Notizie Notizie Italia Intesa SanPaolo, Messina su nuovo piano: tra obiettivi, crescere in risparmio gestito e polizze rischio

Intesa SanPaolo, Messina su nuovo piano: tra obiettivi, crescere in risparmio gestito e polizze rischio

23 Maggio 2017 16:28

“Il nuovo piano di impresa, che presenteremo all’inizio del 2018, prevederà un ulteriore notevole rafforzamento nel wealth management, sviluppando le nostre capacità interne di crescita”. Lo ha affermato il numero uno di Intesa SanPaolo, l’amministratore delegato Carlo Messina, in un’intervista rilasciata al quotidiano economico francese Les Echos. 

Diversi i temi affrontati: non solo gli obiettivi di Intesa SanPaolo, ma anche i punti deboli dell’economia italiana – a tal proposito Messina ha lanciato un appello per ridurre il problema dell’elevato debito pubblico, indicando la riduzione una priorità per l’Italia – la piaga dei crediti deteriorati nel sistema bancario italiano, il salvataggio delle quattro ex bad banks, ora diventate good bank, Banca Etruria & Company.

E, ancora, Messina ha parlato anche degli imponenti sforzi compiuti dal fondo Atlante, del caso MPS, del fallimento della strategia di integrazione con Generali. Su questo punto ha ribadito che: “rientra nei doveri di un amministratore delegato esaminare le opzioni di crescita ed è quanto abbiamo fatto nel caso di Generali”. Il punto, è che “tra i doveri di un amministratore delegato rientra anche quello di creare valore per gli azionisti. Quando siamo giunti alla conclusione che questa esigenza non poteva essere soddisfatta, abbiamo chiuso il dossier”.

A Les Echos, Messina ha illustrato a grandi linee il piano industriale futuro:

“Il primo asse consisterà nell’aumentare la nostra impronta sul risparmio gestito. Abbiamo già convertito 80 miliardi di euro di semplice risparmio in attivi gestiti, e il potenziale è di altri 200 miliardi di euro circa. L’obiettivo del nostro piano consisterebbe nel convertire un centinaio di miliardi di euro. L’altro asse principale sarà diventare uno dei cinque primi attori del segmento delle polizze rischio in Italia contro il quindicesimo posto che ricopriamo attualmente. Questo richiederà soprattutto investimenti nel personale. Ci siamo già riusciti nel settore delle assicurazioni vita, passando dal quindicesimo posto di qualche anno fa al primo posto oggi. Inoltre svilupperemo la banca online che abbiamo appena comprato, ITB, che è denominata la banca dei tabaccai poiché si appoggia a una rete di 22.000 tabaccai che potrebbe arrivare a 40.000. L’abbiamo ribattezzata «Banca 5» dal momento che offriremo cinque semplici prodotti attraverso quella che è una vera e propria banca di prossimità. Questo ci consentirà, tra l’altro, di chiudere delle agenzie bancarie. Benchè il fulcro di Intesa Sanpaolo resti l’Italia, intendiamo anche aumentare la nostra presenza all’estero, e in particolare in Cina dove già possediamo il 15% di Bank of Qingado e il 49% del fondo Penghua”.

Intesa SanPaolo, ha precisato ancora l’AD, ha ancora considerevoli margini di miglioramento dopo gli ottimi risultati di 910 milioni di utile nel primo trimestre.

“I risultati del primo trimestre confermano che il nostro business model è vincente. Ormai siamo dei veri esperti di gestione patrimoniale europea e disponiamo della prima rete retail italiana. Il nostro livello di solvibilità e la nostra gestione dei costi ci consentono di figurare tra i migliori in Europa. I nostri risultati operativi sono tra i più elevati se considerati rispetto alle banche più simili alla nostra. E’ un business model sostenibile che si fonda sulla forza del risparmio degli italiani. Al momento gestiamo 860 miliardi di euro di cui 320 miliardi di attivi, in aumento di 80 miliardi in questi ultimi tre anni”.

“Continuo a vedere un grande potenziale di crescita dei ricavi da commissioni. Ci classifichiamo in Europa subito dopo UBS e Credit Suisse.  Anche nel rapporto costi/ricavi siamo al 48% e secondi solo a Santander. Gli spagnoli sono avvantaggiati dal basso costo dei loro investimenti in Sudamerica. Siamo stati selezionati come migliore banca in Italia non solo dall’Osservatorio Finanziario, ma anche in base alla valutazione di 2500 investitori istituzionali e analisti come banca con il miglior CEO, il miglior CFO e il miglio IR-Team”.

