Come tutti gli investitori, anche quelli in titoli obbligazionari hanno l’obiettivo di massimizzare il rendimento del proprio portafoglio per un dato livello di rischio. Il punto di partenza per la costruzione di un portafoglio obbligazionario è defi nire l’obiettivo e la strategia più indicata per il suo raggiungimento. L’obiettivo dipende dalle future necessità dell’investitore e dalla sua propensione al rischio. Il principale rischio cui possono andare incontro gli investitori che acquistano obbligazioni è il cosiddetto rischio emittente, ovvero la possibilità che l’emittente non sia in grado di far fronte agli impegni assunti (rimborso degli interessi, rimborso del capitale ricevutoin prestito). C’è poi il rischio tassi e il rischio di cambio. Il rischio tassi è legato alla variazione dei tassi di interesse che può infl uenzare il prezzo dei bond mentre il rischio di cambio nasce nel caso di obbligazioni denominate in valuta diversa da quella dell’investitore. Due sono i tipi di gestione per ottenere un determinato obiettivo di rendimento: la gestione attiva e la gestione passiva.
La gestione attiva di un portafoglio obbligazionario implica la ricerca di extra profi tti dato un certo livello di rischio attraverso la selezione dei titoli da acquistare effettuata attraverso due tipologie di strategie:
Previsioni sui tassi di interesse
L’idea alla base di questa strategia è di ottenere un guadagno in conto capitale quando i tassi di interesse sono previsti in flessione e di preservare il capitale quando è atteso un incremento dei tassi (un fattore che deprime i prezzi delle obbligazioni). Questi obiettivi sono raggiunti modificando la duration del portafoglio: riducendola quando i tassi sono attesi in crescita e aumentandola quando sono previsti in calo. I maggiori rischi in questo tipo di strategia sono collegati ad errate valutazioni sui movimenti dei tassi di interesse. Ad esempio, la riduzione della duration di un portafoglio per preservare il capitale può comportare la rinuncia ad un rendimento e ad opportunità di guadagni in conto capitale nel breve/medio termine qualora i tassi di interesse dovessero scendere anziché salire. Allo stesso modo, anche operazioni di allungamento della duration in previsione di un ribasso dei tassi di interesse possono essere rischiose, in particolare quando la curva dei rendimenti è invertita. In questo caso il portafoglio è più esposto alla maggiore volatilità dei titoli a lunga scadenza.
Numerosi studi accademici hanno evidenziato che per gli esperti di mercato sia quasi impossibile prevedere la dinamica dei tassi di interesse sulla base delle informazioni disponibili al pubblico. Questi studi sono giunti alla conclusione che i mercati obbligazionari rispettano la teoria dell’efficienza dei mercati sia in forma debole, quindi l’andamento passato dei tassi di interesse non fornisce indicazioni sul futuro, sia in forma semiforte, ossia i prezzi riflettono tutte le informazioni disponibili sui mercati finanziari.
Analisi del valore intrinseco di un titolo
Un’altra strategia attiva consiste nel tentativo da parte dei gestori di selezionare le obbligazioni sulla base del loro valore intrinseco (fair value) che è determinato da alcune variabili come il rating e la durata dei singoli titoli. Dopo avere compiuto lo screening per un numero elevato di titoli è possibile comparare il valore di mercato del bond con il valore intrinseco calcolato dall’investitore, determinando quali obbligazioni sono sopravvalutate e quali sottovalutate.
