Una considerazione sull'analisi fondamentale

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

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In giro si trovano molte formule che tentano di assegnare un valore ad una società. Mio personalissimo parere, è che tali formule siano del tutto inutili se applicate da singoli investitori come noi che abbiamo scarsi mezzi a disposizione.

Dunque ricordando che quel che conta in borsa, non è il presente, nè tantomeno il passato, il mio consiglio è quello di concentrarsi esclusivamente sugli investimenti programmati, perchè saranno questi a scrivere il futuro di una società. Occhio anche a leggere le strategie delle dirette concorrenti.
Un'attenta analisi qualitativa a mio avviso è la chiave.
Al contrario i numeri sono semplicemente la conseguenza dell'attuazione della strategia aziendale, giungono in ritardo, se siamo bravi nell'analisi qualitativa, sapremo già che responso ci daranno. E' fondamentale conoscere la materia in cui lavora l'azienda. Personalmente non ho mai investito in qualcosa di cui trascuro i meccanismi di funzionamento.

Successivamente osservando alcuni multipli come il P/E, possiamo capire quanto ottimismo o pessimismo motivato o meno si respira, partendo da un valore "neutro" di 15, tenendo bene in mente gli investimenti e le concorrenti, traendo le nostro conclusioni.

L'alternativa, anche parziale, è quella di investire su un ETF. Personalmente ho investito il 50% su un etf, e il 50% su un gruppetto ristrettissimo di aziende.

Attendo con interesse vostri spunti. :)
 
In giro si trovano molte formule che tentano di assegnare un valore ad una società. Mio personalissimo parere, è che tali formule siano del tutto inutili se applicate da singoli investitori come noi che abbiamo scarsi mezzi a disposizione.

Dunque ricordando che quel che conta in borsa, non è il presente, nè tantomeno il passato, il mio consiglio è quello di concentrarsi esclusivamente sugli investimenti programmati, perchè saranno questi a scrivere il futuro di una società. Occhio anche a leggere le strategie delle dirette concorrenti.
Un'attenta analisi qualitativa a mio avviso è la chiave.
Al contrario i numeri sono semplicemente la conseguenza dell'attuazione della strategia aziendale, giungono in ritardo, se siamo bravi nell'analisi qualitativa, sapremo già che responso ci daranno. E' fondamentale conoscere la materia in cui lavora l'azienda. Personalmente non ho mai investito in qualcosa di cui trascuro i meccanismi di funzionamento.

Successivamente osservando alcuni multipli come il P/E, possiamo capire quanto ottimismo o pessimismo motivato o meno si respira, partendo da un valore "neutro" di 15, tenendo bene in mente gli investimenti e le concorrenti, traendo le nostro conclusioni.

L'alternativa, anche parziale, è quella di investire su un ETF. Personalmente ho investito il 50% su un etf, e il 50% su un gruppetto ristrettissimo di aziende.

Attendo con interesse vostri spunti. :)


sono d'accordo con la tua tesi , e sono arrivato a questa conclusione non subito ma dopo diversi anni di studi e anche di "back-test" per vedere quali numeri o formule funzionassero : l'analisi qualitativa è quello che più conta per valutare la bontà di un titolo , poi l'analisi dei numeri e in particolare dei multipli può servire solo - e non sempre- ad avere dei parametri su quanto pago quell' investimento (cioè sapere , grosso modo , se lo sto pagando relativamente poco/tanto rispetto ai competitors o rispetto ad esempio a una media storica ). ma comunque sono d'accordo che sia le formule sia i multipli fini a se stessi non servono a nulla e possono essere anzi molto fuorvianti
 
In giro si trovano molte formule che tentano di assegnare un valore ad una società. Mio personalissimo parere, è che tali formule siano del tutto inutili se applicate da singoli investitori come noi che abbiamo scarsi mezzi a disposizione.

