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Davos, primera escala para volver al mundo - 18.01.2016 - LA NACION *
Davos, primo scalo per ritornare al mondo
Carlos Pagni
LUNES 18 Di Gennaio Di 2016
Mauricio Macri spera, nella sua leva I Cardi che i medici si impietosiscano e gli permettano di viaggiare a Davos per assistere al Foro Economico Mondiale. Oggi lo realizzeranno gli studi definitivi, per determinare se l'ematoma che si formò per la fessura di una costola non ha rischi durante il volo. Mentre aspetta quella diagnosi, e senza aria condizionata per evitare gli starnuti, legge Il figlio di Cesare. È il monumentale romanzo storico nel quale John Williams narra la lotta di Octavio, il primo imperatore, per liberare a Roma di intrighi, corruptelas e lotte faziose, e trasformarla nel centro del mondo.
Il fastidio di Macri per il suo incidente è comprensibile. Egli pretende di officiare in Davos, la città di un altro romanzo, La montagna magica, di Thomas Mann, il rilancio economico dell'Argentina. Al capo di 12 anni nei che il kirchnerismo identificò sovranità con isolamento, Macri si proporsi simbolizzare la reconexión con le reti globali di finanziamento ed investimento. Un'operazione che è in attesa dal default dell'anno 2001.
Nell'agenda di Macri raffigurano 35 riunioni con statisti, impresari e banchieri. Ci sono due molto rilevanti: con Joe Biden, il vicepresidente degli Stati Uniti, e con John Kerry, il cancelliere di quello paese. Quelle interviste saranno preparatorie per l'incontro con Barack Obama durante la riunione su energia nucleare convocata per marzo, e per l'eventuale visita del presidente nordamericano a Buenos Aires.
Hanno anche una funzione più immediata: che Washington comprenda l'importanza dell'accordo coi holdouts per il consolidamento del gioco politico al che diede passo la sconfitta elettorale del kirchnerismo. ... Principino del pisello ... paga!!! ... piantala una buona volta con la pretesa di non ripettare le LEGGI e le SENTENZE!!! ... ti giochi quel poco di credibilità che hai ...
In caso di viaggiare, Macri conterebbe su una certa esclusività. In Davos ci saranno solo quattro presidenti latinoamericani: il messicano EnriquePena Nieto, il colombiano Juan Manuel Santosi ed il peruviano Ollanta Humala, oltre a lui. Dilma Rousseff e Michelle Bachelet invieranno ai suoi ministri di Finanze.
Sergio Massa sarà in attesa del giudizio dei medici. Invece, il ministro del Fisco e Finanze, Alfonso Prat-Gay, ed il cancelliere, Susana Malcorra, condivideranno il seminario come pannellisti. Il presidente della Banca Centrale, anche Federico Sturzenegger, starà in Davos. Ci sono solo più due argentini, ma rappresentando ad altri Stati: la regina Massima dell'Olanda e l'arcivescovo Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere dell'Accademia Pontificia delle Scienze.
Tra gli appuntamenti di Malcorra emerge una con due funzioneresti dell'Unione Europea: il cancelliere Federica Moreghini (è tanto importante e autorevole che manco il nome sanno!!!) ed il commissario di Commercio Esterna Cecilia Malström. Il motivo è dimostrarloro che, dall'assunzione di Macri, il Mercosur perse l'ultimo ostacolo per firmare il Trattato di Libero Commercio con l'Europa. Malcorra conversò il giovedì su quella strategia col suo collega brasiliano, Mauro Vieira: se l'accordo non si firma questo anno, sarà perché gli europei, soprattutto i francesi, resistono. A proposito: in febbraio François Hollande starà a Buenos Aires. Ci sarà in Svizzera un incontro con Angela Merkel? Sì, ma se Merkel viaggia.
Prat-gay è il responsabile del capitolo finanziario del viaggio. In Davos starà Angelo Gurría, il presidente dell'OCSE, alla quale il ministro cerca avvicinarsi. Quell'organizzazione conta su un sistema di auditorio simile a quello del Fondo Monetario Internazionale. Il titolare di questo organismo, anche Christine Lagarde, starà nel Foro, benché fino ad ieri sera non si sapeva se Prat-gay la vedrebbe. Una curiosità: sebbene Axel Kicillof si trovò molte volte con Lagarde, l'Argentina continua ad essere uno dei due paesi latinoamericani che non ammettono le revisioni dell'Articolo IV della Lettera del Fondo. L'altro è il Venezuela.
