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Milano, cannabis legale: la rapida crescita dei punti vendita. E il governo frena
Kit per coltivatori e creme: negozi a quota 18 Circolare fissa nuovi limiti al principio attivo
Milano, cannabis legale: la rapida crescita dei punti vendita. E il governo frena - Corriere.it
L’ultimo puntino sulla mappa è in via Balestrieri 5, Chinatown. Festa di inaugurazione ieri per l’ennesimo grow shop in città, battezzato «Flower Farm Arena». A fondarlo tre papà incontratisi agli allenamenti di rugby dei figli. «Venderemo infiorescenze di cannabis delle specie consentite dalla legge, oli essenziali, qualche crema — spiega Arslen, 48 anni —. Pochi prodotti. E abbiamo già preso le serre in Abruzzo e Sardegna per le coltivazioni». Nessun imbarazzo davanti ai ragazzini. «Sulla porta ci sarà scritto chiaramente che non vogliamo clienti minorenni». Mentre in via San Galdino 4, di fronte all’ospedale Buzzi, l’insegna è già piazzata ma l’apertura di «Green shop» è fissata per luglio. «Stiamo arredando il negozio — dice la titolare, Laura Marinò — e una ragazza ci aiuta per le decorazioni». Là dove fino a poco tempo prima c’era una lavanderia, tra un mese si venderanno cannabis light (con percentuale di principio attivo Thc sotto lo 0,2), semi di canapa e cosmetici derivati, accessori per fumare. «Credo tanto nei benefici della canapa e sono felice che ora si stia riscoprendo. Sembra di essere tornati agli anni Sessanta».
Due esempi che raccontano la recente fioritura di negozi di «cannabis legale» a Milano. Il sito specializzato Growshop conta 16 punti vendita in città. «Ma nell’ultimo anno c’è stato un boom di aperture — riconosce uno dei responsabili del portale, Matteo Gracis — e fatichiamo a registrarli tutti. Facile che ce ne sia scappato qualcuno». Nel 2017 in Italia ne sono stati aperti circa 120. Come dire uno ogni tre giorni. Da una parte il contenuto investimento iniziale (si parte dai diecimila euro), dall’altra la possibilità di grandi ricavi spingono il mercato. I clienti che vogliono acquistare cannabis light devono sborsare dagli 8 ai 17 euro al grammo, mentre per un singolo seme si arriva a pagare anche dieci euro. Il kit per la coltivazione in proprio sale a 300 euro. A fine mese la cassa pesa. «So di realtà che fanno anche 30 o 40 mila euro al mese di fatturato», continua Gracis.
Antesignano del canna-business a Milano è «Greentown» in via Rosolino Pilo a Porta Venezia, nato nel 2007. «All’epoca era tutto diverso — ricorda il fondatore Michele Nincevich —. Ci siamo specializzati nella coltura idroponica, una tecnica di coltivazione fuori suolo». Se all’inizio interessava solo i «contadini» della canapa, poi si è diffusa ad altre specie, dai pomodori alle fragole. Da lì il negozio è diventato un punto di riferimento. «Oggi facciamo consulenza ai coltivatori, vendiamo vari prodotti e anche i fiori delle specie con l’ok della legge. La clientela? Molto consapevole di quello che vuole. Pochi ragazzini, tanti adulti. Non ci si sballa fumando queste infiorescenze». Sono gli stessi commercianti a denunciare un «vuoto normativo» che va colmato, per garantire qualità e regole precise. L’ultima circolare del Ministero delle Politiche agricole è di due giorni fa e cerca di mettere un po’ d’ordine. Gli addetti ai lavori stanno ancora cercando di capire cosa cambia. «Fino a ora c’era una ambiguità sul limite di Thc e qualcuno ne ha approfittato. Adesso pare che tutti si debbano adeguare alle 0,2 per cento come valore massimo e non più 0,6». Chiaro invece il no alle piantine ibride e all’importazione di specie non autorizzate. «A Milano ci sono negozi che non rispettano queste regole. Dovranno adeguarsi o chiudere».
La circolare ribadisce che la coltivazione è liberamente consentita (con il limite di 0,2 per cento di principio attivo) ma è fissata una tolleranza fino alle 0,6, oltre al quale le piantagioni potranno essere distrutte dall’autorità giudiziaria. L’attenzione normativa è una ulteriore conferma della crescita del settore. Ai punti vendita dedicati infatti si aggiungono una serie di concorrenti: da chi consegna la merce direttamente a domicilio alle tabaccherie e alle edicole che espongono i prodotti in bella vista vicino alla cassa. «L’attenzione è alta, c’è curiosità — spiega Nincevich — e i prezzi della merce si sono alzati. Ma con l’arrivo delle prime produzioni dai campi italiani penso che crolleranno».
