Il M5S vota con FdI per chiedere al premier di fare comunicazioni in aula (con voto)

ennio1963

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Il M5S vota con FdI per chiedere al premier di fare comunicazioni in aula (con voto) prima del vertice. Lega, FI e Pd lo salvano.

dI LUCA DE CAROLIS

Una conta che lacera i giallorosa. Un incidente sfiorato che somiglia a un passo, l’ennesimo, verso la crisi. Schegge e impressioni dal voto di ieri pomeriggio in Senato, dopo che per un soffio non è passata la richiesta dei 5stelle di avere Mario Draghi in aula domani, per delle comunicazioni prima del Consiglio europeo straordinario del 30 e 31 maggio, con annesso voto in Parlamento sul tema Ucraina. Una richiesta già respinta informalmente poco prima nella riunione dei capigruppo: anche perché, è stato spiegato, Draghi sarà in Parlamento tra il 20 e il 21 giugno per un’informativa, prima di un nuovo Consiglio europeo.

Ma il Movimento ha riproposto l’istanza in aula, chiedendo tramite la capogruppo Mariolina Castellone la modifica del calendario dei lavori, quello concordato dai gruppi alla presenza del ministro per i Rapporti con il Parlamento, il 5stelle Federico D’Incà (e già questo è un paradosso). Ci hanno provato, i 5stelle. Ma la Lega si è subito sfilata tramite il capogruppo Massimiliano Romeo: “Draghi non potrebbe esserci, quindi votiamo contro”. Soprattutto, il dem Luigi Zanda ha avvertito il M5S da un microfono: “Colgo l’occasione per richiamare attenzione e prudenza politica, e lo dico anche ai miei amici dei 5 Stelle: se questo richiamo alla presenza del presidente del Consiglio dovesse portare a un voto non unanime della maggioranza sul calendario non è buon augurio per il prossimo futuro della maggioranza”. Traduzione: i 5stelle cercano l’incidente parlamentare per far saltare il banco. Ma i giallorosa hanno ugualmente votato in modo opposto tra loro. E il Senato ha detto no. Però ci è mancato poco che i partiti di governo venissero mandati sotto dal M5S, assieme a vari del Gruppo misto e a Fratelli d’Italia (che aveva chiesto in alternativa un question time di Draghi).

“È mancata una decina di voti, altrimenti ce l’avremmo fatta”, sostiene l’ex grillino Emanuele Dessì, ora in Cal-Partito comunista. Di certo ci sono le scorie, nei giallorosa e nel M5S. Con Luigi Di Maio che, casualmente oppure no, ribadisce che la crisi a suo avviso sarebbe una sciagura: “Ci sono delle fibrillazioni, ma non ci possiamo permettere un Papeete 2. Se non ce lo potevamo permettere all’epoca, in tempi di pace, figuriamoci adesso”. Ma la pensano diversamente, certi senatori del M5S, che a voto appena finito sibilano: “Non ne possiamo più, è ora di uscire da questo governo”. Castellone invece appare in buvette e al Fatto dice: “Le parole di Zanda? Io avevo chiesto la stessa cosa in capigruppo, ma l’intento non era picconare il governo, bensì rafforzarlo”. Ma Draghi verrà in Senato il 20 giugno… “In un mese può cambiare molto”.

Voci trasversali ai partiti sostengono che Castellone nella capigruppo avesse chiesto l’informativa di Draghi domani, o in subordine a giugno. Senza replicare a D’Incà, che le aveva spiegato come fosse impossibile avere il premier in aula prima del mese prossimo. Come a dire che il Movimento avrebbe alzato l’asticella solo in aula, tentando il blitz. Di certo gli ex ma non troppo renziani del Pd si agitano parecchio, con Andrea Marcucci che attacca “le assurde forzature dei 5stelle”. Mentre dal Nazareno filtra gelo: “Il voto di oggi parla così com’è…”. La lettura diffusa tra i dem è che “ci sono problemi soprattutto dentro i 5stelle”. E in effetti nel M5S negli ultimi giorni la situazione, complice l’avvicinarsi delle Amministrative, si è rifatta tesa. Sempre ieri, i vertici hanno ordinato ai senatori della commissione Esteri del Senato di non candidarsi alle vicepresidenze, dopo la sconfitta della scorsa settimana che ha portato all’elezione come presidente della forzista Stefania Craxi.

Un Aventino che una dei 5 Stelle in commissione, Simona Nocerino, commenta così: “Perché questa decisione? Non lo so, io eseguo gli ordini”. In questo scenario tanti, compresi contiani di peso, insistono con il presidente del M5S perché li porti fuori dal governo. Ma Conte non era e non è convinto. Teme – e in parte gli hanno assicurato – che i suoi gruppi parlamentari si spaccherebbero. Sa che, dopo una scelta del genere, gli altri partiti gli farebbero campagna elettorale contro, additandolo come “l’irresponsabile”. Ma il fronte dell’addio a Draghi è forte. E spinge anche per altre scelte radicali: “Giuseppe deve cacciare chi non restituisce più, inutile aspettare che se ne vadano loro”. Da Palazzo Chigi ascoltano e osservano: ostentando indifferenza, pare.

FQ 25 maggio
 
"anche perché, è stato spiegato, Draghi sarà in Parlamento tra il 20 e il 21 giugno per un’informativa, prima di un nuovo Consiglio europeo."

ah beh se viene tra 25 gg. che fretta c'è, verrà direttamente in ciabatte e bermuda pronto per Ladispoli?!

cosa vuoi che possa succedere di qui al 20 giugno: nuovo piano sanzioni alla Russia, conferma fine QE e aumento tassi BCE, scenario bellico ucraina in divenire, Biden che dichiara intervento militare a taiwan se..., un paio di DL con minacce di fiducia perchè se non il PNRR...no va beh, nessun problema che venga pure quando gli viene comodo, se poi il 20 o 21 lo chiamano per fare il quinto a calcetto, rimandiamo.

Ah e comunque vedo che "c'è la Lega"...i 5S sono ormai allo sbaraglio, ma la Lega li sta inseguendo alla grande, passeranno da valere circa il 50% in due, a non arrivare manco in doppia cifra :o
 
#blablabla
 
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