Dunque ricordando che quel che conta in borsa, non è il presente, nè tantomeno il passato, il mio consiglio è quello di concentrarsi esclusivamente sugli investimenti programmati, perchè saranno questi a scrivere il futuro di una società. Occhio anche a leggere le strategie delle dirette concorrenti.
Un'attenta analisi qualitativa a mio avviso è la chiave.
Al contrario i numeri sono semplicemente la conseguenza dell'attuazione della strategia aziendale, giungono in ritardo, se siamo bravi nell'analisi qualitativa, sapremo già che responso ci daranno. E' fondamentale conoscere la materia in cui lavora l'azienda. Personalmente non ho mai investito in qualcosa di cui trascuro i meccanismi di funzionamento.

Successivamente osservando alcuni multipli come il P/E, possiamo capire quanto ottimismo o pessimismo motivato o meno si respira, partendo da un valore "neutro" di 15, tenendo bene in mente gli investimenti e le concorrenti, traendo le nostro conclusioni.

L'alternativa, anche parziale, è quella di investire su un ETF. Personalmente ho investito il 50% su un etf, e il 50% su un gruppetto ristrettissimo di aziende.

Attendo con interesse vostri spunti. :)

Sono parzialmente d'accordo.
Nel senso che a queste formule, come tutte le formule, bisogna essere bravi a dare il giusto peso e la giusta considerazione. Essendo tutte basate su assunzioni, che quasi mai si avverano, non vanno prese come la Bibbia, ma semmai come indicatrici di una tendenza. Poi da lì ognuno farà le proprie considerazioni.
Mi spiego: se una data azienda sono 10/15 anni che ha utili pari a 30/35% del fatturato e continua ad avere una posizione dominante di mercato, ci sono BUONE PROBABILITA' che anche nel futuro prossimo mantenga quel trend.

Anche il valore degli utili distribuiti in sè può essere fuorviante. Meglio una azienda che distribuisce una marea di utili, anche esagerando (come Azimut) oppure meglio chi ne distribuisce meno e fa buyback regolari? Dipende.

Riguardo all'essere informati sì, è importante, ma anche impossibile per chi voglia diversificare un portafoglio. Allora entrano in gioco gli ETF ma a qualcuno può non piacere non sapere in quali aziende vengono investiti i propri soldi.

In sintesi io credo che alla base di tutto ci possano essere alcune considerazioni:
1. Accontentarsi. Per me questo viene prima di tutto. Al di là degli obiettivi personali di ognuno ritengo impossibile oggi diventare miliardari con la Finanza o vivere di rendita partendo da "persone comuni". Spesso chi perde tanti soldi lo fa o perchè è precipitoso o perchè si fa ingolosire e vuole sempre di più, pensando si possa diventare ricchi.

2. Nella mia strategia di investimento non scelgo una azione ma una azienda. Perdo un po' di tempo (per alcuni pure troppo) a leggere i bilanci dell'azienda e cercare di capire se questa azienda ha una posizione "dominante" nel suo mercato. Il famoso vantaggio competitivo. Qui la mia fissa è prendere in considerazione solo aziende che abbiano una realtà produttiva "concreta" alle spalle, cioè producano qualcosa. Forse prenderò una cantonata pazzesca ma non ho mai creduto, e non credo tuttora, nelle aziende come Facebook, in primis perchè non comprendo l'utilizzo smodato dei social quindi ne sto alla larga.

3. Una volta identificata l'azienda beh, ammetto che un DCF provo a farlo, giusto per capire quale può essere una stima di fair value. E' chiaro che in una strategia a lungo/lunghissimo termine acquistare l'azione a 50cent in più o in meno non fa tutta questa differenza.
 
