Il Romanticismo nei dipinti e nell'arte in generale...

joliejolie

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Romanticismo...gli artisti e le opere più importanti...


La zattera della medusa

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Théodore Géricault fu un artista romantico francese di grande prestigio: anche se scelse di dipingere fatti di cronaca, esattamente come Delacroix, il suo obiettivo era diverso; voleva mostrare la debolezza dell’uomo davanti alla potenza devastante della natura; ne La Zattera della Medusa, il suo capolavoro indiscusso, si notano in modo evidente i suoi precetti pittorici.
 
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“Viandante sul mare di nebbia” Caspar David Friedrich

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Caspar David Friederich fu il più importante artista romantico tedesco, il quale, nelle proprie opere, mostrò la sconfinata grandezza della natura, davanti alla quale, l’uomo non era che un punto minuscolo; i lavori che riassumono perfettamente le caratteristiche del suo stile furono La croce sulla montagna ed il Viandante sul mare di nebbia.
 
“La Libertà che guida il popolo” Eugène Delacroix

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Nel mondo del romanticismo francese, Eugène Delacroix diede un contributo fondamentale, ponendo l’accento sull’importanza sul concetto della nazionalità francese, dipingendo delle opere inerenti a fatti della sua realtà: il quadro più importante di questo artista fu La Libertà che guida il popolo.
 
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Johann Heinrich Füssli - Signora alla finestra al chiaro di luna
 
n'altro 3ad ancora :eek::p,
scherzo :D, invece è interessante :clap: , come sempre quando si prova a proporre il dialogo :) anche su qualche spunto culturale OK!.


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G. Gigante, Tempesta sul golfo di Amalfi


Il Romanticismo, infatti, in Italia si esprime principalmente nella pittura di storia e in quella di paesaggio. Riguardo alla seconda gli scenari nazionali non sono mai caratterizzati da quella atmosfera a volte tenebrosa e persino inospitale delle bellezze naturali nordiche rappresentate nelle coeve esperienze europee, ma si presenta più luminoso, più gradevole, accogliente :).


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Gigante, Tramonto a Caserta


Uno dei protagonisti di tale arte è Giacinto Gigante, co-fondatore della nota Scuola di Posillipo (non so :mmmm: perchè m'è venuto in mente proprio questo :D).


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Gigante, Marina di Posillipo


La sensazione intima è data dalla quotidianità quasi banale delle cose raffigurate, che però si trasfigurano in una visione calma e quasi malinconica della realtà.

(da web)


Ciao ;) JJ :) e buona :) giornata :friend:
 
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n'altro 3ad ancora :eek::p,
scherzo :D, invece è interessante :clap: , come sempre quando si prova a proporre il dialogo :) anche su qualche spunto culturale OK!.


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G. Gigante, Tempesta sul golfo di Amalfi


Il Romanticismo, infatti, in Italia si esprime principalmente nella pittura di storia e in quella di paesaggio. Riguardo alla seconda gli scenari nazionali non sono mai caratterizzati da quella atmosfera a volte tenebrosa e persino inospitale delle bellezze naturali nordiche rappresentate nelle coeve esperienze europee, ma si presenta più luminoso, più gradevole, accogliente :).


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Gigante, Tramonto a Caserta


Uno dei protagonisti di tale arte è Giacinto Gigante, co-fondatore della nota Scuola di Posillipo (non so :mmmm: perchè m'è venuto in mente proprio questo :D).


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Gigante, Marina di Posillipo


La sensazione intima è data dalla quotidianità quasi banale delle cose raffigurate, che però si trasfigurano in una visione calma e quasi malinconica della realtà.

(da web)


Ciao ;) JJ :) e buona :) giornata :friend:

eh chissà?:confused::D

grazie Diago:)
a te notte buona oramai:)


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Guglielmo Ciardi - veduta di Venezia
 
Carlo Cherubini festa gitana a Sainte Marie de la mer
Carlo Cherubini festa gitana a Sainte Marie de la mer eseguita attorno al 1930, durante il suo soggiorno francese.

