Notizie Notizie Italia Banco alimentare: cresce la povertà in Italia, aumentano gli assistiti

Banco alimentare: cresce la povertà in Italia, aumentano gli assistiti

30 Giugno 2015 14:18
La crisi continua a farsi sentire sulle tasche delle famiglie italiane. Negli ultimi anni il potere d’acquisto è diminuito a fronte di un aumento della disoccupazione. Una nuova ricerca della Fondazione Banco Alimentare, condotta con il contributo di Fondazione Deutsche Bank e PwC evidenzia alcune cifre interessanti. 
Il 10% degli italiani soffre di povertà alimentare e non è in grado di premettersi di mangiare con regolarità. Un milione e trecentomila sono minorenni. È la prima cifra fornita dall’indagine “Food poverty food bank, aiuti alimentari e inclusione sociale” della Fondazione Banco Alimentare. Rispetto al 2007, prima della crisi, è passata dal 6% al 14% la percentuale di persone che non possono permettersi un pasto con una componente proteica ogni due giorni. 
Altrettanto preoccupante il fatto che lo stato di bisogno non sia temporaneo ma abbia una tendenza a cronicizzarsi. “Il 65% degli enti convenzionati con il Banco Alimentare – riporta l’indagine – ha dichiarato un aumento tra moderato e forte dei propri assistiti, in particolare adulti italiani, persone disoccupate, indebitate, separate e divorziate che chiedono di poter ricevere un pacco alimentare. Per contro il 47 per cento degli enti non ha segnalato l’uscita di persone dalla condizione di bisogno”. 
Nell’80% dei casi è la perdita del lavoro a determinare lo scivolamento sotto la soglia di povertà. “Questa indagine sulla povertà alimentare in Italia – afferma Giancarlo Rovati, ordinario di Sociologia all’Università Cattolica di Milano e curatore della ricerca – fotografa due mondi in stretto rapporto tra loro: il mondo di chi soffre i disagi della povertà e il mondo di chi cerca di alleviarli e sconfiggerli. La geografia della solidarietà offre dunque una speranza alla geografia della povertà. Le risorse per la lotta alla povertà vanno però sensibilmente aumentate per passare dalla fase, insostituibile, della assistenza a quella dell’inclusione sociale”.