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Pensate che quest'articolo fu scritto nel 2017, molto prima del disatro odierno a genova e sembra proprio già dare una spiegazione ampia di quello che continua a succedere in italia con angosciante sistematicità.
Sì,potrebbero esserci stati problemi strutturali e costruttivi datati anni 60 per genova e non solo,su gran parte delle costruzioni del ns patrimonio infrastrutturale,problemi peraltro giustificati anche dalle minori esigenze di allora,ma è innegabile la responsabilità politica di un'intera fase nella ns storia dominata dalla cultura del risparmio a tutti i costi e di costante riduzione delle spese pubbliche tra i quali rientrano a pieno titolo questi eventi dannosi(vero beast oggi ci credi ??? o sono chiacchiere da bar perchè mancano dei dati eurostat eh ???).
E oggi ??? oggi che stiamo mano mano creando danni economici incalcolabili al paese,che dire,o lasciamo perdere rassegnati facendoci sommergere dai debiti insieme a un crescente impoverimento(vero cottarello ???)o ci mettiamo al lavoro dando un calcio nel sed..ere ai mercati e allo spread e soprattutto a quanti se ne fanno scudo per imporci questo scempio umano ed economico.
Ovviamente l'art. non ha nessun nesso con il caso del ponte di genova ma identifica con chiarezza lo stato di una politica che grava sulle costruzioni così come sulla manutenzione ordinaria dei principali manufatti presenti nel ns paese.
«Vi spiego perché in Italia crollano così tanti ponti»
Pubblicato 27 aprile 2017 | Da Lorenza Perfori
cavalcavia-crollato
Intervista a Massimo Ferrarese di Bernardino Ferrero.
«Con le mie aziende non produco più ponti e non partecipo più ai lavori pubblici neppure per le scuole», è una presa di posizione netta, senza sconti, ma che non nasconde una punta di amarezza quella di Massimo Ferrarese – politico e imprenditore nel campo delle costruzioni – quando gli chiediamo perché in Italia crollano così tanti ponti. Dal viadotto venuto giù a Fossano, dove un’auto dei carabinieri è stata schiacciata e gli agenti usciti miracolosamente illesi, al crollo sulla A14 che ha fatto due morti, a quello del cavalcavia di Annone in Brianza, un’altra vittima, l’elenco di incidenti, piccoli e grandi disastri specchio di una Italia senza sicurezza, si allunga, insieme alle segnalazioni e alle denunce fatte dai cittadini e dalle autorità locali sulla cattiva manutenzione di tante infrastrutture viarie.
Ma perché imprenditori determinati come Ferrarese, in grado di eseguire lavori ben progettati, i ponti rinunciano a costruirli? «Non si può pensare di affidare lavori pubblici con il 40%, persino il 50% di ribasso d’asta,» su progetti e lavori, spiega Ferrarese che dirige anche INVIMIT, la Investimenti immobiliari italiani (società di gestione del risparmio del Ministero dell’Economia). «Il ribasso dei costi determina un effetto a cascata su tutta la filiera, dalla impresa appaltante ai subappaltatori, fino a fornitori e subfornitori; così ci sono imprese che non svolgono i lavori come dovrebbero, e del resto molte volte queste aziende non riescono neppure a coprire i costi». Un meccanismo perverso, insomma, che lascia aperti enormi problemi sul versante di prevenzione e sicurezza. Per non dire del costo aggiuntivo che le opere crollate rappresentano per lo Stato, che queste infrastrutture deve ricostruire.
«Non si può lesinare sui materiali,» dice chiaro e tondo Ferrarese, «io non l’ho mai fatto e non sono disponibile a fare cose del genere, ecco perché con le mie imprese non costruisco più ponti». Non parliamo solo di infrastrutture viarie, «pensi alle scuole, non possiamo certo correre il rischio di far andare i nostri figli in edifici insicuri e pericolanti». Insomma i ponti in Italia crollano perché se lo Stato paga poco, male, e tardi, chi potrebbe realizzare opere sicure e durevoli, allora gli imprenditori onesti e che ci tengono alla qualità del loro lavoro tendono a fare un passo indietro, mentre chi partecipa e magari vince le gare con il massimo del ribasso, si trova poi a stringere la cinghia quando passa alla realizzazione dell’opera, aumentando i rischi di nuovi crolli.
Per evitare che altri nostri concittadini perdano la vita, bisogna dire basta alle gare con il massimo dei ribassi d’asta «e fare un censimento delle opere», conclude Ferrarese, «verificare se il patrimonio infrastrutturale italiano attuale è in grado di reggere, capire quali sono le opere che possono durare nel tempo e quali invece vanno abbattute». Ragionamento che non fa una piega.
