Il Covid non sgonfia la bolla di Milano, ecco perché gli affitti non scendono

reganam

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Il Covid non sgonfia la “bolla” di Milano. Tra finanza immobiliare e canone concordato al palo, ecco perche gli affitti non scendono - Il Fatto Quotidiano

Il Covid non sgonfia la “bolla” di Milano. Tra finanza immobiliare e canone concordato al palo, ecco perché gli affitti non scendono
Il Covid non sgonfia la “bolla” di Milano. Tra finanza immobiliare e canone concordato al palo, ecco perché gli affitti non scendono
Con meno persone e più case vuote, il risultato dovrebbe essere la discesa dei prezzi. Ma secondo gli addetti ai lavori non accadrà. Perché in una città attrattiva per "cervelli" e multinazionali la casa diventa asset finanziario e aumentano gli investimenti dei fondi, che ragionano su orizzonti lunghi. Mentre la domanda delle fasce più fragili continua a non trovare risposte sul mercato né nel pubblico



Una stanza in affitto per uno studente? 565 euro, in media. Come nel 2019, prima della pandemia. Anche se nel frattempo le disponibilità sono aumentate del 290%, 12mila residenti se ne sono andati, 17mila famiglie hanno chiesto aiuto al Comune perché non riescono a pagare. Tanti a Milano avevano pensato che il Covid avrebbe almeno calmierato il caro affitti. Con meno persone (fra smartworking e calo del turismo) e più case vuote sul mercato, il risultato dovrebbe essere la discesa dei valori immobiliari e, soprattutto, degli affitti. Non sta accadendo, e secondo gli addetti ai lavori non accadrà. “L’immobiliare reggerà”, ripetono come un mantra i manager del settore. Dietro la loro sicurezza c’è il fatto che in una città attrattiva per “cervelli” e multinazionali la casa diventa bene di investimento e prolifera la finanza immobiliare, che ragiona con tempi diversi da quelli dell’uomo comune e prevede di investire a Milano 13 miliardi nei prossimi 10 anni a dispetto del virus. Mentre la domanda delle fasce più fragili continua a non trovare risposte sul mercato né nel pubblico.

Più stanze libere, ma in agosto la domanda è aumentata – I dati del Centro Studi di Immobiliare.it al 31 agosto fotografano una situazione paradossale per il capoluogo lombardo. La disponibilità di stanze singole e posti letto – la “merce” più ricercata da studenti universitari e lavoratori immigrati di breve periodo – è aumentata del 290%. Ma l’impatto sui canoni è quasi nullo: 565 euro è il prezzo medio richiesto per una stanza singola. Rispetto al 2019 pre Covid? Meno 1 per cento. Per le compravendite, l’ultima analisi condotta dall’Ufficio Studi del gruppo Tecnocasa mostra che Milano è la città dove occorrono più annualità di stipendio per comprare casa: 11,1 anni contro una media nazionale di 6,6.

Diversi osservatori del settore invitano alla cautela. A cominciare dallo stesso amministratore delegato di Immobiliare.it, Carlo Giordano: “Il mercato immobiliare è più lento rispetto ad altri nell’assorbire il contraccolpo di avvenimenti esterni, come il Covid-19, ed è presto per dire se ci sarà un impatto anche sul prezzo delle stanze in affitto”. Alcuni segnali embrionali peraltro vanno in controtendenza rispetto alla narrazione sulla città svuotata post pandemia. Il Politecnico, per esempio, ha registrato un aumento del 3% sulle immatricolazioni degli universitari alla Facoltà di Ingegneria, dopo gli appelli estivi del Rettore Ferruccio Resta per invitare studenti e personale a rientrare a settembre. E sempre il noto portale immobiliare ha notato ad agosto un incremento del 25% della domanda di stanze e posti letto rispetto a quella consueta del mese estivo. “Indice che l’interesse c’è, ma si sta temporeggiando”, chiosa Giordano.

