Istat: la produttività riparte nel 2017.

Dav. c. G.

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La produttività del lavoro riparte 16 aprile 2018 15.50

La produttività dell' economia italiana mette a segno nel 2017 un rialzo dello 0,9%,dopo il calo dell'anno precedente. E' la crescita maggiore da sette anni. E' quanto emerge dalle tabelle Istat. Riparte soprattutto la produttività del lavoro, considerata l'anello debole del sistema. L'indicatore, calcolato come valore aggiunto per ora lavorata, sale dello 0,7%, il tasso più alto dopo il 2013. Accelera anche la produttività del capitale (+1,4%). Non si torna al ritmo 2010 ma il 2017 segna avanzamento - See more at: La produttivita del lavoro riparte - Rai News

Istat: riparte la produttivita, anche per il lavoro - Economia - ANSA.it

La produttività dell'intera economia italiana rialza la testa, mettendo a segno nel 2017 un rialzo dello 0,9% dopo il calo dell'anno precedente. E' quanto emerge dalle tabelle appena aggiornate dall'Istat rielaborate dall'ANSA. E' la crescita maggiore da sette anni, ovvero dal 2010. Sopratutto, riparte la produttività del lavoro, considerata l'anello debole del sistema. Ora l'indicatore, calcolato come valore aggiunto per ora lavorata, sale dello 0,7%, il tasso più alto dopo il 2013. E intanto accelera anche la produttività del capitale (+1,4%).

Se si guarda la produttività complessiva, che riunisce tutti i fattori, l'inversione di tendenza rispetto al 2016 è evidente, visto che era diminuita dello 0,4%. Certo non si torna al ritmo che era stato toccato nel 2010, quando si raggiunse un picco (+2,9%). Il recupero più forte, rispetto all'anno precedente, è stato compiuto dalla produttività del lavoro, che nel 2016 era scesa dell'1,0%. La produttività del capitale era invece già positiva ma comunque il 2017 segna un avanzamento (dal +1,0% al +1,4%). Anche in questo caso si tratta del valore più alto dal 2010 (quando si rilevò un rialzo record del 2,3%). Entrando nel dettaglio, risulta invece in ribasso la produttività del capitale Ict, legato alle tecnologie della comunicazione (-0,8%), ma rispetto al 2016 la discesa rallenta (-2,9%). La produttività è indice di efficienza, calcolando il rapporto tra la ricchezza creata e i mezzi impiegati per realizzarla.

Se si riescono a coprire più chilometri con la stessa quantità di benzina significa che la produttività del motore, che può essere paragonata al capitale, o quella del pilota, alter-ego della forza lavoro, sono incrementate. Lo stesso Istat definisce la produttività come l'indicatore che "misura la crescita del valore aggiunto attribuibile al progresso tecnico e ai miglioramenti nella conoscenza e nell'efficienza dei processi produttivi". Diversi sono gli 'ingredienti' che possono fare da leva: l'innovazione dei cicli, i miglioramenti nell'organizzazione del lavoro e delle tecniche manageriali, i passi avanti nell'esperienza e nel livello di istruzione della forza lavoro. Ora l'Istat calcola la produttività del lavoro come valore aggiunto per ora lavorata mentre quella del capitale si riferisce agli input che arrivano dai macchinari, dai software, dai brevetti impiegati.
 
Ultima modifica:
Nonostante l'aumento dell'euro e del prezzo del petrolio aumenta l'avanzo commerciale dei primi 2 mesi del 2018; avanzo commerciale già ai massimi nel 2017. E le esportazioni vanno bene soprattutto nell'area intraUE, alla faccia di quelli che dicono che bisogna abbandonare l'euro e la UE:


Commercio con l’estero e prezzi all’import dei prodotti industriali

Rispetto al mese precedente, a febbraio 2018 si registrano contenute diminuzioni sia per le esportazioni sia per le importazioni (-0,6% per entrambi i flussi).

La flessione congiunturale dell'export scaturisce da dinamiche contrapposte delle due principali aree di sbocco, con una diminuzione delle vendite verso i mercati extra Ue (-2,5%) ed una crescita verso l'area Ue (+0,9%). Sono in calo l'energia (-5,9%) e i beni di consumo (-3,0%).

Nel trimestre dicembre 2017-febbraio 2018, si rileva una leggera flessione congiunturale dell'export (-0,1%) che coinvolge esclusivamente l'area extra Ue (-2,1%), mentre l'area Ue registra un aumento (+1,6%). Nello stesso periodo l'import cresce dell'1,6%.

