News La view di Chris Iggo (Axa Im) sul mercato obbligazionario

La view di Chris Iggo (Axa Im) sul mercato obbligazionario

Pubblicato 9 Ottobre 2012 Aggiornato 19 Luglio 2022 16:26
La decisione d'investire in titoli di Stato oppure in obbligazioni societarie è basata sulla valutazione che la differenza di rendimento tra i due asset sia o meno sufficiente a compensare l'ulteriore rischio di credito assunto dall'investitore nel momento in cui decide a favore delle obbligazioni corporate anziché dei titoli governativi. In passato le obbligazioni corporate erano considerate più rischiose in quanto le imprese, in caso di difficoltà finanziarie, potrebbero non distribuire le cedole previste o, al limite, addirittura non riuscire a ripagare i propri debiti. Oggi le cose sono leggermente diverse. La natura non rischiosa dei titoli di Stato è stata messa in dubbio. Al contempo, la repressione finanziaria rappresentata dall'allentamento quantitativo (QE) ha spinto al ribasso i rendimenti, a livelli che non offrono un rendimento commisurato alla potenziale crescita economica. In sintesi, il QE e il caos fiscale stanno allontanando gli investitori dal mercato dei titoli di Stato, con il settore pubblico che sta assorbendo una quantità crescente di debito Quale risultato si è verificato un effetto di attrazione sui mercati del debito privato.

Il quesito che gli investitori si pongono è se i mercati del debito corporate offrono ancora opportunità di guadagno e in che misura è necessario assumersi il rischio di credito per assicurarsi un rendimento interessante. Il rendimento complessivo di un'obbligazione corporate può essere suddiviso nel rendimento del sottostante privo di rischio (rendimento dei titoli di Stato), più alcuni elementi che riguardano il rischio sistemico del mercato finanziario (swap spread) e infine il premio di rischio del credito associato al singolo emittente. Prendiamo ad esempio il mercato obbligazionario corporate investment grade del Regno Unito. Usando l'indice Merrill Lynch Corporate and Collateralized Index, lo spread attuale è pari a 252bps. Il rendimento dell'indice è del 4,13% (413bp). Pertanto, lo spread quale percentuale del rendimento è pari al 61%. Per un indice investment grade USA è pari al 59% e per il mercato obbligazionario investment-grade dell'area Euro siamo al 71%. Pertanto, approssimativamente i due terzi del rendimento ottenuto da un paniere di obbligazioni corporate deriva dallo spread del credito puro e meno di un terzo dal tasso sottostante (ipoteticamente privo di rischio). Si tratta di percentuali elevate per la componente credito del rendimento complessivo. In alcuni casi si tratta dei livelli più alti da quando abbiamo a disposizione dati accettabili su questi indici (1997).

A livello di asset allocation aggregata sono tranquillo nel preferire le obbligazioni corporate rispetto ai titoli di Stato dei Paesi core (Bund tedeschi nell'Area Euro). Tuttavia, se si esamina più a fondo la questione, è evidente che la maggior parte del rendimento positivo in eccesso deriverà dalla componente a rating inferiore del mercato obbligazionario. Mentre il rapporto spread/rendimento per la parte di mercato con rating AAA e AA è elevato rispetto alla media storica, non c'è molta convinzione che questi titoli riusciranno a generare una sovraperformance significativa rispetto ai titoli di Stato. Ciò è vero in particolare per il mercato americano. Al contrario, la fascia di rating A e BBB appare ancora molto interessante sulla base di queste misure. Questo ci porta a concludere che un portafoglio di obbligazioni societarie orientato verso la parte più bassa dell'investment grade abbia sufficiente spread del credito per offrire un rendimento molto più corposo rispetto ad un portafoglio costituito da titoli di Stato. Questo solitamente implica un'esposizione significativa al debito bancario subordinato. Non siamo particolarmente preoccupati da questo fatto, poichè riteniamo che nell'Area Euro sia stata messa in piedi una solida rete di protezione sovrana e che questo eviterà che si manifestino ulteriori e significativi deterioramenti nei bilanci bancari (dove le partecipazioni in titoli governativi sono cospicue).