La fragilità messa in luce dal Covid e lo scontro sui social – Milano non si ferma, quindi? Non esattamente. Il lockdown e la crisi economica successiva hanno messo in risalto una condizione di fragilità dell’economia urbana e dell’abitare in città sconosciuta, o comunque sottaciuta, nel dibattito pubblico e politico prima di questi mesi. Andando a colpire anche fasce della popolazione – come studenti e lavoratori di servizi e terziario – generalmente non considerati fragili. E quasi mai destinatari delle prestazioni di welfare. “In questa fase è necessario comprendere l’impoverimento, prima ancora della povertà”, commenta Alessandro Coppola, ricercatore al Politecnico. Un impoverimento che ha degli effetti ben visibili anche nei “luoghi” dove si crea il mercato degli affitti in città. Durante i mesi della pandemia i gruppi e le pagine sui social network che si occupano di affitti a Milano, frequentati da decine di migliaia di utenti, si sono trasformati: da luoghi in cui si incrociano domanda e offerta di appartamenti, a spazi virtuali di discussione, quasi sempre verbalmente violenta. “Ladri” è l’accusa ai proprietari di casa colpevoli di fare prezzi troppo alti. “Parassiti”, o ancora “se non avete i soldi tornatevene a casa”, è la risposta che arriva dall’altra parte della barricata a chi non è in grado di spendere 700-800 euro per un monolocale perché ne guadagna 1.200 quando va bene.

Da febbraio 12mila residenti in meno e 17mila richieste di aiuto per l’affitto – Dagli spazi virtuali a quelli reali: sono 12mila i residenti in meno da febbraio a oggi. La disoccupazione è salita al 7,2 per cento, di due punti in pochi mesi, e ciò è avvenuto nonostante il blocco dei licenziamenti ancora in vigore e senza considerare le migliaia di persone che campano o arrotondano con lavori e lavoretti in nero, sfuggendo ai radar delle statistiche. Solo a maggio, nei 20 giorni in cui è stato aperto il “bando sostegno affitto” del Comune di Milano – con requisiti d’accesso molto stringenti, per importi pari a 1.500 euro per pagare quattro mensilità – sono arrivate al Comune 16.965 richieste di aiuto da parte di famiglie. Le risorse disponibili coprono circa un terzo delle famiglie. Molte delle quali hanno un numero di componenti superiore a quel 2,3 della media nazionale Istat e quindi parliamo di almeno 40mila persone in totale sofferenza abitativa sul mercato privato.

I numeri sugli sfratti rilasciati dal Viminale a inizio agosto, riferiti al 2019, quindi pre pandemia e durante una fase di crescita economica per la città, parlano di 1.582 nuovi provvedimenti emanati dal tribunale meneghino e 16.513 richieste di esecuzione sfratto presentate agli ufficiali giudiziari. Oltre a 2.416 famiglie già fisicamente allontanate dall’abitazione con la presenza di forze dell’ordine. Nel 90% dei casi la causa dello sfratto è la morosità. L’impossibilità, cioè, di far fronte alle spese.

Da maggio a settembre solo 55 contratti a canone concordato – Di fronte a queste cifre, in tanti hanno sperato che Covid avesse almeno un effetto “benefico”. Quello di calmierare il mercato immobiliare e delle case in affitto del capoluogo lombardo. Che dal dopo Expo in poi (2015) macina record su record in apparenza scollegati dai fondamentali economici della città, a cominciare da occupazione e redditi. Non è accaduto. E un dato parla più di tutti gli altri. L‘Agenzia sociale per la locazione del Comune si chiama “Milano Abitare”. Offre ai proprietari di case in affitto la possibilità di locare gli appartamenti a canone concordato, con contratti fino al 30 per cento più bassi del mercato. In cambio propone una serie di garanzie pubbliche che vanno dalla copertura per le spese di ristrutturazione fino a 5mila euro e un fondo contro la morosità degli inquilini che copre 18 mensilità (il tempo medio per ottenere uno sfratto). Poi incentivi fiscali, come la cedolare secca al 10% al posto di quella al 21 o dell’aliquota marginale Irpef sui proventi della propria casa in affitto. Uno strumento nato nel 2015 e su cui il Comune di Milano scommette molto per rinegoziare una quota importante dei fitti in città e costruire un mercato più accessibile. Ma il canone concordato non è mai decollato. Nemmeno con il Covid. Da maggio a settembre – fa sapere al Fattoquotidiano.it l’Assessorato alle Politiche abitative – l’agenzia “Milano Abitare” ha intermediato 55 contratti a canone concordato.