A febbraio 2018 la crescita tendenziale dell'export (+3,9%) è dovuta esclusivamente all'area Ue (+6,9%), mentre i paesi extra Ue sono stazionari (+0,0%). L'aumento dell'import (+0,5%) è determinato dall'espansione degli acquisti dall'area Ue (+2,0%).

Tra i settori che contribuiscono in misura più rilevante alla crescita tendenziale dell'export si segnalano mezzi di trasporto, autoveicoli esclusi (+14,1%), metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+11,4%), apparecchi elettrici (+6,7%) e prodotti alimentari, bevande e tabacco (+4,9%).

Rispetto ai principali mercati di sbocco, è da rilevare la marcata crescita tendenziale delle esportazioni verso Svizzera (+11,7%), Francia (+7,2%) e Spagna (+6,2%).

A febbraio 2018 il surplus commerciale è pari a 3,1 miliardi (+1,9 miliardi a febbraio 2017).

Nei primi due mesi dell'anno l'avanzo commerciale raggiunge i 3,0 miliardi (+9,1 miliardi al netto dei prodotti energetici) con una crescita sostenuta sia per l'export (+6,6%) sia per l'import (+4,1%) rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Nel mese di febbraio 2018 l'indice dei prezzi all'importazione dei prodotti industriali diminuisce dello 0,2% rispetto al mese precedente e aumenta dell'1,4% nei confronti di febbraio 2017.

L'indice al netto dell'energia diminuisce dello 0,1% in termini congiunturali mentre aumenta dello 0,1% in termini tendenziali.
 
Nonostante l'aumento dell'euro e del prezzo del petrolio aumenta l'avanzo commerciale dei primi 2 mesi del 2018; avanzo commerciale già ai massimi nel 2017. E le esportazioni vanno bene soprattutto nell'area intraUE, alla faccia di quelli che dicono che bisogna abbandonare l'euro e la UE:


Commercio con l’estero e prezzi all’import dei prodotti industriali

Rispetto al mese precedente, a febbraio 2018 si registrano contenute diminuzioni sia per le esportazioni sia per le importazioni (-0,6% per entrambi i flussi).

La flessione congiunturale dell'export scaturisce da dinamiche contrapposte delle due principali aree di sbocco, con una diminuzione delle vendite verso i mercati extra Ue (-2,5%) ed una crescita verso l'area Ue (+0,9%). Sono in calo l'energia (-5,9%) e i beni di consumo (-3,0%).

Nel trimestre dicembre 2017-febbraio 2018, si rileva una leggera flessione congiunturale dell'export (-0,1%) che coinvolge esclusivamente l'area extra Ue (-2,1%), mentre l'area Ue registra un aumento (+1,6%). Nello stesso periodo l'import cresce dell'1,6%.

A febbraio 2018 la crescita tendenziale dell'export (+3,9%) è dovuta esclusivamente all'area Ue (+6,9%), mentre i paesi extra Ue sono stazionari (+0,0%). L'aumento dell'import (+0,5%) è determinato dall'espansione degli acquisti dall'area Ue (+2,0%).

Tra i settori che contribuiscono in misura più rilevante alla crescita tendenziale dell'export si segnalano mezzi di trasporto, autoveicoli esclusi (+14,1%), metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+11,4%), apparecchi elettrici (+6,7%) e prodotti alimentari, bevande e tabacco (+4,9%).

Rispetto ai principali mercati di sbocco, è da rilevare la marcata crescita tendenziale delle esportazioni verso Svizzera (+11,7%), Francia (+7,2%) e Spagna (+6,2%).

A febbraio 2018 il surplus commerciale è pari a 3,1 miliardi (+1,9 miliardi a febbraio 2017).

Nei primi due mesi dell'anno l'avanzo commerciale raggiunge i 3,0 miliardi (+9,1 miliardi al netto dei prodotti energetici) con una crescita sostenuta sia per l'export (+6,6%) sia per l'import (+4,1%) rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Nel mese di febbraio 2018 l'indice dei prezzi all'importazione dei prodotti industriali diminuisce dello 0,2% rispetto al mese precedente e aumenta dell'1,4% nei confronti di febbraio 2017.

