La grande città è bella ma non conviene

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

bé, è un po' la scoperta dell'acqua calda :)

Le grandi città funzionano per autonomi e imprenditori, che possono approfittare nel network, mentre per un salariato che potrebbe avere lo stesso stipendio più o meno ovunque (l'esempio più lampante è il dipendente pubblico), chiaramente non conviene.

Tuttavia è un po' naif come definizione, perchè i motivi per scegliere la grande città sono comunque tanti, ad esempio a parità di salario reale quasi tutti preferirebbero lavorare in una grande azienda che fa formazione e curriculum, piuttosto che nella bottega di famiglia, questo ovviamente per chi è interessato a crescere professionalmente e ambisce ad avere un differenziale di reddito in futuro, che non è comunque mai garantito.

Poi ci sono tutti i motivi legati allo stile di vita che esulano dal discorso, ossia si accetta di pagare un premium per vivere in un luogo che si apprezza di più - tipo abitare in centro anzichè in periferia.
 
bé, è un po' la scoperta dell'acqua calda :)

Le grandi città funzionano per autonomi e imprenditori, che possono approfittare nel network, mentre per un salariato che potrebbe avere lo stesso stipendio più o meno ovunque (l'esempio più lampante è il dipendente pubblico), chiaramente non conviene.

Tuttavia è un po' naif come definizione, perchè i motivi per scegliere la grande città sono comunque tanti, ad esempio a parità di salario reale quasi tutti preferirebbero lavorare in una grande azienda che fa formazione e curriculum, piuttosto che nella bottega di famiglia, questo ovviamente per chi è interessato a crescere professionalmente e ambisce ad avere un differenziale di reddito in futuro, che non è comunque mai garantito.

Poi ci sono tutti i motivi legati allo stile di vita che esulano dal discorso, ossia si accetta di pagare un premium per vivere in un luogo che si apprezza di più - tipo abitare in centro anzichè in periferia.

La concentrazione nelle aree urbane e' determinata dalle opportunita di lavoro... non solo epr gli imprenditori, ma anche, e soprattutto, per i dipendenti...
 
La concentrazione nelle aree urbane e' determinata dalle opportunita di lavoro... non solo epr gli imprenditori, ma anche, e soprattutto, per i dipendenti...

E certo! Il 90% dei lavori è da dipendente, se però ti fa stare peggio (in termini di costo della vita), allora c'è qualcosa che batte in testa...

L'amara realtà è che la grande città attrae i giovani (specialmente i migliori) allettandoli con le opportunità ma spessissimo alla fine risulta un pò come il miele con le mosche, diventa appicicoso e le intrappola.

Attrae specialmente i giovani perchè narra loro delle opportunità e nel contempo li "distrae" con divertimenti di varia natura.
 
Ultima modifica:
Chiaro che se trovi una bella realtà lavorativa in una città con costo della vita limitato è tanta roba ma intanto si devono "allineare le stelle", inoltre se perdi il lavoro o assumono un capo che ti sta in cu lo o semplicemente vuoi cambiare per crescere o ti sei rotto auguri a trovare un altro lavoro

tra l'altro se non fossi stato in grandi città mai avrei potuto fare determinate esperienze lavorative (ma anche personali) che poi mi hanno permesso di cambiare e cambiare ancora..
 
E certo! Il 90% dei lavori è da dipendente, se però ti fa stare peggio (in termini di costo della vita), allora c'è qualcosa che batte in testa...

L'amara realtà è che la grande città attrae i giovani (specialmente i migliori) allettandoli con le opportunità ma spessissimo alla fine risulta un pò come il miele con le mosche, diventa appicicoso e le intrappola.

Attrae specialmente i giovani perchè narra loro delle opportunità e nel contempo li "distrae" con divertimenti di varia natura.

Il costo della vita e' alto in funzione della sua attrattivita, in provincia la vita costa meno (quasi solo per alloggio) perché c'e' meno domanda e c'e' meno domanda perche ci sono meno opportunita per i piu'...
 
