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Gli emergenti di domani, occhio alle performance dei mercati di Frontiera

Pubblicato 21 Ottobre 2017 Aggiornato 22 Ottobre 2017 08:05

Quest’anno è tornata forte tra gli investitori la voglia di mercati emergenti, compresi anche quella dei meno conosciuti mercati di Frontiera, che in realtà già nel 2016 avevano regalato buone soddisfazioni Si tratta di mercati meno avanzati legati a economie che non rientrano ancora nella cerchia degli emergenti. Se da un lato presentano una rischiosità percepita superiore rispetto agli altri mercati globali, dall’altro presentano un maggiore potenziale inespresso abbinato alla peculiarità di una bassa correlazione con l’andamento dell’equity globale. Negli ultimi 6 anni solo il 2015 gli indici legati a Frontier Market hanno evidenziato ritorni negativi e quest’anno è incamminato molto bene con un saldo positivo a doppia cifra testimoniato dal +25% circa, in dollari Usa,  dell’MSCI Frontier 100.

Economie in accelerazione

Diversi paesi di Frontiera hanno visto aumentare la crescita del PIL nel secondo trimestre dell’anno, tra cui Nigeria, Ghana, Ecuador, Mongolia e Vietnam. “La crescita delle esportazioni è migliorata in tre quarti dei Paesi dell’indice di mercato Next Generation (NEXGEM) di JP Morgan e le riserve di FX sono aumentate in due terzi dei paesi”, rimarca Fitch Ratings aggiungendo come la stabilizzazione dei prezzi delle materie prime ha aiutato i paesi maggiormente dipendenti dalle risorse di base.

“I mercati di frontiera dovrebbero seguire lo sviluppo positivo che ha interessato i mercati emergenti negli ultimi trent’anni”, rimarca Emre Akcakmak, Portfolio Advisor del fondo East Capital Global Frontier Markets, che aggiunge: “Per gli scettici che non riescono a vedere la luna, ma solo il dito che la indica, i mercati di frontiera continueranno a essere principalmente un rischio. Tuttavia, noi li reputiamo un’incredibile opportunità, dove però, la gestione attiva è fondamentale per generare rendimenti significativi, in quanto la ricerca di opportunità proficue richiede uno sforzo in più da parte dell’investitore”.
Il World Economic Outlook di ottobre del FMI vede la lista delle economie a crescita maggiore ampiamente dominata dai mercati di frontiera, la cui crescita media nel quinquennio 2018-2022 è prevista essere superiore al 4%.

Bassa correlazione con l’equity globale

Tra le peculiarità dell’investimento in questi mercati c’è la relativamente bassa correlazione che hanno tra di loro i vari mercati di frontiera poiché le loro economie risultano guidate principalmente da fattori locali. Pertanto l’eventuale difficoltà di un Paese non va a inficiare il sentiment complessivo sui mercati di frontiera e ne contiene così gli sbalzi di volatilità. Inoltre l’indice MSCI Frontier Market mostra una correlazione bassa sia con l’indice MSCI Emerging Markets che con l’Indice MSCI World.

Argentina e Kuwait pronte al grande salto

Negli indici sui mercati di frontiera, a cui si rifanno alcuni ETF, il peso maggiore lo hanno Argentina e Kuwait (circa il 40% del totale), due paesi che potrebbero acquisire lo status dei mercati emergenti forse già nel prossimo anno. Peso importante anche per Nigeria e Vietnam.

 

Lo slancio delle riforme

Tali paesi di Frontiera sono inoltre interessati da un forte slancio riformista. “Argentina ed Egitto sono ottimi esempi di mercati guidati da riforme economiche – sottolinea Emre Akcakmak – che hanno portato alla libera fluttuazione della valuta domestica e al riequilibrarsi degli equilibri di bilancio attraverso varie misure, tra cui la rimozione di alcune regolamentazioni di stampo populista. Dopo anni di diminuzione della competitività, gli esportatori riescono finalmente a sfruttare la debolezza della moneta locale”.
In Argentina le società di utility hanno corso molto dopo la liberalizzazione del mercato, che ha rappresentato una vera rivoluzione trasformando compagnie in perdita, in aziende in grado di generare forti flussi di cassa.