ETF - Exchange Traded Fund - The Ultimate Summary

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Quanto segue sono appunti e "copia-incolla" presi da Borsa Italiana, da blog, siti di education, interventi dal fol, articoli di ETF News, Morningstar, NoRisk, ecc.
Difficile se non impossibile ricordare tutte le fonti.

Spero che possa essere utile.... se ci sono refusi, inesattezze, fatemi sapere, in modo da postare le correzioni del caso!

Borsa Italiana, per cominciare:
Formazione ETF - Borsa Italiana
 
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Introduzione

ETF è l’acronimo di Exchange Traded Fund, un termine con il quale si identifica una tipologia di fondo d’investimento con due principali caratteristiche:
  • è negoziato su un mercato regolamentato come un’azione, attraverso una banca o un qualsiasi intermediario autorizzato;
  • ha come unico obiettivo d’investimento quello di replicare l'andamento dell’indice al quale si riferisce attraverso una gestione totalmente passiva ((indicizzazione al benchmark). Grazie a questa caratteristica, gli ETF mutuano dal benchmark il profilo rischio-rendimento e ne fanno propria la liquidità delle componenti.
Un ETF riassume in sé le caratteristiche proprie di un fondo e di un’azione, consentendo agli investitori di sfruttare i punti di forza di entrambi gli strumenti:
  • diversificazione e conseguente riduzione del rischio proprie dei fondi;
  • flessibilità e trasparenza data dalla negoziazione in tempo reale delle azioni (a differenza dei fondi comuni di investimento tradizionali, il cui valore viene fissato una sola volta al giorno, generalmente a fine giornata).

Le asset class accessibili attraverso l’investimento in ETF sono estremamente diversificate. Non deve essere dimenticato che gli ETF sono ovviamente esposti al rischio che le azioni, le obbligazioni e gli altri strumenti in cui è investito il loro patrimonio perdano valore. L’ETF consente di:
  • prendere posizione in tempo reale sul mercato con una sola operazione di acquisto: grazie all' ETF è possibile investire su di un intero indice di mercato (S&P MIB, DAX, Nasdaq100, S&P500, …) ad un prezzo che riflette il valore del fondo in quel preciso momento;
  • realizzare l’identica performance dell’indice benchmark: l'ETF consente di ottenere un rendimento pari a quello del benchmark di riferimento in virtù di una "gestione totalmente passiva", ad esempio, replicando al suo interno esattamente la composizione ed i pesi dell’indice al quale si riferisce. Va considerato però che qualora la valuta di riferimento dell'indice sia differente da quella di negoziazione, il rendimento dell'ETF potrà divergere da quello del benchmark per effetto della svalutazione/rivalutazione di tale valuta nei confronti della divisa di negoziazione;
  • avere un prezzo di mercato costantemente allineato al Nav: grazie al particolare meccanismo di funzionamento sul mercato primario detto creation/redemption in kind, che permette ai partecipanti autorizzati di creare e rimborsare le quote scambiando gli ETF con tutti i titoli componenti l'indice di riferimento, e viceversa, il prezzo in Borsa è costantemente allineato al valore ufficiale dell’ETF, il Net Asset Value (Nav). Il meccanismo di creation/redemption in kind consente pertanto di minimizzare il "tracking error" (cioè la differenza di rendimento, positiva o negativa, tra clone finanziario e benchmark);
  • ottenere un’ampia diversificazione anche con importi limitati: investire in un ETF significa prendere facilmente posizione su un intero indice di mercato (azionario, geografico, settoriale, obbligazionario, su una singola materia prima o su un paniere di commodities), diversificando e diminuendo il rischio dell'investimento. Nei mercati esistono infatti due tipi di rischi: un rischio sistematico, legato al mercato di riferimento (andamento indice di Borsa, oscillazioni tasso di interesse e del tasso di cambio); un rischio specifico, legato alle caratteristiche specifiche dello strumento finanziario (andamento di un titolo rispetto all'indice di mercato). I rischi sistematici non sono eliminabili, mentre quelli specifici possono essere rimossi attuando la diversificazione di portafoglio. Nel caso di un ETF, grazie al lotto minimo di un titolo, si ottiene una diversificazione immediata e si evita di acquistare tutti i titoli appartenenti al paniere di riferimento prescelto (operazione che richiederebbe altrimenti costi e tempi molto elevati), con la certezza di ottenere un rendimento fedele all'indice sottostante;
  • ridurre il costo del proprio portafoglio: gli ETF presentano una commissione totale annua (TER) ridotta e applicata automaticamente in proporzione al periodo di detenzione, mentre nessuna commissione di “Entrata”, di “Uscita” e di “Performance” è a carico dell’investitore. Il risparmiatore deve solo considerare le commissioni applicate dalla propria banca o intermediario per l’acquisto e la vendita sul mercato;
  • beneficiare di proventi periodici: I dividendi o gli interessi che l’ETF incassa a fronte delle azioni detenute nel proprio patrimonio (nonché i proventi del loro reinvestimento) possono essere distribuiti periodicamente agli investitori o capitalizzati stabilmente nel patrimonio dell’ETF stesso. In entrambi i casi il beneficiario è solo l’investitore;
  • abbattere il rischio emittente: Gli ETF quotati su ETFplus sono, a seconda dello strumento, Fondi Comuni di Investimento oppure Sicav (OICR). Come noto gli OICR hanno un patrimonio separato rispetto a quello delle società che ne curano le attività di costituzione, gestione, amministrazione e marketing. Gli ETF pertanto non sono esposti al rischio di insolvenza neppure in caso di fallimento delle società appena menzionate. Nel caso degli swap based si ha un rischio controparte, quello nei confronti dell’emittente dello swap, limitato al 10% del valore investito, in quanto per la normativa Ucits III l’esposizione non può essere superiore;
  • flessibilizzare l'orizzonte temporale: date le sue caratteristiche, l’ETF si presta a varie modalità d’impiego per investimento di medio / lungo termine, trading intraday oppure vendita allo scoperto al fine di prendere una posizione ribassista sull’indice benchmark. La possibilità di diversificare facilmente il portafoglio, la precisione con cui viene replicato l’indice benchmark e i bassi costi di gestione fanno si che l’ETF sia particolarmente adatto anche alla costruzione di un piano di accumulo (PAC) attraverso versamenti periodici, anche di piccola entità, effettuati dai singoli investitori.
Gli ETF vengono solitamente utilizzati in Italia da:
  • investitori istituzionali per le gestioni istituzionali, private e retail (Fondi comuni, Fondi di fondi, SGR e banche per le gestioni in fondi e titoli, Private banking, Family office);
  • investitori istituzionali per le gestioni previdenziali (Fondi pensione, Assicurazioni per prodotti d’investimento);
  • investitori istituzionali per la gestione della proprietá (Proprietá delle banche, Fondazioni, Assicurazioni per investimenti all’interno delle riserve tecniche);
  • consulenti e investitori retail per la gestione dei risparmi (Promotori finanziari, Independent financial advisors, Sim di consulenza, Clienti retail).
 