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Sono parzialmente d'accordo.
Nel senso che a queste formule, come tutte le formule, bisogna essere bravi a dare il giusto peso e la giusta considerazione. Essendo tutte basate su assunzioni, che quasi mai si avverano, non vanno prese come la Bibbia, ma semmai come indicatrici di una tendenza. Poi da lì ognuno farà le proprie considerazioni.
Mi spiego: se una data azienda sono 10/15 anni che ha utili pari a 30/35% del fatturato e continua ad avere una posizione dominante di mercato, ci sono BUONE PROBABILITA' che anche nel futuro prossimo mantenga quel trend.

concordo, l'analisi è obbligatoria altrimenti andare ad investire solo basandosi sul futuro (che si traduce in news) è quasi come il gioco d'azzardo.
Il buon investitore in media prende decisioni ponderate ed oculate.


Anche il valore degli utili distribuiti in sè può essere fuorviante. Meglio una azienda che distribuisce una marea di utili, anche esagerando (come Azimut) oppure meglio chi ne distribuisce meno e fa buyback regolari? Dipende.

Riguardo all'essere informati sì, è importante, ma anche impossibile per chi voglia diversificare un portafoglio. Allora entrano in gioco gli ETF ma a qualcuno può non piacere non sapere in quali aziende vengono investiti i propri soldi.

Questo non è vero. Ogni emittente rilascia kiid, prospetti e regolamenti, dove sono presenti i dati chiave dello strumento e il paniere dei titoli che lo compone.
Un fondo attivo invece varia il suo paniere in maniera molto più dinamica ma se compri un fondo ovviamente sei consapevole che lasci fare il lavoro al gestore e quindi chiudi gli occhi.


In sintesi io credo che alla base di tutto ci possano essere alcune considerazioni:
1. Accontentarsi. Per me questo viene prima di tutto. Al di là degli obiettivi personali di ognuno ritengo impossibile oggi diventare miliardari con la Finanza o vivere di rendita partendo da "persone comuni". Spesso chi perde tanti soldi lo fa o perchè è precipitoso o perchè si fa ingolosire e vuole sempre di più, pensando si possa diventare ricchi.

2. Nella mia strategia di investimento non scelgo una azione ma una azienda. Perdo un po' di tempo (per alcuni pure troppo) a leggere i bilanci dell'azienda e cercare di capire se questa azienda ha una posizione "dominante" nel suo mercato. Il famoso vantaggio competitivo. Qui la mia fissa è prendere in considerazione solo aziende che abbiano una realtà produttiva "concreta" alle spalle, cioè producano qualcosa. Forse prenderò una cantonata pazzesca ma non ho mai creduto, e non credo tuttora, nelle aziende come Facebook, in primis perchè non comprendo l'utilizzo smodato dei social quindi ne sto alla larga.

3. Una volta identificata l'azienda beh, ammetto che un DCF provo a farlo, giusto per capire quale può essere una stima di fair value. E' chiaro che in una strategia a lungo/lunghissimo termine acquistare l'azione a 50cent in più o in meno non fa tutta questa differenza.

la mia personale scaletta:

identifico una azienda
valuto il suo percorso storico e la sua attuale situazione
valuto l'azienda all'interno del suo settore e confronto con i competitor
valuto le aspettive future
ed infine guardo l'azione

se il prezzo è allettante ci provo, se è alto non mi butto a prescindere.


Se si vuole investire però
 
la mia personale scaletta:

identifico una azienda
valuto il suo percorso storico e la sua attuale situazione
valuto l'azienda all'interno del suo settore e confronto con i competitor
valuto le aspettive future
ed infine guardo l'azione

se il prezzo è allettante ci provo, se è alto non mi butto a prescindere.


Se si vuole investire però

Molto simile a ciò che faccio io.

1. Cosa fa l'azienda in questione? Come lo fa?

2. Come è messa a bilancio, e qui preferisco considerare i trend più che i valori singoli.

3. Che piani industriali ha per il futuro?

4. Se a questo punto reputo possa essere un investimento cerco di stimare un Fair value che prendo come indicazione di masima. Uso metodi assoluti come il dcf e relativi come i multipli EV. Considero importanti anche i relativi perché se un p/e di 8 attira tutti, ma se tutto il settore europeo si pone a 12-13 hai voglia aspettare che arrivi a 8.

