Notizie Notizie Italia La carta italiana non spaventa più, anzi piace. A dispetto di fine QE e rischio recessione

La carta italiana non spaventa più, anzi piace. A dispetto di fine QE e rischio recessione

30 Gennaio 2019 13:36

La maxi asta di oggi sembra confermare il marchio di qualità che gli investitori hanno deciso di imprimere alla carta italiana. Dopo l’annus horribilis 2018, le emissioni dei titoli di stato italiani si concludono finalmente con successo, e anche con qualche sorpresa.

Sia i tassi dei BTP decennali che quelli dei BOT a 6 mesi, per esempio, scendono ai minimi dall’aprile del 2018. Non si tratta di un elemento da sottovalutare, visto che i valori testano i livelli più bassi dal periodo precedente la formazione del governo M5S-Lega, da molti esperti visto come minaccia concreta per il debito pubblico made in Italy.

La verità sta proprio in questo governo, che si è rivelato decisamente meno pericoloso di quanto si temesse.

Basta guardare agli aggiustamenti che hanno interessato la manovra finanziaria: una manovra inizialmente reputata troppo audace, con quel suo target sul deficit fissato al 2,4%, che è stata poi smorzata nei contenuti, con la riduzione di quell’obiettivo al 2,04%.

Si considerino, inoltre, anche le dichiarazioni rilasciate dai vari esponenti dell’esecutivo giallo-verde, che ormai sono diventati tutti (quasi) pro-euro, a parte qualche momento in cui la vera natura dei diretti interessati torna a fare capolino, come nel caso, oggi, del ministro Paolo Savona, che ha dato praticamente a Bruxelles la colpa del caos Brexit in cui il Regno Unito si è impantanato, risfoderando un tono anche piuttosto forte.

Una parentesi, quella di Savona, che si innesta in una linea del governo che non sembra fare più tanta paura agli investitori, non come prima, almeno.

E anche se poi i recenti alert di Fmi e Bankitalia costringono a rimanere vigili, non c’è dubbio che la carta italiana sia tornata appetibile agli occhi degli investitori non solo nelle vesti di debito sovrano, ma anche in quelle di corporate debt, vista l’accoglienza verso il green bond Enel e il subordinato di Generali.

Il calo dello spread in area 240 punti base dà inoltre ragione a quegli analisti che, dopo l’asta del BTP a 15 anni dello scorso 17 gennaio, avevano previsto altri cali. Confortano quei dati che attestano, inoltre, anche il ritorno degli investitori stranieri.

Il mercato del debito sovrano italiano ha dimostrato subito di aver voltato pagina con le prime due aste del 2019 che hanno visto tassi in picchiata. Ed è notevole rimarcare che tutto questo si sta verificando in un contesto di rischio recessione e assenza dell’assist Bce, che ha staccato la spina del Quantitative easing a fine 2018.

In realtà, le prime avvisaglie di un recupero della carta italiana si erano presentate già a dicembre, che è stato un mese favorevole sia per i BTP che per le banche italiane. La prosecuzione del trend positivo delle aste porta a chiedersi se il cigno grigio dei nove totali pronosticati da Nomura si stia già avverando.

Il riferimento è al cigno grigio che parla di di shock, questa volta finalmente positivo, per l’Italia.

Ma certo, il mercato guarda sempre avanti, per sua natura tende ad anticipare gli eventi. E un recente articolo di Bloomberg segnala come l’appetito per la carta italiana si spieghi, piuttosto, con quelle speculazioni che sono montate giovedì scorso, a seguito della conferenza stampa di Mario Draghi.

In quell’occasione, il numero uno della Bce ha ammesso che i rischi sull’economia dell’Eurozona si sono trasformati da bilanciati al ribasso, sottolineando che sì, al Consiglio direttivo della Bce la parola magica TLTRO è stata pronunciata. Per ora nessuna decisione è stata presa, ma gli analisti già scommettono su un annuncio nella riunione di marzo.

E questo basta per portare gli investitori a ritenere che la carta italiana, abbandonata dal QE-scudo BTP, potrà contare su un nuovo assist targato Bce.

Carta italiana richiesta a man bassa in aste

Oggi il Tesoro ha collocato titoli a media e lunga scadenza per 8 miliardi di euro, ossia il massimo della forchetta prevista. Nel dettaglio sono stati allocati Btp decennali per 2,5 miliardi di euro con rendimento medio del 2,60%, in calo di 10 punti rispetto alla precedente asta di titoli di analoga durata. Si tratta del tasso più basso dallo scorso aprile. Il Btp a 5 anni ha visto il collocamento di titoli per 2,75 mld al tasso medio dell’1,49% (in calo di 30 pb). LEGGI QUI per altri dettagli.

Ieri il Tesoro ha collocato titoli a sei mesi per complessivi 6,5 miliardi di euro. Il rendimento medio di assegnazione è stato di -0,025%, in netto calo dallo 0,215% dell’asta precedente. Si tratta del rendimento più basso da aprile 2018. LEGGI QUI per altri dettagli.