Dav. c. G.
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Battiston: «L’indice Rt da solo non basta. Si guardi il numero degli infetti per la chiusure»- Corriere.it
Roberto Battiston, fisico dell’Università di Trento, lei che da studioso sta analizzando fin dall’inizio i numeri di questa pandemia, sa dire perché in Italia ci sono così tanti morti in confronto a quanto vediamo negli altri Paesi d’Europa?
«Perché a differenza degli altri Paesi noi calcoliamo le chiusure e le riapertura delle varie regioni su parametri non esaustivi».
Ovvero? Cosa significa questo?
«Quando si decide la chiusura o l’apertura delle regioni, qui in Italia lo facciamo basandoci sull’Rt, il parametro che stabilisce il grado di contagio del virus, e non teniamo in conto il numero degli infetti attivi».
Il numero degli infetti attivi sarebbe il numero delle persone attualmente infette?
«Esattamente, in termini scientifici si definisce prevalenza. E dobbiamo tener conto che questa cifra nella prima ondata era sottostimata di almeno cinque-sei volte. In questa seconda ondata lo è di almeno due-tre volte».
Negli altri Paesi d’Europa si basano sulla prevalenza per decidere o meno un eventuale lockdown?
«Sì, in Francia, in Germania o in Spagna quando decidono le apertura e le chiusure tengono in conto questo valore: ecco perché sono più severi nelle chiusure rispetto al nostro Paese».
Ecco perché contano meno morti di noi?
«Sì».
Ci può fare un esempio? Possiamo citare qualche numero?
«Oggi in Italia abbiamo un numero di infetti attivi di circa 540 mila unità, e questo è un valore molto alto, non dissimile da quello che avevamo durante il Natale, pari a 580 mila. Questo numero dovrebbe essere tenuto in considerazione insieme all’Rt, perché è da questo che si genereranno i nuovi morti».
Adesso l’Rt è di poco inferiore alla fatidica soglia dell’1, ovvero ogni persona contagia meno di una persona.
«Sì, ho già detto che questo non basta per definire la chiusura, e anche se adesso è stata introdotta una novità tra i parametri per la chiusura».
Quale sarebbe la novità introdotta?
«Quella che viene chiamata scientificamente incidenza media settimanale».
Che tradotto cosa vuole dire?
«Sarebbe il numero di nuovi infetti per centomila abitanti sommato su una settimana e non giornalmente. Però anche questo non basta. Bisogna capire che noi basiamo i nostri calcoli partendo dal secondo passo e non dal primo».
Il primo passo sarebbe la prevalenza?
«Esattamente, e il secondo passo sarebbe il numero dei nuovi infetti che, a sua volta, fa scaturire il terzo passo, ovvero il numero dei morti».
Adesso il numero dei morti si aggira su quattrocento al giorno.
«Perché, come ho detto, il numero di infetti attivi è uguale a quello che avevamo a Natale».
Cosa si dovrebbe fare secondo lei?
«Io penso che si dovrebbe rivedere il limite che viene adottato per stabilire la chiusura della zona rossa. Oggi è di 250 nuovi infetti per settimana ogni 100 mila abitanti».
E quanto dovrebbe essere allora?
«È una cifra che non si può calcolare così a braccio, ma sicuramente dovrebbe essere inferiore. Noi addirittura abbiamo deciso che la zona bianca scatta quando il numero è inferiore a 50».
Quindi oggi come stabilirebbe le chiusure?
«Dovremo renderci conto che a 250 la situazione diventa esplosiva».
E adesso, quindi, ci troviamo in una situazione esplosiva secondo lei?
«Sì, se calcoliamo che a fine luglio avevamo una situazione di infetti attivi molto bassa, circa 15 mila».
E allora dove abbiamo sbagliato?
«A settembre non dovevamo riaprire tutto senza prendere le precauzioni più elementari».
Come ad esempio?
«Rendere obbligatoria la mascherina per tutti. O anche prendere provvedimenti per la riapertura delle scuole».
Cosa avremmo dovuto fare secondo lei?
«È stato detto già molte volte, oltre alla mascherina obbligatoria si sarebbe dovuto intervenire ad esempio subito sui mezzi pubblici».