L'indice al netto dell'energia diminuisce dello 0,1% in termini congiunturali mentre aumenta dello 0,1% in termini tendenziali.

ci scommetto che la gente comincia pure ad andare al ristorante... ah ah che peccato sto governo renzi che ci siamo lasciati scappare !!!!

ma caro dav dopo tanto fluire del tempo ma ancora non hai capito che co ste menate dei dati istat,a botte di zero virgola(export extra ue +0.9...ma per piacere !!!!) e riferiti ai trimestri non si va avanti eppure milioni di italiani che testè hanno votato parlano molto chiaro,molto più dei tuoi dati istat,che continui spudoratamente a postare sul forum che manco i libberisti de noantri te seguono.
 
La produttività del lavoro riparte 16 aprile 2018 15.50

La produttività dell' economia italiana mette a segno nel 2017 un rialzo dello 0,9%,dopo il calo dell'anno precedente. E' la crescita maggiore da sette anni. E' quanto emerge dalle tabelle Istat. Riparte soprattutto la produttività del lavoro, considerata l'anello debole del sistema. L'indicatore, calcolato come valore aggiunto per ora lavorata, sale dello 0,7%, il tasso più alto dopo il 2013. Accelera anche la produttività del capitale (+1,4%). Non si torna al ritmo 2010 ma il 2017 segna avanzamento - See more at: La produttivita del lavoro riparte - Rai News
.....

cvd
le macchine rendono di più con meno ore lavorate
infatti
cala il monte ore ore lavorate
il capitalista gode
ed il lavoratore sta a casa o emigra

il PD
non rappresenta più i lavoratori
ma il capitale

grazie PD
 
cvd
le macchine rendono di più con meno ore lavorate
infatti
cala il monte ore ore lavorate
il capitalista gode
ed il lavoratore sta a casa o emigra

il PD
non rappresenta più i lavoratori
ma il capitale

grazie PD

Se la soluzione è far lavorare le persone al posto delle macchine abbiamo qualche problema nel giudicare il valore umano.
 
Se la soluzione è far lavorare le persone al posto delle macchine abbiamo qualche problema nel giudicare il valore umano.
esatto
il capitale considera l'uomo
un mero fattore della produzione
appena può
lo sostituisce con una macchina non umana (meno costosa)


i governanti sono riusciti a far diminuire il monte ore lavorate
(in calo rispetto al 2011)

ed a far aumentare la produttività....
 
esatto
il capitale considera l'uomo
un mero fattore della produzione
appena può
lo sostituisce con una macchina non umana (meno costosa)


i governanti sono riusciti a far diminuire il monte ore lavorate
(in calo rispetto al 2011)

ed a far aumentare la produttività....

Si è vero nei sistemi capitalistici il lavoro umano tende a essere sostituito progressivamente dalle macchine.

Peccato che il profitto nei sistemi capitalistici è il prodotto del lavoro umano sottratto a chi lavora.
Ne consegue che più aumenta la meccanizzazione nei processi produttivi, ovvero si sottrae lavoro umano,e più diminuisce la capacità del sistema capitalistico di ottenere profitto.

Quindi più progrediscono i sistemi capitalistici e sempre più accentuati devono diventare gli strumenti di sfruttamento del lavoro umano per far fronte alla
endemica e strutturale tendenza alla caduta del c.d. saggio tendenziale medio di profitto.
 
Ci tenevo a ricordare soprattutto ai nuovi frequentatori della sezione Macroeconomia di fare il possibile per rimanere su temi economici senza troppi riferimenti al partito X, Y o Z. E' chiaro che si può dire "La produttività cala anche per colpa della legge voluta da X", ma non saranno tollerati messaggi da Arena Politica. Cmq sia benvenuti ma ricordatevi di rispettare le nostre regole di condotta :)
 
Ci tenevo a ricordare soprattutto ai nuovi frequentatori della sezione Macroeconomia di fare il possibile per rimanere su temi economici senza troppi riferimenti al partito X, Y o Z. E' chiaro che si può dire "La produttività cala anche per colpa della legge voluta da X", ma non saranno tollerati messaggi da Arena Politica. Cmq sia benvenuti ma ricordatevi di rispettare le nostre regole di condotta :)

hai ragione
non scriverò più il nome del partito

però devi ammettere che dav pubblica SOLO dei thread propaganda di partito
ha solo l'accortezza di non scrivere il nome del partito
ma è più che chiaro
 
hai ragione
non scriverò più il nome del partito

però devi ammettere che dav pubblica SOLO dei thread propaganda di partito
ha solo l'accortezza di non scrivere il nome del partito
ma è più che chiaro

