La psicologia e le strategie di investimento

Già nel 1923, sulla base delle testimonianze di esperti agenti affermava che i nemici mortali dello speculatore sono: l’ignoranza, l’avidità, la paura e la speranza.

Nel 1993 Schwager raccoglie da diversi investitori professionali di successo precise indicazioni sulle reazioni emotive pericolose nelle scelte di investimento: impazienza, eccessivi timori, troppo ottimismo e persino paura di eccessivi guadagni sono il segno di conflitti e problemi inconsci alla base di scelte sbagliate di investimento.

Anche Pring, ritiene che il controllo delle emozioni come la più interessante indicazione ricavabile dalla psicologia dei mercati finanziari.

L’investitore deve cerare di raggiungere il massimo della obiettività, evitando le decisioni sotto l’effetto di euforia ingorda o di paura. Più in dettaglio, anche secondo altri studiosi, un tipo di paura particolarmente insidiosa è la “LOSING OUT FEAR” che si manifesta dopo una forte crescita dei prezzi, come timore di “rimanere tagliato fuori da straordinarie occasioni di profitto”.

Spesso l’investitore irritato per le occasioni mancate, rischia di prendere posizione frettolosamente e nel momento sbagliato. Alcune volte per l’ansia di non perdere altre opportunità, filtra l’informazione non valutando cattive notizie. Simmetricamente, la stessa paura spinge ad uscire dal mercato troppo presto per l’eccessivo timore di non saper cogliere le prime notizie negative. (Le regole del buon agire nei mercati sono una condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere buoni risultati. L’anello debole della catena che porta a far soldi rimarrebbe la PERSONALITA’ dell’investitore. La migliore tecnica di investimento, dice Bernstein, nelle mani dello speculatore incompetente e indisciplinato potrebbe diventare uno strumento di autodistruzione).

Nel primo caso, Pring suggerisce di razionalizzare il presunto mancato guadagno, interiorizzando assunti del tipo: “dopo un treno perso ne seguiranno altri migliori”.

Nel secondo caso e più in generale, è utile che l’investitore riconosca innanzi tutto la mancanza di obiettività. Se EGLI PERCEPISSE LA PROPRIA DEBOLEZZA E SUGGESTIONABILITA’ più facilmente accetterebbe di stabilire, a priori, una strategia di investimento da seguire abbastanza rigidamente che lo sorreggerebbe e farebbe da contrappeso all’influenzamento degli eventi successivi.

L’ideale sarebbe che la LOSING OUT FEAR si tramutasse in PAURA DI NON SEGUIRE CON COERENZA UN PIANO.

Ci sono altre minacce all’obiettività, nel caso (come è frequente individuare in questo periodo) di perdite dopo un periodo di euforia scatta la paura/rifiuto che induce a liquidare le posizioni anche a costo di forti perdite, pur di attenuare la grave e forse inattesa frustrazione. Un fattore di condizionamento molto negativo nelle scelte finanziarie è l’impazienza.

Già Wolf nel 1926, individuava una tendenza irrazionale alla presenza, a tutti i costi, nel mercato, detta ironicamente MERCATITE.

Più recentemente Bernstein individua una vera e propria DIPENDENZA DA CONTRATTAZIONE, (searching-for-a-good-trade sindrome): potenzialmente molto pericolosa. E’ meglio astenersi dall’agire nelle situazioni di eccessiva incertezza, quando cioè è esaltata pericolosamente la sensibilità alle MINIME NOTIZIE NEGATIVE.

La MERCATITE, (CHE OGGI DILAGA CON IL TOL) limita la percezione delle più importanti vicende economiche.

L’investitore saggio non si lascia suggestionare dalle contingenze, avendo un preciso criterio di ingresso/uscita dal mercato. Pring dice che il perfetto investitore deve assomigliare ad un guerriero che non accetta battaglia sempre e comunque, ma decide lui quando ingaggiare il nemico.

I pregiudizi, le rigidità concettuali e le speranze hanno un grande