L ' austerità virtuosa che fa crescere l ' economia e protegge i più deboli

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

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di Francesco Cancellato - 3 Giugno 2017 - 08:30

No, a Veronica De Romanis i luoghi comuni non piacciono granché. E evidentemente, nemmeno le favole di chi racconta che l’Italia volerebbe se non fosse per il rigore imposto dall’Europa e dai suoi padroni teutonici. Economista formata tra la Sapienza e la Columbia University, docente alla Luiss e alla sede dell’Università di Stanford a Firenze, De Romanis ha appena dato alle stampe “L’austerità fa crescere” (Marsilio, 2017), un volume che prova a dimostrare, con dovizia di numeri e dettagli, perché quelle dell’austerità eccessiva, recessiva, imposta, ingiusta, inutile e responsabile dell’ascesa dei populisti siano panzane auto-assolutorie. E che invece, se ben attuato, il rigore nei conti pubblici sia un vettore di crescita economica, oltre che un segno di responsabilità e solidarietà verso le nuove generazioni e gli altri Paesi che appartengono all’Unione Europea.

Partiamo da un altro luogo comune, De Romanis, quello per cui evocare tagli e rigore faccia perdere le elezioni. Emanuel Macron, in piena campagna elettorale, ha annunciato un taglio di sessanta miliardi alla spesa pubblica francese. Eppure oggi è all’Eliseo…

Ha fatto ancora di più, Macron. In uno dei dibattiti televisivi ha detto a Marine Le Pen che il deficit non era una buona cosa per la Francia. Parliamo di un Paese che non rispetta le regole da nove anni e che non ha mai ottenuto una sanzione per questo. A dimostrazione che le regole non sono così rigide come si vuol dar credere. Poteva starsene zitto, e invece ha infranto un tabù.

E ha pure vinto le elezioni…

Questa cosa che l’austerità sia responsabile dell’ascesa dei populisti è una bufala da smontare. Non è il primo Macron, a vincere promettendo rigore economico.

Sì ok, la Germania, i Paesi del nord Europa…

Non solo. Anche gli spagnoli hanno rieletto per due volte Mariano Rajoy, uno che diceva che la Spagna dovesse continuare con il consolidamento fiscale, mentre hanno punito Podemos, che prometteva più spesa pubblica. E in Portogallo, nonostante al governo per un gioco di alleanze ora ci sia il socialista Costa - che peraltro ha ricevuto l'investitura dal presidente della repubblica uscente solo promettendo di rispettare i patti con i creditori internazionali - era stato il premier uscente Coelho a prendere più voti di tutti, un altro difensore dell’austerità. Persino in Grecia i sondaggi attuali danno Nea Demokratia, altro partito del rigore, in netto vantaggio su Syriza. Parliamo di Paesi che hanno fatto sacrifici duri. Se fossero stati inutili, non crede si sarebbero ribellati a chi glieli ha imposti?

Evidentemente non lo sono.

Certo che no, visto che Spagna, Irlanda e Portogallo sono tra i Paesi che crescono maggiormente in Europa, sicuramente più di Italia e Francia che oggi crescono meno della media dell'area Euro, che l’austerità non sanno nemmeno cosa sia, in confronto.

Oddio, da noi c’è stato Monti…
Sì, quel governo è l'unico che ha fatto l'austerità. Del resto è stato chiamato proprio per fare il lavoro sporco, ossia mettere i conti in sicurezza, quello che i politici non hanno voluto prendersi la responsabilità di fare. Il governo tecnico è anomalia tutta italiana.

E dopo?
C’è un modo per misurare austerità: surplus primario al netto del ciclo. Durante il governo Monti questo surplus è aumentato dall’1% circa al 3,7%. Con Renzi alla fine del 2016 era già tornato al 2,5%. Ma per dire che abbiamo attuato una politica espansiva, in questi ultimi anni, basterebbe osservare la spesa pubblica, che non ha fatto che aumentare.

Davvero?
Tra il 2013 e il 2016 la spesa totale è cresciuta di quasi 10 miliardi, quello che è stato tagliato sono gli investimenti fissi lordi, la parte più produttiva della spesa pubblica. Per tre miliardi, a voler essere precisi. Quel che non è cresciuto è il Pil, a dimostrazione che non basta spendere, ma bisogna spendere bene.

E com’è che si spende bene?

Il nostro Paese dovrebbe spendere in formazione per i giovani, in un sistema duale di alternanza scuola-lavoro come quello tedesco, efficiente e molto costoso. E ancora, spendere per le politiche attive del lavoro: dovrebbero essere i centri per l’impiego a trovare lavoro ai giovani, non le conoscenze e le amicizie. Noi per le politiche attive spendiamo un decimo di quel che spende l’austera Germania. Infine, per permettere alle donne di lavorare: un tasso di occupazione femminile di 14 punti inferiore all’area euro grida vendetta.

