Scenari economici in Italia post voto

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

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lauramagno

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Apro questa discussione in periodo di campagna elettorale senza esprimere giudizi politici avendo come fine la discussione su alcuni argomenti assenti nel dibattito pre-elettorale ma che inevitabilmente si presenteranno nel prossimo futuro in Italia e che avranno grande impatto nella vita di tutti.
Uno dei più grandi problemi economici di questo Paese è sempre stato il debito pubblico cresciuto a dismisura in alcuni periodi sia della prima che della seconda repubblica, che ad oggi in tempi di tassi bassi produce una spesa di interessi di 60 miliardi che per il 40 per cento va all'estero per essere detenuta da investitori stranieri.
In campagna elettorale si sa, si tende a proporre programmi che producono consenso con soluzioni tanto semplici quanto difficili da realizzare ogniqualvolta si arriva al governo e bisognerebbe mantenere le promesse fatte.
Il debito attualmente è al 132 per cento del pil, il valore assoluto pur grande da solo non genera preoccupazione se ad esso si accompagna una crescita in grado di garantire il pagamento degli interessi e il collocamento del debito in scadenza senza grossi scossoni dello spread.
Nell'ultima legislatura si è attuata una politica fiscale espansiva con deficit da destinare a misure a sostegno della crescita con consistenti avanzi primari e taglio della spesa pensionistica rappresentata dalla riforma Fornero che adesso si promette di abolire.
Congelare la Fornero comporterebbe aumento della spesa per 17 miliardi ovvero gran parte dell'avanzo primario attuale. Aumentare la spesa pubblica non produce gli stessi effetti che ridurre le imposte cioè lasciare in primo luogo più soldi nelle buste paga con possibile aumento dei consumi e quindi del pil. L'aumento genererebbe nuove entrate da incremento dei redditi e riduzione del rapporto deficit/pil.
Al contrario che cosa ci attende?
la politica della flessibilità ha prodotto nella sola ultima legge di bilancio 8 miliardi di extradeficit, già a fine dell’anno scorso la Commissione ha chiesto di rientrare di due decimali di Pil per recuperare il deficit non tagliato e riportare il debito nell’alveo della riduzione concordata. In caso contrario c'è il rischio di una procedura di infrazione.
Oltre 13 miliardi dell’ultima manovra sono stati destinati alla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia sull’Iva, ma l’aumento è stato soltanto rinviato e prima o poi bisognerà farlo. L'aumento di un'imposta indiretta riduce i consumi, genera effetto sostituzione, fa aumentare l'evasione e aumenta il debito. Quindi questo genere di misure oltre ad essere inutili sono anche dannose.
A settembre la Bce dovrebbe concludere il suo Quantitative easing, il programma di acquisti di titoli di Stato, che ha permesso ai Paesi come l'Italia di sostenere il proprio debito sovrano e frenare l’aumento dello spread verso il Bund. La riduzione o la cancellazione del programma produrrà un incremento dei tassi, una crescita del rapporto debito/pil se non accompagnata da una robusta crescita o consistenti avanzi primari con possibili avvitamenti del debito e attacchi speculativi come è successo nel 2011. GLi effetti di quella crisi sono ancora visibili.
Si vuole metter mano alla questione con proposte fattibili?
 
A mio avviso sarebbe di importanza primaria diminuire I costi energetici (perseguire una politica energetica che ci renda indipendenti dal petrolio) e di trasporti, in modo tale da rendere I nostri prodotti più competitivi, in secondo luogo sarebbe auspicabile un incremento dei consumi interni attraverso una redistribuzione dei redditi, quindi una patrimoniale e misure che garantiscano un reddito di cittadinza minimo Queste le leve che si possono azionare nel breve periodo per cercare di far rientrare le finanze nazionali tenere in equilibrio I conti esteri
 
Intervento un po' contraddittorio.
Parli di politica fiscale espansiva associandola alla creazione di un avanzo primario via taglio pensioni.
È come parlare del quadrato circolare.
Poi dici che la spesa pubblica non va bene, ma il taglio delle tasse sì.
Anche qui, fra le due opzioni, è da preferire la prima se si vuole parlare di rilancio della domanda.
Comunque sono discorsi senza senso.
Il nuovo Governo non ha strumenti per effettuare nessuna politica.
Le politiche fiscali sono decise a Bruxelles.
Le politiche monetarie non le puoi fare perché non hai né una moneta né una banca centrale.
Le politiche industriali sono proibite.
Puoi giusto occuparti dei gay, di eutanasia e poco altro.
 
