RESIDENZA ALL'ESTERO: per pagare meno tasse sulle rendite finanziarie? VOLUME IV

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RESIDENZA ALL'ESTERO: per pagare meno tasse sulle rendite finanziarie? VOLUME III


Questo è il numero dell' A.D.E.

...si accede tramite codice fiscale si può fare un appuntamento o richiedere informazioni direttamente

...parlo personalmente ....non so' se sono stato fortunato o meno ho trovato cortesia e competenza...anche a informazioni di dettaglio ...specifiche addirittura la signora/signorina mi richiamerà per quello che non è riuscita a trovare immediatamente una circolare...

Dipende sempre cosa si cerca credo...io cerco situazioni chiare semplici trasparenti verificabili riscontrabili inattaccabili ...nessuna situazione "fumosa" nessun "compromesso " "ibrida" o dentro o fuori ...:D

Numero :
0696668907
 
Ultima modifica:
Grande, siamo al IV vol! :D
 
Questo è il numero dell' A.D.E.

...si accede tramite codice fiscale si può fare un appuntamento o richiedere informazioni direttamente

...parlo personalmente ....non so' se sono stato fortunato o meno ho trovato cortesia e competenza...anche a informazioni di dettaglio ...specifiche addirittura la signora/signorina mi richiamerà per quello che non è riuscita a trovare immediatamente una circolare...

Dipende sempre cosa si cerca credo...io cerco situazioni chiare semplici trasparenti verificabili riscontrabili inattaccabili ...nessuna situazione "fumosa" nessun "compromesso " "ibrida" o dentro o fuori ...:D

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0696668907

Ma cosa tu gli sia poi andato a chiedere non si sa. :D
 
Ma cosa tu gli sia poi andato a chiedere non si sa. :D

...cose normali ..anni fiscali quadri rw trasferimento cash italia estero comunicazioni conti correnti non residenti pagamento pensione tassata alla fonte in italia ...
Il problema a mio avviso non si pone se chi si trasferisce all'estero lo fa realmente...
Il problema si pone per chi non lo fa realmente...
Ecco il discorso secondo me ibrido sull'avvalersi per comodità di intermediari italiani ...Meglio essere fondamentalisti talebani del fisco...:D
Se vivo e sono residente estero ...perché tenere i soldi in Italia...Non ha senso...
 
Ultima modifica:
...cose normali ..anni fiscali quadri rw trasferimento cash italia estero comunicazioni conti correnti non residenti pagamento pensione tassata alla fonte in italia ...
Il problema a mio avviso non si pone se chi si trasferisce all'estero lo fa realmente...
Il problema si pone per chi non lo fa realmente...
Ecco il discorso secondo me ibrido sull'avvalersi per comodità di intermediari italiani ...Meglio essere fondamentalisti talebani del fisco...:D
Se vivo e sono residente estero ...perché tenere i soldi in Italia...Non ha senso...

tenere soldi in Italia puo' avere senso se si vive di trading ecco che un intermediario italiano come fineco,iw fa comodo pero' se questo puo' portare a contestazioni ,accertamenti allora non ha senso. personalmente se l'ade mi dicesse ,meglio se ci fosse qualche riferimento normativo,che non ho problemi a trasferirmi all'estero( thai per esempio)continuando ad usare il mio intermediario italiano da "lordista" io me lo terrei.poi ognuno....
 
tenere soldi in Italia puo' avere senso se si vive di trading ecco che un intermediario italiano come fineco,iw fa comodo pero' se questo puo' portare a contestazioni ,accertamenti allora non ha senso. personalmente se l'ade mi dicesse ,meglio se ci fosse qualche riferimento normativo,che non ho problemi a trasferirmi all'estero( thai per esempio)continuando ad usare il mio intermediario italiano da "lordista" io me lo terrei.poi ognuno....

....niente mezze misure

... secondo me dai solo materia per contenzioso quindi contestabile ...gli effetti retroattivi ci pensi :D nel senso che potrebbero fare un controllo sugli anni indietro e contestare attività di trading generata in italia se invece dal controllo nulla risulta perchè oltre a vivere fai trading fuori italia e sull'unico conto che hai (faccio esempio) italiano residente estero con pensione tassata alla fonte hai carta di credito con spese estero riscontrabili spalmate su periodi ben oltre 183 giorni ...ti metti su una posizione inataccabile

...come dici tè poi ognuno poi fà le sue scelte ...
 
Dipende anche in che paese ti trasferisci : un conto è andare ad esempio in svizzera . Banche strasicure allora conviene trasferire tutto il cash e c/c di trading , diventa più difficile farlo in paesi meno solidi( ad esempio in Republica dominicana non mi sognerei mai di trasferire tutto il cash su banche locali)
 
....niente mezze misure

... secondo me dai solo materia per contenzioso quindi contestabile ...gli effetti retroattivi ci pensi :D nel senso che potrebbero fare un controllo sugli anni indietro e contestare attività di trading generata in italia se invece dal controllo nulla risulta perchè oltre a vivere fai trading fuori italia e sull'unico conto che hai (faccio esempio) italiano residente estero con pensione tassata alla fonte hai carta di credito con spese estero riscontrabili spalmate su periodi ben oltre 183 giorni ...ti metti su una posizione inataccabile

...come dici tè poi ognuno poi fà le sue scelte ...

ottima idea quello del cc italico con spese estere giustificate da ccredito. e per l'attivita' di trading a quale intermediario estero ti appoggi? hai gia' qualche idea o hai gia' sentito qualcuno per costi e operativita'? grazie
 
E' vero. Potrà fare comodo usare l'intermediario italiano con cui si è abituati a tradare, almeno all'inizio.

