UNIPOL : Ci accontenteremo di 6 miseri euro ?

jeroma

nessun dorma
Registrato
20/2/12
Messaggi
3.996
Punti reazioni
270
Ricominciamo ?
Le prospetttive sono un pò cambiate, ma credo che 6 euro sia un target raggiungibile e soddisfacente.
 
Presente.
Visti i livelli attuali, direi che come target mi va bene. OK!
 
Ricominciamo ?
Le prospetttive sono un pò cambiate, ma credo che 6 euro sia un target raggiungibile e soddisfacente.

Vecchio detto in borsa recita piu' o meno cosi':
Nessun prezzo e' talmente basso in borsa come nessun prezzo e' talmente alto.
 
6 euro non mi sembrano affatto miseri :) piuttosto poco plausibili con l'aria che tira... a quanto dovrebbe arrivare l'indice per quotare 6 euro ? in un paese cosi' poco in salute come il nostro (per essere ottimisti) mi sa che 3.50/4 siano il top :(
 
6 euro non mi sembrano affatto miseri :) piuttosto poco plausibili con l'aria che tira... a quanto dovrebbe arrivare l'indice per quotare 6 euro ? in un paese cosi' poco in salute come il nostro (per essere ottimisti) mi sa che 3.50/4 siano il top :(

Sul problema Italietta sono d'accordo ma a volte i titoli buoni non necessariamente hanno bisogno di tutto il paniere in positivo per salire...a volte vanno per i fatti loro, l'unico problema insormontabile è che purtroppo tutte le assicurazioni hanno in pancia miliardi in titoli di stato che in questo caso fanno davvero la differenza essendo i nostri quasi carta straccia....vedi spread in crescita...
 
Sul problema Italietta sono d'accordo ma a volte i titoli buoni non necessariamente hanno bisogno di tutto il paniere in positivo per salire...a volte vanno per i fatti loro, l'unico problema insormontabile è che purtroppo tutte le assicurazioni hanno in pancia miliardi in titoli di stato che in questo caso fanno davvero la differenza essendo i nostri quasi carta straccia....vedi spread in crescita...



Vorrei averne un bel mucchio di quella carta straccia lì. :D
 
Sul problema Italietta sono d'accordo ma a volte i titoli buoni non necessariamente hanno bisogno di tutto il paniere in positivo per salire...a volte vanno per i fatti loro, l'unico problema insormontabile è che purtroppo tutte le assicurazioni hanno in pancia miliardi in titoli di stato che in questo caso fanno davvero la differenza essendo i nostri quasi carta straccia....vedi spread in crescita...

I btp non sono carta straccia poiché danno una ricca cedola e se vengono portati a scadenza non ci sono perdite, se invece si riferiscono a btp comprati negli ultimi due anni e vengono venduti ci saranno delle minusvalenze, ma comprare bund il tasso di ineteresse e' circa zero
 
I btp non sono carta straccia poiché danno una ricca cedola e se vengono portati a scadenza non ci sono perdite, se invece si riferiscono a btp comprati negli ultimi due anni e vengono venduti ci saranno delle minusvalenze, ma comprare bund il tasso di ineteresse e' circa zero

Se la cedola è ricca vuol dire che il certificato ha un rischio superiore....non voglio fare catastrofismo ma siamo messi praticamente come la grecia!
 
Se la cedola è ricca vuol dire che il certificato ha un rischio superiore....non voglio fare catastrofismo ma siamo messi praticamente come la grecia!

sono d'accordo, e prima o poi i "nodi vengono al pettine", prima o poi l'alto debito pubblico dovrà essere affrontato e quando si rialzeranno i tassi, per l'Italia, saranno problemi
 
Dire che siamo come la Grecia mi sembra un po troppo, abbiamo dei problemi sicuramente, ed i tassi bassi ed il petrolio ancora accessibile potremmo sfruttare questo periodo ma gli scandali e la corruzione non ci aiutano.
 