Intervento un po' contraddittorio.
Parli di politica fiscale espansiva associandola alla creazione di un avanzo primario via taglio pensioni.
È come parlare del quadrato circolare.
Poi dici che la spesa pubblica non va bene, ma il taglio delle tasse sì.
Anche qui, fra le due opzioni, è da preferire la prima se si vuole parlare di rilancio della domanda.
Comunque sono discorsi senza senso.
Il nuovo Governo non ha strumenti per effettuare nessuna politica.
Le politiche fiscali sono decise a Bruxelles.
Le politiche monetarie non le puoi fare perché non hai né una moneta né una banca centrale.
Le politiche industriali sono proibite.
Puoi giusto occuparti dei gay, di eutanasia e poco altro.

Queste non sono mie opinioni ma estratti di articoli economici.
Ognuno può dire liberamente quel che vuole senza offendere e nei limiti della continenza. A questo servono le regole.
L'avanzo primario è dato dalla differenza tra entrate e uscite al lordo della spesa per interessi e se la spesa diminuisce aumenta l'avanzo che è nella disponibilità della politica fiscale.
Se si abolisce la Fornero e personalmente ne sono incisa, i conti dello Stato sono in pericolo.
Che cosa si fa? si aumentano le imposte cioè l'Irpef da ritenuta e quei balzelli chiamati IMU, TARI TASI tanto amati o si riduce la spesa cioè sanità, pensioni e redditi di cittadinanza e co. (ancora da vedersi..)?
La patrimoniale non piace, evoca tristi ricordi tipo il prelievo forzoso? E allora cosa si fa Sig. so tutto io?
 
Apro questa discussione in periodo di campagna elettorale senza esprimere giudizi politici avendo come fine la discussione su alcuni argomenti assenti nel dibattito pre-elettorale ma che inevitabilmente si presenteranno nel prossimo futuro in Italia e che avranno grande impatto nella vita di tutti.
Uno dei più grandi problemi economici di questo Paese è sempre stato il debito pubblico cresciuto a dismisura in alcuni periodi ...

Il debito è esploso negli anni 80 a causa della componente finanziaria per gli elevati tassi d'interessi praticati secondo un' ottica di internazionalismo terzomondista interprata da un patetico personaggio come Ciampi che non aveva le risorse intellettuali per occupare la posizione ma a cui arrivò dopo le vigliacche accuse contro il grande P. Baffi.
Siccome poi di crescita adeguata non ce n'è più stata, per seguire i dettami di restaurazione del capitalismo imposti dai padroni del mondo il macigno divenuto estero pesa notevolmente. Il problema degli interessi è il dramma.

Non possono dire che ormai vi è un pilota automatico, che il debito è estero, che le condizioni del suo rifinanziamento sono decise all'estero che la politica economica ha rigidi paletti per cui fanno un poco di sceneggiate per distrarre gli schiavi non poco rintronati per conto loro.
Se non faranno i buoni saranno severamente bastonati. Ma se vogliono incassare lauti compensi e arricchirsi un poco durante i cinque anni staranno buoni e al loro posto e seguiranno le istruzioni e il pilota automatico.
 
A mio avviso sarebbe di importanza primaria diminuire I costi energetici (perseguire una politica energetica che ci renda indipendenti dal petrolio) e di trasporti, in modo tale da rendere I nostri prodotti più competitivi, in secondo luogo sarebbe auspicabile un incremento dei consumi interni attraverso una redistribuzione dei redditi, quindi una patrimoniale e misure che garantiscano un reddito di cittadinza minimo Queste le leve che si possono azionare nel breve periodo per cercare di far rientrare le finanze nazionali tenere in equilibrio I conti esteri

l'unica tattica o strategia nella condizione attuale di populismo dell'euro è quella da te indicata.
diminuire la dipendenza energetica e praticare una intelligente politica industriale, cosa che il governo Renzi ha capito e ha cercato di realizzare dopo decenni di indecenti lesionismi a vantaggio delle classi più parassitarie.
È l'unico modo per continuare a difendere un livello di reddito più elevato e in grado di soddisfare una domanda derivante da una eventuale redistribuzione del reddito o introduzione di trasferimenti minimi ai senza risorse.
Ma con il pilota automatico e il dominio di una certa classe non è facile e se poi qualcuno decide di far salire i tassi d'interesse diventa un'impresa impossibile.
 