Prat-gay si vedrà col ministro del Fisco dell'Inghilterra, George Osborne, e col chairman della Borsa di New York, Thomas Farley. Ma il vero punto interrogativo è se, il venerdì, converserà con Jack Lew, il segretario del Tesoro nordamericano. Sarebbe importante, benché non decisivo, per la discussione coi holdouts. L'Argentina deve uscire dal default in cui l'incagliò Cristina Kirchner. Un esempio: Kicillof saldò il debito col Club di Parigi senza discutere una moneta, ma il paese non migliorò lì la sua qualificazione dovuto alla proibizione con gli obbligazionisti.
La discussione si riannodò il mercoledì scorso, quando il segretario di Finanze, Luis Caputo, si riunì coi creditori, liderados per Paul Singer di NML, nell'ufficio del mediatore Daniel Pollack. Caputo notificò lì che il paese non adotterà nessuna clausola di confidenza. I creditori cercarono di dissuaderlo per un'ora. Ma non ebbero successo. La strategia del Governo è, a partire dal prossimo 25, pubblicare la sua offerta per denudare che qualunque ritardo in un intendimento si dovrà all'intransigenza dei contendenti. Se la proposta ufficiale è ragionevole, i holdouts pagherà un costo per il suo tozudez. In altre parole: Singer incarnerebbe il ruolo di Kicillof.
I fondi hanno vari incentivi per non affliggersi. Il più evidente è che sanno che Macri, a differenza del suo predecessore, è disposto a pagare. Inoltre, i richiami che non contano su una sentenza favorevole si attualizzano con un elevato tasso di interesse. Per esempio, i 1650 milioni di dollari che Kicillof si rifiutò di pagare in giugno di 2014, per cui si entrò in default, superano oggi i 1800 milioni.
Non fu l'unico commercio che il kirchnerismo facilitò ai suoi insultati "avvoltoi".
Gli avvocati di Singer normalmente attribuiscono il loro successo al legge catenaccio promossa per Néstor Kirchner e Roberto Lavagna, per la quale lo Stato si legò le mani in qualunque negoziazione.
Il giudice Thomas Griesa ammise che quella proibizione violava la clausola di partorii passu di molti titoli. Cioè, concedeva un trattamento distinto a forchette di buoni simili, come entrassero o non allo scambio organizzato per il Governo. Questo errore sarebbe uno dei motivi affinché Prat-gay e Caputo contrattassero un nuovo studio di avvocati.
L'avvocatura introduce un'altra difficoltà: col surrettizio decreto 2507/14, Cristina Kirchner allagò la Procura del Tesoro con gente del suo ambiente, senza rispettare i meccanismi legali di selezione. La Procura è la responsabile ultima delle liti dello Stato, tra gli altri, quello dei holdouts. Il suo titolare, Carlos Balbín, pretende di rivedere quelli contratti ereditati.
Tra i che entrarono per la finestra stanno Francisco Zannini, figlio di Carlos Zannini; Virginia Lynn, sposa dell'ex sottosegretario di Justicia Julián Álvarez; María Laura Sanfelice, figlia di Osvaldo "Bochi" Sanfelice, amministratore dei commerci dei Kirchner; Javier Pargament, nipote di Juana Pargament, la seconda di Hebe di Bonafini; Juan Erbin, raccomandato di Andrés "Corvo" Larroque, ed Agustín Tarelli, figlio del secondo di Daniel Reposo nella Sigen.
Oltre l'influenza delle sue "talpe" nella Procura, la signora di Kirchner sogna di minare l'uscita del default. Il suo argomento è che "Prat-gay vuole pagare ai "avvoltoi" con più accomodamento".
È curioso: è la tesi contraria della quale esprime il "peronismo realmente esistente". I governatori normalmente espongono davanti al ministro dell'Interno, Rogelio Frigerio, la necessità di decidere coi holdouts di finanziarsi a minore costo e, così, moderare l'accomodamento al quale obbliga la calamitosa situazione fiscale che lasciò Kicillof.
Questa divergenza di interessi ha appena prodotto una sconfitta a Massimo Kirchner nella provincia di Buenos Aires. Il suo delegato nel blocco di deputati, José Ottavis, non potè trascinare alle sue paia dietro l'ingannevole bandiera del desendeudamiento. La maggioranza scese a patti col ministro di Governo, Federico Salvai, ed approvò il presupposto di María Eugenia Vidal. La giocata si decise in una riunione di intendenti e dirigenti sociali che decisero di autogestirsi. I lideran Martín Insaurralde, Gabriel Katopodis e Fernando "Cinese" Navarrese.