MARKET TALK: Unipol, B.Imi alza Tp a 4,6 euro

21/02/2017 15:18 MF-DJ

MILANO (MF-DJ)--Banca Imi alza il prezzo obiettivo di Unipol (+0,11% a 3,546 euro) a 4,6 da 3,6 euro, confermando la raccomandazione buy. "Pensiamo che i risultati del quarto trimestre 2016 mostrino una complessiva stabilizzazione del business bancario", sottolineano gli analisti, che considerano "il 37% di sconto espresso dalla holding agli attuali prezzi di mercato" come "eccessivo". sda susanna.scotto@mfdowjones.i
 
Vorrei averne un bel mucchio di quella carta straccia lì. :D

io direttamente non ho nemmeno un Titolo di Stato italiano, nel reddito fisso preferisco Fondi Obbligazionari Globali che investono poco o niente in Titoli di Stato Italiani
 
io direttamente non ho nemmeno un Titolo di Stato italiano, nel reddito fisso preferisco Fondi Obbligazionari Globali che investono poco o niente in Titoli di Stato Italiani


Anch'io ho qualche fondo obbligazionario, anche globale, ma solo per diversificare, credo che rendano bene al gestore del fondo più che a chi ci mette i soldi, se rendono qualcosa è perché c'è un rischio maggiore, ma non è sbagliato come investimento, non c'è in giro tanto di meglio, forse l'azione Unipolsai è meglio :D.

Per quanto riguarda i nostri titoli di stato, direi che è azzardato considerarli carta straccia, ieri ho letto uno studio di due accademici della Sorbona che valutavano i rischi di una cessazione dell'euro, ebbene a loro parere fuori dall'euro la lira si rivaluterebbe dell'1% :eek: diciamo che resterebbe stabile, il marco si rivaluterebbe del 14%, franco francese e peseta spagnola si svaluterebbero del 11%, insomma non siamo messi così male come si potrebbe pensare; i nostri titoli di stato non sono carta straccia, con la lira e una banca nazionale pubblica probabilmente avremmo la doppia A.
 
Ecco qua:






Lo dice anche la Francia "Se esce dall'euro l'Italia non rischia nulla"

Lo studio: il Paese sarebbe più competitivo e la nuova lira si rivaluterebbe dell'1%

Gian Maria De Francesco - Mar, 21/02/2017 - 20:00

commenta

Anche a Parigi si pensa all'Eurexit. Non si tratta, però, di uno slogan elettorale di Marine Le Pen, ma di un'elaborazione di un autorevole centro di ricerca economico transalpino, l'Ofce che è stato presieduto per vent'anni dall'economista Jean-Paul Fitoussi.

Insomma, Mediobanca Securities non è stata la sola in Europa a esercitarsi sul cosiddetto breakup, cioè lo «spezzatino» dell'unione monetaria. Il report della divisione Trading del «salotto buono» della finanza, pubblicato dal Giornale, ha svelato come il dibattito sia condotto nelle sedi istituzionali più importanti. Tant'è vero che uno dei due autori della pubblicazione dell'Ofce, Sébastien Villemot, collabora con Sciences Po, la prestigiosa università francese guidata dall'europeista Enrico Letta.

Lo studio, curato da Villemot e dal collega Cédric Durand della Sorbona, ipotizza due scenari: l'uscita dall'euro di un singolo Paese o la rottura totale e contemporanea dell'unione. Partiamo dalle conclusioni, che sono molto interessanti, e risaliamo successivamente alle premesse. Sulla base dei dati relativi alla natura del debito pubblico e di quello privato alla fine di settembre 2015, la fine dell'euro comporterebbe una sostanziale stabilità rispetto alla moneta unica per una eventuale nuova lira (che si rivaluterebbe di circa l'1% sull'euro). Tale considerazione proviene dal fatto che il debito pubblico emesso in altre giurisdizioni e valute si attesta a circa il 5% del Pil e dunque non rappresenta un problema irrisolvibile. In caso di Italexit, infatti, quei titoli o quei finanziamenti non potrebbero essere ridenominati in nuove lire e potrebbero appesantire il conto. Ma, come si è visto, la loro incidenza non è problematica. In secondo luogo, la posizione netta dell'Italia (attivi-passivi) è positiva. Grazie alla forza di famiglie e imprese la nazione produce ed è perciò creditrice in misura maggiore rispetto a quello che è il suo sbilancio. Il saldo è infatti positivo per circa il 30% del Pil.

Ecco perché l'Italia avrebbe da temere per la fine dell'euro meno di Germania, Francia e Spagna. La prima dovrebbe sopportare una rivalutazione del 14% che la renderebbe meno competitiva, mentre le seconde soffrirebbero una svalutazione dell'11% circa sull'euro. Premesso che si tratta di simulazioni che non tengono conto del peso dei derivati finanziari presenti sul mercato, non si può tuttavia non sottolineare come, secondo Villemot e Durand, l'uscita dall'euro per l'Italia sarebbe a «rischio zero» in virtù anche di un'incidenza tollerabile dei debiti delle istituzioni finanziarie e non finanziarie espressi in valuta estera (30% e 8% del Pil). Basti pensare che per il piccolo Lussemburgo questi due parametri raggiungono il 742 e il 1.125% del Pil.

