"Le regole da rifare", by Galli Della Loggia (CdS)

Miki63

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Un editoriale che non le manda a dire sulla crisi del nostro sistema di regole istituzionali che devono essere cambiate.:bow::bow::bow:

I parlamentari sono in grandissima parte sconosciuti ai propri elettori e spesso semianalfabeti e vanitosi. Dilaga l’irresponsabilità, cala la credibilità.

Che cosa altro deve succedere in Italia perché cambi il sistema politico, perché cambino le regole che lo governano?

Non basta avere da tre anni come presidente del Consiglio — caso mai verificatosi a memoria d’uomo in alcun regime democratico — un signor nessuno mai presentatosi in alcuna competizione elettorale, privo di qualunque immagine pubblica precedente, estraneo a qualunque affiliazione che potesse farne indovinare le idee e i valori? E come l’esperienza ha dimostrato, proprio perciò disposto a essere qualsiasi cosa, ad abbracciare qualunque punto di vista, a presiedere coalizioni di governo e a promuovere leggi le une l’opposto delle altre?OK!

Ancora: non basta ritrovarci con una rappresentanza parlamentare composta di uomini e donne in grandissima parte sconosciuti ai propri elettori? Ritrovarci con senatori e deputati eletti unicamente grazie alle loro relazioni personali con un pugno di oligarchi padroni di fatto delle liste elettorali, e quindi delle elezioni? Non basta ritrovarci con un Parlamento oggetto — chi mercoledì mattina ha ascoltato i programmi delle radio di mezza Italia ne ha avuto una conferma straziante — di un meritato dileggio per il semianalfabetismo di tanti dei suoi membri, per la loro dabbenaggine e la loro miseria culturale, per la penosa vanità e l’infantilismo argomentativo dei loro interventi?

A cos’altro sarà necessario assistere? Non bastano i fasti di un sistema che ormai annovera quasi soltanto partiti-meteore e partiti personali, che consente a un partito che ha perso le elezioni di sedere pressoché in permanenza al governo e dominare da sempre l’assegnazione di centinaia di incarichi pubblici di vertice? Non basta ascoltare l’intero stuolo di coloro che vivono di politica dipingere di continuo l’eventualità di un ricorso alle urne come la massima sciagura possibile, agitati da un terrore per la competizione tipico di un potere votato all’autoperpetuazione, a considerare la volontà dei cittadini un fastidioso inconveniente di cui sarebbe meglio fare a meno?

Non è un caso, dal momento che ciò che caratterizza il sistema politico e di governo che vige in Italia — e che rappresenta il fattore forse più rilevante nel distruggere qualunque fiducia nella democrazia da parte dei cittadini — è l’irresponsabilità. Per qualunque errore od omissione del potere, anche i più gravi, in Italia infatti è rarissimo che qualcuno paghi. Vuoi perché il meccanismo dei governi di coalizione e la farraginosità delle procedure consentono sempre di eludere qualsiasi precisa attribuzione di responsabilità (un solo esempio: qualcuno hai mai capito ad esempio chi è stato nel governo dell’epoca a permettere ad «Autostrade per l’Italia» di ottenere le concessioni che ha ottenuto con quelle scandalose clausole di favore?). E vuoi perché le elezioni, quando pure si fanno, sono un sistema blindato che garantisce comunque di essere eletto anche a un cavallo purché il capo della scuderia sia d’accordo. Senza contare la frequenza oramai parossistica con cui deputati e senatori cambiano partito, gruppo parlamentare o schieramento (in questa legislatura sono già più di duecento; in tutta la Prima Repubblica furono solo 14), sicché alla fine nessuno risulta più responsabile di nulla. A cominciare del resto dal presidente del Consiglio, in virtù della sua alta carica autentico rappresentante simbolico di una degenerazione trasformistica che ha ormai pervaso tutto il sistema.

Spesso i lettori s’infastidiscono vedendo enumerate le cose che non vanno, ma non vedendo indicati anche i possibili rimedi.
Ebbene, in questo caso il rimedio possibile mi sembra evidente: cambiare le regole.
Regole che certamente non sono le prime e uniche responsabili della piega che hanno preso le cose ma che altrettanto certamente non solo non hanno impedito, ma anzi hanno in misura notevole permesso, che avvenisse la degenerazione che è sotto i nostri occhi.

