News Notizie Italia Il cambio euro/dollaro porta i bond Usa sulle montagne russe

Il cambio euro/dollaro porta i bond Usa sulle montagne russe

Pubblicato 13 Luglio 2006 Aggiornato 19 Luglio 2022 13:07
L'acquisto di quote di fondi obbligazionari denominati in una divisa diversa dall'euro, può rappresentare un'occasione per diversificare il proprio portafoglio, solo a patto di adottarla con molta cautela. La volatilità media dei fondi obbligazionari area dollaro per l'ultimo anno - misurata dalla deviazione standard annualizzata - è stata del 9,98%. Se prendiamo in considerazione gli ultimi tre anni, la volatilità, pur calando, resta su livelli molto elevati ( 8,81%). L'analisi dei dati relativi alla volatilità dimostra che questi fondi hanno mostrato un comportamento simile a quello di un fondo azionario. L'investitore medio farà bene ad inserire la quota destinata a questo tipo di prodotti in quella parte dell'asset allocation dedicata agli strumenti considerati ad alto rischio.

Le variazioni del valore della valuta di riferimento determinano, in misura assai importante, il rendimento dell'investimento effettuato. Se la valuta acquistata si rivaluta nei confronti dell'euro, tutto l'investimento ne beneficia, mentre ne subisce gli effetti negativi, nel caso contrario. In pratica, una svalutazione dei titoli presenti in portafoglio ( calo del prezzo dovuto alla presenza di titoli a tasso fisso in una fase di costo del denaro in ascesa) potrebbe essere non solo ammortizzata ma addirittura annullata dal miglioramento del rapporto di cambio. D'altra parte, un guadagno in conto capitale prodotto dallo strumento finanziario in cui si è investito potrebbe essere vanificato da un peggioramento del cambio. In definitiva, se si acquistano quote di un fondo che investe in obbligazioni o titoli governativi denominati in dollari Usa ( ma lo stesso ragionamento vale per le altre divise) lo si fa per due motivi: o si è alla ricerca di rendimenti più elevati (cedole) o si ipotizza che l'euro subirà una svalutazione nei confronti dell'altra divisa. Ovviamente, non vi sono certezze, tranne che questa forma di investimento richiede un livello di attenzione molto più elevato rispetto a quello dedicato ai tradizionali strumenti finanziari espressi in euro.

Attualmente, gli Stati Uniti rappresentano il 20% del Prodotto interno lordo planetario ma ricevono il 75% del risparmio accumulato nel mondo. Dopo aver toccato un livello massimo di 1,3666 dollari il 30 dicembre del 2004, la valuta unica europea ha subito una progressiva svalutazione nei confronti del biglietto verde. Da allora, e fino al raggiungimento del cambio a 1,1721, la divisa europea ha lasciato sul terreno più del 14% del suo valore e si è collocata sui livelli più bassi degli ultimi diciotto mesi (è necessario risalire al 26 aprile del 2004 per incontrare una quotazione ancor più bassa). Dopo il parziale recupero realizzato nel 2005, il biglietto verde ha ricominciato a perdere terreno ( attualmente oscilla tra 1,26 e 1,28).

Warren Buffett, il magnate e presidente della società Berkshire Hathaway, ha scommesso contro la divisa nordamericana, sperando in un trend contrario a quello che ha avuto luogo. Nel 2005, l'imprecisione è costata a Buffett più di 900 milioni di dollari (circa 769 milioni di euro). Lo scorso 4 novembre Buffett ha annunciato in un comunicato di aver optato per una riduzione della posizione per un ammontare corrispondente a circa 16.500 milioni di dollari in settembre (rispetto ai 21.500 milioni detenuti in giugno).

Ma quali sono i fattori che incidono sul mercato delle divise?
In primis, i tassi di interesse. Il costo del denaro incide direttamente sulle divise, aumentando la capacità di attrazione di una moneta quando salgono e facendole calare quando scendono.
In secondo luogo il flusso dei capitali. Una conseguenza diretta della crescita dei tassi di interesse risiede nella crescita dei flussi di capitali indirizzati verso gli strumenti denominati nella valuta interessata. Ricordiamo ancora una volta che gli Stati Uniti rappresentano il 20% del Prodotto interno lordo planetario ma ricevono il 75% del risparmio accumulato nel mondo.
Terzo elemento: il deficit commerciale. Lo squilibrio ha alimentato le scommesse di numerosi investitori contro il biglietto verde (speranzosi di assistere ad un ulteriore indebolimento del biglietto verde per finanziare tale deficit).
Infine, la forza dell'economia. Un'economia forte è quasi sempre sinonimo di una divisa forte.

Nella lotta tra le variabili economiche per esercitare un'influenza sul mercato dei cambi, la forza dell'economia Usa sembra aver avuto la meglio (per ora) sulle preoccupazioni derivanti dal continuo peggioramento dei deficit. Un eventuale rallentamento dell'economia Usa o una ripresa della crescita o dei tassi di interesse in Europa, potrebbero riportare l'attenzione sui problemi macro degli Usa.
Le oscillazioni del cambio euro/dollaro hanno portato la volatilità dei fondi obbligazionari e monetari denominati in Usd su livelli compresi tra l'8% e il 9%. L'investitore medio farà bene ad inserire la quota destinata a questo tipo di prodotti in quella parte dell'asset allocation dedicata agli strumenti considerati ad alto rischio. A cura di www.fondionline.it