In sintesi stimare un Fair value si ma proprio perché si tratta di stima sarà affetta da errore, quindi prendere con le molle e non basarsi solo su quello.
 
ricordando che quel che conta in borsa, non è il presente, nè tantomeno il passato, il mio consiglio è quello di concentrarsi esclusivamente sugli investimenti programmati, perchè saranno questi a scrivere il futuro di una società.

Perfettamente d'accordo quando si parla di aziende AIM; un po' meno quando si parla di S&P500 :)
 
Molto simile a ciò che faccio io.

1. Cosa fa l'azienda in questione? Come lo fa?

2. Come è messa a bilancio, e qui preferisco considerare i trend più che i valori singoli.

3. Che piani industriali ha per il futuro?

4. Se a questo punto reputo possa essere un investimento cerco di stimare un Fair value che prendo come indicazione di masima. Uso metodi assoluti come il dcf e relativi come i multipli EV. Considero importanti anche i relativi perché se un p/e di 8 attira tutti, ma se tutto il settore europeo si pone a 12-13 hai voglia aspettare che arrivi a 8.

In sintesi stimare un Fair value si ma proprio perché si tratta di stima sarà affetta da errore, quindi prendere con le molle e non basarsi solo su quello.

Ovviamente questo è lo studio per un investimento sul lungo periodo, non si parla di trading, ma il risultato finale e personale è sempre il ritorno economico perciò l'occhio al prezzo è obbligatorio. Una società se è interessante lo sarà anche tra 1-2 mesi ma se nel frattempo comincia a scendere o entra in fase di volatilità è inutile buttarsi, meglio aspettare che anche il prezzo sia più stabile.
 
Ovviamente questo è lo studio per un investimento sul lungo periodo, non si parla di trading, ma il risultato finale e personale è sempre il ritorno economico perciò l'occhio al prezzo è obbligatorio. Una società se è interessante lo sarà anche tra 1-2 mesi ma se nel frattempo comincia a scendere o entra in fase di volatilità è inutile buttarsi, meglio aspettare che anche il prezzo sia più stabile.
Sì scusa ho dimenticato di precisare che la mia strategia è di lungo periodo, per il trading di breve valgono per me considerazioni diverse, ma mi astengo perché non ne sono capace. Ad oggi vedo i "crolli" come l'opportunità di avere un bonus una tantum su ciò che pianifico come obiettivo. Se reputo che una azienda sia giusta a 2 euro e me la trovo a 1,8 ovviamente ne approfitto. Ma non acquisterò mai una azienda che ritengo non valida solo perché è crollata. È un po' la differenza tra Graham e Buffet se vogliamo estremizzare il concetto.
 
Sì scusa ho dimenticato di precisare che la mia strategia è di lungo periodo, per il trading di breve valgono per me considerazioni diverse, ma mi astengo perché non ne sono capace. Ad oggi vedo i "crolli" come l'opportunità di avere un bonus una tantum su ciò che pianifico come obiettivo. Se reputo che una azienda sia giusta a 2 euro e me la trovo a 1,8 ovviamente ne approfitto. Ma non acquisterò mai una azienda che ritengo non valida solo perché è crollata. È un po' la differenza tra Graham e Buffet se vogliamo estremizzare il concetto.

Il trading di breve lo lascio a chi lo sa fare lo reputo a mio avviso più complicato. Serve un forte sentiment e grandi capitali.
 
La domanda è: contano ancora i fondamentali?

Un Etf che replica semplicemente un mercato contiene al suo interno sia titoli con buoni fondamentali che quelli scarsi.
Mentre un Etf Value replica titoli azionari solo con buoni fondamentali.

Ebbene, come mai i secondi non performano più dei primi?

Questa è una delle difficoltà dei mercati, una buona scelta tra le azioni non determina sempre un miglior andamento delle azioni scarse.

Faccio un esempio.