Roberto Battiston, fisico dell’Università di Trento, lei che da studioso sta analizzando fin dall’inizio i numeri di questa pandemia, sa dire perché in Italia ci sono così tanti morti in confronto a quanto vediamo negli altri Paesi d’Europa?
«Perché a differenza degli altri Paesi noi calcoliamo le chiusure e le riapertura delle varie regioni su parametri non esaustivi».
Ovvero? Cosa significa questo?
«Quando si decide la chiusura o l’apertura delle regioni, qui in Italia lo facciamo basandoci sull’Rt, il parametro che stabilisce il grado di contagio del virus, e non teniamo in conto il numero degli infetti attivi».
Il numero degli infetti attivi sarebbe il numero delle persone attualmente infette?
«Esattamente, in termini scientifici si definisce prevalenza. E dobbiamo tener conto che questa cifra nella prima ondata era sottostimata di almeno cinque-sei volte. In questa seconda ondata lo è di almeno due-tre volte».
Negli altri Paesi d’Europa si basano sulla prevalenza per decidere o meno un eventuale lockdown?
«Sì, in Francia, in Germania o in Spagna quando decidono le apertura e le chiusure tengono in conto questo valore: ecco perché sono più severi nelle chiusure rispetto al nostro Paese».
Ecco perché contano meno morti di noi?
«Sì».
Ci può fare un esempio? Possiamo citare qualche numero?
«Oggi in Italia abbiamo un numero di infetti attivi di circa 540 mila unità, e questo è un valore molto alto, non dissimile da quello che avevamo durante il Natale, pari a 580 mila. Questo numero dovrebbe essere tenuto in considerazione insieme all’Rt, perché è da questo che si genereranno i nuovi morti».
Adesso l’Rt è di poco inferiore alla fatidica soglia dell’1, ovvero ogni persona contagia meno di una persona.
«Sì, ho già detto che questo non basta per definire la chiusura, e anche se adesso è stata introdotta una novità tra i parametri per la chiusura».
Quale sarebbe la novità introdotta?
«Quella che viene chiamata scientificamente incidenza media settimanale».
Che tradotto cosa vuole dire?
«Sarebbe il numero di nuovi infetti per centomila abitanti sommato su una settimana e non giornalmente. Però anche questo non basta. Bisogna capire che noi basiamo i nostri calcoli partendo dal secondo passo e non dal primo».
Il primo passo sarebbe la prevalenza?
«Esattamente, e il secondo passo sarebbe il numero dei nuovi infetti che, a sua volta, fa scaturire il terzo passo, ovvero il numero dei morti».
Adesso il numero dei morti si aggira su quattrocento al giorno.
«Perché, come ho detto, il numero di infetti attivi è uguale a quello che avevamo a Natale».
Cosa si dovrebbe fare secondo lei?
«Io penso che si dovrebbe rivedere il limite che viene adottato per stabilire la chiusura della zona rossa. Oggi è di 250 nuovi infetti per settimana ogni 100 mila abitanti».
E quanto dovrebbe essere allora?
«È una cifra che non si può calcolare così a braccio, ma sicuramente dovrebbe essere inferiore. Noi addirittura abbiamo deciso che la zona bianca scatta quando il numero è inferiore a 50».
Quindi oggi come stabilirebbe le chiusure?
«Dovremo renderci conto che a 250 la situazione diventa esplosiva».
E adesso, quindi, ci troviamo in una situazione esplosiva secondo lei?
«Sì, se calcoliamo che a fine luglio avevamo una situazione di infetti attivi molto bassa, circa 15 mila».
E allora dove abbiamo sbagliato?
«A settembre non dovevamo riaprire tutto senza prendere le precauzioni più elementari».
Come ad esempio?
«Rendere obbligatoria la mascherina per tutti. O anche prendere provvedimenti per la riapertura delle scuole».
Cosa avremmo dovuto fare secondo lei?
«È stato detto già molte volte, oltre alla mascherina obbligatoria si sarebbe dovuto intervenire ad esempio subito sui mezzi pubblici».
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