Sono scettico sul fatto che possa essere Renzi ad applicare questo genere di politiche, anzi lui e I suoi uomini mi sembrano abbastanza incompetenti/presuntuosi, peró forse le alternative sono ancora peggio, motivo per cui non ci resta che affondare
 
L'Italia, come altri paesi dell'area euro, dovrebbe ed avrebbe dovuto saper criticare le scelte europee. E' e soprattutto è stato surreale il rapporto con le istituzioni europee: l'europa che bacchettava e dava ricette...ma se proprio in europa sono dei ******** con forti responsabilità nell'aver favorito la crisi sin dal 2008, con rialzi dei tassi con la crisi già palese e una gestione della crisi poi delirante ed opposta rispetto a quella di tutti gli altri paesi evoluti del mondo.
Il problema è che oltre ad una europa ed istituzioni europee di *****, abbiamo pure una classe politica italiana asina, ignorante, priva di strategie e della capacità di capire la situazione e quindi di criticare efficacemente favorendo dei cambiamente. Chi dovrebbe esercitare influenza sulle scelte economiche europee, la boldrini? di maio? grasso? o salvini con brunetta e la meloni?
 
Sono scettico sul fatto che possa essere Renzi ad applicare questo genere di politiche, anzi lui e I suoi uomini mi sembrano abbastanza incompetenti/presuntuosi, peró forse le alternative sono ancora peggio, motivo per cui non ci resta che affondare

esiste una violenta restaurazione capitalistica che va avanti da fine anni 70 e che ha massacrato di volta in volta le generazioni più giovani per impedire ogni sviluppo di idee progressive in campo politico civile e economico. Disinformazione fake news e distrazione sono la norma. Non si vedono reazioni per cui la schiavizzazione degli schiavi liberi è inesorabile.

Tuttavia non è che tutte le vacche siano bige come al buio alcune tenui tattiche difensive sono più efficaci.
Il riferimento a Renzi non esprime valutazioni partitiche ma considerazioni oggettive e storiche di politica economica.
Ha intuito il ruolo fondamentale della mano pubblica nel condurre una politica industriale e indirizzare i settori e classi che producono valore aggiunto e sostengono le partite correnti. Ha rappresentato finalmente una svolta. Non a caso potenti burocrazie e burocrati parassitari lo hanno colpito.
Il governo successivo ha seguito lo stesso indirizzo e probabilmente e auspicabilemnte rimarrà in carica o un governo simile si proporrà.

gli altri non hanno cognizione di che cosa sia il capitalismo e il populismo dell'euro, e del ruolo della politica industriale: se aderiscono troppo al pilota automatico accentuano le tendenze recessive fortemente presenti nel sistema.
È una guerra.
 
Purtroppo I trattati sono dalla loro parte, l'errore è al principio ossia ingabbiarsi in un mercato ultracompetitivo, quale l'UME senza avere un minimo di strategia con un sistema produttivo zavorrato da tutta una serie di costi (costo del denare, costi energetici, costi dei trasporti, mancanza economie di scala, costi del lavoro e varie tasse) che rende I prezzi dei nostri prodotti mediamente più alti rispetto ai nostri competitor, fortunatamente sappiamo produrre determinate cose molto meglio degli altri
 