Ma un c/c da residente all'estero può servire per pagare le tasse in Italia, tipo IMU e le eventuali utenze, nettezza urbana, spese condominiali, ecc. I bonifici dall'estero verso l'Italia hanno un costo.

Che il nuovo volume IV, porti fortuna a tutti gli uccelli migratori..:bye: :bye:

...e ci ricaschi :D

niente di niente in Italia auto moto immobili ...

al limite un utenza cellulare ...lunica utenza ma deve essere SOLO 1 cellulare

meglio ancora se dopo il 1 anno non ce l'hai ...

ma 1 utenza NON crea problemi anzi volendo la "usi" per prova a tuo favore con telefonate ricevute , fatte e aggancio ponte rete estera del paese dove vivi ...meglio se per ben oltre 183 giorni ...

...le situazioni IBRIDE sono sempre a possibile rischio ... le Situazioni CHIARE son chiare ...
 
ottima idea quello del cc italico con spese estere giustificate da ccredito. e per l'attivita' di trading a quale intermediario estero ti appoggi? hai gia' qualche idea o hai gia' sentito qualcuno per costi e operativita'? grazie

.... i dettagli chi li sà NON li scrive ...lo trovo comprensibile anche perchè uno ha un operatività diversa a seconda di cosa trada , fà...

poi la trattativa personale penso che almeno penso funzioni anche all'estero ...tutto è trattabile ...



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....niente mezze misure

... secondo me dai solo materia per contenzioso quindi contestabile ...gli effetti retroattivi ci pensi :D nel senso che potrebbero fare un controllo sugli anni indietro e contestare attività di trading generata in italia se invece dal controllo nulla risulta perchè oltre a vivere fai trading fuori italia e sull'unico conto che hai (faccio esempio) italiano residente estero con pensione tassata alla fonte hai carta di credito con spese estero riscontrabili spalmate su periodi ben oltre 183 giorni ...ti metti su una posizione inataccabile

...come dici tè poi ognuno poi fà le sue scelte ...

1) il "diritto" di avere un conto trading in Italia.. non e' in discussione. e' la prudenza e convenienza di farlo che e' oggetto di discussione.
2) per la determinazione della residenza fiscale.. conta il "centro di interessi economici". se hai una pensione italiana, e altro reddito consistente nel fitto di immobili siti in Italia,
e trading on line che avviene in Italia.. il tuo "centro di interessi economici".. resta l'Italia.
 
...e ci ricaschi :D

niente di niente in Italia auto moto immobili ...

al limite un utenza cellulare ...lunica utenza ma deve essere SOLO 1 cellulare

meglio ancora se dopo il 1 anno non ce l'hai ...

ma 1 utenza NON crea problemi anzi volendo la "usi" per prova a tuo favore con telefonate ricevute , fatte e aggancio ponte rete estera del paese dove vivi ...meglio se per ben oltre 183 giorni ...

...le situazioni IBRIDE sono sempre a possibile rischio ... le Situazioni CHIARE son chiare ...

esatto.
il cellulare italiano (escluso l'"usa e getta") solo nel primo anno (meglio primo semestre).
 
E' vero. Potrà fare comodo usare l'intermediario italiano con cui si è abituati a tradare, almeno all'inizio.

Ma un c/c da residente all'estero può servire per pagare le tasse in Italia, tipo IMU e le eventuali utenze, nettezza urbana, spese condominiali, ecc. I bonifici dall'estero verso l'Italia hanno un costo.

Che il nuovo volume IV, porti fortuna a tutti gli uccelli migratori..:bye: :bye:

Se hai un conto italiano come residente estero e fai un bonifico da quell conto ad un conto italiano per poagare un utenza, puoi cmq farlo come bonifico estero, quindi e' lo stesso. Costi sono gli stessi (almeno con certe banche).
 
1) il "diritto" di avere un conto trading in Italia.. non e' in discussione. e' la prudenza e convenienza di farlo che e' oggetto di discussione.
2) per la determinazione della residenza fiscale.. conta il "centro di interessi economici". se hai una pensione italiana, e altro reddito consistente nel fitto di immobili siti in Italia,
e trading on line che avviene in Italia.. il tuo "centro di interessi economici".. resta l'Italia.