Breve storia degli ETF

L'origine degli ETF, chiamati anche "trackers" in gergo anglosassone, risale al gennaio del 1993, quando fu lanciato negli Stati Uniti sull'AMEX (American Stock Exchange) il primo Spider (SPDRs, acronimo di Standard&Poor's Depositary Receipts), che riproduce l'andamento dell'indice S&P 500. In seguito al successo riscosso dallo "spider" in particolare presso gli investitori istituzionali, sono successivamente nati i Diamonds e i Cubes (QQQ), che hanno rispettivamente il Dow Jones Industrial ed il Nasdaq 100 come sottostante. In particolare il "Nasdaq 100 Trust", introdotto nel 1999, ha sottratto la leadership agli SPDRs per volumi trattati. Nel maggio del 2000 Barclays Global Investors lanciò sul mercato dei nuovi prodotti chiamati "iShares MSCI Series", versione aggiornata dei WEBS (World Equity Benchmark Shares), ETF nati nel 1996, tracciatori degli indici Morgan Stanley Capital International. Verso la fine degli anni 90 lo sviluppo degli ETF diventò inarrestabile e furono introdotti fondi su tutti i maggiori indici azionari statunitensi, in particolare sugli indici settoriali dello S&P 500 (Sector Selector SPDRs).

Per quanto riguarda il mercato europeo degli ETF, i primi strumenti sono stati creati nell'aprile del 2000: le Borse pioniere sono state quella di Francoforte e di Londra, seguite da Zurigo, Stoccolma ed Euronext.

Il debutto del primo ETF a Piazza Affari risale al 30 settembre 2002. Da allora abbiamo assistito ad uno sviluppo impetuoso con il numero di ETF quotati con un successo inarrestabile che ha convinto i responsabili di Borsa Italiana a dedicare ai fondi replicatori di indice un apposito mercato, l’ETFPlus. Nel corso del 2007 hanno infine fatto il loro debutto anche i primi ETF Strutturati e i primi Etc (Exchange Traded Commodities).
 
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ETF Strutturati

Gli “ETF strutturati” sono fondi o Sicav negoziabili in tempo reale come delle azioni e gestiti con tecniche volte a perseguire rendimenti che non sono solo in funzione dell’andamento dell’indice benchmark, ma che possono essere volte a:
  • proteggere il valore del portafoglio pur partecipando agli eventuali rialzi dell’indice di riferimento (ETF a protezione o flessibili);
  • partecipare in maniera più che proporzionale all’andamento di un indice (ETF a leva);
  • partecipare inversamente ai movimenti dell’indice di riferimento (ETF short con o senza leva);
  • realizzare strategie d’investimento più complesse come ad esempio la strategia cosiddetta buy-write o covered call che prevede l’assunzione di una posizione lunga sul benchmark e la contestuale vendita di un opzione sull’indice stesso con strike out of the money del 5%.
 
ETF cash based e swap based

L'ETF cash based è costruito tramite l'acquisto di tutti i titoli contenuti nell'indice sottostante, ossia attraverso una replica completa che permette di riflettere le modifiche apportate all'indice, i titoli inclusi e la gestione della liquidità derivante da interessi e dividendi. Della stessa categoria fanno parte anche le strategie di ottimizzazione, che richiedono invece l'acquisto solo di una parte dei titoli sottostanti, al fine di riprodurre più efficientemente il rendimento dell'indice, migliorando anche la liquidità del portafoglio. Gli indici caratterizzati dalla presenza di titoli poco liquidi o di un numero decisamente elevato di titoli vedono l'emittente utilizzare una "replica a campione" poiché l'acquisto di tutti i titoli facenti parte del sottostante comporterebbe dei costi molto elevati. E' importante notare come si faccia un campionamento di tipo quantitativo e non qualitativo, ossia la scelta dei titoli da acquistare non segue criteri legati al potenziale rendimento dei titoli scelti.

Negli ETF swap based la replica del rendimento di un indice si basa su contratti di swap accesi con una controparte. In questo caso il paniere azionario non conterrà i titoli che compongono l'indice, ma solo una serie di titoli azionari liquidi (detto "paniere collaterale") detenuti dalla banca depositaria, mentre lo swap fornirà il rendimento dell'indice. Nella pratica il fondo mira a rispecchiare il rendimento dell'indice sottostante senza necessariamente possedere i titoli che lo compongono.

Nel caso degli swap based si ha un rischio controparte (cioè il rischio che l'emittente dello swap, solitamente una banca d'affari, non onori i suoi obblighi) limitato al 10% del valore investito, in quanto per la normativa Ucits III l’esposizione non può essere superiore. Ciò che spesso sfugge però è che anche i fondi comuni hanno la stessa possibilità di investire in swap (sempre con il limite al 10%). Il paniere di titoli collaterali è rivalutato ai prezzi di mercato su base giornaliera al fine di assicurare che il suo valore non scenda al di sotto della soglia legale del 90%. Questa soluzione tuttavia lascia ancora agli investitori molti dubbi sulle specifiche del collaterale offerto, sul livello al quale è stato apposto in garanzia, sulla sua potenziale perdita di valore, sui rischi operativi e sulle difficoltà che si incontrano nel caso si debba procedere alla sua vendita una volta verificatosi il default della controparte. Nel caso di inadempimento della controparte dello swap, il rischio intercorso è determinato da un disallineamento di performance fintanto che non venga stipulato un nuovo contratto con un altro operatore. Negli Etf swap based, al posto di una singola controparte, possono essere stipulati performace swap con un pool di controparti bancarie al fine di diversificare il rischio controparte. Il ricorso ai derivati consente la creazione di prodotti innovativi su sottostanti particolari oppure a leva. C’è poi il vantaggio di una replica perfetta riducendo fortemente il tracking error. La replica diretta può diventare inefficiente perché il tracking error, ossia la differenza tra il rendimento assoluto dell’ETF e il rendimento assoluto del benchmark di riferimento, aumenta all’aumentare del numero di titoli nell’indice da replicare. E’ per questi motivi che la metodologia swap based si usa di solito per indici molto grandi.

A livello operativo le due forme (swap e cash based) sono indifferenti per i market maker. In caso di disruption (sconvolgimento) del mercato è difficile dare una preferenza in quanto con un ETF a struttura swap può accadere che il market maker trovi difficoltà ad approcciare l’emittente perché lo swap provider ha delle difficoltà, con un effetto indiretto per l’investitore con riferimento alla possibilità di negoziazione a spread contenuti. Ma come si è visto nel 2008 in presenza di gravi tensioni ci sono difficoltà anche a vendere le azioni sottostanti e quindi a disinvestire. E questo impatta anche sugli strumenti caratterizzati da una struttura tradizionale.
 
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Nav (net asset value) e iNav ( indicative net asset value)

Il Nav (net asset value) rappresenta il valore totale delle attività di un ETF meno il valore totale delle sue passività. La composizione dell’attivo di un ETF varia, ma generalmente consiste di azioni, obbligazioni e altri strumenti. Se il fondo utilizza la replica fisica, nelle attività rientrano i titoli (o un campione di essi) che compongono il benchmark, qualsiasi incremento di reddito generato attraverso il prestito titoli (securities lending) e la liquidità. Se il fondo invece fa uso della replica sintetica, il suo attivo include un insieme di collaterali posti a garanzia, i guadagni non realizzati sugli swap (che forniscono l’esposizione al benchmark) e liquidità. Le passività degli ETF, e in generale dei fondi, sono rappresentate dalle commissioni dovute alla società di gestione e dalle perdite non realizzate sugli swap (per gli ETF swap-based).

