Calcolare un P/E realistico?

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

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Ciao a tutti, è il mio primo post in questa sezione. Sono un investitore con impostazione prevalente tecnico/quantistica (non ad alti livelli purtroppo :(), ma reputo l' analisi fondamentale molto affascinante, e via via, cerco di approfondirne qualche concetto, se vi va, aiutatemi.

Vorrei parlare dell' abusato P/E, proprio perché è abusato, e usato generalmente molto male, per vari motivi (anche di convenienza per le mani forti).

Intanto, qualcuno mi dice come calcolare un P/E realistico?

Ad esempio, ho letto che che sarebbe meglio utilizzare la media semplice degli incrementi o decrementi del P/E degli ultimi 3/5 anni, oppure una regressione.

Voi che ne dite? Altre possibilità che reputate valide?

Inoltre, calcolare la memoria dei P/E nei vari macrosettori, la vedete una pratica che potrebbe avere una qualche utilità valutativa, o meno?

E più in generale, come difendersi, quindi come valutare in altro modo un 'azienda che le banche ci propinano come buona, facendoci vedere un bel P/E, ma che poi in fondo non lo è?

Grazie a tutti quanti e complimenti.
 
Ti scrivo un po' di appunti spero non ti scoraggerai:D, poi in caso lo complementi con quelli degli altri:):

- Le banche hanno un bilancio diverso dalle aziende normale ed è praticamente impossibile usare il P/E in maniera corretta, nelle grandi banche non si capisce nemmeno gli utili da dove vengono, Es: Citigroup

- Il P/E non può essere usato uniformemente per tutti i settori, alcuni settori hanno P/E strutturamente bassi

- Due aziende uguali in tutto e per tutto possono avere due P/E diversi in periodi diversi. Ad esempio, dopo l'uscita delle Q2 ci trovremo ad avere un mercato con un P/E più basso di quello storico probabilmente, non per questo il mercato è sottovalutato

- Il P/E può in certi casi essere influenzato dalla capitalizzazione, infatti alcune aziende di media e piccola capitalizzazione possono quotare a premio perchè hanno possibilità di essere "scalate"

- Non è detto che un'azienda con P/E basso sia sottovalutata, potrebbe essere un decrescita perenne e dolorosa, Es: Nokia

- Non è detto che un'azienda con P/E alto sia sopravvalutata, dipende dal tasso di crescita atteso, Es: Teva

- Il P/E delle aziende manifatturiere dipende dal ciclo economico, ci possono essere degli sbalzi negli utili dovuti a sbalzi negli inventari. Infatti un aumento di magazzini aumenta i ricavi ma preannuncia solo il calo brusco nelle trimestrali successive, Es: Basf Q3 2008

- Ovviamente per capire se il rialzo degli earnings e quindi il calo del P/E è dovuto a sbalzi inventariali devi avere delle basi di lettura del bilancio

Quindi per calcolare un P/E "realistico" come dici tu devi tenere in conto il ciclo economico, il ciclo delle assets classes, il settore di pertinenza, gli sbalzi inventariali, e soprattuto le prospettive di crescita.

Come puoi capire (ma presumo già lo sai), il P/E come dato preso a se stante è pressoche inutile.
 
Ti scrivo un po' di appunti spero non ti scoraggerai:D, poi in caso lo complementi con quelli degli altri:):

- Le banche hanno un bilancio diverso dalle aziende normale ed è praticamente impossibile usare il P/E in maniera corretta, nelle grandi banche non si capisce nemmeno gli utili da dove vengono, Es: Citigroup

- Il P/E non può essere usato uniformemente per tutti i settori, alcuni settori hanno P/E strutturamente bassi

- Due aziende uguali in tutto e per tutto possono avere due P/E diversi in periodi diversi. Ad esempio, dopo l'uscita delle Q2 ci trovremo ad avere un mercato con un P/E più basso di quello storico probabilmente, non per questo il mercato è sottovalutato

- Il P/E può in certi casi essere influenzato dalla capitalizzazione, infatti alcune aziende di media e piccola capitalizzazione possono quotare a premio perchè hanno possibilità di essere "scalate"

- Non è detto che un'azienda con P/E basso sia sottovalutata, potrebbe essere un decrescita perenne e dolorosa, Es: Nokia

- Non è detto che un'azienda con P/E alto sia sopravvalutata, dipende dal tasso di crescita atteso, Es: Teva

- Il P/E delle aziende manifatturiere dipende dal ciclo economico, ci possono essere degli sbalzi negli utili dovuti a sbalzi negli inventari. Infatti un aumento di magazzini aumenta i ricavi ma preannuncia solo il calo brusco nelle trimestrali successive, Es: Basf Q3 2008

- Ovviamente per capire se il rialzo degli earnings e quindi il calo del P/E è dovuto a sbalzi inventariali devi avere delle basi di lettura del bilancio

Quindi per calcolare un P/E "realistico" come dici tu devi tenere in conto il ciclo economico, il ciclo delle assets classes, il settore di pertinenza, gli sbalzi inventariali, e soprattuto le prospettive di crescita.

