saviano

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cioè "rompiamo il silenzio " ?
come se non occupassero loro il 95% dei media , giornali tv ?
Occupano tutto pure essendo esigua minoranza , la maggioranza dei cittadini la pensa diversamente e non ha voce .... e questo repellente essere frigna di rompere il silenzio ?
Casomai è la maggioranza che dovrebbe rompere il silenzio
 
dopo che hanno rotto i qoglioni giustamente passano a rompere qualcos'altro :o
 
Se il Pd non si rianima, ci pensa il PdR (il Partito di Repubblica)... - Nicola Porro



Se il Pd non dà garanzie sufficienti, non si scuote dal torpore, non si rianima, allora ci pensa direttamente il PdR, il “Partito di Repubblica”, inteso come gruppo editoriale Espresso-Repubblica, a dettare la linea a sinistra, e a spingere un “ticket” di potenziali leader per la crociata contro Matteo Salvini.

Si rovesciano le parti, insomma: non un apparato mediatico a supporto di una linea di partito, ma viceversa. Quel che resta di un partito e le sue propaggini parlamentari chiamati a uniformarsi a una linea editoriale predefinita, che include anche l’indicazione dei volti da spendere nel dibattito pubblico.

Ma, proprio come nei congressi di partito, prima dei nomi vediamo la “piattaforma”, il programma: che è sempre lo stesso, e cioè l’aggressione morale e giudiziaria dell’avversario. Per una ventina d’anni, è stato lo schema classico utilizzato contro Berlusconi: ora occorre solo adattarlo a Matteo Salvini. Ecco dunque la sequenza di copertine de L’Espresso sulla questione dei soldi della Lega e poi l’attacco personale diretto di un paio di settimane fa (“Uomini e no”: tanto il povero Vittorini non può difendersi dalla citazione) contro Salvini, con la prima pagina divisa in due (il volto sofferente di un immigrato nero contrapposto al volto del leader leghista in versione truce), arrivando a “disumanizzare” il bersaglio, a negargli connotati umani e civili. Un nemico, insomma, non più solo un avversario.

È una linea minoritaria, eccessivamente aggressiva, che non aggrega incerti e indecisi: ma a chi l’ha decisa sembra importare poco. L’essenziale per il PdR è tenere insieme un consistente zoccolo duro di (e)lettori, quelli più incattiviti e politicamente spaesati, visto il caos a sinistra.

Fatta la linea, occorrono gli interpreti. E anche qui lo scavalcamento del Pd è abbastanza evidente: le primarie sono lontane, tutto l’arcipelago renziano-renzista è fatto di volti non più spendibili, non ci sono nel partito (o non si intravvedono) figure giovani da “adottare”, Martina è ritenuto troppo scolorito perché gli elettori possano identificarsi e affezionarsi.

E allora che si fa? Tanto vale lanciare direttamente a mezzo stampa un “ticket”, due figure eterogenee ma di forte impatto mediatico, tra loro diverse ma complementari, utili alla campagna estiva contro Governo e Salvini. Poi il tempo dirà se saranno in grado di conquistarsi una vera leadership, o se dovranno solo fungere da elementi di complemento rispetto alla squadra politica che verrà fuori da congresso e primarie Pd, realisticamente nel primo trimestre del 2019.

Di chi si tratta? Semplice: di Roberto Saviano e Tito Boeri. Uno scrittore e un economista, uno per “coprire” la questione immigrazione e l’altro da scatenare su pensioni e conti pubblici, uno per “affascinare” e l’altro per offrire “competenza”. Solo così si spiega l’incredibile accelerazione nelle polemiche innescate dall’Oracolo campano-newyorchese e dall’Aspirante Martire dell’Inps.

Il primo, che nei giorni scorsi (guadagnandosi una querela, resa nota dal Ministro dell’Interno in persona) è arrivato a dire che a Salvini “dà piacere veder morire bimbi innocenti in mare”, da tempo cerca l’escalation: non si accontenta più di una normale polemica, di un confronto civile. Vuole attribuire a Salvini i panni del mostro con un doppio obiettivo: ottenere spazio mediatico per sé accreditandosi come oppositore coraggioso, e mettere a disagio una parte della base grillina, colpevolizzandola per la vicinanza al “ministro della mala vita”.

