LE INTERCETTAZIONI
Lara Comi, ex eurodeputata finita oggi ai domiciliari nel secondo filone dell'inchiesta milanese su presunte tangenti e finanziamenti illeciti che lo scorso maggio ha portato a 43 misure cautelari, sapeva di essere nel merito degli inquirenti e di poter essere indagata. In una conversazione intercettata cerca di concordare versioni da fornire a giornalisti e magistrati. «Comunque oggi io dirò che non ho mai preso 17k (17mila euro, secondo l'accusa, ndr), non ho mai avuto consulenze con Afol né di società a me collegate che non esistono...», dice rivolgendosi a Maria Teresa Bergamaschi. All'amica con cui tesse affari nel gennaio scorso consiglia di utilizzare «Telegram che è più comodo» e consente la distruzione dei messaggi, quasi a comunicare la paura di essere intercettata. La Comi suggerisce anche di non rispondere a telefonate 'sospettè: «Se dovessero chiamarti non rispondere né al telefono, né agli sms poi ti spiego».
Lara Comi risponde di tre vicende. La prima riguarda due contratti di consulenza ricevuti dalla sua società, la Premium Consulting Srl, con sede a Pietra Ligure (Savona), da parte di Afol e, in particolare, dal dg Zingale, «dietro promessa di retrocessione di una quota parte agli stessi Caianiello e Zingale», come riportato negli atti depositati nella tranche principale. Circostanza messa a verbale da Maria Teresa Bergamaschi, avvocato e stretta collaboratrice dell'ex eurodeputata in un interrogatorio del 14 maggio: «Il 15 dicembre 2018 mi arrivò un messaggio di Lara Comi (...) mi scriveva 'Zingale vorrà un regalo di Natalè». E aggiunse : «Mi parlò della necessità di pagare in vista dell'estensione dell'incarico una cifra di 10 mila euro a Zingale».
L'esponente di FI è accusata anche di aver ricevuto un finanziamento illecito da 31 mila euro dall'industriale bresciano titolare della Omr holding e presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti. Il versamento sarebbe stato effettuato in vista delle ultime elezioni europee e per una consulenza basata su una tesi di laurea scaricabile dal web dal titolo «Made in Italy: un brand da valorizzare e da internazionalizzare per aumentare la competitività delle piccole aziende di torrefazione di caffè».
Nel terzo episodio (truffa aggravata al Parlamento europeo) è coinvolto anche il giornalista Andrea Aliverti, che collaborava con Comi come addetto stampa, con compenso di mille euro al mese, rimborsati dall'Europarlamento. Interrogato dai pm ha dichiarato di avere ricevuto un aumento a tremila euro, con l'obbligo di restituirne duemila a FI per pagare le spese della sede che Comi non pagava. Di Orrigoni, infine, ex candidato sindaco di Varese, ha invece parlato l'imprenditore Pietro Tonetti. Ha raccontato che, d'intesa con lui, Orrigoni avrebbe versato l'anticipo di 50mila euro della presunta tangente, mascherata sotto forma di incarico a uno studio di ingegneristica, per ottenere la variante di destinazione d'uso di un terreno a Gallarate su cui aprire un nuovo punto vendita Tigros.
«Dall'esame degli elementi indiziari (...) emerge la peculiare abilità che l'indagata Comi ha mostrato di aver acquisito nello sfruttare al meglio la sua rete di conoscenze al fine di trarre» dal ruolo pubblico «di cui era investita per espressione della volontà popolare il massimo vantaggio in termini economici e di ampliamento della propria sfera di visibilità». Lo scrive il gip di Milan Raffaella Mascarino nell'ordinanza di arresto per l'ex europarlamentare e altri due.