Condivido in pieno il giudizio su Dav, la sua presenza su questo forum è addirittura imbarazzante, anche perchè non replica nemmeno limitandosi a riportare trafiletti inneggianti ai risultati del governo.
 
hai ragione
non scriverò più il nome del partito

però devi ammettere che dav pubblica SOLO dei thread propaganda di partito
ha solo l'accortezza di non scrivere il nome del partito
ma è più che chiaro

lo so, anche i suoi messaggi sono oggetto di moderazione nel caso trascenda. Non facciamo sconti a nessuno, ma dobbiamo per forza di cose essere un pò severi :)
 
I due ko e il primato del Pil pro capite - Il Sole 24 ORE

I due ko e il primato del Pil pro capite

–Marco Fortis Domenica 31 Dicembre 2017

La maggior parte degli economisti e dei commentatori non sembra ancora aver capito una verità tanto semplice quanto banale riguardo al tema della (bassa, debole, insufficiente?) crescita economica italiana. E cioè che se il nostro Pil per abitante del 2017 si trova sostanzialmente ancora ai livelli del 1999 in termini reali la spiegazione non è perché la nostra crescita attuale sia comparativamente inferiore rispetto a quella degli altri maggiori Paesi avanzati. Bensì perché l'economia italiana ha incassato negli ultimi due decenni alcuni autentici colpi da KO sotto forma di crisi di portata storica. Crisi che ci hanno fatto vertiginosamente perdere quota, come un aereo finito improvvisamente in un vuoto d'aria. Fortunatamente non ci siamo schiantati a terra ma adesso, non essendo possibili i miracoli in economia, ci vuole il dovuto tempo per riguadagnare l'altitudine che avevamo raggiunto in precedenza. Non è perciò una questione di bassa velocità media. È che negli ultimi anni siamo rimasti tremendamente attardati rispetto agli altri Paesi che non hanno vissuto una successione di recessioni forti come le nostre.

Se infatti consideriamo le quattro maggiori economie europee e gli Stati Uniti, possiamo constatare che nel 2017 tutti i Paesi analizzati tranne l'Italia hanno raggiunto i loro valori storici più alti di prodotto per abitante in termini reali. Perché l'Italia no? Perché già nel 2008-2009 il nostro Pil pro capite precipitò di oltre il 6% rispetto all'anno precedente. E poi perché, dopo un debole recupero nel 2010-2011, l'Italia perse altri 5 punti percentuali abbondanti di Pil pro capite nel biennio dell'austerità 2012-2013. In totale, rispetto ai livelli massimi toccati nel 2007, il Pil italiano per abitante ha lasciato sul terreno oltre 11 punti di flessione nel 2008-2013.

Dal punto di vista comparato, mentre la prima crisi, quella del 2008-2009, interessò anche le altre quattro maggiori economie qui considerate, che poi però recuperarono velocemente negli anni immediatamente successivi, la seconda crisi del 2012-2013 è stata un evento unicamente italiano (oltre che degli altri Paesi minori colpiti dal “contagio” greco come Spagna, Portogallo e Irlanda). Se, per ipotesi, ciò fosse capitato alla Germania oggi il Pil tedesco sarebbe non superiore a quello di 14 anni fa.

È quindi del tutto evidente che, pur avendo ben in mente i nostri ritardi strutturali, le inefficienze e i divari geografici che ci caratterizzano, il problema determinante dell'Italia non è quello di una generica bassa crescita economica, misurata per di più in modo alquanto scolastico sul lungo periodo. Il nostro maggior handicap è invece costituito dalle profonde recessioni che si sono verificate entro “quel” lungo periodo, crisi che hanno alterato completamente il significato dei nostri tassi medi annui composti di crescita calcolati sull'intervallo di riferimento. In altri termini, se il nostro Pil pro capite è ancora ai livelli del 1999 non è perché oggi ci sia poca crescita ma perché abbiamo avuto prima la recessione del 2008-2009, poi lo spread e infine l'austerità. E le eventuali responsabilità “politiche” del perché siamo fermi al 1999 vanno imputate, se del caso, a chi ha provocato o mal gestito tali eventi. O a chi vi è arrivato impreparato, non avendo approfittato del primo decennio dell'euro per riequilibrare in modo incisivo i nostri conti pubblici.