Innanzi tutto, dunque — non seguo alcun ordine logico — le regole riguardanti l’elezione dei parlamentari. Chi rappresenta i cittadini deve essere conosciuto il più possibile da questi. I metodi possono essere molti ma gli elettori devono essere messi in grado di guardare in faccia chi eleggono, di sentirlo parlare e di parlare con lui; sicché se alla fine desiderano davvero mandare in Parlamento un tizio senz’arte né parte e che non sa mettere quattro parole in croce saranno sempre liberi di farlo, certo, ma almeno sapendo quello che fanno. Non si tratta di un dettaglio, è una modalità sostanziale della rappresentanza, senza la quale il principio stesso della medesima viene svuotato di gran parte del suo senso. Si deve mantenere ferma, insomma, l’idea che si eleggono delle persone, non solo delle liste o delle sigle (o perlomeno queste ma con pari rilievo delle altre), dal momento che poi alla Camera e al Senato siedono delle persone, non dei manichini.

Dopo di ciò come non pensare che vadano una buona volta cambiati anche molti aspetti del nostro sistema di governo? Che vada accresciuto ad esempio il potere e la responsabilità di chi il governo lo guida nonché la stabilità del governo stesso, magari introducendo una regola come quella della «sfiducia costruttiva»? Che si debba cercare anche in tal modo di evitare l’aleatorietà delle coalizioni e delle alleanze improvvisate, che vada anche riportata pienamente nel Parlamento l’emanazione delle regole che determinano la vita della collettività, temperando gli eventuali deliri d’onnipotenza dell’esecutivo e però al tempo stesso abolendo l’inutile lungaggine rappresentata dal nostro bicameralismo perfetto?

Ma il fallimento del referendum costituzionale del 2016 fa troppo paura. A destra come a sinistra nessuno se la sente di sollevare il problema delle regole che contribuiscono in misura decisiva alle numerose patologie delle nostre istituzioni e quindi al degrado del nostro Paese. Così come nessuna forza politica ha il coraggio di agitare davvero nell’opinione pubblica il tema cruciale della legge elettorale. Ognuno preferisce cercare di ottenere il testo che più gli fa comodo: e cioè che consenta di sfruttare al massimo il proprio potenziale capitale di voti danneggiando i rivali, e che insieme permetta ai capipartito di continuare a essere i padroni delle elezioni. Per l’Italia, dunque, tutto sembra destinato a continuare come prima. Sempre lo stesso, sempre un po’ peggio.

Le regole da rifare- Corriere.it
 
evito di cercare tutte le cose dette da galli della loggia in passato se non ci vuole un mese a fare screenshot...meglio che stia zitto pure lui.
 
Un editoriale che non le manda a dire sulla crisi del nostro sistema di regole istituzionali che devono essere cambiate.:bow::bow::bow:

I parlamentari sono in grandissima parte sconosciuti ai propri elettori e spesso semianalfabeti e vanitosi. Dilaga l’irresponsabilità, cala la credibilità.

Che cosa altro deve succedere in Italia perché cambi il sistema politico, perché cambino le regole che lo governano?

Non basta avere da tre anni come presidente del Consiglio — caso mai verificatosi a memoria d’uomo in alcun regime democratico — un signor nessuno mai presentatosi in alcuna competizione elettorale, privo di qualunque immagine pubblica precedente, estraneo a qualunque affiliazione che potesse farne indovinare le idee e i valori? E come l’esperienza ha dimostrato, proprio perciò disposto a essere qualsiasi cosa, ad abbracciare qualunque punto di vista, a presiedere coalizioni di governo e a promuovere leggi le une l’opposto delle altre?OK!

Ancora: non basta ritrovarci con una rappresentanza parlamentare composta di uomini e donne in grandissima parte sconosciuti ai propri elettori? Ritrovarci con senatori e deputati eletti unicamente grazie alle loro relazioni personali con un pugno di oligarchi padroni di fatto delle liste elettorali, e quindi delle elezioni? Non basta ritrovarci con un Parlamento oggetto — chi mercoledì mattina ha ascoltato i programmi delle radio di mezza Italia ne ha avuto una conferma straziante — di un meritato dileggio per il semianalfabetismo di tanti dei suoi membri, per la loro dabbenaggine e la loro miseria culturale, per la penosa vanità e l’infantilismo argomentativo dei loro interventi?