Il manager: “Il privato non risponderà alla domanda dei fragili, ci pensi il pubblico” – Il lockdown ha reso tutto complicato, ovviamente anche nella registrazione e trasmissione dei documenti. Ma numeri così bassi dimostrano solo che il mercato non sta scendendo, non sta rinegoziando i fitti al ribasso in cambio di una maggiore sicurezza sulla riscossione. Perché? “I prezzi non scendono perché veniamo da due anni di vera euforia sul mercato immobiliare che assomiglia molto a quella dei periodi che precedono le bolle”, dice al Fatto.it un manager del settore real estate di una banca internazionale che chiede l’anonimato. “Nel breve periodo l’effetto Covid porterà al ‘congelamento’ di alcuni progetti, ma non si ha la percezione di una controtendenza”. Il manager fa anche un secondo ragionamento: “Nella narrazione comune il motivo del caro affitti a Milano è che non si trovano le case. Non c’è un mercato perché la casa in affitto non è mai stata un asset class da investimento immobiliare per i grandi operatori e quindi ce ne vorrebbero di più per raggiungere un equilibrio”. “Ora – chiude – le operazioni mirate si stanno facendo ma gli affitti non sono tutti uguali. Quella fetta di popolazione che era esclusa prima rimarrà tagliata fuori anche adesso” perché “è inutile pensare che l’iniziativa privata possa dare risposta a una domanda che non ha mercato come è quella dei più fragili. Il compito di occuparsi della domanda sociale vera non è del privato ma del sistema delle regole, degli incentivi e dell’iniziativa pubblica”.

La “finanziarizzazione” dell’affitto – Una visione diversa ma in parte complementare la propone Emanuele Belotti. Ricercatore sui temi abitativi prima presso il University College di Londra e ora all’Università Iuav di Venezia, gli studi di Belotti si concentrano su quella che lui chiama “finanziarizzazione dell’affitto”. “Nella fase post 2008 – dice al Fatto.it – in cui la Bce attua una politica monetaria di bassi tassi di interesse, anche i flussi di capitali internazionali guardano con maggiore attenzione a rendimenti del 2-3 per cento. Questi rendimenti, in passato considerati troppo bassi, sono oggi resi appetibili dal basso costo del denaro, facendo dell’affitto un nuovo potenziale asset finanziario con evidenti ricadute su prezzi e dinamica tra domanda e offerta”. Non accade su ogni segmento del mercato immobiliare e non accade in ogni luogo del mondo. Ma solo in quelle 100-150-200 città del globo che continuano ad essere “attrattive” e a giocare in un campionato a parte, l’una contro l’altra, per attrarre i migliori “cervelli”, gli studenti di fascia più alta, i migliori manager, i grandi eventi, gli headquarter delle principali società e multinazionali del mondo, i palazzi di istituzioni internazionali. In sintesi quello che per anni in Italia è stato chiamato “Modello Milano”.

“È una dinamica simile a quella vista a Londra dopo la crisi del 2008: il Regno Unito era uno dei Paesi più esposti alla crisi dei mutui subprime, molto più dell’Italia. Eppure dopo una breve flessione i valori di Londra sono subito tornati a crescere. Queste città sono considerate quasi delle città-rifugio per i capitali internazionali, un fatto che può concorrere a spiegare la relativa tenuta dei valori immobiliari anche nelle fasi di crisi”, spiega il ricercatore. Tra i segnali più visibili di questa dinamica: il proliferare di fondi d’investimento, fondi immobiliari e società di gestione del risparmio sempre più specializzate in sotto-categorie dell’abitare come il “senior housing”, “senior living”, “student housing”, “co-housing”, “social housing, “co-living” e via dicendo, solo per fermarsi al settore residenziale senza considerare commerciale, uffici e logistica.