Questo Etf Value, replica i titoli azionari value dei mercati sviluppati di tutto il mondo. La selezione dei titoli azionari si basa sul fattore valore di tre variabili: prezzo-valore contabile, prezzo-utili attesi e valore aziendale-flusso di cassa operativo.
Ha realizzato il 30% in circa 5 anni, media annua del 6,3% (capitalizzazione semplice<9

iShares Edge MSCI World Value Factor UCITS ETF | A12ATG | IE00BP3QZB59


Mentre un Etf semplicemente globale paragonato allo stesso identico periodo ha fatto oltre il 54% con una media annua del 11,3%
Grafico | Xtrackers MSCI World Index UCITS ETF 1C | A1XB5U | IE00BJ0KDQ92



Azioni, Fondi comuni e Etf a gestione attiva e con buoni fondamentali non performano di più di Azioni Fondi comuni e Etf a gestione passiva che contengono quindi al loro interno titoli convenienti e titoli non convenienti.

Con un facile accesso ai rapporti P / E "infallibili" per così tante classi di attività diversificate, perché il 97% dei money manager professionisti non riesce a sovraperformare gli indici sottostanti anche prima di costi e commissioni?

Se una semplice revisione dei rapporti P / E è tutto ciò che è necessario per identificare le attività sottovalutate, non è ragionevole aspettarsi che la stragrande maggioranza delle entità professionali a scopo di lucro impegnate nel business dell'analisi di mercato supererebbe rapidamente e facilmente la media del mercato ?
 
Stai partendo da una premessa sbagliata. Il cosiddetto "value investing" dell'ETF non è tale. Come dice Warren Buffett nella lettera del 1992:

Whether appropriate or not, the term "value investing" is widely used. Typically, it connotes the purchase of stocks having attributes such as a low ratio of price to book value, a low price to earnings ratio, or a high dividend yield. Unfortunately, such characteristics, even if they appear in combination, are far from determinative as to whether an investor is indeed buying something for what it is worth and is therefore truly operating on the principle of obtaining value in his investments.

Gli ETF servono a tracciare indici sui quali fare dollar averaging, non ad escogitare strategie meccaniche per sovraperformarli.
 
Ultima modifica:
Siccome qualsiasi parametro di redditività può essere calcolato come margine sul fatturato, il rendimento di un'azione in un determinato periodo può essere calcolato come:
1) la variazione del fatturato, moltiplicato per
2) la variazione del margine di redditività, diviso per
3) la variazione del numero di azioni in circolazione, moltplicato per
4) la variazione del rapporto prezzo/redditività, moltiplicato per
5) la variazione della valuta di riferimento dell'azione rispetto alla propria, più
6) i dividendi staccati nel periodo.

Prendiamo per esempio Amazon nei 10 anni da 06/2009 a 06/2019 (ttm), utilizzando l'utile netto come parametro di redditività.
1) il fatturato è cresciuto da 20.507 milioni a 252.063 milioni, cioè 12.29 volte.
2) il margine netto è cresciuto da 3.05% a 4.14%, cioè 1.36 volte
3) il numero di azioni in circolazione è aumentato da 428.58 milioni a 491.2 milioni, cioè 1.15 volte
4) il P/E è aumentato da 53.54 a 79.23, cioè 1.48 volte
5) la variazione del dollaro rispetto all'euro la trascuro, anche se nel decennio è stata notevole, calcolo il rendimento in dollari
6) non sono stati staccati dividendi

Il rendimento complessivo è stato quindi 12.29 x 1.36 / 1.15 * 1.48 = 21.5, pari al 2050%, 36% circa annualizzato.

Osservazioni:
1) il driver principale del rendimento è stata la crescita del fatturato
2) un margine di redditività basso offre un ulteriore possibilità d crescita rispetto ad un margine alto
3) le stock option non sono un male assoluto, vanno valutate nel contesto
4) un p/e molto alto può non decrescere anche per un periodo piuttosto lungo se l'azione mantiene intatte le prospettive di crescita.