Il secondo, altrettanto palesemente, come ha dimostrato una volta di più in audizione in Commissione alla Camera, spera che a qualcuno nel Governo saltino i nervi, fino a licenziarlo: ricevendo a quel punto la “patente” ufficiale di “vittima del regime”.

Prepariamoci a un’estate e poi a un inizio d’autunno così: il copione è tutto sommato prevedibile. Da un lato, lo stillicidio di Saviano sull’immigrazione, con l’inevitabile e macabro corollario di polemiche sui corpi senza vita nel Mediterraneo (come se la responsabilità fosse del Governo e non dei trafficanti di esseri umani), e dall’altro la “resistenza” di Boeri, che non perderà occasione per fare da controcanto all’Esecutivo fino alla legge di stabilità, autonominandosi custode dei conti pubblici e certificatore della (in)sostenibilità delle proposte gialloblu.

Il PdR non ha bisogno di consigli, e meno che mai da qui siamo intenzionati a dargliene. Ma, in tutto questo piano, l’errore è sempre lo stesso. Elabora una strategia che è assai convincente per le classi altissime (appunto: per i presumibili lettori di Repubblica), per chi vive nella Zona 1 di Milano e nel Primo Municipio di Roma, non a caso le aree dove la sinistra regge ancora.

Ma a tutti gli altri italiani, in particolare alle immense periferie urbane che sentono il dramma dell’immigrazione e della criminalità comune (altro che “percezione”: Boeri, Saviano e i loro cari si facciano un giro a Quarto Oggiaro, a Rogoredo, a Lambrate, oppure – quando sono a Roma – a Tor Sapienza e San Basilio), e all’enorme ceto medio e medio basso che cerca una scossa economica e non si accontenta più dei convegni sullo “zero virgola”, le ramanzine, gli appelli e le interviste su Repubblica non
interessano granché.

Daniele Capezzone, 23 luglio 2018
 
vivere sotto i riflettori per qualcuno è una necessità..
edonismo puro
 

Visto. Ho prensato che non fosse il caso di aprire l'ennesimo thread dedicato a questo figlio di Soros, membro delle Brigate Rolex, dalla retorica pomposa e vuota. Ribalta sistematicamente la realtà, è l'essenza dell'immigrazionismo, il megafono dei potenti. Merita l'oblio. E una bella condanna per diffamazione.
 
questo se continua a sbroccare come una giraffa c' e' il riskio di ammalarsi
 
Visto. Ho prensato che non fosse il caso di aprire l'ennesimo thread dedicato a questo figlio di Soros, membro delle Brigate Rolex, dalla retorica pomposa e vuota. Ribalta sistematicamente la realtà, è l'essenza dell'immigrazionismo, il megafono dei potenti. Merita l'oblio. E una bella condanna per diffamazione.

Speriamo invece che duri il più a lungo possibile.

Volti come il suo, quello di Renzi e quello di Boeri, sono ottimi salvagenti per l'avvenire del nostro Paese (altro che Rutelli, Pecoraro Scanio e Bersani!)
 
ma guardate che pubblicità che si fa a livello mondiale per essere sotto scorta

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ma sto figlio di una... :censored:
 
Se ci fosse ancora Lui....Saviano sarebbe già al confino previa sonora razione di manganellate.
 
Ma quando parla di "nostro paese" si riferisce agli U.S.A. ? :mmmm:
 
La cosa poco intelligente è che non si rende conto che non rappresenta proprio nessuno.
 
Se ci fosse ancora Lui....Saviano sarebbe già al confino previa sonora razione di manganellate.

no ma in qualsiasi paese civile un romanziere non sarebbe sotto protezione soprattutto visto che non ha svelato niente, non è stato sul campo , non ha scoperchiato nessun altarino
bravo bravissimo nello scrivere il libro
ma è tutto frutto di ricerche di sentenze, di inchieste giornalistiche locali, processi e di articoli
ma chi lo tocca a quello? nessuno
mentre i giornalisti di cui lui ha copiato gli articoli, che quelli si che rischiano la pelle e stanno senza protezione
saviano è tutto fumo e niente arrosto
 
toglietegli la scorta e mandatelo a hahare

Amen.