Il Nav per quota di un ETF può quindi essere calcolato dividendo il valore totale netto di un fondo per il suo numero di azioni in circolazione:
Nav = (Valore totale attivo – Valore totale passivo) / Numero di azioni
I fondi comuni calcolano il Nav una volta al giorno, dopo che la maggior parte degli scambi sono stati conclusi e la utilizzano come prezzo per gli ordini della giornata. Qualsiasi investitore acquista le quote di un fondo al valore del Nav (dedotte le commissioni). Questo prezzo singolo, determinato usando i prezzi di chiusura di tutti gli asset in portafoglio, rende semplici gli acquisti dei fondi tradizionali.

Gli ETF offrono una liquidità intraday espressa da un prezzo di mercato. Perciò diventa necessaria una regolare misura intra-giornaliera del Nav, per vedere quanto vale il portafoglio nel corso della giornata di negoziazione e per aiutare gli investitori a capire se stanno pagando o ricevendo un prezzo equo. Questo valore è chiamato iNav del fondo (indicative net asset value). L’iNav è calcolato a intervalli regolari (di solito ogni 15 secondi) durante il corso della giornata di negoziazione e aiuta i market maker a mantenere i prezzi in linea con il valore di portafoglio. In ogni caso, a differenza dei fondi tradizionali, gli investitori in ETF che negoziano durante le ore di mercato scambiano a un leggero premio o sconto rispetto all’iNav.
 
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Premi e sconti

I prezzi degli ETF non seguono simultaneamente il Nav. Se il prezzo di mercato di un fondo è superiore al suo Nav, si dice che è negoziato a premio, il che è un bene per chi vende e un male per chi compra. Viceversa, quando il prezzo è inferiore al Nav, l’ETF è negoziato a sconto. Gli ETF sono generalmente trattati a prezzi molto vicini al Nav, perché l’insorgere di un premio o sconto genera un’opportunità di arbitraggio per i market maker, i quali possono creare e riscattare liberamente le quote di un ETF, scambiando un predeterminato insieme di titoli o altri collaterali in con nuove quote. Essi possono negoziare l’ETF al valore netto di fine della giornata. Se il prezzo di mercato si allontana eccessivamente dal Nav, i market maker otterranno profitto dalla differenza tra il prezzo di mercato del fondo e il prezzo aggregato del sottostante. Per esempio, se i titoli che compongono un certo indice valgono 100 per ogni quota e le quote sono scambiate a 101, il market maker può consegnare il paniere al provider di ETF in cambio di nuove quote e di conseguenza venderle poi sul mercato, realizzando un piccolo profitto. Siccome i market maker competono per ottenere un rapido guadagno a basso rischio, sconti e premi hanno tempi contenuti.

Gli investitori non possano fare molto per gestire la nascita di premi e sconti rispetto al Nav sul mercato degli ETF. Però, le discrepanze tendono a essere lievi, grazie al lavoro di arbitraggio svolto dai market maker; perciò non rappresentano un grosso problema per gli investitori di lungo termine. L’investitore può, tuttavia, controllare la differenza tra prezzi ed iNav. Anche se gran parte delle società di gestione non rendono disponibile gratuitamente l’iNav, è possibile guardare le quotazioni denaro-lettera, che riflettono la stima del fair value. Se le quotazioni bid e ask divergono di soli pochi centesimi di euro, il valore intermedio dà una buona approssimazione dell' iNav.
 
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Negoziazione

Quando si acquista un qualunque prodotto finanziario, si dovrebbero osservare quattro aspetti del mercato corrispondente:
  • liquidità: è misurata dallo spread bid-ask
  • ampiezza: deriva dalla quantità media, in entrambi i lati del book di negoziazione, presente ad ogni momento
  • profondità o spessore: quando nel book ci sono proposte progressive ( crescenti o decrescenti a seconda del lato) vicine tra di loro come prezzo, di modo che non si aprano "vuoti" da un eseguito all'altro
  • elasticità: quando il book è sostenuto da nuove proposte che rapidamente intervengono e sostituiscono gli eseguiti

Un book di negoziazione profondo riduce la presenza di vuoti di domanda/offerta e attenua il rischio di eccessive variazioni di prezzo, mentre l'ampiezza limita il market impact derivante da un singolo ordine con elevate quantità.

Quattro regole per comprare (vendere) un ETF: controllare il Nav e lo Spread, impostare ordini limitati ed evitare aperture e chiusure di seduta sono i fattori per un trading di successo.

1. Controllare il Net Asset Value (Nav)
I market maker mantengono il prezzo di mercato degli ETF in linea con il valore netto sottostante attraverso l’arbitraggio. Un ribasso del prezzo sottostante spinge i market maker a comprare azioni dell’ETF e a vendere il paniere di titoli sottostanti, mentre un balzo del prezzo li spinge a vendere quote del replicante e comprare i titoli sottostanti. L’offerta e la domanda create con questo tipo di attività muove il prezzo di mercato dell’ETF in linea col valore dei titoli replicati, permettendo così ai market maker di svolgere il trading e ottenere dei profitti.
Tuttavia, l’attività di arbitraggio non è perfetta. I market makers hanno bisogno di tempo per allinearsi. Di norma i replicanti con bassi volumi di trading presentano leggeri tracking error. Perciò, spetta all’investitore confrontare il prezzo di mercato con l’effettivo Nav, in modo da evitare di comprare a prezzi troppo alti o di vendere a prezzi troppo bassi. Normalmente, il Nav intraday, cioè una stima del valore del Nav a metà giornata, è disponibile sul sito del broker o della Borsa.
Molto raramente, il Nav di un ETF con alti volumi di trading si discosta dal prezzo di mercato. Questo capita solo in fasi di crisi, quando i prezzi dei bond o delle azioni meno liquide sono indisponibili. In questo caso, è opportuno osservare come il fondo viene scambiato durante il giorno in cui si ha intenzione di vendere o comprare. Se l’ETF presenta alti volumi di trading, il prezzo non ha avuto grossi balzi o cadute e lo spread bid-ask risulta contenuto (vedi paragrafo seguente), allora è probabile che il prezzo di mercato sia un indicatore migliore del reale valore di portafoglio rispetto al Nav. Di conseguenza, l’operazione di trading non deve destare preoccupazioni.

2. Controllare lo spread bid-ask
Il passo successivo è quello di controllare lo spread bid-ask. Più è basso più il prezzo è vicino al Nav e quindi si minimizzano i costi al momento della negoziazione. Lo spread bid-ask è la ragione per cui i market makers forniscono liquidità all’ETF. Siccome vendono ad un prezzo leggermente superiore a quello a cui comprerebbero, sono in grado di negoziare sia col lato dell’offerta sia della domanda e di ottenere un piccolo profitto con basso rischio.
Visto che lo spread bid-ask è di solito espresso in centesimi, i market makers guadagnano soldi attraverso i grandi volumi, eseguendo migliaia o milioni di operazioni al giorno. Di conseguenza, gli ETF più scambiati godono di uno spread inferiore di quelli meno trattati. Sfortunatamente, non esiste una regola fissa che stabilisca quando lo spread è troppo elevato: dipende dal replicante, dal suo volume di trading e dagli spread dei titoli sottostanti. Per gli ETF più popolari, come quelli che replicano l’Euro Stoxx 50, lo spread in genere si misura in centesimi, mentre per quelli meno liquidi potrebbero esserci divergenze di qualche punto percentuale. Si possono ottenere informazioni sullo spread dal sito di Borsa Italiana ( Statistiche ETF - Borsa Italiana ). Se è troppo alto, è sconsigliabile eseguire l’operazione. Mantenere i costi di trading bassi è un componente essenziale per investire con successo negli ETF.

