Premetto che non sono un'esperto in materia e sto scoprendo questa cosa solo ora, ma davvero la legge specifica la legalità di un trasferimento in base al fatto che sia Natale o no?
Cioè mi sembra abbastanza ridicolo come concetto.
Art. 770 cc (comma 2):
"
Non costituisce donazione la liberalità che si suole fare in occasione di servizi resi o comunque
in conformità agli usi"
Tradotto: non devi pagare le imposte di donazione, non intacchi legittima e non è necessaria la formalità QUALORA si tratti di "liberalità... in conformità agli usi" e non di donazione.
Le liberalità d'uso, sono quei negozi che, pur avendo una causa identica alle vere e proprie donazioni, sono posti in essere non già quale libera manifestazione della volontà del donante, bensì quale consapevole adeguamento del disponente agli usi e ai costumi sociali di un certo periodo e un determinato luogo.
Si pensi, ad esempio, ai doni che si usano fare nel periodo natalizio, alle mance lasciate nei ristoranti o ai regali fatti in occasione della promessa di matrimonio (quest'ultima ipotesi, peraltro, è soggetta alla particolare disciplina ex art. 80 c.c.).
Pur configurandosi, in sostanza, un'attribuzione patrimoniale gratuita, nelle liberalità d'uso viene a mancare l'animus donandi, ovverosia l'elemento soggettivo tipico della donazione, poiché la liberalità viene effettuata, appunto, in ragione degli usi, delle condizioni e degli apprezzamenti sopraindicati ed è quindi (in un certo senso)
vincolata. Per tale motivo, ai sensi dell'articolo 770 del codice civile, le liberalità d'uso non costituiscono donazione.
In altre parole, quando si parla di liberalità d'uso ci si riferisce all'esigenza di adeguarsi a un costume sociale (si pensi alle mance al ristorante, ai pacchi dono natalizi inviati al medico, le gratifiche ai dipendenti, etc.): il fatto che sia vigente un costume sociale che invita a quel determinato comportamento diminuisce nel disponente l'animus donandi e lo porta invece ad assumere più che altro un animus solvendi (diventa quasi un
obbligo sociale).
Per tale ragione, devono essere legate a un tempo o a una situazione
consuetudinaria.
Ma non basta: per evitare (giustamente!) che attraverso l'istituto della liberalità d'uso vengano eluse l'imposta di donazione e l'obbligo della legittima, la giurisprudenza vuole anche che l'oggetto della liberalità sia modesto (a totale discrezione del giudice), in rapporto al patrimonio del donante: infatti per loro natura le liberalità d'uso sono quasi sempre liberalità di modico valore, e in ogni caso vanno sempre valutate in base alle condizioni economiche del donante, ai rapporti tra le parti e alla loro condizione sociale.
In caso contrario, se questo aspetto viene ignorato, si configura una
donazione indiretta, con tutti gli obblighi fiscali e successori collegati.
Si ha infatti una “donazione indiretta” in tutti quei casi in cui si verifica un arricchimento del beneficiario in correlazione ad un connesso “impoverimento” del disponente (e cioè lo schema tipico della donazione “vera e propria”) senza che sia stipulata una donazione “formale”, vale a dire il contratto, necessariamente veicolato attraverso un atto pubblico notarile e ricevuto in presenza di due testimoni. Si parla di donazione “indiretta” proprio per la ragione che si giunge al medesimo effetto di una donazione (e cioè l’impoverimento del donante e l’arricchimento del beneficiario) non direttamente attraverso un contratto stipulato con il ministero notarile, ma appunto “indirettamente”, e cioè attraverso un percorso ma che conduce al medesimo risultato. La conseguenza di questo pervenire al medesimo effetto percorrendo una strada diversa rispetto alla donazione “formale”, è che alla donazione “indiretta” non si applicano le regole formali della donazione “vera e propria” (e cioè la regola dell’atto pubblico notarile in presenza di due testimoni, con la conseguenza della
validità della donazione indiretta anche senza atto notarile) ma si applicano tuttavia le regole “sostanziali” che il codice civile detta per la donazione vera e propria.
Dirimente è quindi che il donante
non esca impoverito perché si possa parlare di liberalità e non di donazione.
Nel caso di specie, la zia deve poter spendere 30.000 euro senza battere ciglio, dev'essere una cifra che qualunque giudice definirebbe "esigua" o "modesta" in relazione al suo patrimonio.