Il suo atteggiamento potrebbe avere un fine, se ora SL gli toglie la scorta -come sarebbe giusto perche' nn gli serve a niente-.. SV potrebbe dire che lo fa per Vendetta, e cosi' gli lega le mani....
 
Togliere la scorta ad un'icona di sinistra?
Ma siamo matti?
Poi se lo ammazzano da soli stiamo freschi:
 
I ministri della malavita - Il Fatto Quotidiano


I ministri della malavita
di Marco Travaglio | 22 luglio 2018

Tanto per ricordarci chi ci ha governati fino al 4 marzo, Luciano Violante replica su Repubblica ai severissimi giudizi della Corte d’assise di Palermo, nella sentenza Trattativa, sui suoi 16 anni di silenzio a proposito del generale Mario Mori, che nell’estate ’92 gli propose un tête-à-tête con Vito Ciancimino (con cui stava trattando) che lui, presidente dell’Antimafia, rifiutò, ma poi si scordò di avvertirne la magistratura. Anche dopo il ’97, quando Mori, “costretto“ dalle rivelazioni di Giovanni Brusca, confessò la trattativa al processo per le stragi del ’93. Testuale: “All’epoca avevo cose più importanti che sentire Brusca e Mori ai processi e non mi occupavo di antimafia, cercavo di fare nel miglior modo possibile il presidente della Camera”.

Il perfetto presidente della Camera, già presidente dell’Antimafia, legge sui giornali che Brusca e Mori rivelano la trattativa fra Stato e mafia avviata nel ’92 dal Ros e che fa? Pensa che non sia il caso di precipitarsi dai giudici a raccontare quanto gli disse Mori dei suoi colloqui con Ciancimino, perché “ha altro da fare”. Cioè inciuciare col centrodestra con la famosa riabilitazione dei “ragazzi di Salò” che contribuì a oliare gli ingranaggi della Bicamerale e a riesumare l’appena sconfitto B. come padre costituente. La prova generale dell’inciucio si era svolta nel ’95, quando centrosinistra e FI avevano votato insieme la prima controriforma bipartisan della giustizia: la legge “manette difficili”, molto attesa non solo dai mazzettari di Tangentopoli, ma anche da Cosa Nostra. Tant’è che – lo conferma la sentenza Trattativa – Dell’Utri ne teneva costantemente informato Vittorio Mangano, storico trait d’union fra mafia e mondo berlusconiano.

La schiforma, osteggiata dall’Anm, da pochi giornalisti (fra cui chi scrive) e da pochissime forze politiche (la Lega di Bossi e i Verdi), era figlia del decreto Biondi, varato il 14.7.94 da B. per salvare dalla galera il fratello e gli altri manager Fininvest che avevano corrotto la Guardia di Finanza, e poi ritirato a furor di “popolo dei fax” su richiesta di Bossi e Fini. Bobo Maroni, ministro dell’Interno, denunciò di essere stato tenuto all’oscuro del contenuto del decreto e delle sue conseguenze (notissime invece a Mangano). Non solo la scarcerazione di centinaia di tangentisti, ma anche i danni irreparabili alle indagini di mafia grazie a un codicillo che – si legge nella sentenza – gli aveva segnalato il procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli: quello che imponeva ai pm di svelare agli avvocati i nomi dei mafiosi indagati, vanificando la segretezza delle indagini.

I mafiosi si allarmarono per lo stop: Brusca spedì Mangano due volte a chiedere spiegazioni a Dell’Utri, nella sua villa di Sala Comacina. Lo raccontò nel ’97 ai pm Salvatore Cucuzza, reggente pentito del clan di Porta Nuova (in tandem con Mangano). L’amico Marcello lo rassicurò: tutto il peggio del decreto sarebbe stato riversato in un ddl che sarebbe passato nel gennaio ’95. Mangano mostrò a Cucuzza il testo della “riforma” che Dell’Utri gli aveva passato in anteprima. Poi però il primo governo B. cadde per mano leghista, rimpiazzato dal governo Dini. E fu il centrosinistra a levare le castagne dal fuoco a Cosa Nostra e a B., approvando il ddl il 3.8.95, sempre coi voti di FI.

