fallugia
Apota
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La dittatura cinese decide per un giro di vite, se mai ce ne fosse stato bisogno nel Paese comunista, e prende di mira il mondo dello spettacolo e della tv in particolare. Quando la censura vuole mandare messaggi di assoggettamento e di repressione, lo fa sempre attraverso i canali della comunicazione, non solo quelli specifici dell’informazione. Ecco allora che l’ennesima stretta ora prende di mira i talent show e sollecita lo stop alla cultura «immorale» sulla creazione di «idoli» che influenzano negativamente i giovani, con un riferimento specifico agli artisti dai comportamenti «effeminati».
L’Amministrazione Statale per la Radio, il Cinema e la Televisione, in una nota rilanciata dai media ufficiali, ha infatti rimarcato la necessità di «correggere con forza i problemi legati alla violazione delle leggi e della morale degli artisti» e di instaurare un’atmosfera di «amore per il Partito comunista e il Paese».
La nota ha rimarcato anche il divieto di ricorrere ad artisti che hanno «posizioni politiche scorrette» e che «hanno perso la moralità». Le emittenti radio e tv e le piattaforme audiovisive online, in questo nuovo scenario, «non sono autorizzate a trasmettere programmi che sviluppino idoli e spettacoli di varietà e reality show». Le direttive prendono di mira individui con «comportamenti illegali o immorali» e gli stili «volgari», inclusi quelli che «stili effeminati e ad altre estetiche anormali». I media, al contrario, devono promuovere i valori tradizionali della cultura cinese, i valori rivoluzionari e del socialismo avanzato, e programmi capaci e in grado di trasmettere una «energia positiva». L’Authority della Cina ha ribadito inoltre la sua posizione di condanna dei contratti non trasparenti che vengono firmati dalle star e che hanno dato vita a fenomeni di evasione fiscale a fronte dell’accumulo di grandi ricchezze. Si tratta dei contratti yin-yang, ovvero di quelle pratiche illegali di solito usate nel mondo dello spettacolo per occultare i reali compensi. La scorsa settimana all’attrice Zheng Shuang, ad esempio, è stata comminata una multa da 46 milioni di dollari per evasione fiscale.
Cina, stretta su talent show e artisti effeminati: <<Stop a cultura immorale, pesa sui giovani>>
Riuscirà il comunismo cinese a prevalere sulle spinte libertarie innescate da internet e dalla tecnologia?
Secondo me no.
A meno di non trasformarsi in un’altra corea del nord.
L’Amministrazione Statale per la Radio, il Cinema e la Televisione, in una nota rilanciata dai media ufficiali, ha infatti rimarcato la necessità di «correggere con forza i problemi legati alla violazione delle leggi e della morale degli artisti» e di instaurare un’atmosfera di «amore per il Partito comunista e il Paese».
La nota ha rimarcato anche il divieto di ricorrere ad artisti che hanno «posizioni politiche scorrette» e che «hanno perso la moralità». Le emittenti radio e tv e le piattaforme audiovisive online, in questo nuovo scenario, «non sono autorizzate a trasmettere programmi che sviluppino idoli e spettacoli di varietà e reality show». Le direttive prendono di mira individui con «comportamenti illegali o immorali» e gli stili «volgari», inclusi quelli che «stili effeminati e ad altre estetiche anormali». I media, al contrario, devono promuovere i valori tradizionali della cultura cinese, i valori rivoluzionari e del socialismo avanzato, e programmi capaci e in grado di trasmettere una «energia positiva». L’Authority della Cina ha ribadito inoltre la sua posizione di condanna dei contratti non trasparenti che vengono firmati dalle star e che hanno dato vita a fenomeni di evasione fiscale a fronte dell’accumulo di grandi ricchezze. Si tratta dei contratti yin-yang, ovvero di quelle pratiche illegali di solito usate nel mondo dello spettacolo per occultare i reali compensi. La scorsa settimana all’attrice Zheng Shuang, ad esempio, è stata comminata una multa da 46 milioni di dollari per evasione fiscale.
Cina, stretta su talent show e artisti effeminati: <<Stop a cultura immorale, pesa sui giovani>>
Riuscirà il comunismo cinese a prevalere sulle spinte libertarie innescate da internet e dalla tecnologia?
Secondo me no.
A meno di non trasformarsi in un’altra corea del nord.