Il modello Airbnb che impatta anche sulle locazioni lunghe – E infine vi è la crescita delle piattaforme di intermediazione e delle società di property managment. Nascono come startup finanziate da fondi di venture capital, sulla scia del “modello Airbnb” e del suo affermarsi in chiave planetaria, occupando però un perimetro molto più vasto di quello di pertinenza del colosso californiano degli affitti brevi e turistici. A Milano sono ormai quasi 20mila gli alloggi destinati al mercato delle locazioni brevi e turistiche. Il Covid ha affossato quel pezzo di economia (meno 99 per cento gli accessi nei mesi di lockdown) ma prima della pandemia l‘Osservatorio sugli affitti brevi di Halldis – una delle più importanti società del settore – registrava un prezzo medio giornaliero di 112 euro a notte. Significa quasi 3.500 euro al mese per ogni appartamento, se sfruttato al massimo delle sue potenzialità. Cifre che ovviamente finiscono per impattare – al rialzo – anche sul mercato residenziale e delle locazioni più classico e di lungo periodo.
 
Io ho visto già parecchi annunci con richieste abbassate.
Comunque tutti questi articoli sono senza senso in quanto assolutamente prematuri. Non avremo una chiara idea almeno fino alla primavera 2021.
 
Ma avete mai provato a guardare il costo delle case a Parigi...? Milano in confronto sono regalate.
 
Io ho visto già parecchi annunci con richieste abbassate.
Comunque tutti questi articoli sono senza senso in quanto assolutamente prematuri. Non avremo una chiara idea almeno fino alla primavera 2021.

Non farci caso, reganam è avvezzo a pubblicare articoli senza senso in cui cerca stoicamente di difendere l'immobiliare, del resto è un ai...

La realtà è ben diversa e ormai l'hanno capita tutti...
 
Ma avete mai provato a guardare il costo delle case a Parigi...? Milano in confronto sono regalate.

Allora già che ci siamo confrontiamole con San Francisco o Hong Kong...
Parliamo di Milano signori... è pur sempre una città di un paese ormai marginale come l'Italia...
Qui a sentir qualcuno sembra di parlare di Zurigo o Montecarlo...
 
Non farci caso, reganam è avvezzo a pubblicare articoli senza senso in cui cerca stoicamente di difendere l'immobiliare, del resto è un ai...

La realtà è ben diversa e ormai l'hanno capita tutti...

tu continua a ascoltare tuo cuggino, io mi fido di più di giornalisti autorevoli con firma. :D
Che effetto ha avuto il lockdown sugli affitti a Milano - Il Post

I primi dati suggeriscono che il lockdown non abbia interrotto l'aumento dei costi degli affitti, nonostante il calo degli affitti brevi e la crisi economica
di Marco Minoggio
 
State facendo confusione. Un conto sono gli affitti, altro l’acquisto.
Ho vissuto a Parigi e so bene di che parlo.
Gli affitti parigini sono poco più alti di quelli milanesi, la differenza notevole è sull’acquisto.
Lì abbiamo prezzi medi doppi.
 
Allora già che ci siamo confrontiamole con San Francisco o Hong Kong...
Parliamo di Milano signori... è pur sempre una città di un paese ormai marginale come l'Italia...
Qui a sentir qualcuno sembra di parlare di Zurigo o Montecarlo...

SF e HK sono altri continenti con altre monete e quindi altra storia.
Zurigo? Montecarlo? seriamente....? la seconda la si conosce solo per i benefici fiscali e il GP.
Milano di gran lunga superiore a queste due ultime citate come importanza.
 
Però i valori (ho guardato solo quelli) sugli immobili mi paiono delle boutade.

Nel caso gli affitti fossero stabili (o addirittura cresciuti), che motivo ci sarebbe?
La domanda è calata per forza di cose, come possono tenere?

Penso che un report di questo tipo, per forza di cose, si basi su dati pre-covid.
Di quello che accadrà dal prossimo anno, per me ogni previsione letta (sia ottimistica che pessimistica) mi sembra al livello di guardare nei fondi del caffè-

State facendo confusione. Un conto sono gli affitti, altro l’acquisto.
Ho vissuto a Parigi e so bene di che parlo.
Gli affitti parigini sono poco più alti di quelli milanesi, la differenza notevole è sull'acquisto.
Lì abbiamo prezzi medi doppi.

Sì: però da Numbeo sembra che gli stipendi medi siano doppi.
Quindi nel caso dell'affitto la vita diventa più sostenibile, nel caso dell'acquisto ovviamente il peso del patrimonio diventa più importante.