Kit per coltivatori e creme: negozi a quota 18 Circolare fissa nuovi limiti al principio attivo
Milano, cannabis legale: la rapida crescita dei punti vendita. E il governo frena - Corriere.it
L’ultimo puntino sulla mappa è in via Balestrieri 5, Chinatown. Festa di inaugurazione ieri per l’ennesimo grow shop in città, battezzato «Flower Farm Arena». A fondarlo tre papà incontratisi agli allenamenti di rugby dei figli. «Venderemo infiorescenze di cannabis delle specie consentite dalla legge, oli essenziali, qualche crema — spiega Arslen, 48 anni —. Pochi prodotti. E abbiamo già preso le serre in Abruzzo e Sardegna per le coltivazioni». Nessun imbarazzo davanti ai ragazzini. «Sulla porta ci sarà scritto chiaramente che non vogliamo clienti minorenni». Mentre in via San Galdino 4, di fronte all’ospedale Buzzi, l’insegna è già piazzata ma l’apertura di «Green shop» è fissata per luglio. «Stiamo arredando il negozio — dice la titolare, Laura Marinò — e una ragazza ci aiuta per le decorazioni». Là dove fino a poco tempo prima c’era una lavanderia, tra un mese si venderanno cannabis light (con percentuale di principio attivo Thc sotto lo 0,2), semi di canapa e cosmetici derivati, accessori per fumare. «Credo tanto nei benefici della canapa e sono felice che ora si stia riscoprendo. Sembra di essere tornati agli anni Sessanta».
Due esempi che raccontano la recente fioritura di negozi di «cannabis legale» a Milano. Il sito specializzato Growshop conta 16 punti vendita in città. «Ma nell’ultimo anno c’è stato un boom di aperture — riconosce uno dei responsabili del portale, Matteo Gracis — e fatichiamo a registrarli tutti. Facile che ce ne sia scappato qualcuno». Nel 2017 in Italia ne sono stati aperti circa 120. Come dire uno ogni tre giorni. Da una parte il contenuto investimento iniziale (si parte dai diecimila euro), dall’altra la possibilità di grandi ricavi spingono il mercato. I clienti che vogliono acquistare cannabis light devono sborsare dagli 8 ai 17 euro al grammo, mentre per un singolo seme si arriva a pagare anche dieci euro. Il kit per la coltivazione in proprio sale a 300 euro. A fine mese la cassa pesa. «So di realtà che fanno anche 30 o 40 mila euro al mese di fatturato», continua Gracis.
Antesignano del canna-business a Milano è «Greentown» in via Rosolino Pilo a Porta Venezia, nato nel 2007. «All’epoca era tutto diverso — ricorda il fondatore Michele Nincevich —. Ci siamo specializzati nella coltura idroponica, una tecnica di coltivazione fuori suolo». Se all’inizio interessava solo i «contadini» della canapa, poi si è diffusa ad altre specie, dai pomodori alle fragole. Da lì il negozio è diventato un punto di riferimento. «Oggi facciamo consulenza ai coltivatori, vendiamo vari prodotti e anche i fiori delle specie con l’ok della legge. La clientela? Molto consapevole di quello che vuole. Pochi ragazzini, tanti adulti. Non ci si sballa fumando queste infiorescenze». Sono gli stessi commercianti a denunciare un «vuoto normativo» che va colmato, per garantire qualità e regole precise. L’ultima circolare del Ministero delle Politiche agricole è di due giorni fa e cerca di mettere un po’ d’ordine. Gli addetti ai lavori stanno ancora cercando di capire cosa cambia. «Fino a ora c’era una ambiguità sul limite di Thc e qualcuno ne ha approfittato. Adesso pare che tutti si debbano adeguare alle 0,2 per cento come valore massimo e non più 0,6». Chiaro invece il no alle piantine ibride e all’importazione di specie non autorizzate. «A Milano ci sono negozi che non rispettano queste regole. Dovranno adeguarsi o chiudere».
La circolare ribadisce che la coltivazione è liberamente consentita (con il limite di 0,2 per cento di principio attivo) ma è fissata una tolleranza fino alle 0,6, oltre al quale le piantagioni potranno essere distrutte dall’autorità giudiziaria. L’attenzione normativa è una ulteriore conferma della crescita del settore. Ai punti vendita dedicati infatti si aggiungono una serie di concorrenti: da chi consegna la merce direttamente a domicilio alle tabaccherie e alle edicole che espongono i prodotti in bella vista vicino alla cassa. «L’attenzione è alta, c’è curiosità — spiega Nincevich — e i prezzi della merce si sono alzati. Ma con l’arrivo delle prime produzioni dai campi italiani penso che crolleranno».