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Cherubini nasce ad Ancona nel 1897 e si trasferisce a Venezia con la famiglia ancora bambino. Già nel 1913 partecipa alla collettiva di Cá Pesaro e l’anno successiimagevo viene ammesso alla Biennale d’arte di Venezia. Aveva 17 anni ed era il più giovane pittore presente. Seguono molte altre Biennali e collettive di Cá Pesaro. Cherubini vede ed interpreta a modo suo la pittura dei pittori veneziani del secondo ottocento come Napoleone Nani, Giacomo Favretto, Lino e Pietro Selvatico e, con assoluta maestria, guardando ai Tiepolo e al Veronese, dipinge le sue tele con la vivacità e la leggerezza tipica della pittura veneziana. Dal 1927 al 1940 si trasferisce in Francia, partecipa alle mostre più importanti, riceve ordini da committenti facoltosi ed accumula significativi riconoscimenti. Al suo ritorno nel Veneto si dedica anche alla decorazione e partecipa a diverse edizioni delle Collettive Bevilacqua La Masa. Nel 1947 è socio fondatore del “Magnifico Ordine della Valigia”. Muore a Venezia nel 1978.
 
L’arrivo del bollettino di Villafranca di Domenico Induno
Il dipinto immortala il momento in cui alcune persone ricevono il bollettino di Villafranca. Sullo sfondo si vede il duomo di Milano. La scena si svolge fuori da un'osteria. A destra un'orchestrina ha interrotto la sua musica. Al centro un uomo viene trattenuto dalla moglie, mentre si arrotola le maniche della camicia. A sinistra un gruppo di uomini esprime il proprio sdegno.

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Domenico Induno, L’arrivo del bollettino di Villafranca, 1861-1862, olio su tela, 89,7x115 cm, Gallerie di Piazza Scala, Milano.

L’accordo siglato a Villafranca l’11 luglio 1859 da Napoleone III e da Francesco Giuseppe concluse bruscamente la Seconda guerra d’indipendenza. La notizia venne accolta con grande delusione da chi aveva creduto che l’alleanza con la Francia avrebbe permesso di realizzare l’unità d’Italia.
In questo dipinto Domenico Induno, fratello maggiore di Gerolamo e come lui impegnato pittore-soldato, rappresenta le reazioni di una folla di personaggi appartenenti a diverse età e a diversi strati sociali che si ritrovano all’esterno di un’osteria milanese, come si deduce dalla mole del Duomo che si intravede sullo sfondo. All’inattesa notizia l’orchestrina a destra interrompe incredula la musica, l’uomo al centro viene trattenuto dalla moglie mentre si rimbocca le maniche in un gesto di protesta, il gruppo a sinistra reagisce con gesti concitati manifestando accesi sentimenti di sdegno.
L’episodio venne più volte rappresentato da Domenico Induno a dimostrazione di quanto egli stesso fosse rimasto colpito dall’armistizio che, impedendo la liberazione del Veneto nonostante le importanti vittorie fino a quel momento ottenute, aveva reso vano il sacrificio di tanti soldati italiani come lui. La versione definitiva, realizzata nel 1862, venne acquistata da Vittorio Emanuele II e ora si trova al Museo del Risorgimento di Milano.
 
Giovan Battista Quadrone, un “iperrealista” nella pittura piemontese dell’800

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Pranzo democratico



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Il circo
 
Cara JJ ,non sai come ti sono grata per le spiegazioni ...finalmente posso capire un po di dipinti e arte :p:DOK!:clap:
 
Francesco Hayez ; Venezia, 10 febbraio 1791 – Milano, 12 febbraio 1882) è stato un pittore italiano.
da Wiki

Passato dalla temperie neoclassica a quella romantica (della quale è stato il maggiore esponente in Italia), Hayez è stato un artista innovatore e poliedrico, lasciando un segno indelebile nella storia dell'arte italiana per esser stato l'autore del dipinto Il bacio e di una serie di ritratti delle più importanti personalità del tempo. Molte sue opere contengono un messaggio politico risorgimentale nascosto.

Dopo aver trascorso la giovinezza a Venezia e Roma, si spostò a Milano, dove entrò in contatto con Manzoni, Berchet, Pellico e Cattaneo, conseguendo numerosissimi uffici e dignità; tra queste, degna di menzione è la cattedra di pittura all'accademia di Brera, della quale divenne titolare nel 1850.