E invece…

E invece abbiamo speso per dare 80 euro al mese al ceto medio, cosa che non è servita nemmeno a rilanciare i consumi visto che gli italiani se li sono messi sotto il materasso. E abbiamo offerto la decontribuzione ai nuovi contratti di lavoro, che ha drogato il mercato per un anno, un intervento costato oltre 12 miliardi, risorse che se messe nel taglio strutturale del cuneo fiscale avrebbero avuto un impatto ben diverso sulla crescita.

Buone o cattive, come le finanzi queste maggiori spese, se non a debito?

Riducendo deduzioni e detrazioni fiscali, ad esempio, un insieme di oltre settecento voci che riducono la trasparenza del bilancio, peraltro. E poi facendo revisione della spesa. Che non vuol dire semplicemente tagliare: appena arrivata alla Cancelleria, Angela Merkel ha portato avanti una spending review molto seria, ma non ha toccato né la scuola, né la sanità, né la attività di ricerca e sviluppo, cui invece ha aumentato in budget. Lo sostengo da anni: una buona spending review è esito di scelte politiche. Per questo deve farla il ministro dell’economia, non i commissari tecnici, che infatti vengono mandati regolarmente a casa, mentre le loro proposte finiscono a prendere polvere nei cassetti.

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http://www.linkiesta.it/it/article/...a-crescere-leconomia-e-protegge-i-piu-/34458/
 
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Un Paese da cui dovremmo prendere esempio? Non dica la Germania…

In Spagna hanno fatto ottime politiche di rigore: hanno cambiato i fondamentali dell’economia con le riforme del mercato del lavoro, hanno tagliato le tasse alle imprese. Certo, molte cose restano da fare, ad esempio la disoccupazione è ancora altissima, ma dal 26% del 2013 è già scesa al 19% del 2016. Le cose stanno cambiando.

Bella forza, hanno un rapporto deficit/Pil che è da anni molto sopra il 3%…
Vero. Ma nel 2013 era al 7% e nel 2016 è attorno al 4%. Questo vuol dire che in quei tre anni hanno fatto austerità buona. E infatti il Pil è cresciuto, nonostante la spesa si sia ridotta.

Cosa che non è successa in Grecia, invece. Dove si aggiunge la frustrazione di vedere il proprio governo alla mercé di decisioni altrui…
Raccontiamola tutta, la storia. I greci hanno avuto per dieci anni un tasso di crescita più alto della zona euro. Mentre questo accadeva, il debito prendeva il volo, in soli due anni, dal 2007 al 2009 la spesa pubblica è cresciuta di oltre dieci punti percentuali dal 46% al 57%. A un certo punto, nessuno voleva più prestare soldi alla Grecia, non si fidavano più. Papandreu quindi si è visto costretto a chiederli in prestito ai propri partner europei ed è stato costretto ad ammettere pubblicamente che la Grecia aveva truccato i conti: il disavanzo non era del 3% come dichiarato per entrare a far parte dell'unione monetaria ma ben al di sopra del 15%. Lo shock fu enorme per gli altri membri dell'unione perché si rompeva un rapporto di fiducia ed è proprio sulla fiducia che si basa il valore di una moneta.

Si imputa all’Europa di averci messo troppo tempo a salvare la Grecia…
L’Europa ci ha messo un sacco di tempo per capire come fare, perché non c’erano né precedenti né know how. E infatti per questo è stata chiesta la partecipazione del Fondo Monetario Internazionale che di mestiere aiuta i Paesi in difficoltà. In cambio degli aiuti i partner europei hanno però chiesto delle condizionalità, che nel dibattito pubblico sono state chiamate, per l'appunto, austerità. Se tu chiedi i soldi, del resto, è normale che ti venga chiesto qualcosa in cambio, perlomeno la garanzia che non ci ricascherai, che non tornerai a spendere come un matto e a truccare i conti. Ecco perché l'austerità non è una scelta ma un intervento inevitabile frutto di scelte economiche sbagliate prese nel passato.