Analisi del merito di credito
Collegata all’analisi del valore intrinseco di un bond c’è l’analisi del merito di credito di una società emittente che consente di determinare il possibile cambiamento di rating da parte di una delle tre società specializzate (Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch). Le variazioni dei rating possono essere causate sia da cambiamenti nelle caratteristiche dell’emittente (ad esempio una variazione dei ratio fi nanziari) sia da mutamenti nel quadro economico generale. Quest’ultimo può avere un impatto significativo sulla capacità dell’azienda di finanziarsi sui mercati. Ad esempio, se una società con fondamentali di bilancio deboli può continuare facilmente la propria attività nelle fasi di espansione dell’economia, società solide possono trovare difficoltà a onorare i propri debiti nelle fasi di recessione dell’economia. Non sorprende, quindi, che storicamente i rating degli emittenti abbiano la tendenza a muoversi in linea con l’andamento dell’economia. Una gestione attiva basata sulle variazioni dei rating richiede che questi cambiamenti siano anticipati prima del loro formale annuncio. Ad esempio, prendendo come punto di riferimento uno dei downgrade che più hanno fatto sensazione nel corso del 2009, ossia quello di General Electric. Solo chi ha anticipato la decisione di Standard & Poor’s di tagliare il rating sul titolo ha potuto evitare il calo delle quotazioni. Questo tipo di analisi è quanto mai indicata con riferimento ai cosiddetti “junk bond” (titoli spazzatura), ossia quegli strumenti che vantano un rating inferiore alla tripla B. Sono, quindi, quei titoli obbligazionari che offrono un rendimento elevato, ma che sono anche caratterizzati da rischio maggiore per l’investitore. L’extrarendimento che tali titoli offrono rispetto ai Governativi varia in maniera considerevole nel corso degli anni e solitamente raggiunge il suo punto di massimo nelle fasi di recessione ed il suo punto di minimo nei momenti di massima espansione dell’economia. I cambiamenti nella qualità del credito dei singoli emittenti, se da una parte rende il lavoro di valutazione da parte dell’investitore diffi cile, dall’altra permette di guadagnare forti extra-rendimenti se si è in grado di anticipare quali titoli obbligazionari/società saranno in grado di superare la fase di contrazione dell’economia e di meritare un rating maggiore. Dall’altra parte, evitare titoli che avranno il proprio rating ridotto permetterà di evitare perdite dovute al maggiore rendimento che il mercato richiederà a questi titoli. Alcuni studi accademici nel passato hanno evidenziato come una percentuale tra il 30 ed il 35% dei titoli con rating inferiore a tripla B cade in default in un orizzonte temporale di 10 anni.
Analisi dello spread di rendimento
Un’ultima strategia di gestione attiva del portafoglio è legata all’analisi del differenziale di rendimento tra titoli obbligazionari caratterizzati da diverse scadenze, appartenenti a diversi settori o con rating diversi. In questo caso l’investitore deve prima identifi care un “giusto” differenziale tra due bond per poi investire su quello che ritiene sottovalutato. Elemento fondamentale perché questa strategia sia possibile è che tutte le obbligazioni selezionate siano abbastanza liquide per essere comprate o vendute velocemente. Con riferimento a titoli che hanno scadenze diverse, ad esempio, sono molto indicati per strategie di tipo attivo i titoli di stato statunitensi e tedeschi perché sono molto liquidi, presentando un mercato di riferimento molto vasto. Per chi punta su un ribasso dei tassi da parte della Banca centrale Europea, ad esempio, una strategia adatta sarebbe quella di aumentare l’esposizione verso i titoli a 10 anni tedeschi e ridurre quella verso quelli a breve termine perché dovrebbero benefi ciare meno del taglio dei tassi. Facendo riferimento a titoli corporate appartenenti allo stesso settore, invece, prendiamo come esempio tre titoli molto liquidi nel settore telecom, tutti con scadenza 2012:
In questo caso, l’investitore che dovesse ritenere che un titolo non abbia un corretto rating dovrebbe comprarlo o venderlo sulla base del fatto che lo consideri sottovalutato o sopravalutato.
Gestione passiva
Realizzare una strategia di gestione attiva comporta sia elevate conoscenze in termini di valutazione delle società emittenti sia molti rischi. Una valida alternativa per chi non volesse correre questi rischi o non ritenga di essere in grado di compiere analisi molto complesse è fare affi damento su una strategia di tipo passivo. Con una gestione passiva gli investitori rinunciano a fare previsioni sui tassi di interesse o a ricercare titoli sottovalutati per cercare di ottenere rendimenti normali sulla base del loro livello di rischio, minimizzando i costi di transazione. La gestione passiva può, quindi, essere considerata adatta alla maggior parte degli investitori sui mercati obbligazionari. Due sono gli approcci che un investitore può seguire in tal senso. Il primo è il cosiddetto Buy and Hold (compra e tieni), il secondo prevede l’indicizzazione.
