Senza cantieri l'Italia non ripartirà

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Dav. c. G.

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Senza cantieri l'Italia non ripartirà

L'Italia si è dimostrata più resiliente di altri, ma non basterà a rilanciare il Pil. Edilizia scolastica, antisismica, investimenti nella sanità, contro il dissesto idrogeologico, sulle reti di trasporto ed energia, banda larga, acquedotti. Questo (e la modernizzazione della P.A.) ci tirerà fuori dalla crisi


Diverse misure varate dal Governo italiano per sostenere l’economia duramente colpita dal coronavirus vanno nella giusta direzione. Positivo è stato lo sforzo (anche se solo appena cominciato) per semplificare le procedure e velocizzare le autorizzazioni agli investimenti in infrastrutture e reti. Utili gli incentivi per l’edilizia, le ristrutturazioni e il risparmio energetico; quelli per rilanciare gli investimenti tecnici delle imprese; quelli per favorire l’occupazione, soprattutto al Sud (anche se si tratta solo un primo e isolato passo). E importante è stata la decisione di ampliare la misura degli 80 euro fino a 100 euro estendendo anche la platea dei beneficiari.

Nonostante il lockdown molto più duro attuato dall’Italia rispetto agli altri Paesi, i dati sul Pil del primo semestre mostrano che la nostra economia per ora ha sorprendentemente sofferto di meno di quelle degli altri maggiori attori europei. Infatti, nel primo semestre 2020 il Pil italiano è diminuito dell’11,4% rispetto allo stesso semestre del 2019, contro cali dell’11,7% per il Regno Unito, del 12,4% per la Francia e del 13,1% per la Spagna. Solo la Germania ha fatto meglio, si fa per dire, contenendo la flessione in un meno 6,9%.

Diversamente da quella tedesca, spiegabile principalmente con una chiusura minore e più limitata nel tempo delle attività produttive, la resilienza italiana è stata dovuta al fatto che la nostra economia è entrata nel tunnel del coronavirus con una buona dinamica “ereditata”, sostenuta dalle riforme degli anni precedenti (Industria 4.0, Jobs Act e decontribuzioni in primis), nonché dalle misure di sostegno ai consumi delle famiglie (tra cui gli 80 euro).

È singolare che dopo aver invocato per anni cambiamenti e riforme, il mondo italiano degli analisti e dei media non abbia mai riconosciuto se non in minima parte l’efficacia delle politiche industriali e fiscali realizzate tra il 2014 e il 2018. Eppure, basterebbe guardare i dati per rendersene conto. Dall’avvio della circolazione monetaria della moneta unica non era mai capitato che gli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto crescessero così tanto in termini reali in Italia come nel 2016 e 2017: +8% e +6,4%, rispettivamente (surclassando i valori medi dell’Euroarea, inferiori di oltre due punti percentuali). Ciò grazie al piano Industria 4.0. Né era mai capitato che i consumi delle famiglie italiane aumentassero dell’1,9% (allo stesso tasso medio dell’Euroarea) come nel 2015, con la piena applicazione degli 80 euro su 12 mesi e la forte ripresa dell’occupazione favorita dalle misure per il mercato del lavoro.

Di quelle iniziative economiche e dei loro positivi riflessi indotti ha beneficiato soprattutto la nostra industria, che negli ultimi anni ha guadagnato enormemente in produttività e competitività. Infatti, nel quinquennio 2015-2019 l’Italia ha fatto registrare il maggior incremento medio annuo della produttività del lavoro nella manifattura tra i maggiori Paesi della moneta unica (+1,8%), assieme all’Austria, nettamente davanti a Francia (+1,2%) e Germania (+0,5%). E, come ha rivelato l’ultimo rapporto ICE-Istat, prima che divampasse la crisi mondiale del coronavirus il nostro export era entrato nel 2020 a vele spiegate, reduce nel 2019 da un nuovo record storico del surplus manifatturiero con l’estero, per la prima volta oltre i 100 miliardi di euro.