Le norme pro mafia che stavano a cuore a Mangano e ai suoi boss erano quattro. 1) Abolito l’articolo 371-bis del codice penale, la norma anti-omertà voluta da Falcone per arrestare in flagranza i testimoni falsi o reticenti. 2) Abolito l’arresto automatico per associazione mafiosa. 3) Accorciati i termini massimi di custodia cautelare anche per la mafia. 4) Ridotti al lumicino gli arresti per pericolo di fuga o di inquinamento probatorio. “Il partito dei giudici è finalmente sconfitto”, esultò il lottatore continuo Luigi Manconi. Tripudiarono pure i boss, che avevano interrotto le stragi per dar tempo a B. e Dell’Utri di mantenere le promesse. Ed ebbero conferma della loro attendibilità grazie al fondamentale apporto del centrosinistra. Come se B. fosse pure il leader di Pds, Ppi & C.

Qualche mese dopo, ottobre ’95, il colonnello Michele Riccio apprende dal confidente Luigi Ilardo che questi sta per incontrare Bernardo Provenzano in un casolare di Mezzojuso. E subito avverte il capo del Ros Mario Mori. Nel giorno stabilito, Provenzano arriva. Ma Mori fa di tutto per non arrestarlo. Verrà assolto perché sì, Provenzano era lì a portata di manette; sì, quella del Ros fu una “condotta attendista sufficiente a configurare in termini oggettivi il reato” di favoreggiamento mafioso (sentenza di primo grado); sì, “molti episodi connotano di opacità l’operato inspiegabile” del Ros, dalla mancata perquisizione del covo di Riina nel ’92 alla mancata cattura di Santapaola nel ’93 (sentenza di appello); sì,non catturando Provenzano si è favorita Cosa Nostra; ma non è abbastanza provato il dolo, cioè l’intenzione di favorire Provenzano e Cosa Nostra: il Ros potrebbe aver agito “per trascuratezza, imperizia, irragionevolezza o, piuttosto, per altro biasimevole motivo”.

Infatti quel gran genio di Mori, che ha così ben meritato, anziché degradato sul campo e spedito a dirigere il traffico, sarà sempre difeso da destra e sinistra e promosso a capo del Sisde. Ora sarà un caso, ma è bastato che dopo 24 anni FI e Pd mollassero il governo perché una Corte trovasse il coraggio di mettere nero su bianco quello che tutti sanno da tempo: lo Stato trattò con la mafia e condannò a morte almeno 15 innocenti.

Caro Roberto Saviano, chi governa merita certamente le critiche più feroci. Ma prima dev’essere chiaro a tutti quali “ministri (e governi) della malavita” hanno infestato l’Italia fino a quattro mesi fa.


saviano ma vai a farti un giro và, tu e la tua sinistra di m...
 
I ministri della malavita - Il Fatto Quotidiano


I ministri della malavita
di Marco Travaglio | 22 luglio 2018

Tanto per ricordarci chi ci ha governati fino al 4 marzo, Luciano Violante replica su Repubblica ai severissimi giudizi della Corte d’assise di Palermo, nella sentenza Trattativa, sui suoi 16 anni di silenzio ......Testuale: “All’epoca avevo cose più importanti che sentire Brusca e Mori ai processi e non mi occupavo di antimafia, cercavo di fare nel miglior modo possibile il presidente della Camera”.

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Ad onor del vero ricordo Violante come persona molto impegnata, nel periodo di Presidenza della Camera.

Ho infatti sempre negli occhi una scena, trasmessa in un TG1 dell'epoca, nella quale si vede lo stesso Violante che sta entrando nell'atrio di Montecitorio. Era inverno ed evidentemente faceva freddo, cosicchè il Nostro indossava un cappotto. Fatti alcuni passi verso l'interno dell'edificio egli si tolse il cappotto con ampio gesto, facendolo roteare in alto e lasciandolo cadere sulle solerti braccia di un inserviente che, verosimilmente andò ad appenderlo a qualche attaccapanni di un guardaroba.
Apprezzai il gesto, che mi ricordava tanto Robert Redford nella scena in cui indossava (o si toglieva) la giacca , e pensai: "Se le più alte cariche dello Stato fossero tutte così determinate nel correre verso lo svolgimento della propria missione, le legislature funzionerebbero molto meglio e nei cinque anni si approverebbero certamente più leggi (ammesso che ve ne fosse realmente bisogno)"
 
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