Il mio "fact checking" voleva soltanto evidenziare che non avevi correttamente riportato i contenuti della legge, parlando di divieti di cose che non sono vietate. E quindi di deroghe che non sono tali.
Se vuoi ragionare del merito, personalmente non ho sufficiente competenza. Ho però trovato questo interessante documento del SIA (società italiana attuari), dello scorso luglio. La relatrice del corso è fra l'altro una donna, e sulla carta mi aspetto che sia attenta al tema della discriminazione di genere.
https://www.sia-attuari.it/materiale/Materiale Didattico Corso FAC Diretta Web 6 luglio 2020.pdf
Vi si legge (pagina 136 e seguenti):
Considerazioni preliminari di carattere tecnico sulla previdenza complementare.
Le forme pensionistiche hanno sin qui potuto definire prestazioni pensionistiche complementari diversificate per sesso in funzione dei dati statistici storici che mettono in evidenza una diversa rischiosità per gli uomini e per le donne connessa al verificarsi di determinati eventi e quindi un’incidenza significativa del fattore sesso (senz’altro ad oggi quello, insieme all’età, di cui si dispone di maggiori dati statistici) nella quantificazione del rischio. In funzione di tale diversa valutazione del rischio sono stati quindi cercati gli equilibri finanziari delle gestioni pensionistiche, siano essi di tipo a capitalizzazione individuale o a capitalizzazione collettiva.
Ciò assunto non è da escludere che in un’ottica di perseguimento del principio di parità di trattamento tra uomini e donne non si possa addivenire a prestazioni indistinte (o medie), ridefinendo ovviamente gli equilibri finanziari sottostanti, nella consapevolezza che in tal modo si introduce implicitamente una solidarietà assicurativa di genere.
Ovviamente l’eliminazione del fattore sesso quale fattore discriminante sarebbe più semplice nei fondi pensione gestiti con un sistema a capitalizzazione collettiva, dove è già esistente un sistema di solidarietà; ciò consentirebbe di porre a carico dei diversi partecipanti al Fondo l’eventuale squilibrio derivante dall’utilizzo ab origine di una base tecnica media (maschi-femmine) nella quantificazione del rischio, in presenza poi di una collettività di iscritti non equamente distribuita rispetto al rischio stesso; diversamente, qualora fosse adottata nella valutazione della prestazione una base tecnica più prudenziale rispetto al rischio, si assisterebbe ad una riduzione della prestazione. Entrambe le situazioni potrebbero avere un effetto sulla “partecipazione” alla forma pensionistica a cui, si ricorda, si aderisce volontariamente.
Nel caso in cui il sistema finanziario di gestione adottato dalla forma pensionistica sia a capitalizzazione individuale, data la non obbligatorietà di adesione e l’assenza di meccanismi di solidarietà: -l’adozione di una base tecnica media (maschi-femmine) ab origine renderebbe necessaria la costituzione di una camera di compensazione dei rischi tra fondi pensioni, del quale andrebbero definite le modalità di finanziamento; -l’adozione di una base tecnica media, se imposta, renderebbe poco appetibile l’adesione alla previdenza di secondo pilastro, a meno che non vengano introdotti elementi obbligatori di riequilibrio che agiscano sul livello della prestazione (esempio: reversibilità della rendita).
In definitiva si ritiene che, data l’attuale volontarietà di partecipazione alla previdenza complementare, l’eliminazione del fattore sesso come discriminante nella valutazione dei rischi sulla base dei quali sono definite le prestazioni renderebbe necessaria la gestione degli squilibri finanziari che andrebbero a generarsi e presumibilmente determinerebbe una riduzione del livello della prestazione, con ulteriore rallentamento della crescita del settore.
Mi pare quindi di poter dire che:
- non siamo di fronte a divieti e a deroghe; semmai siamo di fronte ad una consuetudine, motivata e consolidata
- il tema da te sollevato (lasciami dire: in modo scomposto) è oggetto di discussione.
- il superamento della distinzione per genere sarebbe pure auspicabile, ma non è un "pasto gratis" : richiede attente valutazioni e comporta rischi di peggiorare la situazione, per tutti
Quindi alla tua domanda:
ti rispondo che per eliminare la diferenziazione di genere si devono attivare dei meccanismi che hanno un costo e presentano rischi.
Non ci sono leggi che vietano, nè che impongono. La legge richiede motivi attuariali che - a quanto pare - sussistono.