Non ho dati sotto mano, ma mi sembra di ricordare che l'Italia sia uno dei paesi con la maggior % di proprietari di casa, quindi forse è una condizione più o meno fisiologica (siccome le case costano tanto e gli affitti non molto, in molti preferiscono rimanere in affitto; in Italia al contrario vox populi è che se stai in affitto butti soldi).

Da ex-parigino quale è la tua impressione?
L'acquisto in città è considerato anche lì tappa importante e fondamentale di qualunque trentenne, o le famiglie rimangono in affitto a tempo indefinito e comprano solo se vanno fuori città (iper-benestanti a parte, ça va sans dire)
 
Sì: però da Numbeo sembra che gli stipendi medi siano doppi.
Quindi nel caso dell'affitto la vita diventa più sostenibile, nel caso dell'acquisto ovviamente il peso del patrimonio diventa più importante.

Non ho dati sotto mano, ma mi sembra di ricordare che l'Italia sia uno dei paesi con la maggior % di proprietari di casa, quindi forse è una condizione più o meno fisiologica (siccome le case costano tanto e gli affitti non molto, in molti preferiscono rimanere in affitto; in Italia al contrario vox populi è che se stai in affitto butti soldi).

Da ex-parigino quale è la tua impressione?
L'acquisto in città è considerato anche lì tappa importante e fondamentale di qualunque trentenne, o le famiglie rimangono in affitto a tempo indefinito e comprano solo se vanno fuori città (iper-benestanti a parte, ça va sans dire)


Numbeo parla di un +37 % di potere d’acquisto. Ci può stare ma temo sia influenzato dalla tassazione doppia che c era in Francia fino a 1 anno e mezzo fa. Mi spiego...li il netto in busta non era ancora del tutto tassato. La Completa tassazione alla fonte è arrivata nel gennaio 2019.Non è da escludere quindi che molti dei redditi parigini di numbeo siano gonfiati rispetto a quelli italiani.

La mia esperienza ti dice che gli stipendi impiegatizi di Parigi sono del tutto similari a quelli di Milano. Differenze minime sul potere d’acquisto. In molti caso considerando il tfr(in Francia non c è) e 13/14esime, quasi meglio Milano di Parigi.

La differenza grossa ce l’hai sui quadri direttivi in su.
A Parigi tranquillamente guadagni 70k + 20k di bonus per posizioni pagate in Italia 45-50k+ 10k di bonus.

Venendo alla domanda. In Italia il 75% abita in case di proprietà, in Francia circa il 10% in meno.
Parigi però non fa testo. Intramuros comprare superfici decenti è complicatissimo. Prezzi sotto i 9000/10000 al metro per cose abitabili è pressoché impossibile. Il nuovo a meno di 13k mai visto.

Ma la vera differenza è di approccio. In Francia , soprattutto a Parigi, la gente vive in posti che un italiano definirebbe allucinanti, ma a loro fottesega. La casa la usano a malapena per dormire o fare aperitivi di 10 persone in 35 metri quadri. Ma solo se ci sono meno di 15 gradi. Altrimenti tutti al parco a fare picnic o in giro.

Ti faccio un esempio personale.
Stavo per acquistare 50 metri a 450k (poi mi sono ritirato a pochi giorni dalla firma perché ho avuto problemi a lavoro che mi han fatto tornare in Italia qualche mese dopo). Era un “affare” e dovevo dargli 100k sulla unghia + 1700/1800 al mese di mutuo per 25 anni.

Da solo puoi farlo solo se guadagni almeno 70k + bonus (quindi minimo manager/senior manager di una società di consulenza o un banker con 5/10 anni di esperienza a seconda delle banche) , hai 100k da parte e possibilmente una fidanzata/un fidanzata con cui dividere le spese, mutuo escluso.

Poi quando hai un figlio lì dentro ci puoi stare al massimo qualche anno, poi devi sloggiare per comprare almeno un trilocale.
A quel punto difficilmente potrai comprare da solo o senza vendere la casa precedente.

La gente normale se ne va in banlieue.
E per normale intendiamo qualsiasi cosa sia sotto i 300/400 k di reddito famigliare annuale.

Con due figli, una casa di 3 camere da letto (piccole eh), meno di 1 milione non la trovi. E se la trovi devi metterci altri 200k di ristrutturazione.