La comprensione della bassa crescita italiana è resa ancor più complicata dal fatto che negli ultimi anni il nostro Paese è stato interessato anche da una curva demografica negativa, che ne ha limitato il potenziale di sviluppo e di domanda interna. Un trend che, verosimilmente, continuerà anche in prospettiva. Nel 2016, ad esempio, la popolazione italiana è diminuita dello 0,2% mentre ad esempio quella tedesca è cresciuta dell'1%. Per cui, se per ciò che riguarda la crescita del Pil totale l'Italia è stata nel 2016 inferiore agli altri Paesi (anche se non più come in passato), in realtà per aumento del Pil pro capite la nostra economia è stata loro superiore: Italia +1,11%, Regno Unito +1,08%, Germania +0,95%, Stati Uniti +0,79%, Francia +0,78%. Lo stesso dovrebbe accadere, secondo le previsioni della Commissione Europea, anche per i Pil pro capite del 2017: Italia +1,52%, Stati Uniti +1,45%, Germania +1,32%, Francia +1,07%, Regno Unito +0,75%. Considerato che, da quando esistono serie storiche comparabili, cioè dal 1992, non era mai accaduto che l'Italia risultasse prima per crescita del Pil pro capite tra le cinque maggiori economie occidentali del G-7, e men che meno per due anni consecutivi, ma, anzi, è stata quasi sempre ultima, è chiaro che ci troviamo di fronte ad un fenomeno di portata storica. In conclusione, l'Italia uscita dalla crisi 2008-2013 non è più paragonabile a quella che vi era entrata. È oggi un'Italia per molti aspetti ridimensionata rispetto a prima (a cominciare dalla capacità produttiva irrimediabilmente persa) ma è più reattiva, dinamica ed efficiente. Un'Italia che ha finalmente realizzato una serie di importanti riforme attese da anni. Il risultato è che, sì, il nostro Pil pro capite è ancora molto distante dai livelli pre-crisi, ma che per la prima volta cresce più velocemente dei Pil pro capite di altre importanti economie sviluppate.


p.s.: anche nel 2015 e 2016 l'aumento del pil pro capite dell'italia è stato + alto di francia e Germania e tra i primi nel G7 insieme al Giappone.

Italia crescita Pil più alta di Francia e Germania - Corriere.it
 
Massi, per ottenere numeri migliori dividiamo anche i dati per la superficie del Paese pianeggiante o per il numero di spiagge o per le giornate piovose!

Poi altro' che' il doppio, siamo sopra al 2000%




I due ko e il primato del Pil pro capite - Il Sole 24 ORE


La comprensione della bassa crescita italiana è resa ancor più complicata dal fatto che negli ultimi anni il nostro Paese è stato interessato anche da una curva demografica negativa, che ne ha limitato il potenziale di sviluppo e di domanda interna. Un trend che, verosimilmente, continuerà anche in prospettiva. Nel 2016, ad esempio, la popolazione italiana è diminuita dello 0,2% mentre ad esempio quella tedesca è cresciuta dell'1%. Per cui, se per ciò che riguarda la crescita del Pil totale l'Italia è stata nel 2016 inferiore agli altri Paesi (anche se non più come in passato), in realtà per aumento del Pil pro capite la nostra economia è stata loro superiore: Italia +1,11%, Regno Unito +1,08%, Germania +0,95%, Stati Uniti +0,79%, Francia +0,78%. Lo stesso dovrebbe accadere, secondo le previsioni della Commissione Europea, anche per i Pil pro capite del 2017: Italia +1,52%, Stati Uniti +1,45%, Germania +1,32%, Francia +1,07%, Regno Unito +0,75%. Considerato che, da quando esistono serie storiche comparabili, cioè dal 1992, non era mai accaduto che l'Italia risultasse prima per crescita del Pil pro capite tra le cinque maggiori economie occidentali del G-7, e men che meno per due anni consecutivi, ma, anzi, è stata quasi sempre ultima, è chiaro che ci troviamo di fronte ad un fenomeno di portata storica. In conclusione, l'Italia uscita dalla crisi 2008-2013 non è più paragonabile a quella che vi era entrata. È oggi un'Italia per molti aspetti ridimensionata rispetto a prima (a cominciare dalla capacità produttiva irrimediabilmente persa) ma è più reattiva, dinamica ed efficiente. Un'Italia che ha finalmente realizzato una serie di importanti riforme attese da anni. Il risultato è che, sì, il nostro Pil pro capite è ancora molto distante dai livelli pre-crisi, ma che per la prima volta cresce più velocemente dei Pil pro capite di altre importanti economie sviluppate.

Italia crescita Pil più alta di Francia e Germania - Corriere.it
 
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