Quindi che si fa? Dobbiamo rinunciare all’idea di abolire il fiscal compact?
Anche qui, raccontiamola tutta. Il fiscal compact è nato da un idea di Mario Draghi per poter lanciare il quantitative easing. Chi chiede di abolire il fiscal compact, di fatto vuole abolire il quantitative easing, cosa che finora ha fatto risparmiare all’Italia, solo di spesa per interessi, una sessantina di miliardi. E poi il fiscal compact, come dice sempre lo stesso Draghi, va letto per intero, perché dentro c’è tutta la flessibilità che serve, così come nelle regole europee su debito e deficit. Peraltro, noi siamo il Paese che più ha beneficiato di questa flessibilità, nell'ultimo biennio, quasi 20 miliardi di spesa pubblica da spendere in disavanzo. Il problema che l’abbiamo utilizzata male, per aumentare la spesa corrente e non per fare investimenti.

Un ministro delle finanze europeo potrebbe essere la soluzione?
Accontentiamoci del fatto che stia diventando una prospettiva concreta, per ora. Fino a oggi, infatti, il vero oppositore al ministro delle finanze europeo era la Francia, restia a cedere ulteriore flessibilità. Macron, a differenza dei suoi predecessori non è contrario, e ne ha già parlato anche con Merkel.

Cosa cambierebbe rispetto a oggi?
Oggi le regole europee sono sui saldi. Tu sai che non devi sforare il 3% nel rapporto tra disavanzo e Pil, ma come ci arrivi - che spese tagli e che tasse aumenti -, è una decisione dei governi nazionali. Immagino che un Ministro delle Finanze europeo avrebbe qualcosa da dire anche su come fare. Indubbiamente, sarebbe un passo in avanti verso una maggiore integrazione fiscale.

L’Italia riuscirà a digerire questa ingerenza?
Non ha senso non farlo. Siamo la terza potenza dell'Unione . Noi dobbiamo stare dentro l’Europa, accompagnarla nella transizione da unione monetaria a unione fiscale, sino all’unione politica. Anche perché unione fiscale vuol dire anche bilancio unico, armonizzazione delle aliquote, Eurobond.

http://www.linkiesta.it/it/article/...a-crescere-leconomia-e-protegge-i-piu-/34458/
 
di Chiara Brusini | 1 giugno 2017

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se austerità significa una seria spending review che riduce la spesa improduttiva e produce risparmi con cui tagliare le tasse? Il rigore sui conti si traduce in “una risorsa preziosa per i cittadini”, perché va a beneficio delle classi meno abbienti e ha un impatto positivo su investimenti, creazione di posti di lavoro e sviluppo. E’ la tesi sviluppata dall’economista Veronica De Romanis nel saggio L’austerità fa crescere (Marsilio), in uscita l’1 giugno. La provocazione del titolo si rinnova di capitolo in capitolo. Da quello che dimostra come “Contro l’austerità si vincono le elezioni. Ma non si governa” al successivo, che spiega perché invece “Con l’austerità si vincono le elezioni. E si governa”. La conclusione è dedicata all’Italia, i cui conti De Romanis conosce benissimo visto che per oltre 12 anni ha fatto parte del consiglio degli esperti del ministero dell’Economia. E racconta che nella Penisola “l’austerità non c’è (così come la crescita)”.

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così si arriva all’Italia. Le cui performance economiche debolissime, scrive De Romanis, dipendono dall’avvicendamento tra “austerità cattiva” – quella del governo di Mario Monti, che ha optato per “poche riforme e molto rigore”, leggi tasse – e eccesso di spese in disavanzo. Quelle di Matteo Renzi, che al momento dell’insediamento nel febbraio 2014 ha promesso di continuare sulla strada del risanamento dei conti ma poi ha fatto il contrario. “Nel triennio 2014-2016, il debito non solo non si è ridotto, ma è aumentato passando dal 131,8% al 132,6%” del pil e “il disavanzo è diminuito (dal 3% del 2014 al 2,4% nel 2016), ma solo per effetto dell’azione della Banca centrale europea”. Durante i tre anni in cui è stato alla guida del paese, “la politica fiscale è stata espansiva” e il suo governo “è stato il primo a beneficiare della flessibilità di bilancio”, usata però non “per rafforzare il potenziale di crescita del paese, come previsto dalle linee guida, ma per finanziare spesa corrente, però degli anni precedenti”. Cioè per “neutralizzare le cosiddette clausole di salvaguardia, cioè una sorta di pagherò fiscali che consentono di dare il via libera a nuove spese nel bilancio dello Stato”, come il “fallimentare” bonus di 80 euro, “senza doverne specificare nell’immediato le coperture”. Un metodo che “non risolve il problema, lo sposta in avanti”, alimentando “un circolo vizioso, e poco trasparente, tra spesa di ieri finanziata con disavanzo di oggi da rimborsare con tasse di domani“.