...le pensioni INPS EX INPDAP sono tutte tassate alla FONTE sia che tu la riceva in Italia sia che tu la riceva all'ESTERO ...significa che LO STATO italiano incassa INDIPENDENTEMENTE da dove sei caro pensionato :D direttamente le tasse se le trattiene subito ....TRANNE che in TUNISIA dove vi è l'accordo contro la DOPPIA IMPOSIZIONE e ti eroga la pensione al LORDO ...può sembrare strano ma è così...

se incassi all'estero da EX INPDAP SEI tenuto a pagare anche nel paese dove vivi e incassi la pensione un altra volta le imposte e quindi sei tassato 2 VOLTE

ragion per cui TUTTI i pensionati INPS EX INPDAP RESIDENTI ESTERO secondo quanto hai scritto sarebbero automaticamente residenti fiscali italiani se incassano la pensione in ITALIA

...questo può essere vero solo in parte perchè se tu sei residente estero e incassi la pensione in Italia TASSATA alla fonte ...ma i tuoi altri redditi NON IMMOBILI ...li PRODUCI all'estero e sui quali paghi le tasse sul paese dove sei RESIDENTE per la parte che importi in quel paese ...esempio pratico MALTA oppure THAILANDIA ....comprovato da denuncia redditi e pagamento tasse in quel paese ...la vedo difficile che lo stato possa chiedermi il pagamento DOPPIO delle TASSE su reddito prodotto all'estero da residente ESTERO per il quale pago già le tasse ...:D

anche perchè I REDDITI PRODOTTI IN ITALIA ...leggasi = Pensione Sono già stati incassati dallo stato italiano ALLA FONTE ...;)

su questo ci sarà eventualmente da approfondire ...anche perchè : se sei risulti cittadino italiano iscritto AIRE e residente estero il bonifico verso l'estero dopo che hai fatto la dichiarazione AIRE ...e se nell'anno sei stato iscritto aire e residente per più di 183 giorni indipendentemente da quando tu fai il bonifico all'estero del capitale ma come condizione DOPO l'iscrizione Aire NON prima ...in quell'anno FISCALE risulti residente ESTERO e quindi SE NON hai alcuna proprietà in Italòia e quindi NON soggetto a fare la denuncia dei redditi o UNICO o 730 ....ti è precluso impossibile ma sopratutto NON tenuto a farlo la dichiarazione di esportazione capitali verso estero perchè risulti cittadino residente estero ...anche perchè l'esportazione NON è fatta irregolarmente ma REGOLARMENTE tramite canali bancari ...
 
Analisi e commenti
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Dov’è la vera residenza fiscale?
Probabilmente dove porta il cuore
Per individuarla, sia il diritto interno sia quello convenzionale e quello comunitario guardano prima ai legami personali poi agli interessi economici, superando l’Aire
cuore
La sentenza n. 87/1/12 della Ctr Liguria, dello scorso 13 luglio, che ha individuato in Italia il “centro degli interessi vitali” di un soggetto, formalmente residente nel Principato di Monaco, ma, di fatto, con interessi economici prevalentemente localizzati nel territorio dello Stato, offre lo spunto per una riflessione sul tema dell’individuazione dell’effettiva residenza fiscale di un soggetto iscritto all’Aire.

In particolare, data per presupposta la previa valutazione globale di ogni elemento che possa essere utilizzato quale prova della volontà del contribuente di continuare ad abitare in Italia, mantenendovi legami sia di tipo personale e sociale sia di natura economica, si discute sul “peso” degli uni piuttosto che degli altri nel fondare il convincimento finale dell’Amministrazione finanziaria ovvero dei giudici tributari investiti della relativa controversia.

L’interpretazione della nozione di “centro degli affari e interessi” è, infatti, il fulcro attorno al quale ruota la questione della determinazione della residenza fiscale di un soggetto e sul quale viene imperniata la partita giocata tra Fisco e contribuente, che vede schierati il primo nella metà di campo in cui si combatte per l’attrazione della residenza in Italia e il secondo nell’altra metà in cui si cerca di sostenere e difendere con ogni mezzo l’effettiva residenza all’estero.
Tale nozione, peraltro, risalta non solo alla luce del diritto interno, ma anche di quello convenzionale e comunitario, con la conseguenza che le tre diverse fonti giuridiche necessitano di un coordinamento, oltre che di autonoma considerazione, potendo la stessa fattispecie soggiacere alla disciplina prevista da ciascuna di esse.

In primo luogo, qualora si tratti di stabilire la residenza fiscale di un soggetto, generalmente cittadino italiano, che dall’Italia ha trasferito la sua residenza all’estero, viene in rilievo il diritto interno che, prevedendo all’articolo 2, comma 2, del Tuir, quali criteri alternativi tra loro, l’iscrizione all’Anagrafe della popolazione residente, il domicilio e la residenza, questi ultimi da intendersi secondo la nozione scritta nel codice civile, fa sì che la sola iscrizione all’Aire non sia determinante per escludere la residenza in Italia del contribuente.

In secondo luogo, poiché la descritta tipologia presenta elementi di estraneità con il territorio dello Stato, al fine di determinare la corretta potestà impositiva dei Paesi coinvolti ed evitare il rischio di una doppia imposizione per la persona fisica, è necessario prendere in considerazione le disposizioni previste dal diritto convenzionale che, ispirate all’articolo 4 del modello Ocse, prevedono, di norma, una serie di criteri applicabili “a cascata”, cosiddetti tie breaker rules, tra i quali, al secondo posto, dopo il possesso di un’abitazione permanente, si colloca proprio il domicilio quale centro di affari e interessi.

