fallugia
Apota
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Mario Draghi rischia di essere preso di mira dai pm se interviene con forza sul nodo giustizia? Mieli non lo dice esplicitamente, ma il riferimento al caso Mastella racconta che un lato debole da colpire, a volere, si trova sempre. «La ribellione di un nutrito gruppo di 5 Stelle e l'appoggio evidente del Fatto Quotidiano - spiega Mieli - sono campane che mandano un suono distinto e che si sente bene. Chi vivrà vedrà. Dì sicuro, dalle parti della magistratura militante sta ribollendo qualcosa».
«Guardo cosa bolle in pentola, e vedo che un giornale come il Fatto Quotidiano è schierato dalla parte degli scissionisti, dice tra le righe che Grillo si è r*********to e che quelli che hanno votato a favore del governo si sono accomodati. Sarebbe una forma di libera espressione giornalistica se non sapessimo che il Fatto è un giornale molto caro alla magistratura più militante. Aspettiamo e vediamo...
I precedenti, ricorda Mieli nell'intervista, non mancano. «Di fatto ogni tipo di governo ha avuto problemi con magistrati più o meno combattivi. Non c'è stato neppure bisogno di prendere di mira il presidente del Consiglio. Nel 2008 il meccanismo che portò alla caduta di Prodi fu innescato dall'inchiesta contro Clemente Mastella, ministro della Giustizia, e sua moglie».
Il movente è sempre il solito, basta che un governo dia segno di voler riformare tribunali e procure, e parte la reazione. «Prima - dice Mieli - il potere giudiziario risponde in modo risentito attraverso i suoi organi ufficiali. Poi qualche pm di qualche parte d'Italia parte con un'inchiesta. Non c'è un'organizzazione, non ci sono ordini dall'alto, ci sono però degli automatismi. Quel pm parte perché sa di trovare intorno a sé il consenso della categoria. Come poi vada a finire l'inchiesta, magari dieci anni dopo, è del tutto irrilevante».
«Guardo cosa bolle in pentola, e vedo che un giornale come il Fatto Quotidiano è schierato dalla parte degli scissionisti, dice tra le righe che Grillo si è r*********to e che quelli che hanno votato a favore del governo si sono accomodati. Sarebbe una forma di libera espressione giornalistica se non sapessimo che il Fatto è un giornale molto caro alla magistratura più militante. Aspettiamo e vediamo...
I precedenti, ricorda Mieli nell'intervista, non mancano. «Di fatto ogni tipo di governo ha avuto problemi con magistrati più o meno combattivi. Non c'è stato neppure bisogno di prendere di mira il presidente del Consiglio. Nel 2008 il meccanismo che portò alla caduta di Prodi fu innescato dall'inchiesta contro Clemente Mastella, ministro della Giustizia, e sua moglie».
Il movente è sempre il solito, basta che un governo dia segno di voler riformare tribunali e procure, e parte la reazione. «Prima - dice Mieli - il potere giudiziario risponde in modo risentito attraverso i suoi organi ufficiali. Poi qualche pm di qualche parte d'Italia parte con un'inchiesta. Non c'è un'organizzazione, non ci sono ordini dall'alto, ci sono però degli automatismi. Quel pm parte perché sa di trovare intorno a sé il consenso della categoria. Come poi vada a finire l'inchiesta, magari dieci anni dopo, è del tutto irrilevante».