Ma questa volta non basterà “rinfrescare” e incrementare gli 80 euro e Industria 4.0 per far ripartire i consumi delle famiglie e gli investimenti delle imprese. Quando il Governo Renzi ideò queste misure l’economia italiana era pronta a scattare come una molla dopo una profonda e interminabile doppia recessione. E gli effetti di quelle misure furono concreti, come abbiamo visto dai risultati sopracitati. Adesso, invece, i nuovi provvedimenti certamente serviranno in questa particolare fase difficile a sorreggere il potere d’acquisto del ceto medio e a dare continuità agli investimenti dell’élite delle nostre imprese più dinamiche e innovative. Ma, come ha sottolineato il premio Nobel per l’economia Michael Spence, in tutto il mondo la fiducia e i comportamenti dei consumatori sono molto cambiati con il coronavirus. E certamente ciò interessa anche i consumatori italiani, che hanno altresì davanti un autunno-inverno in cui molti occupati a rischio non saranno più artificialmente protetti dagli ammortizzatori sociali che progressivamente verranno meno. La legge della domanda e dell’offerta tornerà a governare il mercato del lavoro e se gli occupati caleranno, diminuirà ulteriormente anche la spinta ai consumi. Nello stesso tempo, l’enorme sovracapacità produttiva generata dal crollo della domanda interna ed estera frenerà gli investimenti della maggior parte delle imprese “normali”. Né possiamo sperare che possa salvarci l’export, visto che il commercio intracomunitario e mondiale rimarrà tramortito a lungo dalla crisi del Covid-19.

Ecco allora che la strada della ripresa italiana potrà essere imboccata soltanto con un vigoroso piano di rilancio delle opere pubbliche e dei cantieri di quelle grandi imprese pubbliche e private che hanno bloccati da anni programmi di investimento importanti su scala nazionale. Edilizia scolastica, antisismica, investimenti nella sanità, interventi contro il dissesto idrogeologico, autostrade, alta velocità e capacità ferroviaria, aeroporti e porti, banda larga, reti energetiche, gasdotti, acquedotti, economia green. Tutto questo, assieme a un profondo ammodernamento della Pubblica amministrazione, non solo potrà farci uscire più presto dalla crisi, ma, grazie anche al sostegno dei fondi europei, potrà far fare al Paese quel salto di innovazione di sistema che sarà necessario per continuare a competere nel XXI Secolo, dopo l’auspicabile fine della pandemia.

Senza cantieri l'Italia non ripartira | L'HuffPost
 
la burocrazia ci tirerà fuori dalla crisi...

l'italia ha investito tanto nella burocrazia ( in particolare nei lauti stipendi dei burocrati) per il benessere di cittadini e imprese...

fidatevi è stato fatto un ottimo lavoroOK!OK!

se volete venire ad investire in italia vi aspettiamo a braccia aperte,

le nostre schiere di burocrati affamati vi accoglieranno come fratelliOK!OK!
 
Davcg salviniano?
 
quindi + deficit
 
L'Italia si è dimostrata più resiliente di altri paesi.......ma a che cosa??
 
L'Italia si è dimostrata più resiliente di altri paesi.......ma a che cosa??

E' scritto nell'articolo.
Nei primi 6 mesi dell'anno il pil è calato meno che in Francia, Gran Bretagna e Spagna (solo per nominare alcuni paesi).
 
Quart'ultima nell'area Eu a 28

Tralascio il fatto che da ormai molti anni l'Italia era sempre ultima.

Ma dove hai letto che é quart'ultima?
L'articolo parla di questi 4 o 5 paesi ma non dice nulla della Grecia e degli altri paesi.
 
Ultima modifica:
E' scritto nell'articolo.
Nei primi 6 mesi dell'anno il pil è calato meno che in Francia, Gran Bretagna e Spagna (solo per nominare alcuni paesi).

ti pare reale? E come mai allora ci siamo umiliati tanto per ottenere quattrini se economicamente abbiamo perso meno degli altri....
 
ti pare reale? E come mai allora ci siamo umiliati tanto per ottenere quattrini se economicamente abbiamo perso meno degli altri....

Nessuna umiliazione. Poi era quello che salvino e borghi chiedevano da anni.

Perché abbiamo chiesto tanto?
Per i tassi di interesse che paghiamo e per il PIL dal quale partivamo.
 
Senza cantieri l'Italia non ripartirà

L'Italia si è dimostrata più resiliente di altri, ma non basterà a rilanciare il Pil. Edilizia scolastica, antisismica, investimenti nella sanità, contro il dissesto idrogeologico, sulle reti di trasporto ed energia, banda larga, acquedotti. Questo (e la modernizzazione della P.A.) ci tirerà fuori dalla crisi


Diverse misure varate dal Governo italiano per sostenere l’economia duramente colpita dal coronavirus vanno nella giusta direzione. Positivo è stato lo sforzo (anche se solo appena cominciato) per semplificare le procedure e velocizzare le autorizzazioni agli investimenti in infrastrutture e reti. Utili gli incentivi per l’edilizia, le ristrutturazioni e il risparmio energetico; quelli per rilanciare gli investimenti tecnici delle imprese; quelli per favorire l’occupazione, soprattutto al Sud (anche se si tratta solo un primo e isolato passo). E importante è stata la decisione di ampliare la misura degli 80 euro fino a 100 euro estendendo anche la platea dei beneficiari.