La novità è di prima grandezza: l'insubordinazione del PJ di fronte a Cristina Kirchner si liberò per una discussione sull'indebitamento. Quella fessura si estenderà all'ordine nazionale. Un dettaglio: il governatore Juan Manuel Urtubey che difese a New York, a nome di Scioli, che bisognava scendere a patti coi holdouts affinché il reordenamiento economico fosse meno doloroso, lidera ora la secessione di un gruppo di deputati del Fronte per la Victoria. In modo che l'ex presidentessa dovrebbe convincere al suo proprio partito, non a Prat-gay. Soprattutto se Macri decide di convocare i peronisti che amministrano presupposti per convalidare l'uscita del default.
Queste ricollocazioni stanno inscriptas nel processo generale che Macri aspira a presentare in Davos: quello del passaggio di un'egemonia autoritaria ad un regime pluralistico e di un'economia sovvenzionata per la bonaccia internazionale ad un'altra più competitiva. Questa transizione complica anche ai holdouts.
Nella controversia contro Cristina Kirchner, Singer e gli altri obbligazionisti ricorsero ad argomenti politici. Il suo attivismo giudiziale aveva il merito, adducevano, di bloccare ad un'autocrazia, alleata a Mahmoud Ahmadinejad e Hugo Chávez. Quella linea concettuale, esposta nel posto web dell'American Task Force Argentina, diventò anacronistica. Non solo perché Macri cancellò il patto con l'Iran e denunciò le violazioni dei diritti umani del chavismo. La salita del nuovo presidente potrebbe essere presentato come la prima vittoria sul populismo dominante in America latina.
L'appello a bandiere ideologiche potrebbe convertirsi, allora, in una trappola per Singer. La sua intransigenza soffocherebbe quello che auspicava. O, alla rovescia, contribuirebbe alla sopravvivenza del kirchnerismo che, fino ad ieri, era il suo demonio. Non è solo una sfida per Singer. È anche un dilemma per Obama. E per Kerry e Lew, i suoi delegati in Davos.
... pagliacciate ...
Davos, primo scalo per ritornare al mondo
Carlos Pagni
LUNES 18 Di Gennaio Di 2016
Mauricio Macri spera, nella sua leva I Cardi che i medici si impietosiscano e gli permettano di viaggiare a Davos per assistere al Foro Economico Mondiale. Oggi lo realizzeranno gli studi definitivi, per determinare se l'ematoma che si formò per la fessura di una costola non ha rischi durante il volo. Mentre aspetta quella diagnosi, e senza aria condizionata per evitare gli starnuti, legge Il figlio di Cesare. È il monumentale romanzo storico nel quale John Williams narra la lotta di Octavio, il primo imperatore, per liberare a Roma di intrighi, corruptelas e lotte faziose, e trasformarla nel centro del mondo.
Il fastidio di Macri per il suo incidente è comprensibile. Egli pretende di officiare in Davos, la città di un altro romanzo, La montagna magica, di Thomas Mann, il rilancio economico dell'Argentina. Al capo di 12 anni nei che il kirchnerismo identificò sovranità con isolamento, Macri si proporsi simbolizzare la reconexión con le reti globali di finanziamento ed investimento. Un'operazione che è in attesa dal default dell'anno 2001.
Nell'agenda di Macri raffigurano 35 riunioni con statisti, impresari e banchieri. Ci sono due molto rilevanti: con Joe Biden, il vicepresidente degli Stati Uniti, e con John Kerry, il cancelliere di quello paese. Quelle interviste saranno preparatorie per l'incontro con Barack Obama durante la riunione su energia nucleare convocata per marzo, e per l'eventuale visita del presidente nordamericano a Buenos Aires.
Hanno anche una funzione più immediata: che Washington comprenda l'importanza dell'accordo coi holdouts per il consolidamento del gioco politico al che diede passo la sconfitta elettorale del kirchnerismo. ... Principino del pisello ... paga!!! ... piantala una buona volta con la pretesa di non ripettare le LEGGI e le SENTENZE!!! ... ti giochi quel poco di credibilità che hai ...