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Il costo della vita e' alto in funzione della sua attrattivita, in provincia la vista costa meno (quasi solo per alloggio) perché c'e' meno domanda e c'e' meno domanda perche ci sono meno opportunita per i piu'...

Sì, in linea di massima è così. Ma se nel sistema anglosassone laddove c'è più attrattività ci sono anche maggiori salari, nel modello mitteleuropeo questa regola non si applica creando un grave disequilibrio. Quale scelta paga di più in un sistema a "benessere diffuso" come il nostro?

In tutto questo mi fa ridere sentir parlare di "gentrification" in un Paese come l'Italia.
 
Ma guarda che il mondo anglosassone è pieno di articoli clone di quello che hai linkato, in cui si dice che ommioddio Londra o S. Francisco non convengono rispetto a centri più piccoli a meno che non hai un certo tipo di carriera :rolleyes:

Poi il discorso che fai si può iterare quasi all'infinito: se sei disposto a farti km di tornanti ogni giorno, con ogni condizione atmosferica, compri casa con 30k in molti borghi montani della lombardia e non mi si dica che non c'è lavoro raggiungibile. Non è che la gente va a vivere vicino ai centri urbani magari aprendosi un mutuo perchè "ha qualcosa che batte in testa".

La realtà è che l'equilibrio che paventi, il "reddito reale ottimo", è molto difficile da trovare per molti motivi, insomma funziona solo sulla carta.

La gente va in città perchè segue il flusso, la città fa da magnete, sia con le attività culturali che con il lavoro ma soprattutto con lo studio, per chi fa l'università. E' naturale che se studi in città poi cerchi in città, o meglio, spesso "vieni cercato", e, magari sbagliando, non stai lì a farti tutti i conti. Finisce che vieni semplicemente assorbito.

Sta di fatto che in italia non abbiamo le situazioni assurde dell'amato mondo anglosassone: siamo pieni di centri con costi della vita accessibili, o tempi di percorrenza bassi.


se però ti fa stare peggio (in termini di costo della vita), allora c'è qualcosa che batte in testa...

Ma poi che vuol dire "stare peggio in termini di costo della vita"? Non è che quelli che abitano in città son tutti fuori di testa e si fanno del male da soli... Si vede che trovano il loro spazio, e stanno bene dove stanno, "non in termini di costo della vita".
 
Gli studiosi italiani del lavoro sono ancora ancorati all'analisi del "dumb working" :-)

In questo studio si citano le premesse
- le paghe sono livellate dai contratti nazionali
- lavorare in citta' implica un costo della vita superiore, anche del 30-40%
quindi lavorare (e ci aggiungo io: e vivere, che e' implicito, tuttavia non mi pare che nell'articolo sia esplicitamente specificato, solo sottinteso) in citta' non conviene.

Tito Boeri ed altri hanno invece affermato di recente che questa penalizzazione del maggior costo della vita a parita' di salario e' compensata dalla maggior probabilita' di trovare lavoro. Gli autori non sono completamente d'accordo (ho dato un'occhiata al paper in inglese ma non ho trovato dei dati al riguardo).

Lasciamo da parte la questione e chiediamoci: la ricerca di lavoro e la retribuzione sono le due uniche variabili che le persone considerano ?

A me pare di no, perche' la citta' si sceglie anche per altri motivi, come la possibilita' di maggiori relazioni sociali.

Comunque lo studio e' carente, perché considera unicamente il dumb working e non considera affatto lo smart working, che si puo' fare benissimo in provincia o in campagna.
 
La concentrazione nelle aree urbane e' determinata dalle opportunita di lavoro... non solo epr gli imprenditori, ma anche, e soprattutto, per i dipendenti...

Questo lo dice Tito Boeri nello studio con Ichino.
Questi altri ricercatori sembrano smentire la tesi di Ichino e Boeri. Io ho cercato un po' nel paper in inglese ma non ho trovato facilmente la confutazione citata.
 
o meglio, spesso "vieni cercato",

Ancora con ste leggende? Ancora a parlare dello 0,5 % del 'parco laureati' italiani? Con il 10 % di disoccupazione, nessuno cerca nessuno, questo è sicuro. Per il resto tra l'altro sono d'accordo, la città va ben al di là del lavoro, ma è vita sociale. Soprattutto per chi c'è nato o per chi ci si deve trasferire per forza.
 