3.Usare gli ordini limitati
L’ordine limitato individua il prezzo sopra il quale non si vuole comprare o sotto il quale non si vuole vendere. Perchè usare un ordine limitato e non un semplice ordine al meglio? Dopotutto, se l’ETF è scambiato al valore del Nav e lo spread bid-ask è contenuto, non dovrebbe essere un problema eseguire gli ordini ad un prezzo ragionevole. Nella maggioranza dei casi, infatti, è così, ma l’ordine limitato è un modo semplice e pratico per proteggersi da quelle circostanze che portano gli ordini al meglio ad essere eseguiti a prezzi sfavorevoli. Per esempio, un investitore può chiedere l’acquisto di 200 ETF e aspettarsi di pagare il prezzo fornito dal broker, ma se l’ordine di vendita corrispondente è di sole 50 ETF, il resto sarà eseguito in un momento successivo e magari a un prezzo superiore. Lo spread bid-ask riflette gli ordini di compravendita più vicini al prezzo di mercato, ma non indica il volume degli stessi. L’ordine limitato protegge dal pagare più di quello che si desidera (o di vendere al di sotto di una certa somma).
E’ possibile, con un po’ di fortuna, eseguire gli ordini all’interno dello spread bid-ask, minimizzando i costi di transazione. Inoltre, si può usare l’ordine limitato per ottenere benfici dai rialzi e ribassi di mercato. L’ordine limitato, infatti, abbassa la probabilità che le transazioni vengano eseguite contro un ordine al meglio. Questo è utile soprattutto nei momenti di forte volatilità.

4. Non fare trading in apertura e chiusura dei mercati
Generalmente, il periodo migliore per scambiare ETF è a metà giornata, piuttosto che all’inzio o alla fine. Lo spread bid-ask tende infatti ad essere più ampio all’apertura dei mercati perchè i market maker vogliono vedere come i titoli sottostanti vengono scambiati. Anche la chiusura di seduta può risultare frenetica, specialmente in mercati volatili. Visto che molti ETF europei replicano titoli di regioni con diversi fusi orari, limitare il trading alla parte centrale della giornata permette di non sovrapporre mercati aperti con altri che non sono ancora partiti (o che hanno appena chiuso).
L’eccezione a questa regola riguarda gli ETF che replicano listini asiatici o americani. Ad esempio, se si vuole acquistare un replicante dell’S&P 500, è preferibile aspettare che le Borse Usa siano aperte, in modo da non dover “indovinare” il prezzo delle azioni sottostanti, che sarà probabilmente diverso dalla chiusura precedente.
 
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Creation/Redemption in kind

Ogni ETF ha un numero fisso di investitori istituzionali o di market makers chiamato Authorized participants (AP), che sono contrattualmente legati al fondo. Gli AP forniscono liquidità al mercato creando o riscattando azioni del fondo sul mercato primario, per importi di notevole entità, a seconda dei bisogni della domanda e dell’offerta. Questa attività aumenta o restringe il numero di azioni presenti sul mercato accomodando la domanda crescente o decrescente per le stesse.

Durante il processo di creazione, l’AP utilizzerà liquidità per acquistare un paniere di titoli che coincide con gli asset sottostanti all’ETF. Questo paniere verrà poi scambiato con il “custode” dell’ETF che in cambio fornirà all’AP nuove quote del replicante. Il processo di riscatto, invece, funziona al contrario. Le quote dell’ETF vengono scambiate col “custode” dell’ETF per un paniere di titoli rappresentativo degli asset replicati, il quale poi potrà essere venduto sul mercato. Di conseguenza si crea un forte legame tra la liquidità del mercato sottostante l’ETF e quella dell'ETF stesso, per cui le condizioni di spread e di controvalore delle proposte presenti sul book di negoziazione dell'ETF sono le medesime che si troverebbero operando direttamente sui titoli componenti l'indice benchmark.

La decisione di iniziare il processo di creazione o riscatto può dipendere da diverse ragioni, come il bisogno di eseguire l’ordine di un compratore o di un venditore, il bisogno di ridurre o aumentare le quote dell’ETF o semplicemente per trarre vantaggio da qualche opportunità di arbitraggio. Se i titoli sottostanti hanno un prezzo inferiore rispetto alle azioni dell’ETF, l’AP può comprare i titoli replicati, scambiarli attravero il processo di creazione e successivamente vendere le azioni sul mercato incassando la differenza. Nel caso contrario (i titoli sottostanti sono sovra-prezzati) si può incassare un profitto attraverso il processo di riscatto. Il processo di creazione/riscatto riporta anche l’ETF verso il “prezzo di equilibrio” col proprio Nav.
Se un AP permette al prezzo di un ETF di deviare troppo dal proprio Nav, ci sarà un altro AP che sfrutterà l’opportunità di arbitraggio, riportandolo verso l’equilibrio. Il contributo degli AP risulta quindi fondamentale per mantenere la trasparenza e la liquidità degli ETF. Grazie al loro lavoro, gli investitori possono entrare o uscire in ogni momento, senza preoccuparsi del volume medio giornaliero di trading.
 
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Spread

Anche gli ETF, come qualsiasi altro titolo quotato in borsa, presentano una differenza tra prezzi denaro (in acquisto) e prezzi lettera (in vendita) meglio conosciuta con il termine di bid-ask spread. Lo spread denaro-lettera si definisce quindi come la differenza tra questi due prezzi e rappresenta in ultima istanza un costo implicito per l'investitore.

La liquidità di uno strumento finanziario è misurata dalla presenza costante sul book di negoziazione di prezzi, sia in acquisto che in vendità, con spread competitivi e quantità offerte elevate. La liquidità degli ETF negoziati in Borsa Italiana è assicurata dalla presenza costante di uno Specialista (intermediario aderente al mercato, "market maker ufficiale") che si assume degli obblighi sia in termini di quantità minima da esporre in acquisto e in vendita, sia in termini spread massimo, ovvero la massima distanza percentuale tra il prezzo cosiddetto denaro (bid) e il prezzo cosiddetto lettera (ask) per i quali Borsa Italiana monitora il rispetto in via continuativa. In caso di completa applicazione, lo Specialista deve reintegrare la propria quotazione entro 5 minuti sul segmento ETF Plus di Borsa Italiana. Oltre allo specialist, è prevista la figura dei liquidity provider, vale a dire la presenza di alcuni "market maker non ufficiali" (tutti gli intermediari interessati possono infatti sottoscrivere e chiedere il rimborso delle quote/azioni dell'ETF secondo lo stesso meccanismo di cui gode lo Specialist) e la possibilità di operare arbitraggi tra l'ETF, le azioni sottostanti e i derivati sull'indice benchmark. Pur non avendo nessun obbligo, espongono in conto proprio proposte di negoziazione in acquisto e vendita fornendo ulteriore liquidità agli strumenti, con un abbassamento dello spread nei limiti di quanto consentito dal mercato sottostante. In caso di un supporto non adeguato alla liquidità degli ETF da parte de market maker, lo spread denaro/lettera può ampliarsi eccessivamente.