Nel frattempo la revisione della spesa è rimasta sulla carta: “Dal 2011, in soli cinque anni, si sono alternati ben quattro commissari, e la spesa non è mai calata, anzi, ha continuato a registrare un andamento crescente”. Nonostante Renzi “abbia dichiarato di aver tagliato con la legge di Stabilità 2016 venticinque miliardi di euro“, in realtà qui soldi “sono stati sì realizzati, ma immediatamente riutilizzati per finanziare incrementi di altra spesa” e la riduzione netta “è stata pari solamente a 360 milioni di euro”. E le grandi riforme annunciate come rivoluzionarie, come quella della pubblica amministrazione, hanno avuto esito “deludente”, perché lo slogan della lotta ai furbetti non basta: “Timbrare il cartellino è una condizione necessaria ma non sufficiente per assicurare il miglior servizio ai cittadini“. Ma a conti fatti, “la battaglia che avrebbe dovuto essere a favore e dalla parte di chi contribuisce (…) a rendere la pubblica amministrazione più efficiente, semplice e moderna si è ridotta a una mera – e modesta, per la verità – lotta contro un numero non quantificabile di furbetti”. Risultato? “Nella media del biennio 2015-2016, l’economia è cresciuta dello 0,7%, quattro volte meno della media europea”. E “nel 2017, che ha visto il governo di Roma ottenere altri sette miliardi di euro di flessibilità, l’Italia dovrebbe attestarsi, con una valutazione del Pil stimata all’1,1%, in ultima posizione, persino dietro alla Grecia“.

Conti pubblici, "non c'e solo l'austerita alla greca. Quella fatta bene fa scendere le tasse e spinge la crescita" - Il Fatto Quotidiano
 
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La disciplina dei conti è fondamentale per politica e società.
Lezioni per l’Italia
di Veronica De Romanis
3 Giugno 2017 alle 06:07

... la conclusione del saggio “L’austerità fa crescere - quando il rigore è la soluzione” (Marsilio Editori, pp. 160, 16 euro) dell’economista Veronica De Romanis. Il saggio sgombra il campo dai pregiudizi smontando tutti gli argomenti contro l’austerità, riassumibili negli aggettivi che sovente l’accompagnano: eccessiva, recessiva, imposta, ingiusta, inutile e responsabile dell’ascesa dei populismi.


Dopo oltre cinque anni di quella che può essere definita a pieno titolo la peggiore crisi dal dopoguerra, a partire dal 2015 l’Europa è tornata a crescere. Il tasso medio di sviluppo si è attestato fra il 2015 e il 2016 al 2 per cento, un buon risultato che si avvicina alla performance dell’area statunitense. Il valore medio, però, non deve trarre in inganno. La crescita nel vecchio continente non è affatto omogenea: ci sono paesi che procedono a ritmo sostenuto e altri che invece faticano a raggiungere i livelli di ricchezza pro capite registrati prima del 2008. Le ragioni di queste differenze risiedono naturalmente in svariati fattori che hanno a che fare con le peculiarità delle singole nazioni: politiche del lavoro, livelli di competitività, fisco, sistema della giustizia e dell’istruzione, efficienza dell’amministrazione e, soprattutto, stato delle finanze pubbliche. Dai più recenti dati emerge come le economie che hanno aderito a piani di aiuti finanziari e che, di conseguenza, hanno dovuto mettere in atto pesanti aggiustamenti fiscali, siano le più dinamiche: le performance positive di Spagna, Irlanda e Portogallo lo dimostrano. Persino la Grecia, che sta tuttora affrontando il terzo salvataggio, mostra una timida ripresa, che dovrebbe rafforzarsi nel 2017.

Francia e Italia hanno invocato la fine dell'austerità che, in realtà, non c'è mai stata e hanno fatto dell'euro un capro espiatorio
A essere in difficoltà sono le economie che non hanno messo i conti in ordine: per esempio la Francia e l’Italia, quest’ultima, in particolare, vero e proprio fanalino di coda in Europa. I provvedimenti in materia economica comportano inevitabilmente conseguenze politiche: come abbiamo visto, in Francia e in Italia, le misure fiscali espansive attuate non hanno impedito l’ascesa dei movimenti populisti. Dal canto loro, i governi – Renzi in Italia e Hollande in Francia –, invece di contrastare queste spinte, le hanno inseguite: da una parte, hanno invocato la fine dell’austerità, che in realtà, come ricostruito [nel libro], non c’è stata – o almeno non in questi paesi –; dall’altra, si sono rivelati tiepidi sostenitori del progetto dell’euro, divenuto un perfetto capro espiatorio. A difenderlo sembra essere rimasto solo il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi.