Di fatto la migliore banca, come ha fatto notare Borsen-Zeitung, in Italia, in testa alle prime 24 banche italiane, Intesa si focalizzerà anche in futuro, dunque, su wealth management, digitalizzazione e online banking.

Inoltre, la banca vuole rafforzare la propria posizione in Cina, dove ha creato una società di asset management.

“Vediamo un elevato potenziale di capacità di risparmio in Cina e in futuro vogliamo aprire nuove filiali in tutto il paese”, ha confermato Messina.

E ha anche fatto una promessa, in generale, agli azionisti: “Garantiremo alti dividendi in futuro”. 

Sulle riserve che l’Ue che continua ad avere sull’economia dell’Italia, l’AD ha espresso la sua view, a Les Echos:

“La ripresa economica è debole, ma c’è. La domanda di prestiti aumenta poiché ci troviamo di fronte a una ripresa del mercato immobiliare dopo la crisi che abbiamo vissuto in questi ultimi anni. Stiamo aiutando anche le imprese che hanno deciso di investire di nuovo, soprattutto per sostenere le esportazioni. Comprendo le preoccupazioni della Commissione Europea sulla crescita italiana, tuttavia quando si osserva un paese bisogna partire dagli elementi strutturali. L’Italia, in passato, non ha mai avuto un ritmo di crescita annuo nettamente superiore all’1-1,5%. Da questo punto di vista è più simile al Giappone che non ai suoi vicini europei. La penisola possiede un ingente volume di risparmio, un forte debito pubblico, che è il problema maggiore, e una crescita debole. Quello che era sostenibile un tempo non lo è più con la crisi che abbiamo appena attraversato, e il costo sociale è troppo importante. Il paese deve assolutamente ridurre il debito pubblico per rilanciare il tasso di crescita, diminuire la disoccupazione e aumentare gli investimenti”.

L’idea relativa alla creazione di una bad bank non entusiasma tuttavia il dirigente, che ha sottolineato a Borsen-Zeitung che una tale proposta “sarebbe stata utile 5 anni fa”, ma non oggi.

Il perchè? “La formazione di una bad bank impedirebbe ai singoli istituti di credito di risolvere il loro problema delle sofferenze per conto proprio/sotto la propria regia”.

In definitiva, “la bad bank è un sogno che impedisce di affrontare i problemi”.

Riguardo al caso MPS, ancora in attesa di un via libera dell’Ue e della Bce per la ricapitalizzazione preventiva, l’AD ha commentato, che “lo Stato avrebbe dovuto impegnarsi in MPS alcuni anni fa, prima di avviare i numerosi aumenti di capitale”.

In merito al ruolo che ha svolto al Fondo Atlante e ai costi che la stessa Intesa SanPaolo ha sostenuto per salvare il sistema bancario europeo, Messina ha ricordato:

“Abbiamo investito oltre un miliardo di euro nel fondo di salvataggio Atlante e nel fondo di risoluzione bancaria. Indubbiamente Atlante ha contribuito ad impedire una crisi sistemica del settore creditizio italiano. Ma abbiamo insistito che Atlante si facesse carico solo dei crediti inesigibili delle banche e non entrasse nel loro capitale (Popolare di Vicenza, Veneto Banca)”. In definitiva “si sarebbe dovuto insistere sulla causa delle loro difficoltà che era, appunto, la massa dei crediti inesigibili che provocava, dopo la loro vendita, un bisogno di ricapitalizzazione. Il fondo Atlante è stato un fattore oneroso per il sistema bancario, ma era il prezzo da pagare per la sua stabilità”.

E ancora, sulla possibilità di puntare ancora su Alitalia, che non è stata certo un cavallo vincente, Messima ha ricordato:

“Quando anni fa abbiamo acquisito circa il 13% delle azioni Alitalia, eravamo convinti del nuovo piano industriale. Non è stato possibile attuare il business plan di Etihad. Nel frattempo abbiamo completamente svalutato la quota di Alitalia. Non siamo disponibili ad intervenire in qualità di azionista nella “nuova” Alitalia, ma come finanziatori di Alitalia, con un piano aziendale e di recupero valido. Siamo banchieri e il nostro core business non è nelle partecipazioni industriali”-