Come puoi capire (ma presumo già lo sai), il P/E come dato preso a se stante è pressoche inutile.

:D non mi scoraggio, ma mi :specchio: :yes:

Inanzi tutto grazie, ottimi spunti, devo ragionarci sopra un po', perché non è proprio la mia materia :D...

Allora per quanto riguarda le prospettive di crescita, sto imparando, quindi è cmq una tematica che avevo preso in considerazione già da un po'. Della fallacità del P/E preso a sé stante ne ero consapevole. Per quanto riguarda le varie ciclicità, ho ancora molto da fare :(.

Ci proverò.

Cmq se qualcuno vuole ancora integrare/approfondire/dibattere, io sono qui tutto orecchie, vorrei imparare qualcosa da voi :yes:

Grazie a tutti e ovviamente a te Seven Of Nine.
 
Ciao a tutti, è il mio primo post in questa sezione. Sono un investitore con impostazione prevalente tecnico/quantistica (non ad alti livelli purtroppo :(), ma reputo l' analisi fondamentale molto affascinante, e via via, cerco di approfondirne qualche concetto, se vi va, aiutatemi.

Vorrei parlare dell' abusato P/E, proprio perché è abusato, e usato generalmente molto male, per vari motivi (anche di convenienza per le mani forti).

Intanto, qualcuno mi dice come calcolare un P/E realistico?

Ad esempio, ho letto che che sarebbe meglio utilizzare la media semplice degli incrementi o decrementi del P/E degli ultimi 3/5 anni, oppure una regressione.

Voi che ne dite? Altre possibilità che reputate valide?

Inoltre, calcolare la memoria dei P/E nei vari macrosettori, la vedete una pratica che potrebbe avere una qualche utilità valutativa, o meno?

E più in generale, come difendersi, quindi come valutare in altro modo un 'azienda che le banche ci propinano come buona, facendoci vedere un bel P/E, ma che poi in fondo non lo è?

Grazie a tutti quanti e complimenti.
Io faccio la media semplice degli EPS dei 10 anni passati, e calcolo il p/e basandomi su quella. Non do importanza a incrementi, decrementi, regressioni, ecc quanto piuttosto alla stabilita' degli eps nel periodo,

Scarto i titoli con p/e (calcolato come sopra) maggiore di 12.

Non faccio distinzione fra settori... i soldi che vengano dal cemento o dal latte hanno lo stesso valore.

Per difendermi dai falsi in bilancio controllo che gli utili dichiarati (nei 10 anni) hanno portato ad un incremento del book value per azione e/o al pagamento di dividendi. Altri elementi che considero per verificare la bonta' degli utili dichiarati sono l'aumento del valore dell'azione su 10 anni (difficile fregare l'intero mercato per un periodo cosi' lungo) e la presenza fra gli azionisti di nomi rispettabili.

Naturalmente per scegliere un titolo guardo anche altri parametri (soprattutto il p/bv) oltre al p/e.
 
Ultima modifica:
Io faccio la media semplice degli EPS dei 10 anni passati, e calcolo il p/e basandomi su quella. Non do importanza a incrementi, decrementi, regressioni, ecc quanto piuttosto alla stabilita' degli eps nel periodo,

Scarto i titoli con p/e (calcolato come sopra) maggiore di 12.

Non faccio distinzione fra settori... i soldi che vengano dal cemento o dal latte hanno lo stesso valore.

Per difendermi dai falsi in bilancio controllo che gli utili dichiarati (nei 10 anni) hanno portato ad un incremento del book value per azione e/o al pagamento di dividendi. Altri elementi che considero per verificare la bonta' degli utili dichiarati sono l'aumento del valore dell'azione su 10 anni (difficile fregare l'intero mercato per un periodo cosi' lungo) e la presenza fra gli azionisti di nomi rispettabili.

Naturalmente per scegliere un titolo guardo anche altri parametri (soprattutto il p/bv) oltre al p/e.