...impedire ogni sviluppo di idee progressive in campo politico civile e economico. Disinformazione fake news e distrazione sono la norma. Non si vedono reazioni per cui la schiavizzazione degli schiavi liberi è inesorabile

e in generale non mi pare vi siano particolari motivi per credere che in politica possano in generale prevalere idee e progetti che mirino a creare benessere per la maggioranza delle persone, dato che le vicende si diramano ed evolvono principalmente per il prevalere ed il mescolarsi di interessi e lotte. Il successo italiano del dopoguerra, come scrivi sovente, fu dovuto essenzialmente alla volontà di contrastare l'unione sovietica ed il comunismo, il nostro successo fu quasi un effetto collaterale e fu comunque voluto, programmato per alcuni anni da una elite, non fu frutto di scelte venute dal basso.
Pure gran parte del progresso degli ultimi secoli, più che cosa programmata e generata da sapienti scelte fatte nell'interesse di tutti, è stato favorito decisamente da un sistema economico basato sul fatto che l'accumulo di moneta può anche passare attraverso l'innovazione, la creazione ed il miglioramento dei prodotti. Gli schiavi son poi tipicamente più asini e distruttori dell'elite ed altrettanto propensi al ladrocinio, nonostante questo, volessero iniziare ad impiccare qualcuno dell'elite, fornirei volentieri le corde...ma senza l'illusione di qualche qualità superiore degli schiavi
 
e in generale non mi pare vi siano particolari motivi per credere che in politica possano in generale prevalere idee e progetti che mirino a creare benessere per la maggioranza delle persone, dato che le vicende si diramano ed evolvono principalmente per il prevalere ed il mescolarsi di interessi e lotte. Il successo italiano del dopoguerra, come scrivi sovente, fu dovuto essenzialmente alla volontà di contrastare l'unione sovietica ed il comunismo, il nostro successo fu quasi un effetto collaterale e fu comunque voluto, programmato per alcuni anni da una elite, non fu frutto di scelte venute dal basso.
Pure gran parte del progresso degli ultimi secoli, più che cosa programmata e generata da sapienti scelte fatte nell'interesse di tutti, è stato favorito decisamente da un sistema economico basato sul fatto che l'accumulo di moneta può anche passare attraverso l'innovazione, la creazione ed il miglioramento dei prodotti. Gli schiavi son poi tipicamente più asini e distruttori dell'elite ed altrettanto propensi al ladrocinio, nonostante questo, volessero iniziare ad impiccare qualcuno dell'elite, fornirei volentieri le corde...ma senza l'illusione di qualche qualità superiore degli schiavi


c'è un fatto che mi fa pensare che le cose non stiano come le descrivi: la vita di Enrico Mattei

perchè fu messo in quell'azienda e come finì
 
Da Politica Economica/blog

L’intera architettura dell’Unione Europea poggia le sue basi sull’apodittico assunto che il debito pubblico rappresenti un vincolo insostenibile per la crescita di lungo periodo, nonché un grave ostacolo a una corretta e completa integrazione economica fra i Paesi. Si tratta chiaramente di un modello di stampo ortodosso, che dimentica l’essenza stessa del capitalismo, ossia la possibilità/opportunità di prendere denaro a prestito e di contrarre debiti/crediti.

Critica all’ortodossia europea di stampo classico che individua le ragioni della crisi finanziaria degli Stati prima nell’accumulazione e poi nell’implosione dei debiti pubblici, per la quale sarebbe indispensabile – per riattivare il sistema – tagliare drasticamente la spesa di nazionale. Tuttavia, la realtà dei fatti ha dimostrato l’esatto contrario e cioè che il debito non è la causa ma l’effetto della crisi.
 
E ha dimostrato anche che la solidità delle finanze pubbliche dipende dalla volontà della BCE, io ipotizzo una nuova crisi nel caso in cui venisse eletto presidente BCE un tedesco
 
Di cosa stiamo parlando? 20180113_WOC222.png
https://www.economist.com/blogs/graphicdetail/2018/01/daily-chart-3?fsrc=scn/tw/te/bl/ed/
 