Fonte: L’Occidentale
Sì,potrebbero esserci stati problemi strutturali e costruttivi datati anni 60 per genova e non solo,su gran parte delle costruzioni del ns patrimonio infrastrutturale,problemi peraltro giustificati anche dalle minori esigenze di allora,ma è innegabile la responsabilità politica di un'intera fase nella ns storia dominata dalla cultura del risparmio a tutti i costi e di costante riduzione delle spese pubbliche tra i quali rientrano a pieno titolo questi eventi dannosi(vero beast oggi ci credi ??? o sono chiacchiere da bar perchè mancano dei dati eurostat eh ???).
E oggi ??? oggi che stiamo mano mano creando danni economici incalcolabili al paese,che dire,o lasciamo perdere rassegnati facendoci sommergere dai debiti insieme a un crescente impoverimento(vero cottarello ???)o ci mettiamo al lavoro dando un calcio nel sed..ere ai mercati e allo spread e soprattutto a quanti se ne fanno scudo per imporci questo scempio umano ed economico.
Ovviamente l'art. non ha nessun nesso con il caso del ponte di genova ma identifica con chiarezza lo stato di una politica che grava sulle costruzioni così come sulla manutenzione ordinaria dei principali manufatti presenti nel ns paese.
«Vi spiego perché in Italia crollano così tanti ponti»
Pubblicato 27 aprile 2017 | Da Lorenza Perfori
cavalcavia-crollato
Intervista a Massimo Ferrarese di Bernardino Ferrero.
«Con le mie aziende non produco più ponti e non partecipo più ai lavori pubblici neppure per le scuole», è una presa di posizione netta, senza sconti, ma che non nasconde una punta di amarezza quella di Massimo Ferrarese – politico e imprenditore nel campo delle costruzioni – quando gli chiediamo perché in Italia crollano così tanti ponti. Dal viadotto venuto giù a Fossano, dove un’auto dei carabinieri è stata schiacciata e gli agenti usciti miracolosamente illesi, al crollo sulla A14 che ha fatto due morti, a quello del cavalcavia di Annone in Brianza, un’altra vittima, l’elenco di incidenti, piccoli e grandi disastri specchio di una Italia senza sicurezza, si allunga, insieme alle segnalazioni e alle denunce fatte dai cittadini e dalle autorità locali sulla cattiva manutenzione di tante infrastrutture viarie.
Ma perché imprenditori determinati come Ferrarese, in grado di eseguire lavori ben progettati, i ponti rinunciano a costruirli? «Non si può pensare di affidare lavori pubblici con il 40%, persino il 50% di ribasso d’asta,» su progetti e lavori, spiega Ferrarese che dirige anche INVIMIT, la Investimenti immobiliari italiani (società di gestione del risparmio del Ministero dell’Economia). «Il ribasso dei costi determina un effetto a cascata su tutta la filiera, dalla impresa appaltante ai subappaltatori, fino a fornitori e subfornitori; così ci sono imprese che non svolgono i lavori come dovrebbero, e del resto molte volte queste aziende non riescono neppure a coprire i costi». Un meccanismo perverso, insomma, che lascia aperti enormi problemi sul versante di prevenzione e sicurezza. Per non dire del costo aggiuntivo che le opere crollate rappresentano per lo Stato, che queste infrastrutture deve ricostruire.
«Non si può lesinare sui materiali,» dice chiaro e tondo Ferrarese, «io non l’ho mai fatto e non sono disponibile a fare cose del genere, ecco perché con le mie imprese non costruisco più ponti». Non parliamo solo di infrastrutture viarie, «pensi alle scuole, non possiamo certo correre il rischio di far andare i nostri figli in edifici insicuri e pericolanti». Insomma i ponti in Italia crollano perché se lo Stato paga poco, male, e tardi, chi potrebbe realizzare opere sicure e durevoli, allora gli imprenditori onesti e che ci tengono alla qualità del loro lavoro tendono a fare un passo indietro, mentre chi partecipa e magari vince le gare con il massimo del ribasso, si trova poi a stringere la cinghia quando passa alla realizzazione dell’opera, aumentando i rischi di nuovi crolli.
Per evitare che altri nostri concittadini perdano la vita, bisogna dire basta alle gare con il massimo dei ribassi d’asta «e fare un censimento delle opere», conclude Ferrarese, «verificare se il patrimonio infrastrutturale italiano attuale è in grado di reggere, capire quali sono le opere che possono durare nel tempo e quali invece vanno abbattute». Ragionamento che non fa una piega.
Fonte: L’Occidentale