A cos’altro sarà necessario assistere? Non bastano i fasti di un sistema che ormai annovera quasi soltanto partiti-meteore e partiti personali, che consente a un partito che ha perso le elezioni di sedere pressoché in permanenza al governo e dominare da sempre l’assegnazione di centinaia di incarichi pubblici di vertice? Non basta ascoltare l’intero stuolo di coloro che vivono di politica dipingere di continuo l’eventualità di un ricorso alle urne come la massima sciagura possibile, agitati da un terrore per la competizione tipico di un potere votato all’autoperpetuazione, a considerare la volontà dei cittadini un fastidioso inconveniente di cui sarebbe meglio fare a meno?

Non è un caso, dal momento che ciò che caratterizza il sistema politico e di governo che vige in Italia — e che rappresenta il fattore forse più rilevante nel distruggere qualunque fiducia nella democrazia da parte dei cittadini — è l’irresponsabilità. Per qualunque errore od omissione del potere, anche i più gravi, in Italia infatti è rarissimo che qualcuno paghi. Vuoi perché il meccanismo dei governi di coalizione e la farraginosità delle procedure consentono sempre di eludere qualsiasi precisa attribuzione di responsabilità (un solo esempio: qualcuno hai mai capito ad esempio chi è stato nel governo dell’epoca a permettere ad «Autostrade per l’Italia» di ottenere le concessioni che ha ottenuto con quelle scandalose clausole di favore?). E vuoi perché le elezioni, quando pure si fanno, sono un sistema blindato che garantisce comunque di essere eletto anche a un cavallo purché il capo della scuderia sia d’accordo. Senza contare la frequenza oramai parossistica con cui deputati e senatori cambiano partito, gruppo parlamentare o schieramento (in questa legislatura sono già più di duecento; in tutta la Prima Repubblica furono solo 14), sicché alla fine nessuno risulta più responsabile di nulla. A cominciare del resto dal presidente del Consiglio, in virtù della sua alta carica autentico rappresentante simbolico di una degenerazione trasformistica che ha ormai pervaso tutto il sistema.

Spesso i lettori s’infastidiscono vedendo enumerate le cose che non vanno, ma non vedendo indicati anche i possibili rimedi.
Ebbene, in questo caso il rimedio possibile mi sembra evidente: cambiare le regole.
Regole che certamente non sono le prime e uniche responsabili della piega che hanno preso le cose ma che altrettanto certamente non solo non hanno impedito, ma anzi hanno in misura notevole permesso, che avvenisse la degenerazione che è sotto i nostri occhi.

Innanzi tutto, dunque — non seguo alcun ordine logico — le regole riguardanti l’elezione dei parlamentari. Chi rappresenta i cittadini deve essere conosciuto il più possibile da questi. I metodi possono essere molti ma gli elettori devono essere messi in grado di guardare in faccia chi eleggono, di sentirlo parlare e di parlare con lui; sicché se alla fine desiderano davvero mandare in Parlamento un tizio senz’arte né parte e che non sa mettere quattro parole in croce saranno sempre liberi di farlo, certo, ma almeno sapendo quello che fanno. Non si tratta di un dettaglio, è una modalità sostanziale della rappresentanza, senza la quale il principio stesso della medesima viene svuotato di gran parte del suo senso. Si deve mantenere ferma, insomma, l’idea che si eleggono delle persone, non solo delle liste o delle sigle (o perlomeno queste ma con pari rilievo delle altre), dal momento che poi alla Camera e al Senato siedono delle persone, non dei manichini.

Dopo di ciò come non pensare che vadano una buona volta cambiati anche molti aspetti del nostro sistema di governo? Che vada accresciuto ad esempio il potere e la responsabilità di chi il governo lo guida nonché la stabilità del governo stesso, magari introducendo una regola come quella della «sfiducia costruttiva»? Che si debba cercare anche in tal modo di evitare l’aleatorietà delle coalizioni e delle alleanze improvvisate, che vada anche riportata pienamente nel Parlamento l’emanazione delle regole che determinano la vita della collettività, temperando gli eventuali deliri d’onnipotenza dell’esecutivo e però al tempo stesso abolendo l’inutile lungaggine rappresentata dal nostro bicameralismo perfetto?