La più completa fonte primaria sulla vita e l'attività dell'Hayez sono le Memorie, che egli stesso dettò a intervalli all'amica Giuseppina Negroni Prati Morosini tra il 1869 e il 1875. Siamo davanti a un interessante esempio di autobiografia, intenso e ricco di aneddoti, considerazioni personali e note di costume che, abbracciando il periodo compreso tra il 1791 e il 1838, appare essere «la conclusione di una lunga strategia della costruzione dell'immagine dell'artista quale Hayez si può dire abbia perseguito da sempre».[3] Raffaello Barbiera, assiduo frequentatore sia dell'Hayez sia della nobildonna meneghina, lasciò una vivida descrizione delle circostanze che condussero alla redazione dell'opera:[4]

« La contessa Giuseppina lo eccitava [...] a scrivere le sue memorie; ma l'autore del Bacio, aveva, si sa, più facile il pennello che la penna. Un bel giorno, l'amica sua si risolse a scriverle lei quelle ricordanze d'arte e di vita, facendosele dettare a poco a poco dal pittore. E così fu: il vecchissimo artista dalla immacolata canizie, seduto su un seggiolone parlava e la contessa scriveva »
Alla morte dell'amico artista, la Morosini fece dono delle Memorie all'Accademia di Brera il 3 aprile 1890, adempiendo alle volontà espresse dallo stesso Hayez. La genesi editoriale dell'opera si articola in due manoscritti: l'uno integrale, pubblicato come Le mie memorie a Milano nel 1890 con una prefazione di Emilio Visconti Venosta, e l'altro opportunamente rimaneggiato e ritoccato, edito con lo stesso titolo da Fernando Mazzocca nel 1995

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ed ecco alcune opere sue...

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Rinaldo ed Armida

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L'ultimo bacio di Giulietta e Romeo (1823

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Vincenza Scaccia

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Autoritratto con un gruppo di amici

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Autoritratto con tigre e leone

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Ritratto di Carolina Zucchi a letto o La malata (1825)
 
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Francesco Hayez - Santa Maria Maddalena penitente nel deserto 1825
 
ciao cara ,sono andata in bibloteca a informarmi di Hayez ;) quando lo finisco il libro con i suoi dipinti ti dico :yes:

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Importanti correnti artistiche, e nomi illustri, si affermano a Napoli sin dal Seicento, grazie anche a sovrani illuminati come Carlo III.
L'arte napoletana assume una propria identità artistica proprio nel Seicento con alcuni importanti pittori che si fanno eredi della lezione del Caravaggio, che proprio a Napoli tra il 1607 e il 1610 soggiorna e sviluppa la sua arte.
Primo fra tutti fu Carlo Sellitto, non a caso definito il primo caravaggesco napoletano: opere di quest'artista d'origini lucane si trovano disseminate in diverse chiese della città e al Museo di Capodimonte. Fu il ritrattista più ricercato tra i membri dell'aristocrazia partenopea. Morì giovanissimo a soli 33 anni.
Ad essere maggiormente influenzato da Caravaggio è Battistello Caracciolo. Egli esprime appieno la grande rivoluzione caravaggesca delle tonalità della luce e dell'uso dell'ombra, abbandonando però gradualmente il realismo del “maestro” e avvicinandosi a modelli idealizzati classicisti: di lui si possono ammirare gli affreschi nella Certosa di San Martino.
Jusepe de Ribera, detto lo "Spagnoletto", nato nei pressi di Valencia giunse a Napoli nel 1616. La sua arte è violentemente realistica, accentuando Caravaggio anche nelle forti ombre in cui sono immersi i personaggi dei suoi quadri (molti dei quali a tema - ma non in stile - classico, come il "Sileno ebbro" al Museo di Capodimonte). Solo dopo l'incontro sempre a Napoli nel 1630 con Velàzquez, la pittura dello Spagnoletto diventa più chiara e colorata, attirando l'attenzione del re di Spagna che gli commissiona delle tele (oggi all'Escorial e al Museo Del Prado). A Napoli le sue tele di "Patriarchi e Profeti", nonché la "Comunione degli Apostoli", si trovano a San Martino.
Influenzato dal de Ribera e formatosi con Battistello Caracciolo fu poi Massimo Stanzione, affrescatore della volta del Gesù Nuovo e di San Martino e le cui "Storie del Battista" si trovano al Prado.
Da citare è poi Aniello Falcone, le cui opere si possono ammirare al Duomo, al Gesù Nuovo negli affreschi della volta della Sacrestia, e al Museo di Capodimonte: nella sua bottega si formarono altri importanti artisti napoletani, tra cui Micco Spadaro e Salvator Rosa.
La pittura di Micco Spadaro, il cui vero nome era Domenico Gargiulo, è nota per due diversi 'cicli tematici': il primo è quello dei paesaggi e delle vedute architettoniche, l'altro è quello della rappresentazione di eventi contemporanei, tra cui soprattutto la "Rivolta di Masaniello del 1647" ed "Eruzione del Vesuvio del 1631".
Salvator Rosa, nato a Napoli ed attivo anche a Roma e Firenze, fu uno dei più grandi artisti del secolo, riconosciuto in tutta Europa. Grande innovatore con una personalità poliedrica, abbandonò il barocco e la pittura di genere per dedicarsi alle tematiche più disparate, dalle battaglie all'arte sacra fino all'ultima ma fondamentale produzione di paesaggi selvaggi e fantastici di gusto quasi romantico.
Da citare inoltre Bernardo Cavallino, autore di tele religiose di gusto profano di grande luminosità e colore molte delle quali esposte a Capodimonte.

