Dav. c. G.
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Boris Johnson non ricorda che uno dei medici che lo ha salvato dal Covid è di Catanzaro.
"Gli inglesi liberi perché non rispettano le regole, come invece fanno gli italiani. La grottesca affermazione del primo ministro inglese".
di Beppe Severgnini
Boris Johnson somiglia sempre più a un personaggio di P.G. Wodehouse, grande umorista inglese e cantore della gloriosa epoca edoardiana. Dopo essersi passati e ripassati la bottiglia del Porto, gli eccentrici aristocratici intorno al tavolo si divertono a lanciare piccole, brillanti provocazioni. Finché uno la spara grossa, e gli altri ridono fino alle lacrime.
C’è un particolare. Intorno a Boris Johnson, oggi, non c’è l’idilliaca campagna inglese, ma una nazione in ansia. Già una volta — in primavera — il Regno Unito ha perso l’opportunità di imitare l’Italia, primo Paese fuori dall’Asia a essere colpito dal coronavirus. Avevamo regalato due/tre settimane ai nostri amici e alleati. Niente da fare. Nonostante lo spavento dello stesso primo ministro, colpito dal Covid e ricoverato d’urgenza in ospedale, e nonostante il numero dei contagi, di nuovo in crescita, il gusto della battuta a effetto è rimasto. Ma non fa più ridere. La Gran Bretagna è spaventata e non ha voglia di scherzare.
Dire che gli inglesi non rispettano le regole perché sono liberi, e paragonarli a noi italiani, significa una cosa sola. Gli italiani rispettano le regole perché sono meno liberi, magari un po’ servi. L’affermazione è talmente grottesca da non diventare neppure offensiva. Ma come? Prima, in Gran Bretagna, ci accusavate di essere indisciplinati e inaffidabili; adesso di essere affidabili e disciplinati. Diteci cosa dobbiamo fare! A parte scuotere la testa increduli.
Il presidente della Repubblica, di solito restìo ai commenti a caldo, stavolta si è fatto sentire. Sergio Mattarella ha ricordato che noi italiani sappiamo essere seri. Ha fatto bene, perché è così, e non c’era bisogno del coronavirus per capirlo. Chiunque lavori con un’azienda, un professionista, un ricercatore, un artista o un ristoratore italiano lo sa. Qualunque straniero arrivi in Italia, e abbia a che fare con un artigiano, rimane sbalordito. Capisce che sappiamo pensare con le mani e amiamo il lavoro fatto bene. Se credete che sia così in tutto il mondo, vi sbagliate.
Qual è il problema? Che molti tra noi non vogliono ammettere di essere seri: temono di rovinarsi la reputazione di geniali inaffidabili. Sbagliano. Gli italiani che sanno mettere insieme genio e regolatezza hanno successo, in patria e nel mondo. A proposito: uno dei medici del St Thomas’ Hospital di Londra che hanno salvato Boris Johnson è italiano (Luigi Camporota, di Catanzaro).
La serietà è quella che ci ha portato fuori dai guai in primavera, e potrebbe tenerci lontani dai guai in autunno. La serietà è il timore che abbiamo provato e ancora proviamo. Aver paura di fronte al pericolo è un segno di intelligenza; affrontarlo con incosciente baldanza è, invece, una prova di superficialità. Gli inglesi sono un grande popolo, e lo rimangono. Ma l’understatement — la loro religione ufficiosa — stavolta era fuori luogo: hanno minimizzato la cosa sbagliata (il virus) nel momento sbagliato.
Cosa possiamo fare per dimostrare ai nostri amici europei d’oltremanica che meritiamo rispetto? Continuare a procedere con cautela. La nostra vita — lentamente, gradualmente, timorosamente — sta tornando alla normalità. Il traffico a Milano — lo dicono gli accessi all’area C e l’esperienza di chi vive in città — è tornato quello di febbraio; la gente va al ristorante e sogna di rientrare in un teatro e in uno stadio (duemila persone, però, non ventimila!). Manca ancora molto, certo, e alcune cose devono cambiare: senza una copertura nazionale della banda larga, per esempio, lo smart working diventerà un altro elemento di diseguaglianza (ecco un bel modo per investire parte dei denari del Recovery Fund!).
Ma la strada è giusta, l’attenzione è molta e la calma ammirevole. Invece di fare battute alla Camera dei Comuni, il primo ministro britannico venga a trovarci. Capirà che noi italiani siamo seriamente liberi e liberamente seri. Se si comporta bene, un bicchierino di mirto o di marsala glielo offriamo volentieri.
