Lacan diceva che il rapporto sessuale non esiste. Non è cioè mai possibile fare Uno con l’Altro attraverso la sessualità. L’uomo e la donna conservano infatti una loro diversità incolmabile, pur nel rapporto sessuale. Che dunque, a rigore, rapporto non è.
L’uomo è attratto e gode del pezzo di corpo della donna. La sessualità maschile è dunque circoscritta, chiusa sull’oggetto, improntata sull’avere, comandata dal fallo. In un certo senso un po’ ******, nella misura in cui è ciecamente determinata da specifiche caratteristiche dell’oggetto. Che le fanno mancare l’incontro con la particolarità dell’Altro, la relazione, il rapporto con l’essere del partner nella sua totalità.
Anche la donna è spinta in un certo senso verso il ritrovamento dell’oggetto perduto, del tratto paterno. Questa ricerca è però difficilmente separabile dalla domanda d’amore. La donna è libera dalla schiavitù del fallo. Cosa che da una parte dà una possibilità supplementare al suo godimento, esponendolo all’infinito, sganciandolo dalla tirannia del pezzo. Dall’altra espone però ad una certa fragilità identitaria, che la porta a cercare conferme del suo essere nel desiderio dell’Altro. Ecco che la domanda d’amore ha per lei la funzione di argine rispetto alla propria mancanza. A volte la domanda d’amore di una donna può arrivare fino all’eccesso, trasformandosi in un’ossessione distruttiva.
Abbiamo allora sul versante maschile la ricerca del pezzo, su quello femminile la domanda d’amore. Che fa sì che l’uomo e la donna siano un po’ come Achille e la tartaruga i quali, secondo il noto paradosso di Zenone, si trovano condannati a non incontrarsi mai.
Il rapporto sessuale e l’amore secondo Lacan