Ma il fallimento del referendum costituzionale del 2016 fa troppo paura. A destra come a sinistra nessuno se la sente di sollevare il problema delle regole che contribuiscono in misura decisiva alle numerose patologie delle nostre istituzioni e quindi al degrado del nostro Paese. Così come nessuna forza politica ha il coraggio di agitare davvero nell’opinione pubblica il tema cruciale della legge elettorale. Ognuno preferisce cercare di ottenere il testo che più gli fa comodo: e cioè che consenta di sfruttare al massimo il proprio potenziale capitale di voti danneggiando i rivali, e che insieme permetta ai capipartito di continuare a essere i padroni delle elezioni. Per l’Italia, dunque, tutto sembra destinato a continuare come prima. Sempre lo stesso, sempre un po’ peggio.

Le regole da rifare- Corriere.it

Sottoscrivo tutto.
 
Galli Della Loggia dimentica che abbiamo la Costituzione più bella del mondo e i risultati si vedono.
 
Il miglior sistema per garantire la governabilità è il presidenzialismo alla francese, ma non lo faranno mai.
 
“ Non basta avere da tre anni come presidente del Consiglio — caso mai verificatosi a memoria d’uomo in alcun regime democratico — un signor nessuno mai presentatosi in alcuna competizione elettorale, privo di qualunque immagine pubblica precedente, estraneo a qualunque affiliazione che potesse farne indovinare le idee e i valori? E come l’esperienza ha dimostrato, proprio perciò disposto a essere qualsiasi cosa, ad abbracciare qualunque punto di vista, a presiedere coalizioni di governo e a promuovere leggi le une l’opposto delle altre?”

Ottima descrizione di Conte.
Per qualcuno è il miglior presidente del Consiglio da quarant’anni in qua! :D
 
Sottoscrivo tutto.

La pensiamo allo stesso modo?:eek::p

Il miglior sistema per garantire la governabilità è il presidenzialismo alla francese, ma non lo faranno mai.

BRAVO!!!!!! Finalmente ne trovo uno che concorda sulla forma istituzionale migliore. Inoltre, se si vanno a leggere i poteri del PdR francese non si discostano molto dal nostro (Capo supremo della Difesa, nomina il governo, ecc), con un dettagliuzzo da nulla, è ELETTO direttamente dal popolo sovrano con sistema a doppio turno, usato anche per i parlamentari. La miglior legge elettorale, l'unica che garantisca matematicamente la certezza della vittoria. E per 5 anni non ci si pensa più!
 
“ Non basta avere da tre anni come presidente del Consiglio — caso mai verificatosi a memoria d’uomo in alcun regime democratico — un signor nessuno mai presentatosi in alcuna competizione elettorale, privo di qualunque immagine pubblica precedente, estraneo a qualunque affiliazione che potesse farne indovinare le idee e i valori? E come l’esperienza ha dimostrato, proprio perciò disposto a essere qualsiasi cosa, ad abbracciare qualunque punto di vista, a presiedere coalizioni di governo e a promuovere leggi le une l’opposto delle altre?”

Ottima descrizione di Conte.
Per qualcuno è il miglior presidente del Consiglio da quarant’anni in qua! :D

:yes:
 
“ Non basta avere da tre anni come presidente del Consiglio — caso mai verificatosi a memoria d’uomo in alcun regime democratico — un signor nessuno mai presentatosi in alcuna competizione elettorale, privo di qualunque immagine pubblica precedente, estraneo a qualunque affiliazione che potesse farne indovinare le idee e i valori? E come l’esperienza ha dimostrato, proprio perciò disposto a essere qualsiasi cosa, ad abbracciare qualunque punto di vista, a presiedere coalizioni di governo e a promuovere leggi le une l’opposto delle altre?”

Ottima descrizione di Conte.
Per qualcuno è il miglior presidente del Consiglio da quarant’anni in qua! :D

E' questa l'assurdità più totale,e mi meraviglio di quello sdraiato al colle
 
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