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L’attuale crisi dei mercati finanziari rappresenta un’occasione formidabile di educazione finanziaria e per la presa di coscienza sull’imprevedibilità dei mercati e sulla arrogante vacuità di ogni tentativo di previsione dei mercati finanziari basata sui cosiddetti “fondamentali” delle società quotate. Sotto questo profilo, anche se al momento può apparire di scarsa consolazione, la “capitalizzazione” della lezione può servire per prevenire future perdite causate dal ripetersi degli stessi comportamenti.
Diversamente dalla crisi del 2000-2002, i mercati azionari nel loro complesso hanno iniziato a correggere, pur non provenendo dagli eccessi di una vera bolla speculativa. Sotto questo aspetto, l’attuale crisi è assai più subdola di quella precedente e dai contorni assai più indefiniti e sfuggenti. Nel 2007 erano, sì, presenti bolle speculative, ma erano regionali (Cina, India) e settoriali (immobiliare). L’indice della borsa di Shangai ha corretto a meno della quota 3.000 attuale da oltre 6.000 dell’Ottobre 2007. L’indice dei fondi immobiliari europei ha perso circa il 50% dai massimi del 2007.
Tuttavia, sia negli USA, sia in Europa i multipli P/E dei titoli industriali, misurati sui dati valori storici 2007, non apparivano esasperati rispetto ai valori storici medi. Sulla base di questa constatazione gli esperti rassicuravano.
Io stesso fino ad Agosto - Settembre 2007 mi dichiaravo possibilista sulla continuazione del trend rialzista dei mercati azionari anche se, in virtù del grado di maturità del bull market, avevo sollecitato i miei clienti a riposizionarsi sui più conservativi fondi di fondi hedge.
Questa condizione non esasperata dei multipli borsistici 2007 ha fatto si che gli investitori tipicamente definiti come “value” e “contrarian” siano caduti in una trappola mortale. Infatti, non intravedendo la possibilità di recessione, ogni flessione dei mercati era interpretata come una opportunità di acquisto. Questi investitori non hanno fatto altro che mediare le perdite al ribasso, accumulandole in maniera spaventosa ed infantile. La litania che recitavano con ossessiva monotonia, per confortare i clienti dalle “ferite”, era che i prezzi avevano già scontato lo scenario economico peggiore. Nessun sistema peggiore per rompere il legame di fiducia con i clienti gestiti: “se questi sono gli esperti dei mercati, Dio ce ne scampi”, hanno pensato i più.
Questo è avvenuto perché, agli inizi del corrente anno, nessuno ha veramente previsto che la congiuntura 2008 sarebbe mutata in maniera drammaticamente negativa, come i dati congiunturali oggi cominciano a confermare.
La lezione che se ne trae è quella che predico da anni: ne’ gli analisti finanziari, ne’ gli economisti riescono a prevedere i punti di svolta dei cicli economici, ne’ la profondità della caduta del livello di attività economica.
Il Governatore Draghi (uomo che normalmente misura le parole) che afferma che il peggio è passato e che si smentisce poche settimane dopo, affermando che c’è stato un improvviso peggioramento del clima economico, è la rappresentazione più esemplare di questa impotenza degli economisti, anche dagli osservatori più privilegiati.
La lezione che ho imparato negli anni è che non si investe contro i trend primari, gli unici che mi è possibile identificare con una certa precisione e senza troppi falsi segnali. Per ottenere questo obiettivo ho sviluppato una modellistica che ha il solo scopo di identificare i trend primari dei mercati azionari senza troppi falsi segnali che fiaccano la fiducia nel modello stesso.
Con una successione di articoli e di e-mail
http://www.trend-online.com/?stran=izbira&p=prp&id=168583
http://www.trend-online.com/?stran=izbira&p=prp&id=169870
http://www.trend-online.com/?stran=izbira&p=prp&id=174971
ho sollecitato i miei lettori a calare le scialuppe di salvataggio e ad abbandonare la nave. Il segnale più importante è venuto il 4 gennaio 2008, di uscita dallo Stoxx 600 a quota 372 (oggi è a quota 270), anche se qualche settimane prima era subentrato un segnale ribassista sul Giappone. In seguito anche dagli USA è venuto un segnale ribassista. Ad ogni modo, se 2 dei 3 principali mercati azionari del mondo sono al ribasso, data la correlazione tra i principali mercati azionari, la conclusione va evidentemente estesa anche al terzo mercato, anche senza aspettare il segnale preciso.