Infine, qualora gli Stati coinvolti siano membri dell’Unione europea, o comunque Stati che applicano alcune politiche dell’Unione europea in virtù di una speciale relazione con uno dei Paesi membri, come, nel caso di specie, il Principato di Monaco, i cui confini e territorio doganale sono trattati come parte della Francia, non può essere ignorato quanto previsto dalle direttive del Consiglio nn. 83/182/Cee e 83/183/Cee, entrambe del 1983, così come interpretato dalle sentenze della Corte di giustizia (cause nn. C-262/99 del 12 luglio 2001, C-156/04 del 7 giugno 2007 e C-392/05 del 26 aprile 2007).
In particolare, le due direttive, che hanno il comune scopo di favorire la libera circolazione dei privati, residenti comunitari, all’interno della allora Comunità, ora Unione europea, eliminando gli ostacoli fiscali alle importazioni rispettivamente di taluni mezzi di trasporto ovvero di beni personali, sono state oggetto delle riportate pronunce dell’organo giurisdizionale europeo che si è soffermato sull’interpretazione da attribuire all’articolo 7, comma 1, della direttiva n. 83/182/Cee, e all’articolo 6, comma 1, della direttiva 83/183/Cee. Due disposizioni che prevedono i medesimi criteri al fine di stabilire la “residenza normale” di un soggetto all’interno di un determinato Stato membro.

Più precisamente, i suddetti articoli stabiliscono che, per l’applicazione delle direttive in argomento, deve intendersi per “residenza normale” il luogo di dimora abituale, rappresentato dalla permanenza nello stesso luogo per almeno 185 giorni all’anno, in considerazione dei legami personali e professionali, “oppure, nel caso di una persona senza legami professionali, a motivo di legami personali che rivelano l’esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita”. Inoltre, i commi 1 di ambedue gli articoli proseguono disponendo che “Tuttavia, nel caso di una persona i cui legami professionali siano situati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri, si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali, purché tale persona vi ritorni regolarmente. Questa condizione non è richiesta allorché la persona effettua un soggiorno in uno Stato membro per l’esecuzione di una missione di durata determinata. La frequenza di un’università o di una scuola non implica il trasferimento della residenza normale”.

La Corte di giustizia ha, in primo luogo, ribadito la necessità di un esame cumulativo di tutti gli elementi di fatto rilevanti ai fini della determinazione del “centro permanente di interessi” di un soggetto in un dato Stato e, quindi, sia dei legami personali sia di quelli professionali, avendo riguardo alla loro durata e, in particolare, alla “presenza fisica, quella dei suoi familiari, la disponibilità di un’abitazione, il luogo dove i figli frequentano effettivamente la scuola, il luogo di esercizio delle attività professionali, il luogo in cui vi siano interessi patrimoniali, quello dei legami amministrativi con le autorità pubbliche e gli organismi sociali, nei limiti in cui i detti elementi traducano la volontà di tale persona di conferire una determinata stabilità al luogo di collegamento, a motivo di una continuità che risulti da un’abitudine di vita e dallo svolgimento di rapporti sociali e professionali normali”.

Inoltre, dopo aver sottolineato che, mentre la frequentazione di un istituto scolastico da parte dell’interessato non implica trasferimento della relativa residenza, ma che detto elemento, considerato nel contesto familiare, può costituire un indizio di tale trasferimento nel caso in cui riguardi i suoi figli, la Corte di giustizia ha stabilito che, il comma 1 degli articoli 6 e 7 delle suddette direttive, debba essere interpretato nel senso che, nel caso in cui una valutazione globale di tutti gli elementi non consenta l’individuazione del centro permanente degli interessi, stante una diversa collocazione geografica dei legami personali e di quelli patrimoniali, i primi devono essere considerati prevalenti.

Quanto affermato dalla Corte di giustizia Ue, è stato richiamato, quale principio di carattere generale, dapprima nella sentenza 13803/2001 della Cassazione, relativa a una controversia tra il Fisco e un soggetto iscritto all’Aire con formale residenza a Londra, ma di fatto residente a Milano, risolta a favore del primo sia sulla base del diritto interno sia di quello convenzionale e soprattutto comunitario.
Il principio della preminenza degli interessi personali su quelli di natura economica, infatti, è stato dichiarato espressamente applicabile alla fattispecie in oggetto dai giudici di ultima istanza, ad avviso dei quali “non pare dubbio che il predetto principio, avendo la Corte affermato che lo stesso consente una migliore attuazione della libera circolazione dei residenti comunitari all’interno della comunità (punto 58 della motivazione), abbia una forza espansiva, che lo rende applicabile anche al di fuori dell’oggetto del processo a quo”.

Successivamente, altre due pronunce della medesima Corte (sentenze 9856/2008 e 14434/2010) hanno richiamato e fatto espressa applicazione del principio in questione.
Con riferimento all’ultima pronuncia, la Corte suprema ha ribadito che “l’iscrizione del cittadino nell’anagrafe dei residenti all’estero non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorché il soggetto abbia nel territorio dello stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali” e ha sostenuto che “Al riguardo, utili elementi interpretativi possono desumersi dalla giurisprudenza comunitaria, perché, pure in riferimento ad un rapporto non caratterizzato dalla rilevanza delle relative norme e benché la materia delle imposte dirette non rientri nelle competenze dell’Unione, non può negarsi che l’esercizio di tale competenza da parte degli Stati membri non può prescindere dal diritto UE”.

In merito invece alla sentenza del 2008, è interessante notare che la stessa riguardava una disputa in ordine alla effettiva residenza in Italia di un soggetto che si dichiarava, a seguito di iscrizione all’Aire, residente nel Principato di Monaco, stesso Paese di formale residenza del contribuente che ha proposto il ricorso oggetto della recente pronuncia della Ctr Liguria, la quale, tuttavia, non ha richiamato, né sembra aver applicato, nei vari passaggi logico-motivazionali, il principio espresso in sede comunitaria.