Buy and hold
La strategia di Buy and Hold è la più semplice forma di gestione passiva. Alla base di questa metodologia vi è una fondamentale opera di selezione dei titoli. Il Buy and Hold consiste nell’identificare strumenti che hanno le caratteristiche desiderate in termini di qualità dell’emittente, durata e livello di cedole per poi tenerle fino alla scadenza. Non effettuando operazioni di trading, gli investitori che usano questa strategia cercano solitamente titoli che hanno la scadenza in linea con il proprio orizzonte temporale per ridurre il rischio di prezzo (qualora si dovesse vendere il titolo prima della sua scadenza) e di reinvestimento sia delle cedole sia dell’investimento iniziale. Per esempio, un investitore con un orizzonte temporale di due anni, perché al termine di questo periodo deve effettuare una spesa od un altro tipo di investimento, dovrebbe comprare titoli la cui scadenza non sia superiore ai due anni per potere tornare in possesso dell’investimento iniziale. In questo caso, quindi, nel portafoglio dell’investitore dovrebbero entrare solo titoli di nuova emissione o già presenti sul mercato, sia governativi che corporate con una scadenza che non vada oltre la fine del 2012.
Strettamente collegata alla gestione Buy and Hold c’è la strategia di immunizzazione del portafoglio. Questa è un processo di costruzione del portafoglio che ha lo scopo di fare in modo che il rendimento realizzato sia il più simile possibile al rendimento promesso, grazie alla relazione tra la duration del portafoglio e il periodo di detenzione dei titoli. Rendendo uguale la duration ed il periodo di detenzione del portafoglio, infatti, l’investitore ha la possibilità di compensare il rischio di prezzo con il rischio di reinvestimento delle cedole. Una variazione dei tassi di interesse avrebbe quindi un impatto limitato sul rendimento atteso al momento della costruzione del portafoglio. Un incremento dei tassi di interesse provoca una flessione del prezzo dei titoli in portafoglio ma aumenta il rendimento proveniente dal reinvestimento delle cedole. Con l’immunizzazione del portafoglio questi due effetti si compensano. Prendiamo come esempio un portafoglio che analizzeremo più in dettaglio in seguito, quando esamineremo portafogli con diverse caratteristiche di rischio dell’investitore poiché da questo dipenderanno i risultati in termini di rischio/rendimento. Per questo motivo è necessario conoscere in maniera approfondita le caratteristiche dell’indice e come questo può cambiare nel tempo. Nel corso degli anni sono stati creati diversi strumenti di risparmio gestito che hanno lo scopo di replicare l’andamento di un indice di riferimento:
La duration di questo portafoglio è pari a poco più di quattro anni, facendo sì che sia adatto a tutti quegli investitori che hanno un orizzonte temporale di 4 anni anche se al suo interno vi sono titoli che hanno una scadenza superiore.
Indicizzazione
La gestione passiva può avvenire anche attraverso l’indicizzazione del portafoglio con lo scopo di replicare la performance di un indice di riferimento, come quelli elaborati da JP Morgan o Merril Lynch. L’analisi della performance prevede un’attenta verifica del tracking error, ossia della differenza tra il rendimento del portafoglio e quello dell’indice di riferimento. Punto fondamentale alla base di questa strategia è quello di scegliere l’indice i riferimento che più si addice agli obiettivi gli Exchange traded funds (ETF). Gli ETF sono fondi comuni di investimento negoziati in Borsa e caratterizzati da una gestione passiva con lo scopo di ottenere la performance di un indice di riferimento.
Esempi di portafoglio
Dopo avere evidenziato in precedenza le variabili che vanno ad infl uire sul rendimento offerto dai diversi titoli obbligazionari (rischiosità dell’emittente, duration, commissioni, valuta di denominazione, tasso fisso o tasso variabile) e i diversi metodi di gestione del portafoglio (attiva e passiva) possiamo ora andare a vedere in concreto come sono composti differenti portafogli obbligazionari, per valutare l’impatto di titoli con diverse caratteristiche sulla performance totale del portafoglio. Per fare questo abbiamo costruito come esempi tre diversi tipi di portafoglio con differenti gradi di rischio, sia per la diversa natura degli emittenti sia per la diversa durata temporale media dei titoli in portafoglio. Sarà, così possibile, analizzare sia la rischiosità, utilizzando la duration, sia il rendimento potenziale del portafoglio. La duration del portafoglio sarà pari alla media ponderata della duration dei singoli titoli. Per quel che riguarda il rendimento faremo riferimento al rendimento effettivo lordo che sarà ottenuto tenendo i titoli in portafoglio sino allo loro scadenza.