In genere, le differenze marginali nel grado di liquidità diventano più importanti mano a mano che l’orizzonte temporale si accorcia. Lo spread bid-ask è molto più importati per chi vuole entrare e uscire dal mercato in poche ore piuttosto che per chi ha un orizzonte temporale di anni. Inoltre, la liquidità va considerata anche nel momento della vendita, perché nel tempo può diminuire, causando alti costi di transazione.

Anche la volatilità gioca un ruolo importante nella definizione degli spread che in condizioni di mercato stabili saranno relativamente bassi mentre in situazioni in cui i prezzi si muovono notevolmente e in maniera erratica saranno generalmente più alti a prescindere dall’asset class di riferimento.
 
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Liquidità

È sempre importante analizzare il grado di liquidità quando si sceglie un investimento. Per quanto riguarda l’equity, la liquidità è una funzione della capitalizzazione di mercato e del volume medio di trading giornaliero. Da quando gli Exchange traded fund vengono scambiati sulle Borse come le normali azioni, molti investitori assumono che anche la loro liquidità si basi sugli stessi parametri. Questa è una delle concezioni più sbagliate riguardo ai replicanti. Infatti, quello che determina la liquidità dell’ETF è il grado di liquidità degli asset replicati; perciò, il volume medio giornaliero di trading è un dato pressoché inutile.

La liquidità di un ETF va misurata dalla presenza costante sul book di negoziazione di prezzi sia in acquisto che in vendita con spread competitivi e quantità offerte elevate; ciò dipende primariamente dalle condizioni di liquidità del mercato sottostante l’ETF. Sotto questo profilo è lecito quindi aspettarci che ETF che investono in mercati caratterizzati da minore spessore e ampiezza, come quelli emergenti, mostrino spread più ampi rispetto agli ETF legati ad indici azionari dei mercati sviluppati.
Gli ETF hanno due fonti principali di liquidità: il mercato primario e quello secondario. Il primario è il luogo dove nascono e gli operatori autorizzati possono creare nuove azioni di ETF scambiando liquidità o titoli con l’emittente del replicante. Il secondario è il mercato di scambio, quello dove possono operare anche gli investitori retail (gli investitori privati possono negoziare questi strumenti solamente nel mercato secondario attraverso un broker). Esistono diversi fattori che contribuiscono a creare liquidità sul secondario: l’ammontare degli asset, i volumi di scambio, il numero di market maker e gli spread bid-ask.

Gli ETF più grandi, in termini di patrimonio, tendono ad essere più liquidi. Per quanto riguarda i volumi (il numero di azioni del fondo scambiate su una Borsa in un dato periodo temporale), questo dato va considerato insieme al prezzo: un ETF quotato a 80 centesimi che scambia 500 mila azioni al giorno è molto più liquido di uno con un prezzo di 10 centesimi che scambia 1 milione di azioni, perchè i flussi monetari sono più consistenti nel primo caso. Il numero di market maker è un’altra variabile importante: più è alto, maggiore è la probabilità di ottenere spread ridotti grazie alla concorrenza tra loro. Alcuni emittenti lo indicano sul foglio informativo o sul sito.
Come ultimo passo, bisogna controllare il prezzo bid (cioè quello dei compratori) e il prezzo ask (cioè quello dei venditori), utilizzando i siti degli emittenti o della Borsa. Con questi prezzi in mano e il prezzo corrente di mercato, è possibile calcolare il differenziale. Se questo è basso, vuol dire che c’è una buona attività di trading e quindi una maggiore liquidità.
Alcuni partecipanti al mercato secondario effettueranno del trading anche over the counter (Otc), ovvero fuori dei mercati ufficiali. Le transazioni Otc sono dominate principalmente da quelli che vengono chiamati istitutional buyers e sellers dealing. Queste transazioni (non ufficiali e quindi non riportate) sono una fonte importatissima di liquidità, che conta probabilmente almeno per il 50% del volume di trading totale. Visto che gli ETF non rientrano nella direttiva Mifid, le negoziazioni Otc non devono essere considerate nei report. Quindi, i valori ufficiali di Borsa tendono a sottostimare i volumi di scambio reali. Generalmente, se un investitore vuole piazzare un ordine che supera del 30% il volume medio giornaliero, è consigliabile che contatti direttamente un market maker in modo da ridurre i costi.
 
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Costi

Contrariamente ai fondi tradizionali, gli ETF non prevedono nessuna commissione di "entrata", di "uscita" e di "performance". Diversificazione, efficienza, trasparenza, flessibilità e liquidità sono tra i principali vantaggi degli ETF ma è necessario attuare un'attenta attività di selezione. Esiste la (giusta) convinzione che i bassi costi degli Exchange traded fund, li rendano attraenti per i portafogli a lungo termine. Al fine di avere una visione più completa, gli investitori hanno, però, bisogno di capire tutte le voci di spesa della negoziazione dei replicanti.

ll Ter (Total expense ratio) rappresenta un indicatore per valutare il costo totale annuo di un investimento in fondi ed è un costo esplicito in quanto determinato ex-ante dalla società emittente e include le spese annuali necessarie per amministrare il fondo. L’ammontare del Ter dipende dall’indice che il fondo replica, dalla struttura dell’ETF e dalla politica di prezzo del suo emittente, pertanto ETF distribuiti da diversi emittenti, aventi l’obiettivo di replicare lo stesso indice, possono presentare Ter differenti. Per i fondi domiciliati in Europa e regolati dalla normativa Ucits, il Ter include i costi di gestione e una serie di altri costi di cui è responsabile l’asset manager, tra cui costi amministrativi, di custodia, di revisione e spese legali, di registrazione eventualmente dovute agli Organi di vigilanza. Il Ter viene prelevato dall'emittente direttamente dal patrimonio del fondo su base giornaliera.

Oltre al Ter, riportato nel prospetto informativo del fondo, vi sono altri costi di tipo implicito, cioè non quantificabili anticipatamente e non riportati nel prospetto informativo, quali: spread, tracking error, costi di ribilanciamento, commissioni di negoziazione, costi bancari amministrativi e dossier titoli, oneri fiscali, che possono influenzare sensibilmente il costo complessivo per acquistare, mantenere in portafoglio e vendere un ETF. Vi sono poi da aggiungere i costi cognitivi dovuti al fai-da-te mentre i costi di consulenza sono analoghi ai costi di qualsiasi fondo di investimento.

Nel dettaglio lo spread denaro-lettera concorre, insieme alle commissioni della banca o dell'intermediario abilitato presso il quale si negoziano gli ETF, a determinare il costo di negoziazione. Lo spread equivale alla differenza tra costo di acquisto/ prezzo di vendita per ogni negoziazione e può essere influenzato da diversi fattori, tra cui la domanda e l'offerta dello stesso ETF, le dimensioni del fondo in termini di patrimonio gestito, la liquidità dei titoli sottostanti e il numero di market maker presenti nel fondo. Gli spread degli ETF sono di solito minori per i fondi più grossi (cioè quelli che hanno patrimoni in gestione elevati) e per i fondi con volumi giornalieri elevati. C'è poi il costo legato al tracking error, ossia l'entità dello scostamento della performance dell'ETF rispetto a quella dell'indice preso a riferimento. Tale componente può variare significativamente in base all'esposizione e alla struttura dell'ETF.
Al fine di replicare un indice di mercato, infatti, un ETF cash based sostiene delle spese, definite costi di ribilanciamento, connesse al flusso in entrata e in uscita di titoli, in linea con i criteri di selezione prescelti degli index provider. I fondi che lo seguono devono pertanto essere rettificati per rispecchiare tali cambiamenti e questo processo ha inevitabilmente dei costi. Tali costi possono variare significativamente, in base all’esposizione e alla struttura dell’ETF. Anche il patrimonio totale in gestione è un fattore chiave da considerare in merito ai costi di ribilanciamento di un ETF, poiché i fondi di dimensioni inferiori non possono in realtà possedere tutti i titoli di un benchmark che comprende un numero di titoli elevato senza avere posizioni limitate che diventano onerose da negoziare.