Nel caso specifico, infatti, la Commissione tributaria ha ritenuto fondate le ragioni del Fisco italiano sulla base delle “proprietà immobiliari in Italia che – ancorché in uso a parenti del contribuente – debbono essere dichiarate, e sono, unitamente ai contratti assicurativi stipulati in tale Paese e ai redditi (tra l’altro di ammontare non rilevante) certificati da CUD, indicative di consistente centro di interesse economico, da ritenere prevalente in assenza di diversa prova”. Inoltre, la Commissione ha proseguito rilevando che una prova, sia pur debole, è stata fornita dal contribuente in merito alla residenza all’estero, limitatamente ai suoi rapporti sociali e assistenziali, mentre “nulla viene validamente provato, per contro, in ordine alla consistenza economica del centro di interesse nel Principato, ovvero redditi tali da dimostrare prevalenza di tale centro di interesse rispetto a quello esistente in Italia”.

E’ indubbio, però, che la presenza in Italia di una moglie “per la quale non esiste alcun provvedimento che attesti la separazione” dal contribuente, residente tra l’altro nell’immobile di proprietà di quest’ultimo e avente lo stesso indirizzo presso il quale il ricorrente ha individuato, con la dichiarazione dei redditi, il proprio domicilio fiscale, nonché di una figlia, con la quale il contribuente ha acquistato un altro immobile in Italia, siano indiscutibili legami di tipo personale che la Commissione tributaria avrebbe ben potuto valorizzare sulla scorta della giurisprudenza interna e comunitaria dettata sull’argomento.
Arianna Torrisi
pubblicato Lunedì 5 Novembre 2012


Dov’e la vera residenza fiscale? Probabilmente dove porta il cuore FiscoOggi.it


chiaramente un EX INPDAP sarebbe soggetto a doppia imposizione se trasferisse (a parte la Tunisia) la sua pensione all'estero ...
...cosa diversa i redditi diversi trading generati all'estero e pagati per la quota che importi a Malta o Thailandia nel paese di residenza effettiva
 

Allegati

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La Cassazione sulla residenza fiscale - Dr. Paolo Soro


L’ordinamento Italiano, attraverso il modello Ocse di convenzione contro le doppie imposizioni, stipulato con vari Stati esteri, ha previsto un particolare criterio volto ad individuare la residenza effettiva di un soggetto trasferitosi all’estero, ovvero il suo “centro degli interessi vitali“



Convenzione Ocse
Si evidenzia che l’articolo 4, paragrafo 1, della Convenzione, precisa che:

“l’espressione residente di uno Stato contraente designa ogni persona che, in virtù della legislazione di uno Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione, o di ogni altro criterio di natura analoga“


Centro degli interessi vitali per determinare la residenza
7
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La cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente è condizione necessaria ma non sufficiente affinché un soggetto possa essere considerato (effettivamente) come non residente in Italia. Obiettivo del presente contributo è quello di descrivere il tema della residenza fiscale quale “centro degli interessi vitali” delle persone fisiche.

In un contesto come quello europeo dove gli spostamenti di persone sono agevolati, in virtù della mancanza di barriere fisiche e giuridiche, il trasferimento estero di soggetti, per lavoro, studio o piacere, è assai frequente. Per questo, specialmente negli ultimi anni le autorità fiscali dei vari stati stanno intensificando i controlli, al fine di non veder perdere materia imponibile.

La tendenza degli Stati è quella di adottare sistemi di tassazione che sono ancorati al criterio della residenza fiscale del soggetto. La disciplina italiana è riassunta dall’articolo 2 del DPR n. 917/86, il quale prevede i criteri necessari a definire la residenza fiscale del soggetto. La residenza, quindi, diventa il presupposto necessario e sufficiente per applicare il c.d. “world wide taxation principle“, il criterio secondo il quale sono assoggettati ad imposizione nello Stato di residenza tutti i redditi, ovunque prodotti.

Al fine di contrastare il fenomeno del trasferimento fittizio all’estero di soggetti in realtà residenti i vari Stati hanno adottato specifiche misure, volte a contrastarne il fenomeno. L’ordinamento Italiano, attraverso il modello Ocse di convenzione contro le doppie imposizioni, stipulato con vari Stati esteri, ha previsto un particolare criterio volto ad individuare la residenza effettiva di un soggetto trasferitosi all’estero, ovvero il suo “centro degli interessi vitali“.

In questo contributo andremo a vedere cosa si intende per “centro degli interessi vitali” e come è possibile effettuare un trasferimento di residenza all’estero, senza rischiare un accertamento fiscale.

Come definire la residenza fiscale?
Indice
Come definire la residenza fiscale?
Centro degli interessi vitali
Convenzione Ocse
Indici significativi di residenza fiscale
Centro degli interessi vitali e giurisprudenza
La residenza
Il domicilio
Controlli dell’Agenzia sul “centro degli interessi vitali“
Obiettivo del controllo
Convenzioni bilaterali
Redditi transnazionali
Dual residence
Assenza di convenzione
I nostri consigli
Oltre a quanto detto in questo nostro contributo specifico: “La residenza fiscale delle persone fisiche“, dottrina e giurisprudenza ritengono che la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente, e l’iscrizione all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) non costituisce elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nello Stato, in quanto questi ultimi possono essere desunti con ogni mezzo di prova anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici (Circolare n. 304/E/97).

