Charlie
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Gran Bretagna, razionamento della benzina: a Londra sta per arrivare «l'inverno dello scontento»- Corriere.it
La Brexit e il Covid hanno causato una carenza di camionisti, spesso di origine europea, che ha mandato in til la catena di approvvigionamento per benzinai e supermercati
dal nostro corrispondente
LONDRA — La Gran Bretagna sta per essere messa in ginocchio dalla doppia mazzata della Brexit e della pandemia: ora siamo arrivati al razionamento della benzina, con la Bp costretta a chiudere diversi distributori e a limitare i rifornimenti a tutti gli altri. Stessa cosa sta succedendo nei punti vendita della Esso. È una crisi che si aggiunge a quella dei supermercati, dove ormai spesso gli scaffali di prodotti freschi sono desolatamente vuoti. Il tutto è causato dalla carenza di camionisti, che ha mandato in tilt le reti di approvvigionamento: ne mancano all’appello 100 mila su 600 mila, dopo che tanti di loro, di origine europea, sono andati via a causa del Covid e delle restrizioni introdotte dopo l’uscita di Londra dall’Unione europea.
L’associazione dei benzinai ha consigliato agli automobilisti di viaggiare sempre con un quarto di serbatoio pieno, per evitare di trovarsi appiedati. E intanto il governo sta studiando l’ipotesi di far intervenire l’esercito e mettere i soldati alla guida delle autocisterne: ma nel frattempo ha esortato il pubblico a non farsi prendere dal panico e a non dare l’assalto ai distributori, per evitare di peggiorare la situazione.
Ma il timore di una corsa all’accaparramento investe anche i supermercati, dove la situazione, secondo le associazioni di settore, è «sul filo del rasoio»: a Londra ci si imbatte in scaffali vuoti, soprattutto di prodotti freschi come latte, pane e verdure (e anche il pizzicagnolo italiano di West Hampstead, dove il vostro corrispondente si rifornisce di paccheri e pecorino, è rimasto senza pasta e taralli, per lo sconforto della comunità tricolore locale). La paura adesso è che la crisi si protragga fino a Natale, rovinando le festività degli inglesi.
Da più parti si chiede che il governo introduca una procedura di visto accelerato per i camionisti e per altri settori-chiave, in modo da poter tornare a reclutare i lavoratori europei tagliati fuori dalla Brexit: e il paradosso è che la misura viene invocata anche da alcuni ultrà del divorzio dalla Ue, che pure tanto si erano battuti per chiudere le porte all’Europa. Ma per il governo Johnson sarebbe una totale inversione a U, dopo aver insistito sulla necessità di impiegare manodopera britannica invece di ricorrere a quella a basso costo dall’Europa.
Sono tanti i settori in sofferenza dopo la stretta post-Brexit sull’immigrazione: a Londra i ristoranti e i club fanno fatica a trovare personale, che finora era rappresentato esclusivamente da giovani europei. E così un po’ dovunque si vedono cartelli che offrono lavoro: una dinamica che sta spingendo in alto i salari e così anche l’inflazione, alimentata anche dal rincaro dei prezzi dell’energia.
Sulla Gran Bretagna, insomma, si sta abbattendo una tempesta perfetta: e i giornali annunciano a gran voce un «inverno dello scontento» alle porte. Brutte notizie per Boris Johnson, che dopo essere riuscito a mettersi sostanzialmente alle spalle la pandemia si preparava a rilanciare la sua premiership con un ambizioso programma di riforme teso a «livellare in alto» la nazione: ma adesso il suo governo rischia di finire nel vortice di una crisi che ne affosserebbe una popolarità già precaria.
La Brexit e il Covid hanno causato una carenza di camionisti, spesso di origine europea, che ha mandato in til la catena di approvvigionamento per benzinai e supermercati
dal nostro corrispondente
LONDRA — La Gran Bretagna sta per essere messa in ginocchio dalla doppia mazzata della Brexit e della pandemia: ora siamo arrivati al razionamento della benzina, con la Bp costretta a chiudere diversi distributori e a limitare i rifornimenti a tutti gli altri. Stessa cosa sta succedendo nei punti vendita della Esso. È una crisi che si aggiunge a quella dei supermercati, dove ormai spesso gli scaffali di prodotti freschi sono desolatamente vuoti. Il tutto è causato dalla carenza di camionisti, che ha mandato in tilt le reti di approvvigionamento: ne mancano all’appello 100 mila su 600 mila, dopo che tanti di loro, di origine europea, sono andati via a causa del Covid e delle restrizioni introdotte dopo l’uscita di Londra dall’Unione europea.
L’associazione dei benzinai ha consigliato agli automobilisti di viaggiare sempre con un quarto di serbatoio pieno, per evitare di trovarsi appiedati. E intanto il governo sta studiando l’ipotesi di far intervenire l’esercito e mettere i soldati alla guida delle autocisterne: ma nel frattempo ha esortato il pubblico a non farsi prendere dal panico e a non dare l’assalto ai distributori, per evitare di peggiorare la situazione.
Ma il timore di una corsa all’accaparramento investe anche i supermercati, dove la situazione, secondo le associazioni di settore, è «sul filo del rasoio»: a Londra ci si imbatte in scaffali vuoti, soprattutto di prodotti freschi come latte, pane e verdure (e anche il pizzicagnolo italiano di West Hampstead, dove il vostro corrispondente si rifornisce di paccheri e pecorino, è rimasto senza pasta e taralli, per lo sconforto della comunità tricolore locale). La paura adesso è che la crisi si protragga fino a Natale, rovinando le festività degli inglesi.
Da più parti si chiede che il governo introduca una procedura di visto accelerato per i camionisti e per altri settori-chiave, in modo da poter tornare a reclutare i lavoratori europei tagliati fuori dalla Brexit: e il paradosso è che la misura viene invocata anche da alcuni ultrà del divorzio dalla Ue, che pure tanto si erano battuti per chiudere le porte all’Europa. Ma per il governo Johnson sarebbe una totale inversione a U, dopo aver insistito sulla necessità di impiegare manodopera britannica invece di ricorrere a quella a basso costo dall’Europa.
Sono tanti i settori in sofferenza dopo la stretta post-Brexit sull’immigrazione: a Londra i ristoranti e i club fanno fatica a trovare personale, che finora era rappresentato esclusivamente da giovani europei. E così un po’ dovunque si vedono cartelli che offrono lavoro: una dinamica che sta spingendo in alto i salari e così anche l’inflazione, alimentata anche dal rincaro dei prezzi dell’energia.
Sulla Gran Bretagna, insomma, si sta abbattendo una tempesta perfetta: e i giornali annunciano a gran voce un «inverno dello scontento» alle porte. Brutte notizie per Boris Johnson, che dopo essere riuscito a mettersi sostanzialmente alle spalle la pandemia si preparava a rilanciare la sua premiership con un ambizioso programma di riforme teso a «livellare in alto» la nazione: ma adesso il suo governo rischia di finire nel vortice di una crisi che ne affosserebbe una popolarità già precaria.