Non ho mai avuto tentazioni di rientrare sul mercato perché sapevo di non sapere, sapevo che i fondamentali 2007 non erano indicativi dei fondamentali 2008. Sapevo anche che la combinazione di alti tassi di interesse in Europa, euro forte, petrolio in crescita avrebbe creato una miscela micidiale sul potere di acquisto delle famiglie e sulla competitività industriale e che – come scrissi – le conseguenze avrebbero richiesto svariati trimestri per manifestarsi compiutamente: quei trimestri nei quali gli economisti e gli analisti finanziari sono solitamente ciechi. Essendo anche io non meno cieco, mi affido al mio modello trend-following, che ha il vantaggio di non essere presuntuoso e di non avere un “ego” professionale da accondiscendere.
Di fronte a questa disfatta degli “esperti” dei mercati, si affaccia la divertente tesi del “gestore come tassista”. Questa tesi sostiene che, se prendete un taxi e c’è un ingorgo, il tassista non ne ha colpa. Egli svolge il suo servizio al meglio. Analogamente, il gestore non ha colpa degli ingorghi finanziari, l’importante è che non faccia troppo peggio del benchmark. Insomma, una concezione minimalista degli obblighi professionali del gestore.
A me è capitato più volte di trovarmi in taxi in mezzo ad ingorghi. Spesso ho pagato la corsa fino a quel punto ed ho continuato a piedi. Mutatis mutandis, vuol dire che a questi fondi gestiti da dei “tassisti” preferisco gli Etf per cavalcare in maniera non speculativa i trend primari: si risparmia sui costi e si evitano gli “oh, oh” alla Vilcoyote, quando il simpatico personaggio dei cartoon si accorge (sempre in ritardo) di essere finito nel vuoto …
Infine, una riflessione finale sulla figura professionale tipica del gestore “**** di pietra”: che senso ha per un gestore trascorrere 8 ore al giorno dietro ad un terminale Bloomberg, se non è in grado di capire che si trova in un mercato orso primario? Le decisioni che contano davvero al fine del rendimento finale di un portafoglio non si devono prendere tutti i giorni, ma ogni “enne” mesi. Non ha proprio senso pagare un gestore per fare questo tipo di lavoro. Anche su questo aspetto l’industria del risparmio gestito dovrà fare una doverosa riflessione.
Paolo Sassetti
Diversamente dalla crisi del 2000-2002, i mercati azionari nel loro complesso hanno iniziato a correggere, pur non provenendo dagli eccessi di una vera bolla speculativa. Sotto questo aspetto, l’attuale crisi è assai più subdola di quella precedente e dai contorni assai più indefiniti e sfuggenti. Nel 2007 erano, sì, presenti bolle speculative, ma erano regionali (Cina, India) e settoriali (immobiliare). L’indice della borsa di Shangai ha corretto a meno della quota 3.000 attuale da oltre 6.000 dell’Ottobre 2007. L’indice dei fondi immobiliari europei ha perso circa il 50% dai massimi del 2007.
Tuttavia, sia negli USA, sia in Europa i multipli P/E dei titoli industriali, misurati sui dati valori storici 2007, non apparivano esasperati rispetto ai valori storici medi. Sulla base di questa constatazione gli esperti rassicuravano.
Io stesso fino ad Agosto - Settembre 2007 mi dichiaravo possibilista sulla continuazione del trend rialzista dei mercati azionari anche se, in virtù del grado di maturità del bull market, avevo sollecitato i miei clienti a riposizionarsi sui più conservativi fondi di fondi hedge.
Questa condizione non esasperata dei multipli borsistici 2007 ha fatto si che gli investitori tipicamente definiti come “value” e “contrarian” siano caduti in una trappola mortale. Infatti, non intravedendo la possibilità di recessione, ogni flessione dei mercati era interpretata come una opportunità di acquisto. Questi investitori non hanno fatto altro che mediare le perdite al ribasso, accumulandole in maniera spaventosa ed infantile. La litania che recitavano con ossessiva monotonia, per confortare i clienti dalle “ferite”, era che i prezzi avevano già scontato lo scenario economico peggiore. Nessun sistema peggiore per rompere il legame di fiducia con i clienti gestiti: “se questi sono gli esperti dei mercati, Dio ce ne scampi”, hanno pensato i più.
