News Notizie Mondo Stati Uniti: la crescita americana perde potenza?

Stati Uniti: la crescita americana perde potenza?

Pubblicato 15 Gennaio 2015 Aggiornato 19 Luglio 2022 15:42
"L'economia mondiale è in una congiuntura sconcertante" ha dichiarato ieri il capo economista e vicepresidente della Banca mondiale, Kaushik Basu. E i mercati hanno reagito con sconcerto. Negativi sia in Europa, nonostante il parere della Corte di giustizia europea favorevole al programma Omt, sia negli Stati Uniti. In questo secondo caso - sottolinea Michael Hewson chief market analyst di CMC Markets UK - proprio nel giorno in cui la stessa World Bank ha incoronato gli Usa 'unico motore della crescita globale'". Così, se le prospettive di crescita di Cina ed Europa rimangono preoccupanti, tra gli investitori comincia a fare capolino il dubbio che anche l'economia a Stelle e strisce stia perdendo potenza.

Non solo tra gli investitori a dire il vero. Il Beige book diffuso dalla Federal Reserve ieri sera, in preparazione della prossima riunione del Comitato di politica monetaria, descrive la crescita statunitense "tra il modesto e il moderato" ed evidenzia note di preoccupazione per la crescita dei consumi "lenta" e per il crollo delle quotazioni del petrolio. Quasi una contraddizione se si crede nell'equazione minor prezzo del petrolio, benzina a prezzi bassi, più soldi nelle tasche dei consumatori. Eppure le vendite al dettaglio sono scese dello 0,9% congiunturale a dicembre nonostante il costo dei carburanti sia passato da 3 a 2 dollari da settembre ai livelli attuali. Dunque qualche rumorino nel motore della crescita americana sembra esserci davvero.

Trattandosi dell'unico motore della crescita mondiale c'è di che essere preoccupati anche se "un ulteriore deterioramento dei dati americani potrebbe spingere la Fed ad allontanare il primo rialzo dei tassi di interesse. In linea generale - conclude lo strategist - la caduta dei prezzi delle materie prime (al petrolio si aggiunge anche la debolezza dei prezzi del rame ndr) - fa sorgere il dubbio che il traino della domanda che ha caratterizzato le commodity negli anni passati sia ormai una stagione archiviata e che la gran mole di investimenti effettuata si traduca oggi in un eccesso di capacità produttiva in una fase di domanda decrescente. La domanda che si pongono gli investitori se i benefici fiscali derivanti dalla bassa inflazione favoriscono alcuni settori dell'economia siano in grado di controbilanciare la riduzione negli investimenti e nei margini che caratterizza i comparti legati all'energia".