lorenzov1963
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LA MARINA ITALIANA VUOLE COMPRARE MISSILI CRUISE/ Perche per le Forze armate e svolta
La svolta è di quelle che in geopolitica contano: la Marina militare italiana ha intenzione di adottare i missili cruise, moltiplicando così il raggio d’azione dei propri sistemi di attacco. Nessuno immagini il Belpaese in procinto di dichiarare guerra ad alcuno, ma la capacità di colpire un bersaglio situato ad oltre mille km di distanza è deterrente non da poco. In nuce significherebbe portare a contare almeno fino a 100 eventuali antagonisti tentati dal procurare danno all’interesse nazionale italiano. Si legga più chiaramente alla voce “Libia“. Attualmente, infatti, i missili Otomat di cui dispone l’Italia hanno una gittata massima di 200 km, senza contare che sono in dotazione unicamente alle unità di superficie. Discorso diverso per i cruise, che nei piani della Marina verranno imbarcati prima sui sottomarini, poi sulle fregate Fremm. Trattasi di tecnologia di alto livello: a riprova di ciò, il fatto che proprio i cruise costituiranno l’armamento principale dei sottomarini a propulsione nucleare dei quali si doterà presto l’Australia per effetto di Aukus, il partenariato strategico pensato dagli USA – a discapito della Francia – per controllare la Cina nell’Indo-Pacifico.
MISSILI CRUISE PER L’ITALIA: UNA SVOLTA GEOPOLITICA
Bisogna precisare che la svolta italiana non è ancora “ufficiale“. Di fatto manca ancora il finanziamento per varare il “requisito operativo” della Marina, ma lo Stato Maggiore della Difesa lo ha già recepito, e l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone ne ha già parlato in un’intervista rilasciata al mensile specializzato Rid. Il capo di Stato Maggiore della Marina Militare ha spiegato la necessità di migliorare gli strumenti di “naval diplomacy” in possesso dell’Italia, collocata dalla geografia in una delle aree più incandescenti del Pianeta: il Mediterraneo. Proprio in queste acque si concentrano gli interessi dell’Italia, costretta a fare i conti con potenze che non stanno a guardare. La Russia, ad esempio, che dalla Libia ha fatto capire di non volere andar via, dispone di “fortezze elettroniche“, vere e proprie “bolle” schermate da radar e batterie missilistiche anti-aeree e anti-nave, che i cruise sono invece in grado di penetrare. Una tecnlogia simile è stata allestita da Mosca attorno alla base siriana di Tartus. Risultato: tutti gli altri attori hanno dovuto modificare le proprie abitudini nel Mediterraneo Orientale in un raggio di 3-400 km da questi “castelli hi-tech“. La sensazione è che qualcosa di molto simile possa accadere in breve tempo nel nostro ormai ex “cortile di casa“, con la Russia padrona della situazione in Cirenaica e la Turchia di Erdogan a fare la voce grossa in Tripolitania. Di nuovo: non si tratta di cercare guerra, quanto di difendere i propri interessi. Libia vuol dire Eni: e dunque approvigionamento di petrolio, gas, idrocarburi per l’Italia.
La svolta è di quelle che in geopolitica contano: la Marina militare italiana ha intenzione di adottare i missili cruise, moltiplicando così il raggio d’azione dei propri sistemi di attacco. Nessuno immagini il Belpaese in procinto di dichiarare guerra ad alcuno, ma la capacità di colpire un bersaglio situato ad oltre mille km di distanza è deterrente non da poco. In nuce significherebbe portare a contare almeno fino a 100 eventuali antagonisti tentati dal procurare danno all’interesse nazionale italiano. Si legga più chiaramente alla voce “Libia“. Attualmente, infatti, i missili Otomat di cui dispone l’Italia hanno una gittata massima di 200 km, senza contare che sono in dotazione unicamente alle unità di superficie. Discorso diverso per i cruise, che nei piani della Marina verranno imbarcati prima sui sottomarini, poi sulle fregate Fremm. Trattasi di tecnologia di alto livello: a riprova di ciò, il fatto che proprio i cruise costituiranno l’armamento principale dei sottomarini a propulsione nucleare dei quali si doterà presto l’Australia per effetto di Aukus, il partenariato strategico pensato dagli USA – a discapito della Francia – per controllare la Cina nell’Indo-Pacifico.
MISSILI CRUISE PER L’ITALIA: UNA SVOLTA GEOPOLITICA
Bisogna precisare che la svolta italiana non è ancora “ufficiale“. Di fatto manca ancora il finanziamento per varare il “requisito operativo” della Marina, ma lo Stato Maggiore della Difesa lo ha già recepito, e l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone ne ha già parlato in un’intervista rilasciata al mensile specializzato Rid. Il capo di Stato Maggiore della Marina Militare ha spiegato la necessità di migliorare gli strumenti di “naval diplomacy” in possesso dell’Italia, collocata dalla geografia in una delle aree più incandescenti del Pianeta: il Mediterraneo. Proprio in queste acque si concentrano gli interessi dell’Italia, costretta a fare i conti con potenze che non stanno a guardare. La Russia, ad esempio, che dalla Libia ha fatto capire di non volere andar via, dispone di “fortezze elettroniche“, vere e proprie “bolle” schermate da radar e batterie missilistiche anti-aeree e anti-nave, che i cruise sono invece in grado di penetrare. Una tecnlogia simile è stata allestita da Mosca attorno alla base siriana di Tartus. Risultato: tutti gli altri attori hanno dovuto modificare le proprie abitudini nel Mediterraneo Orientale in un raggio di 3-400 km da questi “castelli hi-tech“. La sensazione è che qualcosa di molto simile possa accadere in breve tempo nel nostro ormai ex “cortile di casa“, con la Russia padrona della situazione in Cirenaica e la Turchia di Erdogan a fare la voce grossa in Tripolitania. Di nuovo: non si tratta di cercare guerra, quanto di difendere i propri interessi. Libia vuol dire Eni: e dunque approvigionamento di petrolio, gas, idrocarburi per l’Italia.