Caltagirone editore capitalizza meno del patrimonio netto tangibile



dal fatto quotidiano:

Caltagirone prepensiona i cronisti e finanzia
la sua scalata a Generali Mentre il suo gruppo editoriale affondava, il costruttore romano ha attinto a piene mani dalle casse dell'azienda per coprire la sua ascesa al gruppo di Trieste. I risultati dell'operazione sono 122 giornalisti a libro paga in meno e una perdita pari al 20 per cento del titoloSostiene Francesco Gaetano Caltagirone che “l’editoria vive una fase di gravissima crisi”. Per questo i giornali del suo gruppo (Messaggero, Mattino e Gazzettino) hanno tagliato alla grande negli ultimi due anni. Adesso, però, la “ristrutturazione può dirsi conclusa”, ha annunciato due giorni fa il costruttore romano agli azionisti della sua Caltagirone editore riuniti in assemblea. Crisi? Davvero? Dipende dai punti di vista. Se per esempio un’azienda tiene fermi in cassa centinaia di milioni di euro sotto forma di denaro contante, si fa fatica ad immaginarla sull’orlo del disastro. Se poi una parte di questo denaro viene dirottata su investimenti ben poco redditizi (eufemismo) che non hanno nulla a che fare con i giornali, allora viene da pensare che la ricca azienda editoriale venga utilizzata per finanziare gli affari e le ambizioni personali del socio di maggioranza. Con buona pace della crisi.

É questo il caso della Caltagirone editore, terzo gruppo nazionale nel settore della stampa quotidiana dopo Rcs e Espresso-Repubblica. L’anno scorso l’azienda romana è tornata all’utile (5,6 milioni di euro) dopo un 2009 lacrime e sangue chiuso in rosso per 39,5 milioni. Le vendite di Messaggero, Mattino e Gazzettino continuano a calare (meno 3,7 per cento nel 2010) e la pubblicità segue a ruota (meno 2,9 per cento). E allora il ritorno al profitto si spiega in buona parte con i tagli di personale e la diminuzione del prezzo della carta. Nel giro di due anni i giornalisti a libro paga sono passati da 632 a 510, quasi il 20 per cento in meno. Lo Stato ha dato una mano. Anche Caltagirone, come gli altri grandi editori, ha utilizzato i fondi pubblici stanziati per finanziare i prepensionamenti dei giornalisti.

É la crisi, bellezza, direbbe Humphrey Bogart. Già, la crisi. Il fatto è che mentre l’industria dei mass media affondava in un mare di perdite, Caltagirone ha attinto a piene mani alle casse dell’azienda editoriale di famiglia per sostenere la sua personale scalata alle Generali. Un’operazione brillante, dal suo punto di vista. L’anno scorso il costruttore finanziere immobiliarista è diventato vicepresidente del gruppo assicurativo di Trieste, una delle poltrone da cui si governa la finanza nazionale. Nel giro di due anni, tra il 2009 e il 2010, il gruppo Caltagirone editore ha puntato circa 55 milioni di euro sulle azioni Generali, altri 50 milioni erano stati investiti tra il 2007 e il 2008.

Questo pacchetto di titoli è andato ad aggiungersi a quelli rastrellati in Borsa da altre società riconducibili allo stesso Caltagirone. In totale si arriva al 2,3 per cento del capitale. Una quota di peso, che fa dell’editore del Messaggero uno degli arbitri della complessa partita che si gioca sul destino della compagnia. Solo un mese fa, con un clamoroso ribaltone, ha fatto le valigie il presidente Cesare Geronzi, in carica da meno di un anno, subito sostituito da Gabriele Galateri che proprio domani farà il suo esordio all’assemblea dei soci. Caltagirone è stato abile a non farsi coinvolgere nello scontro. Non ha mai appoggiato apertamente gli azionisti guidati da Mediobanca. Ma non ha mosso un dito neppure per salvare Geronzi.

Queste però sono le alchimie del potere nell’alto dei cieli della finanza. Bilanci alla mano non si può dire che la scalata alle Generali si sia fin qui dimostrata un grande affare per la Caltagirone editore, che conta su migliaia di piccoli azionisti. Il fatto è che negli ultimi due anni i titoli della compagnia triestina hanno perso quota in Borsa. Risultato: alla fine del 2010 il pacchetto rastrellato in Borsa dalla società editrice valeva 24 milioni in meno di quanto è stato pagato. Per far fronte a questa perdita potenziale è stata creata un’apposita riserva in bilancio. Intanto però le quotazioni di Generali faticano a riprendersi e i dividendi assicurati dalla compagnia sembrano una ben magra consolazione.

I piccoli azionisti, ovviamente, non sono contenti. E mercoledì scorso alcuni di loro lo hanno detto chiaramente in assemblea. Caltagirone ha replicato spiegando che l’investimento in Generali rappresenta una valida diversificazione degli investimenti e che il dividendo ha fin qui assicurato un rendimento del 3 per cento annuo. Tutto vero, ma non basta per far cambiare idea ai soci. I quali hanno ben poco da festeggiare.