Tito Boeri ed altri hanno invece affermato di recente che questa penalizzazione del maggior costo della vita a parita' di salario e' compensata dalla maggior probabilita' di trovare lavoro.

Ma figuriamoci. La gente va a Milano perche' e' una bella citta'.
Vuoi mettere? Storia, cultura, architettura, natura, montagna, mare...
 
Ma figuriamoci. La gente va a Milano perche' e' una bella citta'.
Vuoi mettere? Storia, cultura, architettura, natura, montagna, mare...

Già,2 ore di mezzi pubblici al giorno, uscire di casa alle 7.30 per rientrare alle 19.30, guadagnare 1.600€ e spenderne 800€ per vivere nell'hinterland insieme al pakistano che cucina cipolla e cumino a colazione....vuoi mettere?
Milano è bella se vivi a Milano e ti puoi permettere di vivere Milano non da barbone o da studente universitario accattone. Se vivi a Rozzano o sotto il viadotto a Lorenteggio non vivi a Milano.
A Milano senza entrate extra, fa una vita mediocre anche un QUADRO! O hai un patrimonio familiare che compensa oppure non c'è avanzamento di carriera che tenga.....ovviamente non sto parlando dello 0,001% che arriva allla dirigenza...
 
Vivere in citta' con il caro case nn ha senso. A Milano come in tutte le grandi metropoli nel mondo con prezzi solo accessibili attraverso mutui tombali.
 
E certo! Il 90% dei lavori è da dipendente, se però ti fa stare peggio (in termini di costo della vita), allora c'è qualcosa che batte in testa...

L'amara realtà è che la grande città attrae i giovani (specialmente i migliori) allettandoli con le opportunità ma spessissimo alla fine risulta un pò come il miele con le mosche, diventa appicicoso e le intrappola.

Attrae specialmente i giovani perchè narra loro delle opportunità e nel contempo li "distrae" con divertimenti di varia natura.

Divertimenti di varia natura quali? Oramai sia a Milano che a Roma qualsiasi divertimento non sono solo a pagamento ma anche cari,città dove quando esci il sabato se vuoi fare veramente qualcosa fi diverso rispetto alla provincia partono come minimo 30/40 euro
 
Ancora con ste leggende? Ancora a parlare dello 0,5 % del 'parco laureati' italiani? Con il 10 % di disoccupazione, nessuno cerca nessuno, questo è sicuro.

Io mi sto riferendo a Milano, che è poi l'ovvio bersaglio del topic, perchè nessun'altra città ha il suo caro prezzi in Italia.
In questo contesto le cifre che citi non esistono, la disoccupazione fra i laureati a Milano non è certo del 10%, piuttosto del 3-4%.
Lo stesso, la percentuale di persone che trova lavoro entro un anno dalla laurea è molto alta e non è certo dello 0,5% - per darti un'idea, il 25% dei laureati magistrali al Polimi trova lavoro prima della laurea.

La gente si sposta per studiare a Milano, e in generale in Lombardia (che vede una crescita di iscritti alle sue università da tutto il Paese), perchè il territorio offre opportunità di lavoro. Questo implica che, in modo diretto o indiretto, cioè attraverso le conoscenze createsi durante gli studi piuttosto che attraverso annunci di lavoro, dopo la laurea si rimanga in qualche modo ancorati al territorio.

Infine, vorrei sottolineare che le persone non cercano solo "un lavoro qualsiasi pagato il giusto", vogliono anche un lavoro coerente con il percorso di studi, e per molte aree di interesse la Lombardia ha quasi il monopolio ormai.
 
E certo! Il 90% dei lavori è da dipendente, se però ti fa stare peggio (in termini di costo della vita), allora c'è qualcosa che batte in testa...

L'amara realtà è che la grande città attrae i giovani (specialmente i migliori) allettandoli con le opportunità ma spessissimo alla fine risulta un pò come il miele con le mosche, diventa appicicoso e le intrappola.