Ciao Nautilus70, grazie dell' intervento. Dimmi se sbaglio: diciamo in pratica tu calcoli un P/E "conservativo" se paragonato al calcolo del P/E come vuole quella economia più ottimista, che lo mette in relazione al tasso di crescita atteso per il futuro... e quindi in definitiva se le prospettiva di crescita sono elevate, viene accettato generalmente anche un P/E più alto per esempio.

Potrei aver detto una cavolata è, perdonami, ma sono alle prime armi.

A tal proposito, se fosse come dico, puoi dirmi perché? Nel senso, hai provato sulla tua pelle, o cmq per tua esperienza l' altro approccio è più rischioso?

Grazie.
 
Io faccio la media semplice degli EPS dei 10 anni passati, e calcolo il p/e basandomi su quella. Non do importanza a incrementi, decrementi, regressioni, ecc quanto piuttosto alla stabilita' degli eps nel periodo,

Scarto i titoli con p/e (calcolato come sopra) maggiore di 12.

Non faccio distinzione fra settori... i soldi che vengano dal cemento o dal latte hanno lo stesso valore.

(...)

Prendo spunto da Nautilus, ma mi rivolgo a tutti quelli che si calcolano il P/E su periodi così ampi per chiedere:
perché usate un arco temporale così vasto?
Il P/E risente già di una inevitabile distorsione temporale, cioè quella di mettere in rapporto il P odierno con l'ultimo E: tale distorsione (parere mio, chiaramente) si amplifica ancora di più se si fa la media degli utili dell'ultimo decennio.
In un periodo di 10 anni si può andare incontro a 2 o 3 cicli, fra bear e bull, con pesanti differenze sul ciclo degli utili aziendali... Unificare gli utili di un intero decennio significa non tenere conto delle fortissime differenze sugli utili incamerati dalle aziende (sempre in my opinion, ovviamente).
A voi la parola :)
 
Provo ad indovinare: probabilmente un' azienda che durante 10 anni in cui ci sono state anche delle situazioni difficili, come crisi generali, ecc, presenta oggi nonostante tutto un p/e medio basso, è cmq sintomo di stabilità di tale azienda, quindi probabilmente si va alla ricerca del valore di tale azienda (un detto fondamentale dell' af è proprio il valore premia sempre) e non come dire, del trend azionario: è innegabile che un' azienda che sia passata più o meno indenne anche attraverso periodi difficili, presenti un valore intrinseco più elevato, anche se quest' anno facesse meno utili di un' aziendina appena nata.

Credo che sia questo il motivo, poi boh :)
 
Ciao Nautilus70, grazie dell' intervento. Dimmi se sbaglio: diciamo in pratica tu calcoli un P/E "conservativo" se paragonato al calcolo del P/E come vuole quella economia più ottimista, che lo mette in relazione al tasso di crescita atteso per il futuro... e quindi in definitiva se le prospettiva di crescita sono elevate, viene accettato generalmente anche un P/E più alto per esempio.

Potrei aver detto una cavolata è, perdonami, ma sono alle prime armi.

A tal proposito, se fosse come dico, puoi dirmi perché? Nel senso, hai provato sulla tua pelle, o cmq per tua esperienza l' altro approccio è più rischioso?

Grazie.
Esatto, il mio metodo e' molto conservativo. E ho letto che anche Graham (il guru degli investitori conservativi) consiglia di fare una media dai 5 ai 10 anni.

Mi sento molto piu' tranquillo a comprare buoni titoli a sconto (il mio sistema porta a selezionare i titoli fuori moda) che stanno attraversando un momento debole, che non a pagare caro i titoli che tutti vogliono col rischio di vederli crollare se gli utili aumentano "solo" del 15% invece che del 20% dell'aspettativa.
 
Prendo spunto da Nautilus, ma mi rivolgo a tutti quelli che si calcolano il P/E su periodi così ampi per chiedere:
perché usate un arco temporale così vasto?
Il P/E risente già di una inevitabile distorsione temporale, cioè quella di mettere in rapporto il P odierno con l'ultimo E: tale distorsione (parere mio, chiaramente) si amplifica ancora di più se si fa la media degli utili dell'ultimo decennio.
In un periodo di 10 anni si può andare incontro a 2 o 3 cicli, fra bear e bull, con pesanti differenze sul ciclo degli utili aziendali... Unificare gli utili di un intero decennio significa non tenere conto delle fortissime differenze sugli utili incamerati dalle aziende (sempre in my opinion, ovviamente).
A voi la parola :)