Diciamo 1,1 milione costo totale, poi hai il notaio (7%) poi hai diciamo 400 euro al mese di spese condominiali.

Se gli dai 250k di apporto personale e prendi mutuo sono 3.000 euro al mese per 30 anni + 400 di spese.

Per avere il mutuo devi guadagnarne almeno 9.000 euro. Sono 200.000 euro di stipendio.
Condizioni rare e comunque attenzione...tutti sti soldi e abiti in case appena decenti (vai su pap.fr per una idea)
 
Ultima modifica:
Che poi io sapevo che in Galleria moltissimi non pagano.
 
Numbeo parla di un +37 % di potere d’acquisto. Ci può stare ma temo sia influenzato dalla tassazione doppia che c era in Francia fino a 1 anno e mezzo fa. Mi spiego...li il netto in busta non era ancora del tutto tassato. La Completa tassazione alla fonte è arrivata nel gennaio 2019.Non è da escludere quindi che molti dei redditi parigini di numbeo siano gonfiati rispetto a quelli italiani.

La mia esperienza ti dice che gli stipendi impiegatizi di Parigi sono del tutto similari a quelli di Milano. Differenze minime sul potere d’acquisto. In molti caso considerando il tfr(in Francia non c è) e 13/14esime, quasi meglio Milano di Parigi.

La differenza grossa ce l’hai sui quadri direttivi in su.
A Parigi tranquillamente guadagni 70k + 20k di bonus per posizioni pagate in Italia 45-50k+ 10k di bonus.

Venendo alla domanda. In Italia il 75% abita in case di proprietà, in Francia circa il 10% in meno.
Parigi però non fa testo. Intramuros comprare superfici decenti è complicatissimo. Prezzi sotto i 9000/10000 al metro per cose abitabili è pressoché impossibile. Il nuovo a meno di 13k mai visto.

Ma la vera differenza è di approccio. In Francia , soprattutto a Parigi, la gente vive in posti che un italiano definirebbe allucinanti, ma a loro fottesega. La casa la usano a malapena per dormire o fare aperitivi di 10 persone in 35 metri quadri. Ma solo se ci sono meno di 15 gradi. Altrimenti tutti al parco a fare picnic o in giro.

Ti faccio un esempio personale.
Stavo per acquistare 50 metri a 450k (poi mi sono ritirato a pochi giorni dalla firma perché ho avuto problemi a lavoro che mi han fatto tornare in Italia qualche mese dopo). Era un “affare” e dovevo dargli 100k sulla unghia + 1700/1800 al mese di mutuo per 25 anni.

Da solo puoi farlo solo se guadagni almeno 70k + bonus (quindi minimo manager/senior manager di una società di consulenza o un banker con 5/10 anni di esperienza a seconda delle banche) , hai 100k da parte e possibilmente una fidanzata/un fidanzata con cui dividere le spese, mutuo escluso.

Poi quando hai un figlio lì dentro ci puoi stare al massimo qualche anno, poi devi sloggiare per comprare almeno un trilocale.
A quel punto difficilmente potrai comprare da solo o senza vendere la casa precedente.

La gente normale se ne va in banlieue.
E per normale intendiamo qualsiasi cosa sia sotto i 300/400 k di reddito famigliare annuale.

Con due figli, una casa di 3 camere da letto (piccole eh), meno di 1 milione non la trovi. E se la trovi devi metterci altri 200k di ristrutturazione.

Diciamo 1,1 milione costo totale, poi hai il notaio (7%) poi hai diciamo 400 euro al mese di spese condominiali.

Se gli dai 250k di apporto personale e prendi mutuo sono 3.000 euro al mese per 30 anni + 400 di spese.

Per avere il mutuo devi guadagnarne almeno 9.000 euro. Sono 200.000 euro di stipendio.
Condizioni rare e comunque attenzione...tutti sti soldi e abiti in case appena decenti (vai su pap.fr per una idea)

Grazie per l'interessantissima descrizione della situazione immobiliare a Parigi.