Le osservazioni 1) e 4) non sono una sorpresa per chi abbia letto "Common stocks and uncommon profits" di Phil Fisher.

Un esercizio simile a quello fatto per Amazon lo potete fare per Alphabet, Facebook, Salesforce, Visa, Mastercard, Adobe, Apple, Nvidia, e diverse altre azioni a p/e elevato.
Al contrario, se un'azione ha p/e basso perchè non ha crescita, se non inverte la tendenza continuerà ad avere un p/e basso e il driver del suo rendimento sarà dato principalmente da buyback e dividendi, ammesso che abbia la liquidità necessaria.

Quindi, per valutare un'azione vanno presi in considerazione tutti e sei i fattori, non solo uno o due. Ad esempio, un'azione come Union Pacific ha ottenuto un risultato decennale notevole con incrementi percentuali modesti ma su tutti e sei i fattori di crescita.

Concludendo, un etf che si definisce "value" ignorando la dinamica del fatturato (capex+roic=incremento del fatturato) nel suo metodo di selezione io lo definirei un etf "value trap".
 
L'importanza del fatturato come rendimento nel lungo termine:

berkshire hathaway 1964
fatturato 49.982.830$
utili 175.586$
margine 0,35%
azioni in circolazione 1.137.778
prezzo (stimato) 15$
P/E 97,20

berkshire hathaway 06/2019 ttm
fatturato 261.008.000.000$
utili 28.882.000.000$
margine 11,07%
azioni in circolazione 1.634.000
prezzo 301.414$
P/E 17,05

crescita del fatturato 5.221,95
crescita del margine 31,63
crescita delle azioni in circolazione 1,44
variazione della valutazione 0,175

Il prezzo è cresciuto di circa 20.073 volte, il fatturato è cresciuto di 5.222 volte, tutti gli altri fattori hanno quindi inciso per appena 3,97 volte.
 
un Etf Value replica titoli azionari solo con buoni fondamentali.

Ebbene, come mai i secondi non performano più dei primi?

Penso che l'equivoco stia nella differenza fra bassi prezzi e buoni fondamentali.

Le aziende con buoni fondamentali sono quelle con alta crescita (come diceva zakzakit) e/o con alti margini (incidenza dei profitti sul fatturato) e/o con alta redditivtà (incidenza dei profitti sul capitale investito, sul capitale proprio o come differenza fra costo e rendimento del capitale), oppure con un andamento particolarmente stabile nel tempo perchè protette da barriere di vario tipo (quelle che in un altro thread vengono definite 'best stocks').

Le aziende con bassi multipli (prezzo-valore contabile, prezzo-utili attesi, valore aziendale-flusso di cassa operativo) sono invece aziende poco costose o perché il mercato si sbaglia (e fortunatamente può capitare) o appunto perchè i fondamentali (v. sopra) non sono buoni e quindi non ci sono motivi che giustifichino dei prezzi più alti.

Le aziende con alti multipli al contrario sono generalmente tali proprio in virtù della loro qualità: possono apparire costose o sopravvalutate, ma nel lungo periodo la qualità tendenzialmente paga.

Un fondo 'value' costruito esclusivamente sui mutlipli senza riguardo alla qualità delle aziende è in un certo senso condannato a sottoperformare il mercato, in quanto tende per sua natura a concentrarsi sulle aziende peggiori.

Diverso è il discorso di chi prima seleziona le aziende di alta qualità (con buoni fondamentali) e poi attende l'opportunità per acquistarle ad un prezzo conveniente, o comunque non palesemente eccessivo (benché nel luuungo periodo la qualità riesca comunque a fare premio sul prezzo); oppure di chi acquisti aziende di qualità media (non eccelsa) ma offerte ad un prezzo particolarmente basso (riuscendo ad ottenere dei rendimenti soddisfacenti ma comunque inferiori a quelli del primo caso).
 
