Notizie Notizie Mondo Wall Street, bolla o non bolla? Per questo gestore l’alert sul settore tech non è giustificato

Wall Street, bolla o non bolla? Per questo gestore l’alert sul settore tech non è giustificato

28 Giugno 2017 15:43

Si profila una seduta di respiro per l’indice Nasdaq di Wall Street, con il pressing degli investitori sui titoli tecnologici che oggi sembra diminuire. Dopo l’alert lanciato da Goldman Sachs la scorsa settimana, analisti e investitori da tutto il mondo sono concentrati sull’analisi dei titoli tecnologici quotati a Wall Street, con il timore che siano ostaggio “di bassa volatilità e valutazioni tiratissime”. Ma sono davvero così alte le valutazioni del settore? Per Quirien Lemey, co-gestore del fondo DPAM Invest B equities world sustainable di Degroof Petercam AM, la risposta è si, ma non occorre allarmarsi.

“Le valutazioni elevate non sono necessariamente un problema”, sostiene Lemey, “se guardiamo al settore tech negli ultimi 2,3,4,5,10 o 20 anni ha costantemente sovraperformato il mercato: i premi alla valutazione erano dunque meritati”.

Siamo piuttosto in presenza di un cambiamento strutturale nel modo di valutare il settore – prosegue Lemey, secondo cui “il mercato è disposto a sopportare un multiplo più alto per il rischio che sta correndo poiché è a suo agio con quel rischio”.

Eclatante è l’esempio di Facebook, con il rendimento del titolo che ha sempre seguito il sentiero tracciato dalle valutazioni. “Ad eccezione del 2012 (anno dell’IPO DI Facebook, ndr) il titolo è legato positivamente ai livelli di valutazione: più alta la valutazione più è stato alto il rendimento del titolo in quel particolare anno”, sostiene Lemey.

Ovviamente non è tutto oro quel che luccica. Ne sono un esempio eclatante le recenti valutazioni sui titoli del c.d. “new tech”, come Uber o Snap.

 

Non è tutto oro ciò che luccica

Esistono infatti dei sotto-comparti tecnologici dove le valutazioni, alle volte, possono essere irrazionali. E lì, ricorda Lemey, che si potrebbero annidare le caratteristiche di una bolla. “L’Ipo di Snap è stata assurdamente costosa: tipicamente si vedono valutazioni ardue da digerire lì dove vi sono poche compagnie quotate e le opportunità di crescita sono solo potenzialmente notevoli”.

Non bisogna dimenticare infatti che i prezzi dei titoli sono fatti dagli operatori del mercato, o meglio, dalle loro aspettative. “Ecco perché a parità di circostanze, a volte nei sotto-comparti tecnologici vi è il rischio di valutazioni o aspettative irrazionali. Ma non siamo in una situazione nemmeno lontanamente paragonabile a quella di inizio millennio”.

 

Il 2000 si sta ripetendo? Le differenze con la bolla dot.com

Per il gestore di Degroof Petercam quello che è in atto oggi è totalmente diverso rispetto a quanto accadde agli inizi del 2000, “allora le valutazioni erano veramente basate sul nulla, con multipli che alle volte erano di tre volte più elevati rispetto ad oggi”.

Oggi l’ambiente è totalmente cambiato; se all’epoca la maggioranza delle aziende lavorava in situazioni di perdita o scarsa redditività, oggi i big del settore sono vere e proprie macchina da soldi. Le c.d. FAAMG (Facebook, Amazon, Apple, Microsoft e Google) macinano utili operativi e netti ma soprattutto ingenti quantità di cassa: “liquidità pronta a gonfiare aspettative e fondamentali aziendali e a dirci che no, non siamo di fronte a comportamenti o aspettative irrazionali e dunque non vi è il rischio di una nuova bolla nel settore tecnologico”.