al 2019. Altro dato statistico di cui tenere conto: l’età media è in ulteriore rialzo, a 46 anni e conferma il trend di invecchiamento della popolazione.

Crisi demografica e modelli abitativi
I numeri o, meglio, la statistica indicano dunque che sul lungo periodo gli italiani sono una specie a rischio di estinzione. Il trend, per la verità, non è nuovo: va avanti da anni, ma si è ulteriormente rafforzato.

Bisogna aggiungere anche che l’Italia non è l’unica a soffrire di questa malattia, molto comune nei Paesi cosiddetti avanzati, cioè più ricchi, anche se da noi i sintomi sono più acuti.

Il trend si può anche riassumere in due parole: crisi demografica. L’Italia invecchia. E questo significa che chi costruisce deve tenere conto di due fattori: meno giovani acquisteranno abitazioni per creare un nucleo famigliare, più anziani avranno necessità di appartamenti più piccoli, ma su misura per le esigenze di chi ha diversi «anta» alle spalle. Ci sono, inoltre, i nuclei famigliari stranieri, che rappresentano una esigenza abitativa generalmente low cost e che dovrebbe essere al centro di politiche di social housing.

Resta, poi, il problema fondamentale: il calo demografico è una libera scelta di nuove modalità di vita o la conseguenza della insufficienza del welfare? La tendenza degli italiani a mettere al mondo meno figli si è sviluppata prima al Centronord, ma ora è comune anche nel Mezzogiorno.

natalità
Anzi, l’area d’Italia che una volta era la patria della famiglia numerosa, che al pranzo della domenica deve unire due tavoli per farci stare tutti, registra negli ultimi anni una riduzione della fecondità maggiore rispetto alla media nazionale.

A questo si aggiunge, come ben sanno le imprese di costruzione del Centrosud, che l’emigrazione di giovani verso il Nord o all’estero non è mai terminata, anche se non assume più le dimensioni da esodo come negli anni Cinquanta e Sessanta. I giovani cercano opportunità nei grandi centri, da Roma in su. Anche se l’immigrazione di giovani a Milano, Torino o Bologna non basta per invertire il trend in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna.

Declino demografico: fenomeno irreversibile?
Ma il declino demografico è davvero un fenomeno irreversibile? Non è detto. In alcune aree, in prevalenza nel Nord, il tasso di natalità è maggiore dove la presenza di servizi di assistenza tra lavoro e famiglia rende possibilela scelta di avere figli anche lavorando.

Sintetizzando: ci fossero più asili e doposcuola ci sarebbero anche più nascite. Naturalmente, è meglio evitare di fermarsi agli slogan da campagna elettorale: più asili significa anche più tasse per i residenti nel comune, perché i servizi sociali costano. E quale candidato sindaco può presentarsi agli elettori promettendo più imposte?

Secondo le analisi sociologiche, per esempio, nel Sud la natalità è ancora associata ai ruoli di genere: se la donna non lavora sta a casa e alleva figli, anche perché i servizi di supporto, come appunto gli asili, risultano spesso più rarefatti.

Risultato: a Reggio Calabria e a Reggio Emilia si trova più o meno la stessa percentuale di bambini sotto i dieci anni. Solo che nella Reggio emiliana c’è un tasso di occupazione femminile oltre il doppio rispetto alla quasi omonima città calabrese.

BAMBINI-CHE-HANNO-USUFRUITO-DEI-SERVIZI-COMUNALI-PER-LINFANZIA
BAMBINI CHE HANNO USUFRUITO DEI SERVIZI COMUNALI PER L’INFANZIA
Altro dato che testimonia la correlazione tra servizi per le famiglie e natalità è testimoniata a Milano e Bologna, due città in controtendenza in fatto di nascite e dove è maggiore il supporto dei servizi messi a disposizione dai comuni.

Rapporto tra reddito e disponibilità abitativa
C’è, poi, un altro aspetto da non sottovalutare: il rapporto tra reddito e disponibilità abitativa. Difficile formare una famiglia e fare figli se il reddito di un giovane non consente neppure l’affitto o l’acquisto di un’abitazione indipendente.

E se, in teoria, per comprare casa in Italia servono in media 6,6 annualità di stipendio, per comprare un immobile a Milano ce ne vogliono oltre 11 e a Roma 9,3.

Ma, attenzione, si tratta di una media dell’Ufficio Studi di Tecnocasa: il calcolo si è basato sullo stipendio medio di un impiegato e non certo sui compensi da apprendista o, in ogni caso, da giovane al primo impiego.

Se si calcolasse il rapporto tra prezzo di un immobile in una città medio grande, seppure in zona periferica, e lo stipendio di un giovane a inizio carriera, ammesso che abbia un contratto non a termine o un rapporto di lavoro instabile, l’incidenza tra annualità di stipendio necessarie per acquistare un bilocale salirebbe in modo ancora più sostanzioso.

La soluzione è una sola: costruire di più e con politiche di supporto per i giovani che vogliono acquistare casa.

Un passo in questa direzione è stato appena compiuto dal governo con il bonus per chi ha meno di 36 anni contenuto nel decreto Sostegni bis approvato a fine maggio. L’incentivo prevede l’esenzione fino al 30 giugno 2022 dall’imposta di registro, ipotecaria e catastale, un credito d’imposta per gli acquisti assoggettati a Iva e la cancellazione dell’imposta sostitutiva per i mutui. E per i giovani con Isee inferiore a 40 mila euro c’è anche la garanzia dello Stato all’80%. Ma si tratta di un intervento legato all’emergenza covid ed è tutto da vedere se sarà prorogato nel futuro.

Edilizia e demografia: la grande mutazione modifica il mercato della casa - YouTrade Web

infatti in lombardia i prezzi tengono perchè la popolazione ci aumenta
 

Allegati

  • grafico-andamento-popolazione-lombardia.png
    grafico-andamento-popolazione-lombardia.png
    12 KB · Visite: 273
infatti in lombardia i prezzi tengono perchè la popolazione ci aumenta
In realtà il grafico mostra che, tranne nel periodo 2001-2013 (con una flessione nel 2011), la popolazione non è aumentata negli ultimi 8 anni. È pur vero che non è diminuita (salvo nel periodo di flessione).
 
In realtà il grafico mostra che, tranne nel periodo 2001-2013 (con una flessione nel 2011), la popolazione non è aumentata negli ultimi 8 anni. È pur vero che non è diminuita (salvo nel periodo di flessione).

a dirla tutta è Milano e provincia che ha salvato la media, perchè anche la Lombardia ha parecchie zone depresse che hanno perso abitanti.
 
Ancora mi chiedo come abbiano fatto a costruire tutte le villette che si vedono a giro.
Che pare che tutti potessero permettersele, dal dottore al contadino, all'impiegato pubblico del comune.

Venendo da una zona di campagna della Toscana ammetto di aver sempre sognato di costruirmela (in modo moderno) ma sono nato troppo tardi.
Ora è pieno di questi semi-ruderi mai ristrutturati.
Tentano di venderle al prezzo di mercato usando negli annunci termini come "finiture di pregio anni 70-80", e "signorile".

Roba che a un millennial interessa 0
 
Indietro