Si parla di tassi di crescita o di recessione a livello globale. L'economia globale cresce trainata da Cina e India con tassi di crescita del 6-7 %, la UE cresce del 2% mentre la moribonda Italia quest'anno dovrebbe attestarsi intorno al 1,4%. Altri Paesi tipo il Venezuela che è in default registra tassi di decrescita a doppia cifra, in questo caso si verificano congiuntamente iperinflazione crisi del debito sovrano. l'iperinflazione consente di svalutare il debito salvo che non sia ridenominato in altra valuta, il fenomeno si può manifestare in epoche post belliche come avvenuto in Germania dopo le guerre ma con effetti altamente drammatici.
In Italia il debito interno è stato ridenominato in euro ed è detenuto soprattutto da istituti bancari, assicurativi e fondi pensione. Questo ha consentito di ridurre l'esposizione all'estero e di mantenere bassi il tasso di rendimento ma ciò crea una pericolo dipendenza tra banche e debito sovrano in caso di attacchi esogeni speculativi.
Alcuni propongono di non considerare nel rapporto debito/pil la quota detenuta dalle banche italiane compresa bankitalia che ha acquistato il debito per conto della BCE. Se non venisse considerato il rapporto dal 132% scenderebbe al 90%.
 
Da Politica Economica/blog

L’intera architettura dell’Unione Europea poggia le sue basi sull’apodittico assunto che il debito pubblico rappresenti un vincolo insostenibile per la crescita di lungo periodo, nonché un grave ostacolo a una corretta e completa integrazione economica fra i Paesi. Si tratta chiaramente di un modello di stampo ortodosso, che dimentica l’essenza stessa del capitalismo, ossia la possibilità/opportunità di prendere denaro a prestito e di contrarre debiti/crediti.

Critica all’ortodossia europea di stampo classico che individua le ragioni della crisi finanziaria degli Stati prima nell’accumulazione e poi nell’implosione dei debiti pubblici, per la quale sarebbe indispensabile – per riattivare il sistema – tagliare drasticamente la spesa di nazionale. Tuttavia, la realtà dei fatti ha dimostrato l’esatto contrario e cioè che il debito non è la causa ma l’effetto della crisi.

non si tratta di appodittico assunto ma di interessi da pagare

molto più banale
 
non si tratta di appodittico assunto ma di interessi da pagare

molto più banale

Va bene, se ti prestano denaro lo devi restituire. Questo non si discute
Qui quello che si discute è il modo in cui si vuole abbattere l'eccesso di debito che è apodittico cioè indimostrato a incominciare dalla soglia ritenuta ideale del 60%.
L'austerity genera altro debito se attuata in tempo di crisi, la Grecia ne è un esempio, come anche il Portogallo e l'Italia negli anni 2012-2014.
 
Va bene, se ti prestano denaro lo devi restituire. Questo non si discute
Qui quello che si discute è il modo in cui si vuole abbattere l'eccesso di debito che è apodittico cioè indimostrato a incominciare dalla soglia ritenuta ideale del 60%.
L'austerity genera altro debito se attuata in tempo di crisi, la Grecia ne è un esempio, come anche il Portogallo e l'Italia negli anni 2012-2014.

guarda non è così, solo propaganda purtroppo

non è spendendo di più che ripaghi il debito, pensa sono riusciti a far credere a molta gente questo

inoltre hai citato il paese giusto: in Portogallo l'austerity ha bloccato il debito
 
Il peso insostenibile del debito pubblico - Corriere.it

Il peso insostenibile del debito pubblico
In Italia non ci sono soltanto problemi di stabilità economica, ma anche di ostacoli alla crescita. Meritano una riflessione i risultati ottenuti dal Portogallo