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Nell'ultima parte del Seicento dominano contemporaneamente - influenzandosi a vicenda - i due principali pittori del periodo, Mattia Preti e Luca Giordano. Il Preti, detto Cavalier calabrese perché nato in Calabria e fatto cavaliere da Papa Urbano VIII durante la sua attività a Roma, esegue pitture votive sulle porte della città dopo la peste del 1656-1657 affrescando poi la chiesa di San Pietro a Maiella.
Di Luca Giordano si è detto che abbia superato definitivamente la tradizione del barocco seicentesco inaugurando l'arte del secolo successivo con i suoi vivaci colori. I suoi affreschi al palazzo Medici a Firenze sono tra le opere più note di questo artista esposto a Madrid, Vienna ed altre parti d'Italia e che a Napoli ha affrescato tra l’altro la cappella del tesoro di San Martino.
Nel Settecento l’opera di Francesco Solimena, in parte erede del grande successo di Luca Giordano, ha risonanza europea per la sua attenzione a creare scene coreografiche e ricche di complesse architetture. A Napoli notevoli i suoi affreschi sulla "Virtù" nella sagrestia della chiesa di San Paolo Maggiore (1690) e le sue pale di santi quali "San Francesco rinuncia al sacerdozio" in Sant'Anna dei Lombardi. Solo dopo la partenza di Luca Giordano e il suo avvicinamento all'Arcadia, la pittura assume nuove sfaccettature in un certo senso più manieristiche ma più vicine al gusto dell'epoca, tra cui La cacciata di Eliodoro dal tempio (1725) nel Gesù Nuovo e soprattutto gli affreschi della Reggia di Caserta su temi più terreni e più laici.
Continuatore di Solimena è Francesco De Mura che si forma nella sua bottega e le cui opere risultano spesso di difficile attribuzione poiché il suo stile si accosta molto a quello del maestro.
Anche Corrado Giaquinto (nato a Molfetta) studia a Napoli presso Solimena, ma la sua lezione tardo-barocca viene unita alle prime correnti neoclassiche e all'intensità cromatica di Luca Giordano.
Una grande mostra al Castel Sant'Elmo e una in Germania, di recente hanno dato grande risonanza all'opera del napoletano Gaspare Traversi. Attraverso i suoi quadri può essere notata la sua attenzione ai modelli dei seicento napoletano, benché nell'ultima parte della sua vita l'ambiente più borghese di Roma lo porta ad aderire ai canoni illuministici.
La pittura napoletana si trasforma completamente nell'Ottocento, abbandonando ogni residuo tardo-barocco e inserendosi in un più vasto movimento artistico, paesaggistico e in parte romantico, che assume connotati propri con la Scuola di Posillipo tra il 1820 e il 1850. Questo movimento affonda le sue radici nell'arte paesaggistica di Micco Spadaro e del tardo Salvator Rosa. A questo va aggiunto anche il fenomeno dilagante di un'arte minore quale la pittura di paesaggi caratteristici da vendere ai tanti turisti giunti a Napoli.
A portare alla nascita di una vera corrente pittorica di questo tipo è Antonio Pitloo, giovane olandese che giunge a Napoli nel 1815, dopo un soggiorno a Parigi. Pitloo unisce tutte queste istanze pre-paesaggistiche e introduce per primo a Napoli la tecnica della pittura en plein air ("all'aria aperta", degli Impressionisti francesi), dipingendo in splendidi oli ricchi di luce ed effetti cromatici i paesaggi più classici della città partenopea.
Simile nel soggetto, ma piuttosto difforme nella tecnica, è invece l'arte di Giacinto Gigante. Dopo aver studiato con Pitloo, Gigante unisce le nuove tecniche acquisite con le sue abilità (era anche tipografo) e crea piccoli quadri - in maggioranza acquerelli - di paesaggi (Amalfi, Capri, Caserta, il Vesuvio) con un taglio quasi fotografico.
La Scuola di Posillipo vanta inoltre, artisti quali Achille Vianelli, Gabriele Smargiassi, Salvatore Fergola, Frans Vervloet, Gustavo Witting, ma esaurisce completamente il suo corso verso il 1860, lasciando brillare altre personalità slegate da questa corrente quali tra tutti Domenico Morelli, che operò completamente nell'Accademia di Belle Arti di Napoli (come studente, docente, direttore e presidente) e la cui arte fonde verismo a tardo-romanticismo a modelli neoseicenteschi.