Nonostante il lockdown molto più duro attuato dall’Italia rispetto agli altri Paesi, i dati sul Pil del primo semestre mostrano che la nostra economia per ora ha sorprendentemente sofferto di meno di quelle degli altri maggiori attori europei. Infatti, nel primo semestre 2020 il Pil italiano è diminuito dell’11,4% rispetto allo stesso semestre del 2019, contro cali dell’11,7% per il Regno Unito, del 12,4% per la Francia e del 13,1% per la Spagna. Solo la Germania ha fatto meglio, si fa per dire, contenendo la flessione in un meno 6,9%.

Diversamente da quella tedesca, spiegabile principalmente con una chiusura minore e più limitata nel tempo delle attività produttive, la resilienza italiana è stata dovuta al fatto che la nostra economia è entrata nel tunnel del coronavirus con una buona dinamica “ereditata”, sostenuta dalle riforme degli anni precedenti (Industria 4.0, Jobs Act e decontribuzioni in primis), nonché dalle misure di sostegno ai consumi delle famiglie (tra cui gli 80 euro).

È singolare che dopo aver invocato per anni cambiamenti e riforme, il mondo italiano degli analisti e dei media non abbia mai riconosciuto se non in minima parte l’efficacia delle politiche industriali e fiscali realizzate tra il 2014 e il 2018. Eppure, basterebbe guardare i dati per rendersene conto. Dall’avvio della circolazione monetaria della moneta unica non era mai capitato che gli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto crescessero così tanto in termini reali in Italia come nel 2016 e 2017: +8% e +6,4%, rispettivamente (surclassando i valori medi dell’Euroarea, inferiori di oltre due punti percentuali). Ciò grazie al piano Industria 4.0. Né era mai capitato che i consumi delle famiglie italiane aumentassero dell’1,9% (allo stesso tasso medio dell’Euroarea) come nel 2015, con la piena applicazione degli 80 euro su 12 mesi e la forte ripresa dell’occupazione favorita dalle misure per il mercato del lavoro.

Di quelle iniziative economiche e dei loro positivi riflessi indotti ha beneficiato soprattutto la nostra industria, che negli ultimi anni ha guadagnato enormemente in produttività e competitività. Infatti, nel quinquennio 2015-2019 l’Italia ha fatto registrare il maggior incremento medio annuo della produttività del lavoro nella manifattura tra i maggiori Paesi della moneta unica (+1,8%), assieme all’Austria, nettamente davanti a Francia (+1,2%) e Germania (+0,5%). E, come ha rivelato l’ultimo rapporto ICE-Istat, prima che divampasse la crisi mondiale del coronavirus il nostro export era entrato nel 2020 a vele spiegate, reduce nel 2019 da un nuovo record storico del surplus manifatturiero con l’estero, per la prima volta oltre i 100 miliardi di euro.

Ma questa volta non basterà “rinfrescare” e incrementare gli 80 euro e Industria 4.0 per far ripartire i consumi delle famiglie e gli investimenti delle imprese. Quando il Governo Renzi ideò queste misure l’economia italiana era pronta a scattare come una molla dopo una profonda e interminabile doppia recessione. E gli effetti di quelle misure furono concreti, come abbiamo visto dai risultati sopracitati. Adesso, invece, i nuovi provvedimenti certamente serviranno in questa particolare fase difficile a sorreggere il potere d’acquisto del ceto medio e a dare continuità agli investimenti dell’élite delle nostre imprese più dinamiche e innovative. Ma, come ha sottolineato il premio Nobel per l’economia Michael Spence, in tutto il mondo la fiducia e i comportamenti dei consumatori sono molto cambiati con il coronavirus. E certamente ciò interessa anche i consumatori italiani, che hanno altresì davanti un autunno-inverno in cui molti occupati a rischio non saranno più artificialmente protetti dagli ammortizzatori sociali che progressivamente verranno meno. La legge della domanda e dell’offerta tornerà a governare il mercato del lavoro e se gli occupati caleranno, diminuirà ulteriormente anche la spinta ai consumi. Nello stesso tempo, l’enorme sovracapacità produttiva generata dal crollo della domanda interna ed estera frenerà gli investimenti della maggior parte delle imprese “normali”. Né possiamo sperare che possa salvarci l’export, visto che il commercio intracomunitario e mondiale rimarrà tramortito a lungo dalla crisi del Covid-19.