Penso che l'equivoco stia nella differenza fra bassi prezzi e buoni fondamentali.

Le aziende con buoni fondamentali sono quelle con alta crescita (come diceva zakzakit) e/o con alti margini (incidenza dei profitti sul fatturato) e/o con alta redditivtà (incidenza dei profitti sul capitale investito, sul capitale proprio o come differenza fra costo e rendimento del capitale), oppure con un andamento particolarmente stabile nel tempo perchè protette da barriere di vario tipo (quelle che in un altro thread vengono definite 'best stocks').

Le aziende con bassi multipli (prezzo-valore contabile, prezzo-utili attesi, valore aziendale-flusso di cassa operativo) sono invece aziende poco costose o perché il mercato si sbaglia (e fortunatamente può capitare) o appunto perchè i fondamentali (v. sopra) non sono buoni e quindi non ci sono motivi che giustifichino dei prezzi più alti.

....

concordo su tutto però voglio sottolineare che non sempre le aziende con buoni fondamentali sono quelle che hanno maggiori possibilità di far crescere il loro valore.
Mi spiego meglio, ci sono aziende che hanno bassi margini e una rapporto prezzo/fatturato particolarmente bassi perchè sono gestite male e/o si trovano in condizioni
di mercato particolarmente sfavorevoli. Una strategia valida secondo me è monitorare le aziende che possono avere un turn-around cioè un cambiamento della gestione
che cambierà drasticamento la loro valutazione, questo può avvenire attraverso cambio del management, fusioni e acquisizioni oppure cambio repentino della situazione
di mercato (penso ad esempio all'effetto che potrebbe avere l'inversione del trend del prezzo del petrolio)
Tra l'altro questo è uno dei criteri adottati da Buffet per selezionare i suoi investimenti ... certo per noi è un pò più difficile individuare queste opportunità ma con un pò
di studio e pazienza si può fare.
 
concordo su tutto però voglio sottolineare che non sempre le aziende con buoni fondamentali sono quelle che hanno maggiori possibilità di far crescere il loro valore.
Mi spiego meglio, ci sono aziende che hanno bassi margini e una rapporto prezzo/fatturato particolarmente bassi perchè sono gestite male e/o si trovano in condizioni
di mercato particolarmente sfavorevoli. Una strategia valida secondo me è monitorare le aziende che possono avere un turn-around cioè un cambiamento della gestione
che cambierà drasticamento la loro valutazione, questo può avvenire attraverso cambio del management, fusioni e acquisizioni oppure cambio repentino della situazione
di mercato (penso ad esempio all'effetto che potrebbe avere l'inversione del trend del prezzo del petrolio)
Tra l'altro questo è uno dei criteri adottati da Buffet per selezionare i suoi investimenti ... certo per noi è un pò più difficile individuare queste opportunità ma con un pò
di studio e pazienza si può fare.

Sono d'accordo. E aggiungo una considerazione ricavata a mie spese.
Per ogni minuto passato a cercare di stimare il fair value, utilizzarne 10 per studiare l'azienda ed il suo business.
 
...non trascuriamo peraltro il fatto che investitori del calibro di Buffett hanno la possibilità di incidere direttamente sul turnaround di un'azienda, mentre il comune investitore è ovviamente privo di qualsiasi voce in capitolo.
 
...non trascuriamo peraltro il fatto che investitori del calibro di Buffett hanno la possibilità di incidere direttamente sul turnaround di un'azienda, mentre il comune investitore è ovviamente privo di qualsiasi voce in capitolo.

giustissimo, però possiamo utilizzare l'entrata di un investitore che ha la possibilità di incidere direttamente sul turnaround come segnale di ingresso, non sempre funziona ma
qualche volta si.
 
Comunque credo che l’analisi dei fondamentali non può prescindere da un’analisi e previsione macroeconomica. In un contesto di crescita rallentata o addirittura recessione alcuni tipi di aziende si difenderanno meglio di altre su cui invece puntare quando la crescita riprende.
 
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