Attrae specialmente i giovani perchè narra loro delle opportunità e nel contempo li "distrae" con divertimenti di varia natura.

Argomento che più volte è uscito.
A me sembra banale in realtà.

Per ogni giovane che cerca lavoro e trova in una big che sta in zone economiche, ce ne sono 20 altri minimo. Questi sostanzialmente dovranno scegliere tra PMI e spostamento nella città.
E' normale che scelgano la 2, principalmente perché è più redditizio nei primi anni di carriera in quanto i salari entry level sono buoni e ci sono occasioni di formazione.
 
Sì, in linea di massima è così. Ma se nel sistema anglosassone laddove c'è più attrattività ci sono anche maggiori salari, nel modello mitteleuropeo questa regola non si applica creando un grave disequilibrio. Quale scelta paga di più in un sistema a "benessere diffuso" come il nostro?

In tutto questo mi fa ridere sentir parlare di "gentrification" in un Paese come l'Italia.

Può essere che il nostro modello basato sui contratti nazionali in realtà "premi" i salari in zone meno attrattive rendendoli più alti?
C'è inoltre da dire che la tassazione IRPEF con lo scaglione al 38% limita parecchio il salario, così che le aziende che dovrebbero dare salari maggiori ai cittadini si trovano a sborsare molto in termini di lordo a fronte di un aumento netto non enorme.
 
Io mi sto riferendo a Milano, che è poi l'ovvio bersaglio del topic, perchè nessun'altra città ha il suo caro prezzi in Italia.
In questo contesto le cifre che citi non esistono, la disoccupazione fra i laureati a Milano non è certo del 10%, piuttosto del 3-4%.
Lo stesso, la percentuale di persone che trova lavoro entro un anno dalla laurea è molto alta e non è certo dello 0,5% - per darti un'idea, il 25% dei laureati magistrali al Polimi trova lavoro prima della laurea.

La gente si sposta per studiare a Milano, e in generale in Lombardia (che vede una crescita di iscritti alle sue università da tutto il Paese), perchè il territorio offre opportunità di lavoro. Questo implica che, in modo diretto o indiretto, cioè attraverso le conoscenze createsi durante gli studi piuttosto che attraverso annunci di lavoro, dopo la laurea si rimanga in qualche modo ancorati al territorio.

Infine, vorrei sottolineare che le persone non cercano solo "un lavoro qualsiasi pagato il giusto", vogliono anche un lavoro coerente con il percorso di studi, e per molte aree di interesse la Lombardia ha quasi il monopolio ormai.


E riecco i soliti discorsi classisti di 'quella minoranza di persone che ha studiato ingegneria nel Politecnico di Milano', come se fossero rappresentative di chissà che.
Non esiste nulla di cui stai parlando, se non per l'appunto in una stretta elite, come se ora l'università sia diventato un centro per l'impiego in cui, solo frequentandola, magicamente appaiono le offerte di lavoro e le aziende si scannano per averti.
A Milano, come in tutte le città d'Italia, esiste il classico: finisco l'università (o anche nelle fase finali), mando curriculum e vedo che succede.
Essendo una città con molte possibilità, succede che probabilmente non avrai difficoltà a fare vari colloqui. Ma se non attivi il processo, nessuno ti viene a cercare magicamente nell'aula in cui studi, è un concetto che nel 2020 fa così ridere che mi sembra addirittura assurdo parlarne.
 
Il mio "vieni cercato" era virgolettato per un motivo: voleva veicolare il concetto che una volta che ti sei creato un network in un determinato contesto, è più facile trovare lavoro in quel contesto, soprattutto se quest'ultimo è fertile. E' chiaro che poi la facilità dipende dal percorso di studi, ma questo non ha nulla a che vedere col classismo, Milano è semplicemente piena di università o istituti privati molto collegati col lavoro. Anche considerando solo i nomi più noti, Bocconi, Cattolica e Polimi, si hanno decine di migliaia di studenti, non certo uno 0.5% non rappresentativo di nulla.
 
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