Ne consegue che l’aver stabilito il domicilio civilistico in Italia, ovvero l’aver fissato la propria residenza nel territorio dello Stato sono, alternativamente, condizioni sufficienti per l’integrazione della fattispecie di residenza fiscale, indipendentemente dall’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente.

Sulla base di quanto detto si considera fiscalmente residente in Italia un soggetto che, pur avendo trasferito la propria residenza all’estero, ed ivi svolgendo la propria attività, mantenga il “centro degli interessi vitali” in Italia (ad esempio se la famiglia del soggetto ha dimora in Italia, Circolare n. 9/E/2001). Ai fini della determinazione del luogo di domicilio occorre che ci sia la volontà del soggetto di stabilire in un luogo il centro delle proprie relazioni familiari, sociali ed economiche.

Centro degli interessi vitali
In linea generale e a prescindere dai criteri di determinazione della residenza fiscale, essa viene a stabilirsi nel Paese ove il soggetto ha il proprio “centro degli interessi vitali“. L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 351/E/2008, deve essere fiscalmente residente nel territorio dello Stato il soggetto che, pur avendo trasferito all’estero per motivi di lavoro, mantiene in Italia i propri legami familiari o il centro dei suoi interessi patrimoniali e sociali.

Inoltre, deve essere precisato che la verifica di residente fiscale non può mai essere effettuata in sede di interpello, ma solo in sede di eventuale accertamento in quanto implica l’esame delle varie relazioni personali e sociali all’interno del territorio dello Stato. Secondo l’Agenzia delle Entrate, per dirimere i dubbi in merito all’attribuzione della residenza fiscale e chiarire il significato del domicilio fiscale è possibile fare riferimento alla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata con lo stato estero di riferimento.

Convenzione Ocse
Si evidenzia che l’articolo 4, paragrafo 1, della Convenzione, precisa che:

“l’espressione residente di uno Stato contraente designa ogni persona che, in virtù della legislazione di uno Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione, o di ogni altro criterio di natura analoga“

Il successivo paragrafo 2, dello stesso articolo della Convenzione fornisce, invece, l’elenco delle disposizioni che, nel caso in cui una persona fisica dovesse risultare residente in entrambi gli Stati contraenti in base alle norme nazionali (c.d. “dual residence”), consentono di stabilirne univocamente la residenza in uno solo di essi.

Dalle considerazioni sin qui svolte si evince la circostanza che il soggetto mantenga in Italia i propri legami familiari o il “centro degli interessi vitali” è di per se sufficiente a determinare un collegamento stabile e giuridicamente rilevante con il territorio dello Stato.

Indici significativi di residenza fiscale
Nello specifico, si può tranquillamente affermare che, ai fini della determinazione della residenza fiscale in Italia, indipendentemente dalla presenza fisica e dal fatto che l’attività lavorativa sia esplicata prevalentemente all’estero, sono indici significativi:

La disponibilità di una abitazione permanente;
La presenza della famiglia;
L’accreditamento di propri proventi ovunque conseguiti;
Il possesso di beni, anche mobiliari;
La partecipazione a riunioni d’affari;
La titolarità di cariche sociali;
Il sostenimento di spese alberghiere;
Iscrizione a circoli o clubs;
L’organizzazione della propria attività e dei propri impegni, anche internazionali, direttamente o attraverso soggetti operanti nel territorio italiano.
E’ opportuno, dunque, in queste particolari circostanze, valutare tutto l’insieme dei molteplici rapporti che il soggetto intrattiene in Italia per stabilire se, nel periodo in cui è stato anagraficamente residente all’estero, abbia effettivamente perso ogni significativo collegamento con lo Stato italiano e possa, quindi, essere considerato fiscalmente non residente.

Occorre, in sostanza esaminare tutte le possibili relazioni che una persona ha con il territorio dello Stato, sia sul piano territoriale che reale. Qualora, sulla base dei criteri esposti, il soggetto risulti essere residente in Italia, tutti i suoi redditi, ovunque prodotti, saranno ivi assoggettati a tassazione ai sensi dell’articolo 3 del DPR n. 917/86.

Centro degli interessi vitali e giurisprudenza
Come abbiamo visto da soli la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e la contestuale iscrizione all’AIRE non costituisce elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato italiano.

Vale a dire che il fatto di aver stabilito il domicilio civilistico in Italia, ovvero l’aver fissato la propria residenza nel territorio dello Stato sono, ciascuna autonomamente, condizioni sufficienti per l’integrazione della fattispecie di residenza fiscale, a prescindere dall’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente.

In tal caso occorre rifarsi alle nozioni civilistiche di residenza e domicilio, per il richiamo espresso del citato articolo 2, comma 2, del DPR n. 917/86, e all’interpretazione che di esse ha fornito la Corte di cassazione.