Per curiosità, che tu sappia, in generale che differenze sociali/economiche/demografiche ci sono tra chi compra dentro Parigi e chi compra in posti estremamente esclusivi, ma comunque fuori città, tipo Neuilly sur Seine? Inoltre, essendo ben noto il degrado di varie zone intramuros tipo il 18mo arrondissement, come fa tanta gente di bassissimo ceto sociale a permettersi di abitare in aree comunque costosissime, anziché nelle varie banlieues degradate?
 
Ricordo a tutti che Numbeo non è un "report", è un database che raccoglie dati inseriti da chicchessia e non è neanche particolarmente flessibile. Molte cose sono tout court scorrette.
 
Ricordo a tutti che Numbeo non è un "report", è un database che raccoglie dati inseriti da chicchessia e non è neanche particolarmente flessibile. Molte cose sono tout court scorrette.

Sì certamente.
Risulta però comunque più oggettivo di esperienze personali e/o visioni parziali
 
Grazie per l'interessantissima descrizione della situazione immobiliare a Parigi.

Per curiosità, che tu sappia, in generale che differenze sociali/economiche/demografiche ci sono tra chi compra dentro Parigi e chi compra in posti estremamente esclusivi, ma comunque fuori città, tipo Neuilly sur Seine? Inoltre, essendo ben noto il degrado di varie zone intramuros tipo il 18mo arrondissement, come fa tanta gente di bassissimo ceto sociale a permettersi di abitare in aree comunque costosissime, anziché nelle varie banlieues degradate?

Parigi è diversa da Milano, alcune zone sono fuori dalle mura solo nominalmente.
Neuilly, Vincennes, Boulogne costano come Parigi.
Non cambia pressoché nulla.
Quindi Neuilly fa poco testo.

Ma ci sono posti fuori molto borghesi che invece fanno al caso nostro. Per esempio Saint Germain En Laye , Versailles, Fontainebleu.
Costa almeno un 30% meno di Parigi, da cui comunque distano almeno 30/40 minuti di mezzi, sono adatti a famiglie, quasi tutte francesi, quasi tutte dell’ile de France. Poi va a gusto, i francesi amano le campagne.

Venendo alla seconda domanda. Per legge ci sono HLM (case popolari) in tutti i quartieri, anche nel 16esimo o nell’ottavo o nel settimo, per citarti alcuni tra i quartieri residenziali più In di Parigi.
Questo, più gli aiuti statali piu La solidarietà tra le comunità ti crea situazioni “particolari” come Barbes, porte de clignancourt, porte de la chapelle , gare du nord ecc ecc

La cosa divertente a Parigi è che, quasi sempre, le case popolari di recente(ultimi 30 anni?) costruzione sono più belle della gran parte degli appartamenti in vendita.

E quindi hai gente pure italiana, semplice impiegata, magari 2 figli, assegnataria di un tri/quadrilocale dove ci porta pure il compagno(non registrato, altrimenti perderebbe lo status di ragazza madre) e se ti va bene ti piazzano in quartieri buoni.
Con 2/300 euro al mese accedi ad appartamenti da 1700/2000 euro al mese.

Poi ci sono pure ultra40enni impiegati, che vivono ancora in 9 metri quadri (hai letto bene...NOVE).
450 euro al mese, stipendio da 1600/1700, single...questo ti puoi permettere.

La mia attuale compagna, 2000 al mese , viveva in 18 metri quadri, 750 euro.

Mio ex compagno di uni, prima che l’azienda gli prendesse casa , viveva con compagna e figlio appena nato in 35/40 metri. Facevano 7/8mila euro in due, ma la casa costava 1500 e questo ti puoi permettere.

Io vivevo nel 16esimo in 30 metri quadri, piano terra, 1000 euro. Un affare. Chi mi visitava mi invidiava terribilmente. Chateau dicevano....castello!
Guadagnavo 5 volte tanto compresi i bonus, ma non volevo mettermi a cercare altro, spendendo di più e preparando dossier infiniti...a Parigi cercare casa è infernale. Ci sono divertentissimi video su YouTube di italiani che spiegano.
Non è che puoi far traslochi ogni anno...cercare casa è come lavorare, ma sul serio. O lavori,o cerchi casa.
 
Ultima modifica:
Sia chiaro eh, io tornerei domani stesso a vivere a Parigi, ma questa è la verità.
 
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