Gli ETF, però, hanno la possibilità di generare rendimenti aggiuntivi che contribuiscono quindi a ridurne i costi totali. Il gestore dell’ETF, infatti, può prestare i titoli sottostanti all’ETF a fronte di un rendimento che va a beneficio di tutti gli azionisti del fondo, poiché la porzione di rendimento generata dal prestito titoli si riflette sul net asset value (Nav) su base giornaliera. Tutte le attività prestate sono garantite per oltre il 100% e sono monitorate quotidianamente.

Quando si parla di costi di transazione, il brokeraggio può rappresentare una spesa importante. Le commissioni possono variare a seconda di vari criteri, come la frequenza delle transazioni, il broker, la modalità di esecuzione di un ordine (attraverso un impiegato di banca, al telefono o per via telematica), il tipo di mercato (certi broker hanno commissioni più alte per i mercati esteri). La scelta del broker è fondamentale, ma anche adottare una strategia buy&hold permette di tenere sotto controllo i costi.

Risulta chiaro, quindi, che i costi aggiuntivi di un ETF possono variare sensibilmente tra i vari fondi e anche per un importo che può essere superiore al solo Ter.
 
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Il lato oscuro

Le regole base che potrebbero essere infrante dagli ETF, generando delle eccezioni, sono quattro:
1) L'ETF tratta sempre vicino al proprio patrimonio netto
2) La performance giornaliera dell'ETF è uguale a quella dell'indice sottostante
3) La liquidità dell'ETF è identica a quella dell'indice sottostante
4) E' sempre meglio trattare a uno spread stretto

Prima eccezione: l'ETF non tratta sempre vicino al proprio patrimonio netto
Durante il trading giornaliero, l'ETF potrebbe trattare temporaneamente a sconto o a premio rispetto al suo patrimonio netto, o Nav (Net Asset Value). Questo può succedere nel caso in cui si effettua un ordine di acquisto (o di vendita) consistente attraverso il mercato secondario, ossia direttamente in Borsa senza appoggiarsi a un market maker. Infatti l'ETF che scambia nel canale di arbitraggio viene spinto verso il suo Nav riflettendo l'andamento degli ordini ricevuti. Si capisce dunque che ordini di grande portata ed eseguiti direttamente in Borsa possono creare durante la giornata di trading uno scostamento tra il prezzo dell'ETF e il suo Nav.

Seconda eccezione: la performance giornaliera dell'ETF non è uguale a quella dell'indice sottostante
Può succedere che la performance di fine giornata dell'ETF si discosti da quella dell'indice sottostante, senza possibilità di correzione fino al giorno successivo di trading. Questa eccezione si verifica a chiusura dei mercati finanziari, con differenti casistiche. Un esempio: l'EuroStoxx small cap index chiude in rialzo dell'1%, mentre l'ETF correlato chiude in progresso del 4%: “Si verifica nel caso in cui l'investitore compera l'ETF in prossimità della chiusura dell'asta di mercato e l'ETF (o le azioni sottostanti) si muovano temporaneamente per effetto di ordini consistenti in una direzione opposta”. Un secondo caso può essere invece spiegato dalla diversa tempistica di chiusura dell'ETF (ora di chiusura di Piazza Affari) e di quella dell'indice sottostante di una Borsa straniera (Londra, Mosca, Usa, Giappone, ecc.). Più è ampio il fuso orario, maggiore è la probabilità di divergenza tra le due performance giornaliere.

Terza eccezione: la liquidità di un ETF non rispecchia quella dell'indice sottostante
Generalmente, i market maker e gli arbitraggisti trasferiscono la liquidità dell'indice sottostante all'ETF. Questa regola si infrange nel caso in cui si tratti direttamente in Borsa e dunque senza l'appoggio dei market maker (in questo caso la liquidità dell'ETF rischia di essere inferiore a quella del basket sottostante). L'eccezione alla regola si potrebbe verificare anche quando l'indice sottostante è chiuso (Borse con tempi di chiusura diversa da quelli di Piazza Affari) e quindi per definizione la sua liquidità è pari a zero. Il prezzo dell'ETF in questo caso viene calcolato dai singoli trader guardando l'andamento dei mercati aperti e dei future, e all'andamento delle valute, con il possibile rischio di scostamento tra l'ETF e l'indice correlato. Il problema del calcolo del prezzo univoco viene rilevato anche nel caso di ETF obbligazionari, perché la componente bond non dispone di un “prezzo di chiusura” e dunque scaturisce dalla valutazione soggettiva del market maker.

Ultima eccezione: non sempre è meglio trattare a uno spread stretto piuttosto che largo
Quest'ultima eccezione alla regola si manifesta soprattutto in scambi di piccola entità e sugli ETF obbligazionari. “Gli indici generalmente fanno il loro dovere e servono come buona approssimazione per lo spread dell'ETF, tuttavia, l'indice non richiede un minimo di taglia per i prezzi dei bond e, in un mercato altamente volatile e illiquido, lo spread del creation/redemption può variare dallo spread dell'indice obbligazionario”.
 
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Fiscalità ETF armonizzati

Il regime fiscale varia a seconda della tipologia d'investitore (persona fisica o investitore istituzionale) e della natura degli ETF, che possono essere di diritto estero armonizzati (conformi alle direttive comunitarie), di diritto italiano, di diritto estero non armonizzati (non conformi alle direttive comunitarie). Tutti gli ETF attualmente quotati su Borsa Italiana sono "armonizzati", ed autorizzati dalla Banca d'Italia e dalla Consob, pertanto le distinzioni a livello tributario sono relative solo alla tipologia di investitore.

I fondi a gestione passiva si caratterizzano per la produzione di tre tipologie differenti di redditi: un “reddito di capitale” derivante dai dividendi; un altro reddito di capitale derivante dalla differenza tra il Nav del giorno di acquisto e il Nav del giorno di vendita (delta Nav); infine un “reddito diverso di natura finanziaria” derivante dalla differenza tra il prezzo d'acquisto e quello di vendita, il cosiddetto capital gain.

Ai fini fiscali la tassazione avviene in primo luogo sui “redditi da capitale” e viene applicata ai rendimenti derivanti dai dividendi percepiti e dall’incremento di valore netto delle quote (Nav) tra quello del giorno d’acquisto e quello del giorno di vendita. Logicamente se la transazione viene effettuata nell’arco dello stesso giorno di negoziazione il delta Nav sarà nullo. Secondariamente c’è anche la tassazione su “redditi diversi”, che vengono calcolati facendo il differenziale tra il capital gain derivante dall’operazione di compravendita e quello relativo al valore effettivo delle quote, misurato tramite il differenziale tra i Nav dei giorni in cui vengono effettuate le transazioni. Non si incorre nella doppia tassazione nell’eventualità in cui il differenziale tra i Nav risulti negativo e pertanto i redditi da capitale risulteranno pari a zero, mentre quelli diversi saranno pari semplicemente alla differenza dei prezzi di vendita e acquisto del tracker.