In caso di viaggiare, Macri conterebbe su una certa esclusività. In Davos ci saranno solo quattro presidenti latinoamericani: il messicano EnriquePena Nieto, il colombiano Juan Manuel Santosi ed il peruviano Ollanta Humala, oltre a lui. Dilma Rousseff e Michelle Bachelet invieranno ai suoi ministri di Finanze.
Sergio Massa sarà in attesa del giudizio dei medici. Invece, il ministro del Fisco e Finanze, Alfonso Prat-Gay, ed il cancelliere, Susana Malcorra, condivideranno il seminario come pannellisti. Il presidente della Banca Centrale, anche Federico Sturzenegger, starà in Davos. Ci sono solo più due argentini, ma rappresentando ad altri Stati: la regina Massima dell'Olanda e l'arcivescovo Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere dell'Accademia Pontificia delle Scienze.
Tra gli appuntamenti di Malcorra emerge una con due funzioneresti dell'Unione Europea: il cancelliere Federica Moreghini (è tanto importante e autorevole che manco il nome sanno!!!) ed il commissario di Commercio Esterna Cecilia Malström. Il motivo è dimostrarloro che, dall'assunzione di Macri, il Mercosur perse l'ultimo ostacolo per firmare il Trattato di Libero Commercio con l'Europa. Malcorra conversò il giovedì su quella strategia col suo collega brasiliano, Mauro Vieira: se l'accordo non si firma questo anno, sarà perché gli europei, soprattutto i francesi, resistono. A proposito: in febbraio François Hollande starà a Buenos Aires. Ci sarà in Svizzera un incontro con Angela Merkel? Sì, ma se Merkel viaggia.
Prat-gay è il responsabile del capitolo finanziario del viaggio. In Davos starà Angelo Gurría, il presidente dell'OCSE, alla quale il ministro cerca avvicinarsi. Quell'organizzazione conta su un sistema di auditorio simile a quello del Fondo Monetario Internazionale. Il titolare di questo organismo, anche Christine Lagarde, starà nel Foro, benché fino ad ieri sera non si sapeva se Prat-gay la vedrebbe. Una curiosità: sebbene Axel Kicillof si trovò molte volte con Lagarde, l'Argentina continua ad essere uno dei due paesi latinoamericani che non ammettono le revisioni dell'Articolo IV della Lettera del Fondo. L'altro è il Venezuela.
Prat-gay si vedrà col ministro del Fisco dell'Inghilterra, George Osborne, e col chairman della Borsa di New York, Thomas Farley. Ma il vero punto interrogativo è se, il venerdì, converserà con Jack Lew, il segretario del Tesoro nordamericano. Sarebbe importante, benché non decisivo, per la discussione coi holdouts. L'Argentina deve uscire dal default in cui l'incagliò Cristina Kirchner. Un esempio: Kicillof saldò il debito col Club di Parigi senza discutere una moneta, ma il paese non migliorò lì la sua qualificazione dovuto alla proibizione con gli obbligazionisti.
La discussione si riannodò il mercoledì scorso, quando il segretario di Finanze, Luis Caputo, si riunì coi creditori, liderados per Paul Singer di NML, nell'ufficio del mediatore Daniel Pollack. Caputo notificò lì che il paese non adotterà nessuna clausola di confidenza. I creditori cercarono di dissuaderlo per un'ora. Ma non ebbero successo. La strategia del Governo è, a partire dal prossimo 25, pubblicare la sua offerta per denudare che qualunque ritardo in un intendimento si dovrà all'intransigenza dei contendenti. Se la proposta ufficiale è ragionevole, i holdouts pagherà un costo per il suo tozudez. In altre parole: Singer incarnerebbe il ruolo di Kicillof.
I fondi hanno vari incentivi per non affliggersi. Il più evidente è che sanno che Macri, a differenza del suo predecessore, è disposto a pagare. Inoltre, i richiami che non contano su una sentenza favorevole si attualizzano con un elevato tasso di interesse. Per esempio, i 1650 milioni di dollari che Kicillof si rifiutò di pagare in giugno di 2014, per cui si entrò in default, superano oggi i 1800 milioni.
Non fu l'unico commercio che il kirchnerismo facilitò ai suoi insultati "avvoltoi".
Gli avvocati di Singer normalmente attribuiscono il loro successo al legge catenaccio promossa per Néstor Kirchner e Roberto Lavagna, per la quale lo Stato si legò le mani in qualunque negoziazione.