In questi giorni prenatalizi pochi osservatori hanno notato un fatto importante avvenuto sui mercati finanziari europei: il tasso d’interesse sui titoli di Stato portoghesi a 10 anni è sceso sotto il livello del Btp italiano. La stessa cosa era avvenuta nei mesi scorsi per i titoli di Stato spagnoli e ciprioti. Di fatto, il debito pubblico italiano viene oramai considerato più rischioso di quello degli altri Paesi europei, inclusi quelli che durante la crisi avevano chiesto il sostegno finanziario della Troika (esclusa la Grecia). Hanno contribuito a tale sviluppo vari fattori. Alcuni sono di natura politica, in particolare l’assenza, in Portogallo e altri Paesi, di partiti che preconizzano l’uscita dall’euro, come è invece il caso in Italia, il che scoraggia chi vuole investire nel Paese. Altri sono economici, in particolare il livello del debito pubblico.
Negli ultimi quattro anni il debito portoghese in rapporto al Prodotto lordo si è ridotto di oltre 4 punti percentuali (dal 130,6% al 126,4%). La politica di risanamento messa in atto dai successivi governi ha consentito di tagliare il disavanzo pubblico di ben 6 punti, all’1,4% del Pil previsto nel 2017. Il saldo primario — cioè al netto degli interessi sul debito — corretto per effetti ciclici, è migliorato di ben 3 punti. L’aggiustamento è avvenuto sia attraverso il taglio della spesa (del 4% in termini nominali) sia con l’aumento delle entrate (dell’8%). Nonostante l’impostazione più restrittiva della politica di bilancio portoghese, la performance economica è stata superiore a quella italiana. Nel periodo 2014-17 l’economia lusitana è cresciuta complessivamente del 7% (contro il nostro 3,4%), grazie in particolare alle esportazioni di beni e servizi (salite in volume del 24%, contro il 15% dell’Italia) e agli investimenti (più 19% contro il 5%). Le riforme strutturali hanno favorito la riduzione del tasso di disoccupazione, dal 14% nel 2014 al 9,2% nell’anno in corso, e all’8,3% previsto nel 2018, ben sotto quello italiano.
Il risultato ottenuto dal Portogallo merita una riflessione perché è frutto di una strategia di politica economica alquanto diversa da quella messa in atto nel nostro Paese, dove si è invece privilegiato la «flessibilità» dei conti pubblici, e di fatto rinviato la riduzione del debito (che nemmeno nel 2017 è previsto scendere). Non sembra esserci piena consapevolezza, nel nostro caso, che l’elevato debito pubblico rappresenti non solo un problema per la stabilità finanziaria ma anche e soprattutto un costo per il sistema economico e un ostacolo allo sviluppo. Le condizioni di finanziamento delle aziende di un Paese tendono a riflettere il rating e lo spread sui titoli di Stato del Paese stesso. È molto difficile per un’azienda italiana avere un rating migliore, o emettere titoli a tassi inferiori, di quello dello Stato italiano. Lo stesso si applica alle banche, il cui rating riflette in parte il rischio Paese, che inevitabilmente viene scaricato sulla clientela, che si trova dunque a pagare un interesse più elevato. Le aziende italiane sono pertanto svantaggiate rispetto ai concorrenti europei.
Questa situazione non è sostenibile. In un mercato integrato e competitivo, le aziende hanno sempre più l’incentivo a spostarsi nei Paesi dove il costo di finanziamento è più basso. Ciò avviene attraverso la semplice delocalizzazione, la cessione di ramo d’azienda, oppure la fusione con aziende estere e lo spostamento della sede in un altro Paese. Il costo del capitale non è l’unica variabile in base alla quale le imprese decidono dove investire e dove collocare la loro sede sociale. Incidono anche altri fattori, come il costo del lavoro, la produttività, l’efficienza dell’amministrazione pubblica, la rapidità della giustizia. Ma a parità di tali condizioni, un Paese ad alto debito pubblico difficilmente può rimanere a lungo attraente per chi crea impresa, e dunque posti di lavoro. Il risanamento delle finanze pubbliche, e la riduzione sistematica e duratura del debito, non è solo una questione di stabilità finanziaria e di equità tra generazioni, è una componente essenziale di una sana politica industriale.

Morale della favola, la crescita in Portogallo deriva non dal solo taglio della spesa pubblica ma da un insieme di fattori che vanno dalle politiche del lavoro agli investimenti all'efficienza della PA e della Giustizia. Il solo taglio della spesa non accompagnato da altre misure produce crescita? Difficilmente. La domanda interna stimola la crescita e una forte componente pubblica in infrastrutture la accresce rilanciando interi settori dell'economia secondo le teorie keynesiane in presenza di fallimenti del mercato. E' chiaro che i soldi pubblici non devono essere sprecati, ma questo è un altro discorso..
E comunque non si può paragonare un'economia come quella portoghese a quella italiana che è afflitta da problemi cronici strutturali che vanno dal costo del lavoro ai monopoli/oligopoli, alla burocrazia e alla criminalità che lo rendono irrimediabilmente compromesso.
 
Stato
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