Per quanto concerne gli investitori retail che si affidano al regime di risparmio amministrato, le pratiche fiscali fanno tutte capo alla società di intermediazione che ricopre il ruolo di sostituto d'imposta sia per l'applicazione della ritenuta sui redditi di capitale sia per l'applicazione dell'imposta sostitutiva sui redditi diversi, pertanto nessun provento deve essere riportato nella propria dichiarazione dei redditi. In definitiva, l’intermediario applica una ritenuta fiscale a titolo d'imposta del 12,5% sui proventi periodici e sui redditi di capitale derivanti dal delta Nav e un'imposta sostitutiva sempre del 12,50% sui redditi diversi al netto delle eventuali minusvalenze accumulate.
La normativa vigente non consente di compensare redditi diversi con redditi di capitale impedendo quindi di recuperare le perdite (minusvalenze) precedentemente registrate, mentre il meccanismo di compensazione è previsto per le minusvalenze pregresse su azioni con i redditi diversi (capital gain). Questa seconda componente è però solitamente di entità più limitata rispetto ai redditi di capitale. Non è quindi permesso di compensare le minusvalenze pregresse su azioni con redditi di capitale appena realizzati con gli ETF. La non compensabilità dei redditi da capitale fa sì che gli ETF si prestino a operazioni di trading intraday poiché in questi casi si producono solo redditi diversi e non si rischia di incorrere nella doppia tassazione.
 
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Esempio numerico sulla tassazione degli ETF armonizzati

Consideriamo i seguenti fattori e procediamo al calcolo della tassazione.

Prezzo di acquisto della quota ETF di 100 € (Pa)
Prezzo di vendita della quota ETF di 110 € (Pv)
Nav della quota al momento dell’acquisto di 101 € (Na)
Nav della quota al momento della vendita di 109 € (Nv)

Reddito di capitale (delta Nav) = Nv - Na
Reddito diverso (capital gain/loss) = (Pv - Pa) - (Nv - Na)

Tassazione su reddito da capitale = 12,5% * (Nv - Na) = 12,5% * (109-101) = 1 €
Tassazione su reddito diverso = 12,5% * [(Pv - Pa) - (Nv - Na)] = 12,5% * [(110-100) - (109-101)] = 0,25 €

Con un totale di 1,25 euro che possono scendere a 1 euro se l’investitore ha delle minusvalenze pregresse da recuperare per quanto concerne gli 0,25 euro derivanti da redditi diversi.
 
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Fiscalità ETF "non armonizzati"

In estrema sintesi, in Italia, la fiscalità applicata nel caso di un "investitore privato" che abbia optato per il "regime del risparmio amministrato" è la seguente:
  • I "redditi di capitale", cioè i dividendi incassati e il Delta Nav (Nav del giorno di vendita - Nav del giorno di acquisto), concorrono a formare il reddito imponibile del sottoscrittore e sono assoggettati alla tassazione progressiva IRPEF;
  • I "redditi di capitale" devono essere dichiarati nel modello UNICO (quadro RI) al fine di determinare l'onere da versare (infatti l'intermediario è tenuto a operare solo una ritenuta fiscale a titolo di acconto del 12,5%);
  • Sui "redditi diversi" dati da [(Prezzo Vendita - Prezzo Acquisto) - (Nav del giorno di vendita - Nav del giorno di acquisto)] l'intermediario applica una ritenuta a titolo di imposta del 12,5%.

Come capire che un ETF è "armonizzato": premesso che tutti gli ETF attualmente quotati su Borsa Italiana sono "armonizzati", per quanto riguarda altri ETF di diritto europeo occorre necessariamente visionare il relativo prospetto informativo (a seconda dei casi, infatti, tali ETF possono essere "armonizzati" oppure "non armonizzati"). Volendo generalizzare e semplificare, si può comunque affermare che tipicamente tutti gli ETF quotati su Borse USA sono "non armonizzati". Come si può facilmente intuire l'investimento in ETF non armonizzati crea maggiori difficoltà a livello fiscale ed un maggiore costo per l'investitore retail che, nella gran parte dei casi, preferisce rivolgersi esclusivamente agli ETF armonizzati.

Fiscalità ETF - Borsa Italiana
 
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ETF e dividendi

Molto spesso gli investitori sono affascinati dagli alti dividendi ed inseguono titoli con questa caratteristica oppure strategie basate sull’individuazione di un insieme di titoli con alte cedole. Questo discorso sta assolutamente in piedi e sono tanti gli studi (anche accademici) e le strategie che hanno portato negli anni soddisfazioni per molti investitori. Tuttavia va sottolineato come i dividendi non solo devono essere alti rispetto al prezzo del titolo, ma devono essere, soprattutto, sostenibili.

Gli emittenti degli ETF possono decidere di distribuire i dividendi e reinvestirli (e allora sono ad “accumulazione”), oppure posso decidere di distribuirli al possessore dello strumento (e allora sono a “distribuzione”). Nel caso siano a distribuzione è assolutamente necessario prestare attenzione ad alcuni aspetti: se abbiamo il nostro ETF in perdita rispetto al prezzo medio di carico, liquidandolo non si pagano tasse su ciò che si ricava essendo in perdita; sul dividendo invece, essendo un reddito da capitale, si pagano le tasse immediatamente anche se si hanno minusvalenze, ed inoltre il Nav (Net Asset Value) scende esattamente di un valore pari all’importo del dividendo staccato.

Riassumendo, un ETF a distribuzione, rispetto ad un analogo prodotto ad accumulazione, ha enormi svantaggi:
  • inefficienza fiscale
  • dividend drag (permanenza dei dividendi staccati dai titoli nel conto dell’OICR fino allo stacco, conto a volte remunerato, a volte no…)
  • cash drag (permanenza del dividendo staccato dall’OICR sul conto dell’investitore, prima del suo utilizzo)
  • costo di reivestimento del dividendo staccato dall’OICR (di solito inversamente proporzionale all’ammontare del dividendo stesso)
  • costo di gestione amministrativa della distribuzione del dividendo dell’OICR (coi fondi comuni questo costo è molto rilevante, meno con gli ETF)
  • (indiretto) possibile inefficienza fiscale in capo all’OICR (dipende dalla sede dell’OICR, es Lussemburgo, Irlanda, etc )
  • (indiretto) dipende dalla performance successiva, positiva o negativa, dell’ETF; e dall’uso, “premiante” o meno, di quella somma da parte dell’investitore
  • sottrazione dell’ammontare, staccato col dividendo, al meccanismo dell’interesse composto nel lungo periodo

Motivo per cui, se si può scegliere, sarebbero da preferire sempre Fondi ed ETF ad accumulo, piuttosto che a distribuzione, la meno di non ncessitare di un flusso di cassa più o meno regolare. Ma se si fanno i conti, non c’è paragone, quindi occhio ad essere attratti dagli ETF ad alti dividendi se sono a distribuzione e non Total Return!