Nell’ultimo anno i titoli Caltagirone editore hanno perso quasi il 20 per cento del loro valore, una performance davvero poco brillante e anche peggiore di altre aziende del settore come L’Espresso e Rcs. Nel 2000, quando il gruppo sbarcò in Borsa, i titoli furono venduti ai risparmiatori a 18 euro per azione. Adesso navigano intorno a 1,7 euro. Il collocamento di 11 anni fa, nel pieno della bolla di Internet, fu un gran successo. La vendita dei titoli fruttò oltre 600 milioni di euro, incassati dalla Caltagirone editore con la promessa che sarebbero stati investiti per lo sviluppo del gruppo. Dove sono finiti hanno fatto quei soldi? Una parte, circa un terzo è servita ad acquistare il Gazzettino di Venezia. Circa 150 milioni sono invece stati spesi per comprare titoli Generali e Monte dei Paschi, la banca di cui Caltagirone è azionista importante.

Restano oltre 250 milioni. Che fine hanno fatto? Semplice, sono fermi in cassa, alla voce liquidità. Significa che, in mancanza di meglio, i manager del gruppo editoriale hanno pensato bene di parcheggiare tutti quei i soldi in un semplice conto corrente bancario. Come dire, rischio zero. Anche il rendimento però non sembra granchè: in media solo lo 0,8 per cento annuo. Meno di un titolo di Stato. Meno di un pronti contro termine. Meno, molto meno, di un semplice conto vincolato. A Caltagirone evidentemente piace andare sul sicuro. Anche perchè tutti quei soldi sono parcheggiati al Monte dei Paschi. Di cui è vicepresidente. :censored:
 
Tutti dicono che il futuro dell'editoria è nel Web.
ma con il web si fanno gli utili?
 
era una risposta alla mia domanda?

:no:..nessuno la vuole ..perchè la vuole solo lui..il caltagirone...se fossi in lui farei un'opa e dopo venderei baracca e burattini..e amen
 
:no:..nessuno la vuole ..perchè la vuole solo lui..il caltagirone...se fossi in lui farei un'opa e dopo venderei baracca e burattini..e amen

eh si un'opa !!!!

ma a quanto ?????:cool:
 
Titoli venduti nel lontano anno 2000 a 18,00 euro. L'OPA fu pubblicizzata promettendo ai piccoli risparmiatori un sicuro investimento in un settore bisognoso di fondi per poter decollare. Sembrava che Gaetano Caltagirone avesse idee geniali per ampliare l'occupazione nel nuovo settore editoriale del WEB. Quali sono stati i risultati? Riduzione del personale nel settore editoria; cassa piena di soldi fermi; strani movimenti in affari poco convenienti per chi ha investito nel lontano anno 2000: azioni ridotte a circa 1,00 euro. Gaetano Caltagirone è morto; adesso bisogna aspettare che crepi anche questo Gaetano Francesco; può darsi che qualcuno di famiglia, dopo, si decida a restituire i soldi ai piccoli risparmiatori prima che qualcuno indaghi su come le azionoi furono vendute, nel lontano anno 2000, a 18,00 euro.
 
Titoli venduti nel lontano anno 2000 a 18,00 euro. L'OPA fu pubblicizzata promettendo ai piccoli risparmiatori un sicuro investimento in un settore bisognoso di fondi per poter decollare. Sembrava che Gaetano Caltagirone avesse idee geniali per ampliare l'occupazione nel nuovo settore editoriale del WEB. Quali sono stati i risultati? Riduzione del personale nel settore editoria; cassa piena di soldi fermi; strani movimenti in affari poco convenienti per chi ha investito nel lontano anno 2000: azioni ridotte a circa 1,00 euro. Gaetano Caltagirone è morto; adesso bisogna aspettare che crepi anche questo Gaetano Francesco; può darsi che qualcuno di famiglia, dopo, si decida a restituire i soldi ai piccoli risparmiatori prima che qualcuno indaghi su come le azionoi furono vendute, nel lontano anno 2000, a 18,00 euro.

non mi sento di scomettere che accadrà
 
non mi sento di scomettere che accadrà
Sull'altro thread di CED mi ero permesso proprio di fare riferimento a te.

Insieme a quello del "Sole" altro magnifico scandalo perpetuato ai danni dei piccoli risparmiatori.

Senza parole.
 
-6.71%.....eppure mi sembrava ieri il 1° aprile! Perchè mai tanto accanimento?
 

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Minkia Signor Tenente................ :(
 
Continua la debolezza....vediamo se prima dell'assemblea qualcosa cambia...speriamo.....
 
Continua la debolezza....vediamo se prima dell'assemblea qualcosa cambia...speriamo.....

o dopo

Il Consiglio di Amministrazione, inoltre, ha deliberato di proporre all’Assemblea lo
stanziamento dell’importo di euro 5 milioni per l’acquisto di azioni proprie fino ad
un massimo del 3% del capitale sociale.
 
o dopo

Il Consiglio di Amministrazione, inoltre, ha deliberato di proporre all’Assemblea lo
stanziamento dell’importo di euro 5 milioni per l’acquisto di azioni proprie fino ad
un massimo del 3% del capitale sociale.

significa 1,33 euro per azione
 
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