La residenza
La residenza è definita dal codice civile come: “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale“. Pertanto, è possibile affermare che essa è determinata dall’abituale volontaria dimora di una persona in un dato luogo, sicché concorrono ad instaurare tale relazione giuridicamente rilevante sia il fatto oggettivo della stabile permanenza in quel luogo, sia l’elemento soggettivo della volontà di rimanervi, la quale estrinsecandosi in fatti univoci evidenzianti tale intenzione, è compenetrata nel primo elemento.

Affinché sussista il requisito dell’abitualità della dimora non è necessaria la continuità o la definitività. Di conseguenza, l’abitualità della dimora permane qualora il soggetto lavori o svolga altre attività al di fuori del Comune di residenza, e quindi al di fuori del territorio dello Stato, purché conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e mostri l’intenzione di mantenervi il “centro degli interessi vitali“.

Il domicilio
Con riferimento al requisito del domicilio di una persona fisica, l’articolo 43 del codice civile lo definisce come il luogo in cui essa ha stabilito “la sede principale dei suoi affari e interessi“. Il domicilio rappresenta, quindi, un rapporto giuridico con il centro dei propri affari e non tiene conto della presenza effettiva della persona nel luogo. Esso consiste nella situazione giuridica che, prescindendo dalla presenza fisica del soggetto, è caratterizzata dall’elemento soggettivo, cioè dalla volontà di stabilire e conservare in quel luogo la sede principale dei propri affari e interessi.

In definitiva, il fatto che il soggetto abbia mantenuto in Italia i propri legami familiari o il “centro degli interessi vitali” deve ritenersi sufficiente a dimostrare un collegamento effettivo e stabile con il territorio italiano tale da fare ritenere soddisfatto anche il requisito temporale previsto dalla norma.

Controlli dell’Agenzia sul “centro degli interessi vitali“
L’Amministrazione finanziaria ha facoltà di intraprendere un’attività di accertamento di elementi di prova, anche indiretti, per individuare l’effettivo “centro degli interessi vitali” di una persona fisica. Tale attività viene espletata dalle singole Direzioni Regionali , con l’ausilio degli uffici della Guardia di Finanza, che possono comunque operare autonomamente.

La posizioni da sottoporre a controllo sono individuate da ciascuna Direzione Regionale sulla base delle informazioni disponibili , nonché sulla base di specifiche segnalazioni nominative. Per ciascuna posizione l’Agenzia agisce individuando una serie di elementi volti ad individuare il “centro degli interessi vitali” del soggetto accertato. In particolare l’Agenzia può:

Reperire notizie sulla posizione anagrafica storica presso il Comune dell’ultimo domicilio fiscale risultante in Italia. Vengono conservate a cura di ogni Comune le schede anagrafiche riguardanti soggetti, o intere famiglie, che si cancellano per trasferimenti all’estero;
Acquisire tutte le informazioni disponibili nel sistema informativo dell’Anagrafe tributaria;
Acquisire copia degli atti inerenti donazioni, compravendite, costituzione di società, conferimenti in società, etc;
Valutare i rapporti intercorrenti con i soggetti cointeressati nei suddetti atti;
Acquisire informazioni sulle movimentazioni di denaro da e per l’estero, il luogo e la data di emissione di assegni bancari, sugli investimenti in titoli azionari e obbligazionari all’estero.
Obiettivo del controllo
In sintesi l’Amministrazione finanziaria ha facoltà di porre in essere un azione investigativa finalizzare a ricercare tutti gli elementi concreti di prova, in ordine a:

Legami familiari e affettivi e all’attaccamento all’Italia;
Interessi economici in Italia;
All’interesse a fare rientrare in Italia i proventi conseguiti con attività effettuate all’estero;
All’intenzione di abitare in Italia anche in futuro.
Ad esempio, può fornire prova del “centro degli interessi vitali” in Italia, anche un lungo periodo di soggiorno nel nostro Paese (dimostrato da viaggi aerei di rientro dall’estero), oppure la partecipazione a concerti, sfilate di moda, eventi mondani tenuti in varie città italiane, oppure la frequente apparizione in programmi televisivi nazionali, oltre che ai vari contratti stipulati con case discografiche e compagnie assicurative italiane.

E’ chiaro che una volta individuati questi elementi, gli stessi saranno utilizzati dall’Amministrazione finanziaria al fine di individuare il “centro degli interessi vitali“, del soggetto, per definire il suo luogo di domicilio o residenza.

Convenzioni bilaterali
La maggioranza degli Stati, inclusa l’Italia, prevede per la tassazione dei redditi due diversi criteri: il riterio della residenza per la tassazione di redditi ovunque prodotti da soggetti residenti fiscalmente (worldwide principle), sia il principio della fonte (source principle), limitatamente ai redditi prodotti all’interno del proprio territorio da soggetti non residenti.

Quando si verifica il concorso di pretese impositive tra due Stati, in relazione ad una specifica fattispecie di reddito transnazionale, tale reddito è soggetto a doppia imposizione giuridica internazionale. Per prevenire eventuali controversie, ogni Stato ha concluso con altri Stati convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni.

Se la Convenzione prevede espressamente che la potestà impositiva è attribuita in via esclusiva ad uno Stato, l’altro Stato non potrà rivendicare alcunché. Se però la Convenzione non reca espressamente tale dizione, ma si limita ad indicare un criterio che contrasta con quello della legislazione interna, si verifica, nonostante la Convenzione, un concorso di pretese impositive, in quanto entrambi gli Stati mantengono la potestà impositiva non esclusiva in relazione a quel reddito transnazionale.