Insomma, senza euro l'Italia sarebbe più competitiva nell'export con la concorrenza tedesca. Certo, l'ambiente sarebbe un po' differente perché si troverebbe circondata anche da Paesi in forte difficoltà come Grecia, Portogallo e Lussemburgo (forse pure la Finlandia) che sarebbero costretti al default per l'improvvisa insostenibilità del debito
 
Anch'io ho qualche fondo obbligazionario, anche globale, ma solo per diversificare, credo che rendano bene al gestore del fondo più che a chi ci mette i soldi, se rendono qualcosa è perché c'è un rischio maggiore, ma non è sbagliato come investimento, non c'è in giro tanto di meglio, forse l'azione Unipolsai è meglio :D.

Per quanto riguarda i nostri titoli di stato, direi che è azzardato considerarli carta straccia, ieri ho letto uno studio di due accademici della Sorbona che valutavano i rischi di una cessazione dell'euro, ebbene a loro parere fuori dall'euro la lira si rivaluterebbe dell'1% :eek: diciamo che resterebbe stabile, il marco si rivaluterebbe del 14%, franco francese e peseta spagnola si svaluterebbero del 11%, insomma non siamo messi così male come si potrebbe pensare; i nostri titoli di stato non sono carta straccia, con la lira e una banca nazionale pubblica probabilmente avremmo la doppia A.

non sono d'accordo

se noi uscissimo dall'euro il nostro debito pubblico lo dovremmo ripagare in euro e la nostra liretta si svaluterebbe del 30-40%, inflazione alle stelle perchè l'Italia è un paese manifatturiero che importa dall'estero e trasforma le materie prime in prodotti finiti, se usciamo dall'euro falliremmo in pochi mesi, nessuno comprerebbe più titoli di stato italiani, nemmeno gli italiani, che già adesso non ne comprano più
 
Uscire dall'euro: il confuso piano francese e la lezione per l'Italia

Il consigliere economico di Marine Le Pen ha spiegato la sua ricetta, sorvolando su alcune conseguenze rilevanti. Dal rischio di aumento dell'inflazione alla difficile ridenominazione del debito. E per il nostro Paese sarebbe ancora più dura

di MAURIZIO RICCI

“Non scommettete contro l'euro” consiglia Barry Eichengreen, uno dei più autorevoli studiosi di economia monetaria. Il suggerimento è rivolto agli speculatori finanziari, ma vale anche per quelli politici, come Beppe Grillo, Matteo Salvini, nonchè Marine Le Pen. La Francia, infatti, è un paese assai più solido dell'Italia, ma, a ben vedere, il piano Le Pen per uscire dalla moneta unica appare sgangherato come quelli italiani.

La strategia del Front National per liberarsi dalle pastoie dell'euro l'ha spiegata il consigliere economico della Le Pen, Bernard Monot, a Bloomberg. È interessante seguirla, anche perché un eventuale duo Grillo-Salvini non potrebbe muoversi in modo molto diverso, tranne per le difficoltà e gli ostacoli enormemente superiori. Vittoriosa alle elezioni, dunque, Marine Le Pen chiederebbe subito agli altri governi di abolire la moneta unica e tornare al serpente monetario degli anni '90. Esperienza sfortunatissima, ma Monot non sembra curarsene troppo. All'inizio, il nuovo franco avrebbe un valore equivalente all'euro. Poi, ovviamente, scenderebbe, riconosce Monot. Nel frattempo, naturalmente, giurerebbe un economista qualsiasi, gli euro scompaiono dalla circolazione per essere tesaurizzati nei materassi, mentre il nuovo franco perde valore a vista d'occhio. Di quanto? Non troppo, assicura Monot. Nel nuovo serpente, il franco potrebbe oscillare fino al 20 per cento, ma il consigliere del nuovo presidente Le Pen pensa che ci si fermerebbe al 10 per
cento. Perché? Non si sa. Mentre si sa che se tu dici ai mercati che lasci la moneta oscillare fino al 20 per cento, ma poi interverrai a difenderla, gli speculatori interverranno in massa per vedere se ce la fai a tenere il 20 per cento. Questa è stata l'esperienza del serpente monetario.