Provo ad indovinare: probabilmente un' azienda che durante 10 anni in cui ci sono state anche delle situazioni difficili, come crisi generali, ecc, presenta oggi nonostante tutto un p/e medio basso, è cmq sintomo di stabilità di tale azienda, quindi probabilmente si va alla ricerca del valore di tale azienda (un detto fondamentale dell' af è proprio il valore premia sempre) e non come dire, del trend azionario: è innegabile che un' azienda che sia passata più o meno indenne anche attraverso periodi difficili, presenti un valore intrinseco più elevato, anche se quest' anno facesse meno utili di un' aziendina appena nata.

Credo che sia questo il motivo, poi boh :)
Confermo la risposta di cuigame OK!

In un periodo di 10 anni si può andare incontro a 2 o 3 cicli, fra bear e bull, con pesanti differenze sul ciclo degli utili aziendali... Unificare gli utili di un intero decennio significa non tenere conto delle fortissime differenze sugli utili incamerati dalle aziende (sempre in my opinion, ovviamente).
A voi la parola :)
Per me e' un vantaggio avere un utile "normalizzato" depurato il piu' possibile dagli eccessi positivi e negativi del ciclo economico ;)
 
Provo ad indovinare: probabilmente un' azienda che durante 10 anni in cui ci sono state anche delle situazioni difficili, come crisi generali, ecc, presenta oggi nonostante tutto un p/e medio basso, è cmq sintomo di stabilità di tale azienda, quindi probabilmente si va alla ricerca del valore di tale azienda (un detto fondamentale dell' af è proprio il valore premia sempre) e non come dire, del trend azionario: è innegabile che un' azienda che sia passata più o meno indenne anche attraverso periodi difficili, presenti un valore intrinseco più elevato, anche se quest' anno facesse meno utili di un' aziendina appena nata.

Credo che sia questo il motivo, poi boh :)

Mmm... :mmmm:
La parte che mi sembra una contraddizione è considerare il valore ma lasciandolo slegato dal trend azionario.
L'investitore value ha sicuramente l'obiettivo di ricercare del valore in un'azienda, ed il P/E basso è solo una delle componenti del valore... però, passata la fase della ricerca, l'investitore value deve sperare che quello stesso P/E, che una volta era conveniente, diventi invece caro o perfino carissimo, per poter monetizzare il prezzo, aumentato nel frattempo.

Il tutto IMHO, ovviamente :)
 
Mmm... :mmmm:
La parte che mi sembra una contraddizione è considerare il valore ma lasciandolo slegato dal trend azionario.
L'investitore value ha sicuramente l'obiettivo di ricercare del valore in un'azienda, ed il P/E basso è solo una delle componenti del valore... però, passata la fase della ricerca, l'investitore value deve sperare che quello stesso P/E, che una volta era conveniente, diventi invece caro o perfino carissimo, per poter monetizzare il prezzo, aumentato nel frattempo.

Il tutto IMHO, ovviamente :)

Certo che spera che salga, e proprio perché ha acquistato un valore, però sottovalutato al momento, nella sua visione (e a me piace siceramente), si incrementano le possibilità che ciò possa avvenire in futuro senza scherzi, perché prima o poi il mercato si accorgerà che quel valore che al momento non è riconosciuto e che quindi è sottovalutato, è conveniente acquistarlo, e quindi le quotazioni saliranno.

Ripeto, credo :)
 
Esatto, il mio metodo e' molto conservativo. E ho letto che anche Graham (il guru degli investitori conservativi) consiglia di fare una media dai 5 ai 10 anni.

Mi sento molto piu' tranquillo a comprare buoni titoli a sconto (il mio sistema porta a selezionare i titoli fuori moda) che stanno attraversando un momento debole, che non a pagare caro i titoli che tutti vogliono col rischio di vederli crollare se gli utili aumentano "solo" del 15% invece che del 20% dell'aspettativa.

In effetti Graham mediava gli earnings su un ciclo economico, che vuol dire appunto un periodo tra i 5 ed i 10 anni. Lo scopo era quello di individuare quello che lui chiamava lo "earning power" di un'azienda, e di acquistarlo ad un prezzo ragionevole.
Un altro argomenti a favore della media è la difficoltà di alterare il valore degli utili su più anni, cosa invece abbastanza facile in un singolo anno.