Redditi transnazionali
In siffatte situazioni, per evitare fenomeni di doppia imposizione giuridica sono applicabili le norme interne e bilaterali contro le doppie imposizioni. Come regola generale, le norme convenzionali prevalgono sulle norme interne; esse però devono essere interpretate operando un rinvio alle leggi interne dello Stato contraente salvo che il contesto non richieda altrimenti. In tal caso le norme convenzionali possono essere interpretate senza fare riferimento alle legislazioni degli Stati contraenti.

Benché l’Italia abbia concluso numerose Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, permangono molti Stati con cui essa non ha alcun rapporto convenzionale. Le situazioni configurabili sono quindi le seguenti:

Se non vi è una Convenzione si applicano esclusivamente le norme interne dello Stato (della fonte e della residenza);
Se vi è una Convenzione si applicano le norme convenzionali seppure interpretate, nella maggior parte dei casi, con riferimento alle leggi interne.
Dual residence
In presenza di Convenzione, il problema di dual residence per le persone fisiche si risolve grazie all’applicazione del paragrafo 2 dell’articolo 4 dell’accordo convenzionale, il quale prevede che quando una persona fisica è considerata residente di entrambi gli Stati contraenti, la situazione è determinata nel seguente modo:

Detta persona è considerata residente dello Stato contraente nel quale ha un’abitazione permanente. Quando essa dispone di un’abitazione permanente in ciascuno degli Stati contraenti, è considerata residente dello Stato contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette, vale a dire laddove è localizzato il suo “centro degli interessi vitali“;
Se non si può determinare lo Stato contraente nel quale detta persona ha il suo “centro degli interessi vitali“, o se la medesima non ha abitazione permanente in alcuno degli Stati contraenti, essa è considerata residente dello Stato contraente in cui soggiorna abitualmente;
Se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati contraenti ovvero non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, essa è considerata residente dello Stato contraente del quale ha la nazionalità;
Se detta persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati contraenti o se non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati contraenti risolvono la questione di comune accordo (procedura amichevole ex art. 25 del Modello Ocse).
Le disposizioni sopra richiamate si definiscono tie break rules e prevedono una serie di criteri per determinare, in ipotesi di dual residence, quale dei due Stati contraenti dovrà avere prevalenza nel considerare residente il contribuente persona fisica. I criteri in questione non sono già alternativi tra loro, ma seguono un ordine gerarchico ai fini della loro applicazione.

Assenza di convenzione
Va, in ogni caso, rilevato che, in assenza di una Convenzione, nel caso in cui una persona fisica abbia, in base alle norme nazionali di ciascun Paese, il “centro degli interessi vitali” (cioè interessi personali e patrimoniali) in due Stati (i.e., membri dell’Unione europea) il problema della doppia residenza fiscale (dual residence) si risolve attribuendola allo Stato ove sono presenti interessi personali.

I nostri consigli
Da quanto sinora analizzato è evidente che l’individuazione del “centro degli interessi vitali” è un presupposto fondamentale ai fini dell’attribuzione della residenza fiscale. Tale considerazione assume ancor più rilevanza se si pensa che il regime impositivo e, quindi, il carico tributario cui le persone fisiche devono soggiacere dipende proprio dal luogo ove hanno stabilito il loro “centro degli interessi vitali“.

Ne consegue che l’Amministrazione finanziaria, prima di attribuire la residenza fiscale a un soggetto che ha dichiarato la propria residenza all’estero, deve attuare una serie di attività investigative preliminari, talvolta anche molto complesse e dispendiose, con l’obiettivo di accertare l’eventuale simulazione del soggetto che:

Nonostante le risultanze anagrafiche attestanti il trasferimento della residenza all’estero, mantenga il centro dei propri interessi rilevanti in Italia;
Preordinando una pluralità di centri, renda difficoltosa l’individuazione della sede principale degli affari e interessi;
Attraverso l’imputazione formale dei proventi, direttamente conseguiti, a soggetti terzi (società), abbia realizzato un’interposizione fittizia.
E’ evidente che in questi casi l’Amministrazione finanziaria non potrà adottare un meccanismo univoco o standard di controllo, ma dovrà adattare l’accertamento in base alle caratteristiche di ogni singolo soggetto. E’ opportuno, quindi, fare in modo, quando si vuole trasferire la propria residenza all’estero, che tutti questi elementi che possono essere ricercati dall’Amministrazione finanziaria siano chiaramente imputabili al nuovo Stato estero di residenza del soggetto.
 
Centro degli interessi vitali per determinare la residenza - Fiscomania

...mi sembra chiaro che la legislazione contro la DOPPIA IMPOSIZIONE fà un "Buco" per quanto riguarda la tassazione pensioni INPS Ex INPDAP ...perchè NON previsto il pagamento delle tasse nel paese di residenza estero TRANNE che TUNISIA ...ragion per cui l'amministrazione si trova a INCASSARE alla FONTE le tasse sulla pensione ex INPDAP ma se le altre fonti di reddito prodotte e per le quali vengono pagate le tasse all'estero regolarmente ...dimostrabili entrerebbe in contrasto con il paese di residenza per volere "appropriarsi" anche delle tasse regolarmente riscosse nel paese di residenza effettiva ...;)
 
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