Il giudice Thomas Griesa ammise che quella proibizione violava la clausola di partorii passu di molti titoli. Cioè, concedeva un trattamento distinto a forchette di buoni simili, come entrassero o non allo scambio organizzato per il Governo. Questo errore sarebbe uno dei motivi affinché Prat-gay e Caputo contrattassero un nuovo studio di avvocati.
L'avvocatura introduce un'altra difficoltà: col surrettizio decreto 2507/14, Cristina Kirchner allagò la Procura del Tesoro con gente del suo ambiente, senza rispettare i meccanismi legali di selezione. La Procura è la responsabile ultima delle liti dello Stato, tra gli altri, quello dei holdouts. Il suo titolare, Carlos Balbín, pretende di rivedere quelli contratti ereditati.
Tra i che entrarono per la finestra stanno Francisco Zannini, figlio di Carlos Zannini; Virginia Lynn, sposa dell'ex sottosegretario di Justicia Julián Álvarez; María Laura Sanfelice, figlia di Osvaldo "Bochi" Sanfelice, amministratore dei commerci dei Kirchner; Javier Pargament, nipote di Juana Pargament, la seconda di Hebe di Bonafini; Juan Erbin, raccomandato di Andrés "Corvo" Larroque, ed Agustín Tarelli, figlio del secondo di Daniel Reposo nella Sigen.
Oltre l'influenza delle sue "talpe" nella Procura, la signora di Kirchner sogna di minare l'uscita del default. Il suo argomento è che "Prat-gay vuole pagare ai "avvoltoi" con più accomodamento".
È curioso: è la tesi contraria della quale esprime il "peronismo realmente esistente". I governatori normalmente espongono davanti al ministro dell'Interno, Rogelio Frigerio, la necessità di decidere coi holdouts di finanziarsi a minore costo e, così, moderare l'accomodamento al quale obbliga la calamitosa situazione fiscale che lasciò Kicillof.
Questa divergenza di interessi ha appena prodotto una sconfitta a Massimo Kirchner nella provincia di Buenos Aires. Il suo delegato nel blocco di deputati, José Ottavis, non potè trascinare alle sue paia dietro l'ingannevole bandiera del desendeudamiento. La maggioranza scese a patti col ministro di Governo, Federico Salvai, ed approvò il presupposto di María Eugenia Vidal. La giocata si decise in una riunione di intendenti e dirigenti sociali che decisero di autogestirsi. I lideran Martín Insaurralde, Gabriel Katopodis e Fernando "Cinese" Navarrese.
La novità è di prima grandezza: l'insubordinazione del PJ di fronte a Cristina Kirchner si liberò per una discussione sull'indebitamento. Quella fessura si estenderà all'ordine nazionale. Un dettaglio: il governatore Juan Manuel Urtubey che difese a New York, a nome di Scioli, che bisognava scendere a patti coi holdouts affinché il reordenamiento economico fosse meno doloroso, lidera ora la secessione di un gruppo di deputati del Fronte per la Victoria. In modo che l'ex presidentessa dovrebbe convincere al suo proprio partito, non a Prat-gay. Soprattutto se Macri decide di convocare i peronisti che amministrano presupposti per convalidare l'uscita del default.
Queste ricollocazioni stanno inscriptas nel processo generale che Macri aspira a presentare in Davos: quello del passaggio di un'egemonia autoritaria ad un regime pluralistico e di un'economia sovvenzionata per la bonaccia internazionale ad un'altra più competitiva. Questa transizione complica anche ai holdouts.
Nella controversia contro Cristina Kirchner, Singer e gli altri obbligazionisti ricorsero ad argomenti politici. Il suo attivismo giudiziale aveva il merito, adducevano, di bloccare ad un'autocrazia, alleata a Mahmoud Ahmadinejad e Hugo Chávez. Quella linea concettuale, esposta nel posto web dell'American Task Force Argentina, diventò anacronistica. Non solo perché Macri cancellò il patto con l'Iran e denunciò le violazioni dei diritti umani del chavismo. La salita del nuovo presidente potrebbe essere presentato come la prima vittoria sul populismo dominante in America latina.
L'appello a bandiere ideologiche potrebbe convertirsi, allora, in una trappola per Singer. La sua intransigenza soffocherebbe quello che auspicava. O, alla rovescia, contribuirebbe alla sopravvivenza del kirchnerismo che, fino ad ieri, era il suo demonio. Non è solo una sfida per Singer. È anche un dilemma per Obama. E per Kerry e Lew, i suoi delegati in Davos.
... pagliacciate ...