Il P/E su un singolo anno non serve praticamente a niente; basta pensare all'andamento degli utili in un'azienda ciclica
 
Nelle parole di Graham, due consigli a supporto della necessità di considerare un ciclo pluriennale per valutare la capacità reddituale di un'azienda:

"The first is: don't take a single year's earnings seriously. The second is: if you do pay attention to short term earnings, look out for booby traps in the per-share figures":cool:
 
Nelle parole di Graham, due consigli a supporto della necessità di considerare un ciclo pluriennale per valutare la capacità reddituale di un'azienda:

"The first is: don't take a single year's earnings seriously. The second is: if you do pay attention to short term earnings, look out for booby traps in the per-share figures":cool:

Bè, dal punto di vista fondamentale non fa una piega, ovvio però che gli influssi speculativi possono creare tutto e il contrario di tutto nel breve, ma la solidità in AF ha il suo enorme peso proprio per concetto, quindi direi che sì, altrimenti andiamo a stravolgere gli assunti principali del fondamentalista.

E' anche vero che probabilmente nell' immediato sarebbe utile anche tenere in considerazione il p/e in relazione alla previsione di crescita degli utili, pertanto forse, potrebbe essere il caso di tenere in considerazone entrambi i valori, che ne dici/dite?
 
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Bè, dal punto di vista fondamentale non fa una piega, ovvio però che gli influssi speculativi possono creare tutto e il contrario di tutto nel breve, ma la solidità in AF ha il suo enorme peso proprio per concetto, quindi direi che sì, altrimenti andiamo a stravolgere gli assunti principali del fondamentalista.

E' anche vero che probabilmente nell' immediato sarebbe utile anche tenere in considerazione il p/e in relazione alla previsione di crescita degli utili, pertanto forse, potrebbe essere il caso di tenere in considerazone entrambi i valori, che ne dici/dite?

Nel libro Capire la Borsa edito dal Sole 24 Ore, gli autori Liera e Beltratti sostengono che spesso le previsioni sugli utili si sono dimostrate troppo ottimistiche e, quindi, poco affidabili. Curiosamente, è vero che nella valutazione degli utili bisognerebbe considerare quelli che futuri piuttosto che quelli passati, eppure le stime degli analisti peccano di eccessivo ottimismo al punto da risultare poco credibili.

Non sono a conoscenza di studi attendibili sugli utili futuri e non so se qualcuno ha condotto ricerche in merito, ma posso dirti che il poderoso lavoro di James P. O'Shaughnessy nel libro What Works on Wall Street (cioè il mio avatar) è interamente fondato sullo studio di dati passati, e non su previsioni di quelli futuri.

Che sia una conferma della maggior affidabilità dei dati storici, piuttosto che delle previsioni? :)
 
Il punto degli investitori value alla Graham è proprio questo: le attese del mercato sui movimenti futuri di un titolo sono spesso errate, sia per eccesso che per difetto, ed intrinsecamente inaffidabili per servire da base ad una strategia di investimento razionale.
Invece di rischiare nel provare a prevedere il movimento futuro dei prezzi di un titolo è meglio valutare attentamente il presente ed il passato di un'azienda, per assicurarsi della sua qualità, e poi prendersi un adeguato margine di sicurezza comprando aziende con un buon "earning power" a prezzi convenienti (che vuol dire p/e bassi).

Di fatto questo dovrebbe avere come corollario anche la scelta di titoli che tendono ad incrementare di prezzo, perchè i titoli a basso p/e spesso scontano un pessimismo eccessivo del mercato nei loro confronti.
 
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Penso che questo metodo possa andare su certi tipi di titoli su settori molto stabili; tipo le ferrovie. Ma sui titoli tecnologici quello che conta sono soprattuto le stime di crescita e prospettive future. Ci sono esempi a riguardo nel settore della telefonia mobile dove la concorrenza è spietata e guardare i multipli passati non è della massima utilità. Opinione personale ovviamente :yes:
 
Sicuramente è così, del resto settori con P/E intrinsecamente elevati perchè scontano elevate aspettative di crescita futura (come ad es i titoli tecnologici) sono in genere al di fuori dei portafogli "value".
 
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Ma dove li trovate i valori di P/e di 10 anni???
C'è un sito?
Servizio a pagamento?
o vi fate una banca dati?
 
Probabilmente ci sarà un sito, magari solo per le aziende USA e magari a pagamento, ma purtroppo non lo conosco. Tocca farsi i conti a mano.

Finora lo strumento più utile che ho trovato è l'elenco degli EPS negli ultimi 10aa presente su moneycentral.msn.com.
 
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