24 settembre 2020 (modifica il 25 settembre 2020 | 09:15)
Covid, Boris Johnson salvato da un medico di Catanzaro - Corriere.it
"Gli inglesi liberi perché non rispettano le regole, come invece fanno gli italiani. La grottesca affermazione del primo ministro inglese".
di Beppe Severgnini
Boris Johnson somiglia sempre più a un personaggio di P.G. Wodehouse, grande umorista inglese e cantore della gloriosa epoca edoardiana. Dopo essersi passati e ripassati la bottiglia del Porto, gli eccentrici aristocratici intorno al tavolo si divertono a lanciare piccole, brillanti provocazioni. Finché uno la spara grossa, e gli altri ridono fino alle lacrime.
C’è un particolare. Intorno a Boris Johnson, oggi, non c’è l’idilliaca campagna inglese, ma una nazione in ansia. Già una volta — in primavera — il Regno Unito ha perso l’opportunità di imitare l’Italia, primo Paese fuori dall’Asia a essere colpito dal coronavirus. Avevamo regalato due/tre settimane ai nostri amici e alleati. Niente da fare. Nonostante lo spavento dello stesso primo ministro, colpito dal Covid e ricoverato d’urgenza in ospedale, e nonostante il numero dei contagi, di nuovo in crescita, il gusto della battuta a effetto è rimasto. Ma non fa più ridere. La Gran Bretagna è spaventata e non ha voglia di scherzare.
Dire che gli inglesi non rispettano le regole perché sono liberi, e paragonarli a noi italiani, significa una cosa sola. Gli italiani rispettano le regole perché sono meno liberi, magari un po’ servi. L’affermazione è talmente grottesca da non diventare neppure offensiva. Ma come? Prima, in Gran Bretagna, ci accusavate di essere indisciplinati e inaffidabili; adesso di essere affidabili e disciplinati. Diteci cosa dobbiamo fare! A parte scuotere la testa increduli.
Il presidente della Repubblica, di solito restìo ai commenti a caldo, stavolta si è fatto sentire. Sergio Mattarella ha ricordato che noi italiani sappiamo essere seri. Ha fatto bene, perché è così, e non c’era bisogno del coronavirus per capirlo. Chiunque lavori con un’azienda, un professionista, un ricercatore, un artista o un ristoratore italiano lo sa. Qualunque straniero arrivi in Italia, e abbia a che fare con un artigiano, rimane sbalordito. Capisce che sappiamo pensare con le mani e amiamo il lavoro fatto bene. Se credete che sia così in tutto il mondo, vi sbagliate.
Qual è il problema? Che molti tra noi non vogliono ammettere di essere seri: temono di rovinarsi la reputazione di geniali inaffidabili. Sbagliano. Gli italiani che sanno mettere insieme genio e regolatezza hanno successo, in patria e nel mondo. A proposito: uno dei medici del St Thomas’ Hospital di Londra che hanno salvato Boris Johnson è italiano (Luigi Camporota, di Catanzaro).
La serietà è quella che ci ha portato fuori dai guai in primavera, e potrebbe tenerci lontani dai guai in autunno. La serietà è il timore che abbiamo provato e ancora proviamo. Aver paura di fronte al pericolo è un segno di intelligenza; affrontarlo con incosciente baldanza è, invece, una prova di superficialità. Gli inglesi sono un grande popolo, e lo rimangono. Ma l’understatement — la loro religione ufficiosa — stavolta era fuori luogo: hanno minimizzato la cosa sbagliata (il virus) nel momento sbagliato.
Cosa possiamo fare per dimostrare ai nostri amici europei d’oltremanica che meritiamo rispetto? Continuare a procedere con cautela. La nostra vita — lentamente, gradualmente, timorosamente — sta tornando alla normalità. Il traffico a Milano — lo dicono gli accessi all’area C e l’esperienza di chi vive in città — è tornato quello di febbraio; la gente va al ristorante e sogna di rientrare in un teatro e in uno stadio (duemila persone, però, non ventimila!). Manca ancora molto, certo, e alcune cose devono cambiare: senza una copertura nazionale della banda larga, per esempio, lo smart working diventerà un altro elemento di diseguaglianza (ecco un bel modo per investire parte dei denari del Recovery Fund!).
Ma la strada è giusta, l’attenzione è molta e la calma ammirevole. Invece di fare battute alla Camera dei Comuni, il primo ministro britannico venga a trovarci. Capirà che noi italiani siamo seriamente liberi e liberamente seri. Se si comporta bene, un bicchierino di mirto o di marsala glielo offriamo volentieri.
24 settembre 2020 (modifica il 25 settembre 2020 | 09:15)
Covid, Boris Johnson salvato da un medico di Catanzaro - Corriere.it