Ecco allora che la strada della ripresa italiana potrà essere imboccata soltanto con un vigoroso piano di rilancio delle opere pubbliche e dei cantieri di quelle grandi imprese pubbliche e private che hanno bloccati da anni programmi di investimento importanti su scala nazionale. Edilizia scolastica, antisismica, investimenti nella sanità, interventi contro il dissesto idrogeologico, autostrade, alta velocità e capacità ferroviaria, aeroporti e porti, banda larga, reti energetiche, gasdotti, acquedotti, economia green. Tutto questo, assieme a un profondo ammodernamento della Pubblica amministrazione, non solo potrà farci uscire più presto dalla crisi, ma, grazie anche al sostegno dei fondi europei, potrà far fare al Paese quel salto di innovazione di sistema che sarà necessario per continuare a competere nel XXI Secolo, dopo l’auspicabile fine della pandemia.

Senza cantieri l'Italia non ripartira | L'HuffPost

Solo in provincia di Pescara un amministratore di condominio ha pronti 30 condomini per il super bonus 110% pensa quanti condomini ci sono in Italia
 
tutti questi cantieri ed opere pubbliche
con quali soldi???

altre tasse e patrimoniali??
sospendiamo i pagamenti delle pensioni?
 
Traduzione: coi piddo-grillini al governo (i primi creatori dell'allucinante codice degli appalti che ha bloccato l'Italia, i secondi contrari a qualunque opera in calcestruzzo e non solo) l'Italia non ripartirà
 
Non sono affatto d'accordo. Si sopravvaluta la capacità dello Stato non rendendosi conto degli innumerevoli sprechi e opere inutili fatte. L'Italia ha bisogno di cantieri sì, ma quelli che servono. Ha bisogno di ristrutturazioni edilizie sì, ma non pompate al 110%. Tutti i business hanno diritto di lavorare.E'inutile ristrutturare palazzi se i ristoratori, gli operatori delle sale da ballo, gli albergatori, si troveranno disoccupati. Andavano aiutati prima i colpiti da questa crisi, poi andavano incentivate le opere, ma non troppo. Se restava ancora grasso si poteva dare dei veri prestiti a tassi agevolati a chi ne ha bisogno, non quello che è stato fatto. Di questo passo ci troveremo con qualche strada nuova, palazzi ristrutturati, ma saremo al punto di prima.
 
cerchiamo di non esagerare coi debiti...OK!
a me la storia di regalare soldi in tante,troppe situazioni mi disturba parecchio

lo dicevo prima,lo dico adesso e lo diro' in futuro(se ne avro')

e' gia' enorme e mica detto che i tassi restino bassi per sempre
 
cerchiamo di non esagerare coi debiti...OK!
a me la storia di regalare soldi in tante,troppe situazioni mi disturba parecchio

lo dicevo prima,lo dico adesso e lo diro' in futuro(se ne avro')

e' gia' enorme e mica detto che i tassi restino bassi per sempre

Nell'articolo non si parla di regalare soldi. Si parla di investimenti ben precisi.
E di debito bisognerà farne: noi come tutti i paesi del mondo.
 
Traduzione: coi piddo-grillini al governo (i primi creatori dell'allucinante codice degli appalti che ha bloccato l'Italia, i secondi contrari a qualunque opera in calcestruzzo e non solo) l'Italia non ripartirà

Ma veramente mi pare di aver capito che erano i grillazzi a voler snellire gli appalti, addirittura...per velocizzare le cose. Pensa te.
Poi magari non succederà eh :D
Però vedremo.
 
Non è un problema di soldi, i soldi ci sono, il problema che non vengono spesi, no c'è programmazione e progettualità, manca proprio questo
Vi ricordate i miliardi stanziati per il piano "proteggi italia" per il rischio idrogeologico, che fine hanno fatto?
Però si continua a dare bonus a destra e a manca, senza un progetto, senza un'idea.
Il bonus 110 è talmente complicato, che sarei curioso di capire, quanta gente lo userà
 
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