Una svalutazione avvantaggerebbe le esportazioni, ma farà salire il prezzo delle importazioni e questo si rifletterà sui prezzi interni (la benzina, per esempio). Intanto, per tenere su la baracca, la Banca centrale, non più indipendente, stamperà moneta a rotta di collo per pagare debiti, stipendi e servizi pubblici. Fra sbornia monetaria e spinta sui prezzi, di quanto salirà l'inflazione, con una moneta svalutata del 20 per cento? Dell'8, 10, 12 per cento? Neanche per idea: 3 per cento, dice Monot. E il debito pubblico, improvvisamente ridenominato in franchi, che rendimento dovrà offrire per trovare compratori? 6,7,10 per cento? Ma no, sostiene Monot, l'interesse sui decennali si fermerà al 3 per cento, meno di tre volte il rendimento attuale.

Credere a queste cifre e a queste previsioni è francamente difficile. Ancor più, naturalmente, se si pensa ad una simile strategia applicata all'Italia, paese più fragile, meno credibile e assai più indebitato. Proprio il debito pubblico, del resto, è l'argomento su cui Monot sorvola con più disinvoltura. L'idea è che i titoli di Stato francesi (o italiani) verrebbero d'incanto ridenominati nella nuova valuta e un Oat o un Btp da 100 euro, sarebbe in realtà di 100 franchi o lire. Ma non è così semplice. Dal 2013, i titoli di Stato della zona euro hanno una clausola per cui un mutamento della valuta sottostante deve essere approvato da una supermaggioranza di creditori.

Dunque, la Francia potrebbe trovarsi a restituire 600 miliardi di euro di titoli pubblici in euro, e non in franchi. Ancor peggio per l'Italia, che dovrebbe trovare il modo di procurarsi 800 miliardi di euro per rifondere i titoli venduti dopo il 2013. Non finisce qui. L'Italia, ad esempio, dovrebbe anche procurarsi 360 miliardi di euro che deve alle altre banche centrali. In totale, il debito – in euro, non in lire – sarebbe di quasi 20 mila euro per ogni italiano, uomo, donna, bambino.

Una catastrofe, la parola che non piace a Monot. Come dice Eichengreen, l'euro è un po' come l'Hotel California: si può fare il check in, ma non il check out.

(11 febbraio 2017)

Uscire dall'euro: il confuso piano francese e la lezione per l'Italia - Repubblica.it
 
non sono d'accordo

se noi uscissimo dall'euro il nostro debito pubblico lo dovremmo ripagare in euro e la nostra liretta si svaluterebbe del 30



Ma no, quello delle materie prime è un falso problema, non esiste, magari dovessimo comprare molta materia prima, il suo costo è compreso nel prezzo di vendita, se la compro è perché l'ho già venduta, se l'ho venduta è perché ho un margine di guadagno, sul mercato internazionale non ci sarebbe nessuna differenza salvo il fatto che potremmo lavorare di più, sul mercato interno potrebbe causare qualche problema ma solo in presenza di forte svalutazione, gli esperti dicono che la svalutazione non ci sarebbe, la svalutazione non è una cosa automatica, a parte comportamenti psico immotivati della gente, la perdita di valore di una moneta è data dall'eccesso della sua presenza sul mercato, io non vedo gente con sacoccie piene di banconote, anzi siamo in deflazione da debito.
 
Grillo non è un esperto di economia ma era esperto nel fare ridere e ora è esperto nel dire sciocchezze e molti creduloni abboccano



Lasciamo stare Grillo che non mi interessa, ma lasciamo stare anche "repubblica" quell'articolo ha palesi inesattezze.
Quale che sia la moneta dobbiamo fare in modo che la gente torni a lavorare con buone paghe e che il posto di lavoro sia sicuro, per questo scopo l'euro si è dimostrato assolutamente inadatto, poi ne io ne tu ci possiamo fare niente, però quelli che contano forse cominciano a capire, mi pare il 5 marzo si dovrebbero trovare a Parigi i capi di governo di Francia, Germania, Spagna e Italia per discutere del futuro dell'Europa a più velocità, (più, non due) a questi gli si sta squagliando l'Europa sotto gli occhi, hanno fatto troppe caxxate, hanno una fifa blu delle nuove elezioni, ne vedremo delle belle, dipende molto dalle elezioni in Francia, ma anche noi prima o dopo una scheda nell'urna ce la potremo mettere.
 
Indietro