Notizie Indici e quotazioni Bank of America: “Il Grande mercato toro è morto. Fine per liquidità e rendimenti in eccesso”

Bank of America: “Il Grande mercato toro è morto. Fine per liquidità e rendimenti in eccesso”

20 Settembre 2018 13:48

“Il grande mercato toro è morto: fine della liquidità in eccesso = fine dei rendimenti eccessivi”: Michael Hartnett, responsabile strategist per gli investimenti di Bank of America Merrill Lynch, posa la pietra tombale sul mercato toro: un mercato toro che è nato qualche mese dopo il crac di Lehman Brothers, di cui in questi giorni si è ricordato il decimo anniversario.

La data di nascita si fa risalire al 9 marzo del 2009, giorno in cui il toro ha iniziato a scalpitare, permettendo all’indice S&P 500 di balzare di oltre +300% da allora.

La pacchia sarebbe destinata tuttavia a finire, a causa di un mix di fattori come il rallentamento della crescita economica, l’aumento dei tassi di interesse e un debito che, in tutto il mondo, sta raggiungendo cifre sempre più impressionanti.

Tutto questo, mentre gli investitori sono costretti a fare i conti con una realtà del tutto nuova: l’assist garantito in tutti questi anni dalle banche centrali di tutto il mondo sta per finire. La liquidità che ha inondato il sistema finanziario sta per essere drenata. E non si tratta certo di una liquidità da poco. Bank of America Merrill Lynch riporta infatti che, attraverso i loro vari programmi di stimoli monetari, le banche centrali hanno immesso nel sistema finanziario globale ben $12 trilioni, procedendo contestualmente a 713 tagli dei tassi.

Prima della classe nel fornire stimoli monetari anti-convenzionali è stata sicuramente la Federal Reserve, che ha lasciato i tassi di interesse inchiodati allo zero per sette anni, gonfiando il proprio bilancio fino a oltre $4,5 trilioni. Il bazooka monetario portato avanti dalla banca centrale Usa si è tradotto in un rally del 335% dello S&P 500, rispetto ai minimi testati durante la crisi.

Ma al boom dei mercati si è affiancato il boom dei debiti: i bassi tassi di interesse e i programmi aggressivi di Quantitative easing hanno scatenato una crescita molto sostenuta del debito globale, che è volato dai $172 trilioni precedenti la crisi finanziaria globale fino ai $247 trilioni attuali.

Per non parlare del debito della Cina, che è balzato del 460% a $40 trilioni; in generale il denito governativo globale è cresciuto del 73% a $67 trilioni, mentre il debito governativo Usa è aumentato di quasi +82% dall’implosione di Lehman Brothers, avvenuta il 15 settembre del 2008.

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Come si devono comportare in un tale contesto gli investitori?

La risposta che Hartnett di Bank of America dà è la seguente: concentrarsi sulle “diseguaglianze, l’innovazione e l’immortalità”, fattori di cui dovrebbero beneficiare le società farmaceutiche e tecnologiche. Ma puntare anche sulle commodities, le azioni value, e i mercati al di fuori degli Usa e del Canada.

“La Fed ora è nel bel mezzo di un ciclo di strette monetarie, che ignora la deflazione strutturale e che si concentra sull’inflazione ciclica. Fino a quando la politica di rialzi dei tassi della Fed non terminerà, sospettiamo che i rendimenti assoluti degli asset finanziari rimarranno ridotti e volatili“.

Il punto è che ulteriori rialzi dei tassi potrebbero, secondo lo strategist di Bank of America, portare i tassi dei Treasuries a breve termine a superare quelli a lungo termine: si creerebbe quella condizione che è conosciuta come curva dei rendimenti invertita, che ha preceduto ciascuna delle ultime sette recessioni.

“Tra l’altro la Fed – sottolinea Hartnett – sta dicendo che ‘stavolta è diverso’ e che dunque una curva piatta o invertita non impedirà nuove strette monetarie. Un approccio della Fed più da falco sarà molto probabilmente il fattore che scatenerà nuove perdite tra gli asset“.