Etf e alti dividendi: attenzione! | Analisi Fondamentale
 
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Effetto Compounding

I primi ETF basati su indici strategici a leva long o short sono stati quotati nel 2005. Tra gli indici strategici non si comprendono soltanto gli indici a leva, in entrambe le direzioni, ma più in generale delle strategie d’investimento, misurabili da un indice strutturato con regole certe. E’ il caso degli indici covered call o protective put, dove ad una posizione sull’indice sottostante vengono abbinate delle strategie rolling con opzioni quotate.
Per quanto riguarda gli indici a leva, al rialzo (long) od al ribasso (short), la loro particolare metodologia di calcolo può portare a risultati discostanti rispetto a quanto ci si potrebbe attendere da una prima intuizione. Partendo da un generico indice, ad esempio EuroStoxx 50, un indice a leva calcola quotidianamente la performance giornaliera a leva, al rialzo od al ribasso. Vengono calcolati indici short a leva 1 sino ad una leva del 300%. I long hanno una leva dal 200% al 300% (100% è l’indice di mercato di riferimento “beta 1”). Nel calcolo dell’indice strategico oltre alla performance a leva si tiene conto del costo di finanziamento della posizione (indici long) o di investimento della liquidità (indici short), considerando il tasso monetario overnight di riferimento. Ad esempio in un indice long leva due sul FTSE 100 l’indice giornalmente calcolerà la performance doppia del Ftse 100 dedotto il costo di finanziamento della posizione a leva al tasso Sonia (overnight sterlina).
E’ importante osservare l’orizzonte temporale giornaliero che crea il cosiddetto “effetto compounding”. Per periodi superiori ad un giorno difatti il rendimento complessivo di un indice a leva due non è pari a due volte il rendimento dell’indice di riferimento. Lo stesso vale, fatti i debiti cambiamenti, per gli indici short e per diversi livelli di leva. Un esempio aiuta a chiarire il concetto. Il primo giorno l’indice “beta 1” di riferimento ottiene +10% di performance, il secondo giorno -10%. Un indice a leva 2 giornaliera registrerà +20% il primo giorno e -20% il secondo giorno. Nel complesso sui tre giorni l’indice a “beta 1” perderà l’1%, mentre l’indice a leva due perderà il 4% e non il 2% come intuitivamente si è portati a credere. Il valore di chiusura dell’indice a leva di ciascun giorno è il nuovo livello di partenza per calcolare le performance giornaliere a leva. (per semplicità trascuriamo il costo di finanziamento ed il ruolo dei dividendi).
E’ evidente come rispetto al giorno di acquisto, da un ETF a leva due long non ci si può aspettare una performance complessiva doppia rispetto al risultato dell’indice a beta 1. Se in un anno l’indice FTSE 100 ottiene +20% non necessariamente l’indice a leva due registrerà +40%, a causa dell’effetto compounding. Il risultato complessivo dipende dal percorso seguito dall’indice a beta 1 nel tempo. In generale in un mercato volatile con significative variazioni giornaliere, in entrambe le direzioni, le differenze di performance nel lungo periodo saranno più significative. In un simile contesto, come quello attuale, è necessario monitorare con costanza l’andamento degli indici a leva, e dei relativi ETF. Le stesse considerazioni valgono per gli ETF short, dove la performance giornaliera è “inversa”, a leva 1 o superiore.
Gli ETF a leva long o short, a causa dell’effetto compounding, non possono ritenersi degli strumenti adeguati da mantenere in portafoglio per una strategia buy&hold. Sono piuttosto degli strumenti adatti per trading di breve periodo, comunque da monitorare con costanza.

http://www.norisk.it/index.php/filemanager/download/5501/Etf Strategy 15.06.2010.pdf

Altro articolo:
http://www.norisk.it/index.php/filemanager/download/5737/Monthly Lev (12.04.2011).pdf
 
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ETF o fondi passivi

Sia gli ETF, sia i fondi passivi, presentano lo stesso obiettivo: restituire all’investitore la performance dell’indice di riferimento.

Caratteristiche in comune: sono fondi comuni di investimento aperto, hanno patrimoni segregati per legge, replicano la performance di un indice per cui con caratteristiche di diversificazione, trasparenza e chiarezza degli obiettivi, possono presentare fonti di extra rendimento (security lending).

La principale differenza consiste nel fatto che gli ETF sono fondi passivi negoziati in Borsa la quale si avvale dell’attività di operatori specialisti con il compito di garantire la liquidità, e quindi il valore degli ETF ricade nella quotazione in Borsa e nella presenza di liquidity provider. Gli ETF, proprio perché quotati, consentono una negoziazione intraday, sono semplici da acquistare, permettono lo shorting, presentano commissioni di gestione inferiori a quella dei fondi passivi almeno per il retail.

Considerazioni per l'ivestitore retail:
  • i fondi passivi tendono a registrare performance peggiori degli ETF a causa di commissioni di gestione più elevate (ad esempio a causa dei costi di distribuzione)
  • le commissioni di gestione dei fondi passivi sono elevate (classi retail), in quanto parte di esse devono remunerare la distribuzione
  • per l’investitore retail, l’ETF costerà meno del fondo passivo… ma l’investitore retail deve stare attento a non dissipare tale vantaggio pagando spread troppo elevati
 
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ETFPlus

ETFplus è il mercato dedicato alla negoziazione dei cloni finanziari nato per rispondere alla necessità di dar vita ad un ambiente unico in cui negoziare oltre agli ETF anche OICR innovativi (i cosiddetti ETF Strutturati) e altre categorie di strumenti finanziari come gli Exchange Traded Commodities (Etc).
Le negoziazioni dei cloni finanziari (ETF, ETFstrutturati ed Etc) si svolgono in continua dalle 9.05 alle 17.25 senza aste di apertura e di chiusura. I contratti vengono conclusi mediante l’abbinamento automatico delle proposte in acquisto e in vendita ordinate secondo criteri di priorità prezzo/tempo. Durante la negoziazione continua possono essere immesse tramite il proprio intermediario proposte con o senza limite di prezzo.
Per garantire il regolare svolgimento delle negoziazioni, come per le azioni, sono fissati limiti massimi all’oscillazione dei prezzi. E’ stabilito un limite massimo di variazione del prezzo delle proposte immesse sul mercato rispetto al prezzo di controllo (che corrisponde al prezzo di riferimento del giorno precedente), un limite massimo di variazione del prezzo dei contratti sempre rispetto al prezzo di controllo e infine un limite massimo di variazione dei prezzi tra due contratti consecutivi.
Tali limiti variano a seconda del segmento e della specifica classe (sono ad esempio più ampi per gli ETF strutturati a leva e molto più ristretti per gli ETF su indici obbligazionari).
Durante la sospensione temporanea della negoziazione non sono consentite l’immissione, la modifica o la cancellazione delle proposte.
La liquidazione dei contratti viene realizzata presso Monte Titoli (la società di gestione, liquidazione e regolamento del gruppo Borsa Italiana S.p.A) il terzo giorno di mercato aperto successivo all’esecuzione dei contratti che inoltre godono della garanzia di buon fine fornita dalla controparte centrale (Cassa di Compensazione e Garanzia).
Non esistono lotti minimi di negoziazione: sarà quindi possibile acquistare anche un singolo titolo (ETF, ETF strutturato, Etc), garantendo quindi l’accesso a questi strumenti finanziari anche con importi minimi.

ETFplus: segmentazione e Microstruttura - Borsa Italiana


Presentazione: ETFplus – il mercato italiano degli ETF
Silvia Bosoni – Borsa Italiana
ITForum 2011
Rimini, 19 maggio 2011

http://www.itforum.it/assets/docs/Silvia_Bosoni_Borsa_Italiana.pdf
 
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