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La pittura napoletana di inizio Novecento è influenzata dalle esperienze precedenti e soprattutto dalla Scuola di Posillipo, limitandosi ad un pittoricismo facilmente fruibile, pur in presenza di artisti di altissimo profilo tecnico ed artistico, quali Antonio Asturi, Gaetano Bocchetti, Giovanni Brancaccio, Antonio Bresciani, Leon Giuseppe Buono, Rubens Capaldo, Roberto Carignani, Alberto Chiancone, Vincenzo Ciardo, Luigi Crisconio, Nicolas De Corsi, Francesco Galante, Vincenzo Irolli, Ermogene Miraglia, Attilio Pratella, Oscar Ricciardi, Eugenio Scorzelli, Carlo Striccoli, Amerigo Tamburrini, Carlo Verdecchia, Gennaro Villani, Eugenio Viti. L'inizio del secolo vede comunque un gruppo di giovani artisti napoletani, tra i quali Eugenio Viti, Luigi Crisconio e Gennaro Villani, che in contrapposizione alla pittura accademica e ufficiale di quegli anni, in polemica con la pittura accademica del chiaroscuro e della prospettiva, rifiutando i temi storici e mitologici alla Morelli, si rivolgono con occhio attento alle esperienze impressioniste e post-impressioniste di oltralpe.

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Sempre ad inizio secolo anche Napoli subisce il fascino del futurismo, soprattutto con Emilio Notte e Francesco Cangiullo.
Sono di questi anni altri movimenti artistici napoletani come il "Gruppo Flegreo" che intendeva rivitalizzare la tradizione pittorica meridionale, quello degli "Ostinati", più vicino alle esperienze artistiche del '900 o i pittori del "Quartiere latino", accomunati da uno stile di vita e artistico bohemiènne; un caso a parte rappresenta Mario Cortiello lo Chagall napoletano.
Altri artisti, partendo dalla lezione crisconiana, guardando all’arte contemporanea nazionale e memori della tradizione del Seicento napoletano, hanno creato una linea pittorica alternativa e questi sono Raffaele Lippi, Armando De Stefano, Elio Waschimps.
È però il critico napoletano Achille Bonito Oliva, teorico della "Transavanguardia" a ridare, più di ogni altro, energia e respiro internazionale alla pittura napoletana e campana. La Transavanguardia, con caratteristiche peculiari in ogni artista, recupera la tradizione pittorica e il genius loci, superando il concettualismo dei movimenti artistici del '900. Ben tre dei "magnifici cinque" della Transavanguardia sono campani: Mimmo Paladino, Nicola De Maria e Francesco Clemente.
Vanno infine ricordate le ricerche artistiche di LuCa (Luigi Castellano), Errico Ruotolo, Carmine Di Ruggiero, Mario Persico, Renato Barisani, Domenico Spinosa e Salvatore Emblema.

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(fonte: it.wikipedia.org)
 
SCENA ROMANTICA
Anonimo prima metà del sec. XIX


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Suspense Painting by Charles Burton

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Romanticismo e nostalgia d'altri tempi, quando una nave faceva sognare avventure esotiche e glamour... E' questa l'atmosfera che ci ispira questo quadro, dal tema rétro e marittimo: "Il ponte della HMS Calcutta", dipinto dal francese James Tissot.
Realizzato sul finire dell'800 (1876 circa) il quadro raffigura uno scorcio dell'esemplare di una serie di navi britanniche, dal nome appunto di HMS Calcutta.

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