Questo è avvenuto perché, agli inizi del corrente anno, nessuno ha veramente previsto che la congiuntura 2008 sarebbe mutata in maniera drammaticamente negativa, come i dati congiunturali oggi cominciano a confermare.
La lezione che se ne trae è quella che predico da anni: ne’ gli analisti finanziari, ne’ gli economisti riescono a prevedere i punti di svolta dei cicli economici, ne’ la profondità della caduta del livello di attività economica.
Il Governatore Draghi (uomo che normalmente misura le parole) che afferma che il peggio è passato e che si smentisce poche settimane dopo, affermando che c’è stato un improvviso peggioramento del clima economico, è la rappresentazione più esemplare di questa impotenza degli economisti, anche dagli osservatori più privilegiati.
La lezione che ho imparato negli anni è che non si investe contro i trend primari, gli unici che mi è possibile identificare con una certa precisione e senza troppi falsi segnali. Per ottenere questo obiettivo ho sviluppato una modellistica che ha il solo scopo di identificare i trend primari dei mercati azionari senza troppi falsi segnali che fiaccano la fiducia nel modello stesso.
Con una successione di articoli e di e-mail
http://www.trend-online.com/?stran=izbira&p=prp&id=168583
http://www.trend-online.com/?stran=izbira&p=prp&id=169870
http://www.trend-online.com/?stran=izbira&p=prp&id=174971
ho sollecitato i miei lettori a calare le scialuppe di salvataggio e ad abbandonare la nave. Il segnale più importante è venuto il 4 gennaio 2008, di uscita dallo Stoxx 600 a quota 372 (oggi è a quota 270), anche se qualche settimane prima era subentrato un segnale ribassista sul Giappone. In seguito anche dagli USA è venuto un segnale ribassista. Ad ogni modo, se 2 dei 3 principali mercati azionari del mondo sono al ribasso, data la correlazione tra i principali mercati azionari, la conclusione va evidentemente estesa anche al terzo mercato, anche senza aspettare il segnale preciso.
Non ho mai avuto tentazioni di rientrare sul mercato perché sapevo di non sapere, sapevo che i fondamentali 2007 non erano indicativi dei fondamentali 2008. Sapevo anche che la combinazione di alti tassi di interesse in Europa, euro forte, petrolio in crescita avrebbe creato una miscela micidiale sul potere di acquisto delle famiglie e sulla competitività industriale e che – come scrissi – le conseguenze avrebbero richiesto svariati trimestri per manifestarsi compiutamente: quei trimestri nei quali gli economisti e gli analisti finanziari sono solitamente ciechi. Essendo anche io non meno cieco, mi affido al mio modello trend-following, che ha il vantaggio di non essere presuntuoso e di non avere un “ego” professionale da accondiscendere.
Di fronte a questa disfatta degli “esperti” dei mercati, si affaccia la divertente tesi del “gestore come tassista”. Questa tesi sostiene che, se prendete un taxi e c’è un ingorgo, il tassista non ne ha colpa. Egli svolge il suo servizio al meglio. Analogamente, il gestore non ha colpa degli ingorghi finanziari, l’importante è che non faccia troppo peggio del benchmark. Insomma, una concezione minimalista degli obblighi professionali del gestore.
A me è capitato più volte di trovarmi in taxi in mezzo ad ingorghi. Spesso ho pagato la corsa fino a quel punto ed ho continuato a piedi. Mutatis mutandis, vuol dire che a questi fondi gestiti da dei “tassisti” preferisco gli Etf per cavalcare in maniera non speculativa i trend primari: si risparmia sui costi e si evitano gli “oh, oh” alla Vilcoyote, quando il simpatico personaggio dei cartoon si accorge (sempre in ritardo) di essere finito nel vuoto …
Infine, una riflessione finale sulla figura professionale tipica del gestore “**** di pietra”: che senso ha per un gestore trascorrere 8 ore al giorno dietro ad un terminale Bloomberg, se non è in grado di capire che si trova in un mercato orso primario? Le decisioni che contano davvero al fine del rendimento finale di un portafoglio non si devono prendere tutti i giorni, ma ogni “enne” mesi. Non ha proprio senso pagare un gestore per fare questo tipo di lavoro. Anche su questo aspetto l’industria del risparmio gestito dovrà fare una doverosa riflessione.
Paolo Sassetti