La stessa analisi applicata alle obbligazioni sub-investment grade giunge a conclusioni analoghe. I mercati high yield mostrano ancora degli spread ben più elevati rispetto a quelli dei periodi migliori. Anche se normalmente ci si aspetterebbe che l'high yield sovraperformi i titoli di Stato, ciò non sempre si verifica poiché i rendimenti dell'high yield sono più simili a quelli azionari rispetto a quanto avviene con l'investment grade e più sensibili al ciclo economico, così che nei periodi di avversione al rischio l'high yield sottoperforma. Sulla base della limitata esperienza storica, ai livelli attuali di spread/rendimento dei portafogli high yield dovrebbero ancora generare rendimenti considerevolmente più elevati rispetto a portafogli di obbligazioni statali sia nell'Area Euro che negli USA.
la discussione si è focalizzata sulla performance relativa delle asset class obbligazionarie. Nel contesto delle principali decisioni di asset allocation, c'è un punto decisamente ovvio che dovrebbe essere preso molto sul serio. I rendimenti complessivi sono ai minimi storici. Pertanto, mentre il cuscino fornito dallo spread del credito è ingente e quindi il credito dovrebbe continuare a registrare una performance migliore rispetto ai titoli di Stato, gli investitori obbligazionari in generale sono a rischio rispetto ad un eventuale incremento dei tassi sottostanti. Gli investitori del credito vedono aumentare il rischio dei tassi d'interesse a seguito dell'allentamento quantitativo (cioè esiste un profilo di rischio tassi asimmetrico se si guarda in avanti di 2-3 anni) e sono inoltre costretti ad assumersi un rischio di credito crescente per garantirsi extra rendimenti rispetto all'attivo privo di rischio.

Se l'allentamento quantitativo continuerà, allora i premi di rischio del credito sul mercato obbligazionario scenderanno ancora. La Fed ha promesso di non rialzare i tassi ufficiali per un certo periodo e gli acquisti dei titoli nell'ambito del programma di QE dovrebbero mantenere bassi i rendimenti non rischiosi. Data la domanda di attivi a reddito fisso, ciò implicherà un'ulteriore compressione degli spread del rischio e un'ulteriore sovraperformance delle obbligazioni corporate e high yield. Ci saranno momenti di tensione, legati ai periodi di avversione al rischio, quando gli spread si amplieranno temporaneamente, ma ricordatevi che gli spread sono ancora superiori ai minimi raggiunti prima della crisi finanziaria, e gli spread delle obbligazioni a rating inferiore sono ancora ben lungi da questi livelli. Il risultato finale dei trend trainati dall'allentamento quantitativo sul mercato obbligazionario sarà che gli investitori si troveranno carichi di asset non più in grado di generare rendimenti tali da compensare il rischio di credito, l'inflazione o il semplice rischio tassi.

Potrebbe volerci ancora del tempo. Basti guardare all'attività economica nel Regno Unito. Ha subito una contrazione per tre trimestri consecutivi, a fine giugno 2012. Si tratta di una recessione tecnica, anche se una "recessione leggera" a mio avviso. Durante il periodo in questione, i tassi d'interesse sono calati, i prezzi immobiliari sono rimasti stabili e il tasso di disoccupazione è rimasto fisso al 4,8%. Ma il punto è che ci troviamo in una realtà di crescita bassa o nulla e fino a quando questo non cambierà - in un contesto d'irrigidimento fiscale potrebbero volerci anni- la politica monetaria cercherà di sobbarcarsi gli sforzi maggiori. Nessuno sa con certezza quali saranno gli effetti indesiderati e un aumento dell'inflazione potrebbe essere tra questi. Se il QE continuerà a spingere al ribasso gli spread del credito, sono sicuro che ad un certo punto osserveremo un movimento significativo negli spread dell'inflazione verso l'alto. La combinazione degli spread di high yield e inflazione break-even, a mio avviso, è ancora vincente.