1° ESEMPIO – Portafoglio a basso rischio
Il primo esempio di portafoglio che prendiamo in considerazione è caratterizzato da un livello di rischio molto contenuto, grazie sia alla buona qualità degli emittenti, abbiamo considerato solo titoli italiani, tedeschi e un titolo emesso dalla Banca Europea per gli Investimenti (questi ultimi perché caratterizzati da un rating tripla A) sia al periodo di maturazione compreso tra 1 e 3 anni.
Questo portafoglio è caratterizzato da una duration bassa, pari a 1,92 anni, che lo rende meno esposto rispetto a portafogli con duration superiori ai rialzi dei tassi di interessi da parte della Banca Centrale. Allo stesso tempo questo portafoglio beneficerà anche in maniera inferiore rispetto a portafogli con duration più alta di un eventuale taglio dei tassi. Il portafoglio presenta un rendimento effettivo lordo nel primo anno dell’1,60%. Già da questo primo esempio è possibile notare in maniera evidente come il diverso rating vada ad influenzare il rendimento offerto dai titoli: il rendimento lordo del titolo di stato Tedesco B.SCHATZ, con scadenza a due anni (0,49%) è, infatti, inferiore sia a quello di un titolo di stato italiano con la stessa scadenza a due anni (1,76%) grazie a un rating creditizio da parte di Standard & Poor’s migliore (AAA contro A+) sia a quello di un titolo della BEI con stesso rating ma scadenza più lunga (1,3%).
2° ESEMPIO – Portafoglio medio rischio
Nel secondo portafoglio, ai titoli che componevano il primo aggiunto cinque obbligazioni societarie con rating di A- di Standard & Poor’s e con scadenza tra i 3 e gli 8 anni. L’effetto immediato di queste nuove inclusioni è stato quello di aumentare sia la duration del portafoglio (a 3,48 anni) sia il rendimento effettivo lordo del primo anno (1,94%). Aggiungendo dei titoli con scadenza più lunga e rating peggiore di quelli che componevano il primo portafoglio ne abbiamo da una parte aumentato il rendimento ma dall’altra aumentata la rischiosità. Interessante notare è anche come titoli obbligazionari societari possano differire per rendimento lordo pur avendo lo stesso rating: al momento della costruzione del portafoglio (9 settembre 2010) il titolo Enel (settore delle utility) con scadenza 2016 offre un rendimento lordo superiore sia al titolo emesso da France Telecom (telecomunicazioni) che al titolo Volkswagen (auto) pur avendo una scadenza inferiore. Tale situazione può essere spiegata o dal maggiore premio al rischio assegnato dai mercati finanziari al settore a cui appartiene il titolo, in questo caso quello delle utility, oppure dal fatto che gli investitori stiano iniziando a scontare un possibile downgrade del titolo da parte delle agenzie di rating.
3° ESEMPIO – Portafoglio alto rischio
Infine, nell’ultimo portafoglio, che abbiamo ribattezzato ad alto rischio, abbiamo eliminato un titolo di stato italiano (il BTP con scadenza 2012), il BEI 2013 ed il titolo Carrefour 2013, rimpiazzandoli con un titolo di un paese emergente (Croazia 5% 2014) e altri due titoli corporate (Peugeot e Telecom Italia): in tutti e tre questi ultimi casi il rating assegnato da S&P è inferiore alla A. Il risultato è stato quello di aumentare sia la duration che il rendimento del portafoglio rispetto ai due esempi precedente, confermando che un maggiore rendimento offerto è accompagnato da una maggiore rischiosità del portafoglio. La seguente tabella riassuntiva permette di comparare duration e rendimenti effettivi dei tre portafogli, rendendo ancora più chiaro come ad una maggiore redditività del portafoglio faccia da contraltare una maggiore rischiosità.
Ritorna alla Prima pagina Pagina precedente Pagina successiva