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Davide Giri, il New York Times minimizza l'omicidio a opera di Vincent Pinkney- Corriere.it
Perché su Pinkney i lettori del New York Times non sanno nulla, a parte l’età e il cognome? L’interesse del quotidiano, e il vigore investigativo messo in campo, sarebbero stati diversi se le parti fossero state rovesciate. Se cioè la vittima fosse stata afroamericana e l’omicida un bianco; a maggior ragione se quel bianco fosse stato un membro di qualche organizzazione che predica e pratica la violenza, per esempio una milizia di destra. La tragedia sarebbe finita in prima pagina, un team di reporter sarebbe stato mobilitato per indagare l’ambiente dell’omicida, la sua storia e le sue motivazioni.
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Il New York Times ha scelto una reticenza che sconfina nell’autocensura, coerente con la linea editoriale degli ultimi anni. I canoni del giornalismo americano sono stati stravolti, in particolare durante gli anni di Donald Trump quando nelle redazioni dei media progressisti è diventato un vanto praticare il «giornalismo resistenziale». La ricerca di equilibrio o imparzialità è stata considerata una debolezza: il fine giustifica i mezzi.
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«Le vite dei neri contano» è uno slogan che per Black Lives Matter sembra applicarsi solo quando gli assassini sono bianchi e razzisti; la stragrande maggioranza delle morti violente, tra i Black come tra gli ispanici, passano inosservate perché i killer appartengono allo stesso gruppo etnico. La reticenza del Times include il tema della scarcerazione facile. Il giornale appoggia le procure «progressiste» che mettono in libertà anche criminali pericolosi, professionisti della violenza, che rappresentano una minaccia costante per la comunità. All’indomani della morte di Giri un editoriale della direzione confermava questa linea, attaccando quei procuratori che non procedono abbastanza speditamente a svuotare le carceri. Il dolore per l’assurda morte di Giri non verrebbe risarcito da una diversa attenzione della stampa, però questa vicenda offre uno sguardo inquietante sul «nuovo giornalismo», militante e condizionato dalla sua agenda ideologica. Anche la cronaca nera si piega a questa logica tribale.
Perché su Pinkney i lettori del New York Times non sanno nulla, a parte l’età e il cognome? L’interesse del quotidiano, e il vigore investigativo messo in campo, sarebbero stati diversi se le parti fossero state rovesciate. Se cioè la vittima fosse stata afroamericana e l’omicida un bianco; a maggior ragione se quel bianco fosse stato un membro di qualche organizzazione che predica e pratica la violenza, per esempio una milizia di destra. La tragedia sarebbe finita in prima pagina, un team di reporter sarebbe stato mobilitato per indagare l’ambiente dell’omicida, la sua storia e le sue motivazioni.
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Il New York Times ha scelto una reticenza che sconfina nell’autocensura, coerente con la linea editoriale degli ultimi anni. I canoni del giornalismo americano sono stati stravolti, in particolare durante gli anni di Donald Trump quando nelle redazioni dei media progressisti è diventato un vanto praticare il «giornalismo resistenziale». La ricerca di equilibrio o imparzialità è stata considerata una debolezza: il fine giustifica i mezzi.
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«Le vite dei neri contano» è uno slogan che per Black Lives Matter sembra applicarsi solo quando gli assassini sono bianchi e razzisti; la stragrande maggioranza delle morti violente, tra i Black come tra gli ispanici, passano inosservate perché i killer appartengono allo stesso gruppo etnico. La reticenza del Times include il tema della scarcerazione facile. Il giornale appoggia le procure «progressiste» che mettono in libertà anche criminali pericolosi, professionisti della violenza, che rappresentano una minaccia costante per la comunità. All’indomani della morte di Giri un editoriale della direzione confermava questa linea, attaccando quei procuratori che non procedono abbastanza speditamente a svuotare le carceri. Il dolore per l’assurda morte di Giri non verrebbe risarcito da una diversa attenzione della stampa, però questa vicenda offre uno sguardo inquietante sul «nuovo giornalismo», militante e condizionato dalla sua agenda ideologica. Anche la cronaca nera si piega a questa logica tribale.