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Aderire a un’unione monetaria, lo abbiamo più volte sottolineato, assicura stabilità, ma non è una condizione sufficiente per crescere: il ritmo di sviluppo dipende dalle scelte delle classi politiche nazionali. L’euro, infatti, “non protegge i paesi dalle loro decisioni”. Il motivo è semplice: la costruzione dell’Europa è – almeno per il momento – un disegno ancora da completare. Così, in mancanza di una vera e propria integrazione, a cominciare da quella fiscale, la moneta unica ha bisogno di essere consolidata dalle regole contenute nel patto di Stabilità e crescita e dalle riforme strutturali che rafforzano il processo di convergenza degli stati membri. In molti casi, invece, le regole non sono state rispettate, le riforme sono rimaste incompiute e i livelli di crescita e competitività ne hanno risentito, senza tuttavia che la colpa possa essere ascritta alle istituzioni comunitarie. Quando si afferma, per esempio, che per combattere i populismi occorre fornire “risposte europee” ai cittadini che chiedono un’occupazione, forse si dimentica che, finché il mercato del lavoro è una prerogativa nazionale, queste risposte non possono che arrivare dagli stati, non certo da Bruxelles. Pertanto, se in Italia la disoccupazione giovanile nel 2016 sfiora il 40 per cento, mentre in Germania è al 7 (e in calo), la responsabilità non può essere addossata all’Europa. Inoltre – ed è un argomento troppo spesso sottovalutato –, a un percorso di riforme e di consolidamento fiscale non si sfuggirebbe neanche fuori dall’area dell’euro, con l’aggravante, in tal caso, di dover attuare misure ben più complesse, dal momento che non si potrebbe contare sull’aiuto degli altri partner europei (tramite il fondo Salva-Stati, per esempio) e soprattutto più costosi, perché i tassi d’interesse sarebbero ben più elevati di quelli “calmierati” dal programma di Quantitative easing attivato nell’ultimo biennio, la partecipazione al quale è condizionata all’adesione alla moneta unica. A conti fatti, dunque, non sembrano esserci alternative agli interventi strutturali che danno impulso alla crescita e all’austerità “buona”, che taglia le spese improduttive; a maggior ragione per una nazione come l’Italia, che ha accumulato nel tempo un enorme stock di debito. Ridurlo dovrebbe costituire una priorità nell’agenda politica dei prossimi governi, perché un livello così elevato rende il paese vulnerabile a ogni picco d’instabilità nei mercati finanziari. Senza dimenticare – ed è forse l’aspetto decisivo – che con un tale debito sulle spalle non si va lontano.
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L'austerita maestra - Il Foglio
 
Non mangiare rende l" uomo grasso.
Cambiando la formula si potrebbe dire ti faccio mangiare solo carote ma....è per il tuo bene.
Siamo in una situazione oramai senza speranza in cui chi ha la sicurezza del non essere sfiorato dalle fantasmagoriche riforme ne fa lodi sperticate, visto che nel contesto si parla delle terga altrui.
Chi è in balia delle riforme è frastornato e avvilito, non vede partiti in grado di difendere il suo interesse e ne meno la sua persone , senza ovviamente parlare della UE un ectoplasma oramai dissolto ma che viene tenuto in vita grazie alla ristrutturazione narrativa.
Una UE più giusta , più accondiscendente e in aiuto dei popoli,dopo decenni e decenni parlano della riforma della UE ma omettono di dire perche queste fantasmagoriche riforme non sono state fatte.
Il fatti di dire un pezzo di verità non è dire la verità ma aiuta a dire meglio il falso ossia fa credere meglio che la balla abbia un fondamento anche se modesto.
Ritengo che oramai ci siano le condizioni per parlare della legge bronzea sui salari......poi dell" impalamento.
Del resto siete voi che dite che siamo progrediti , eppure parlate di teorie morte prima del 1900.....
 
a proposito di austerità

Avete a mente cos'è il moltiplicatore del reddito ?
è un fenomeno raccolto in una formula matematica per cui a partite da una spesa pubblica aggiuntiva,per es di 10,ne consegue un aumento di reddito privato non di 10 ma
di 100 o di 200 o di 300 a seconda di quello che è al momento la propensione al consumo.
Perchè ho detto questo che molti già sanno e possono leggere facilmente su internet ???
Perchè la formula di cui sopra,ahimè,funziona anche "al rovescio", e cioè non solo in caso di spesa pubblica aggiuntiva ma anche nel caso di taglio spesa pubblica.
Per cui se riduco la spesa pubblica per es di 10(al netto degli stabilizzatori),ne consegue una riduzione di reddito privato non di 10 ma di 100 o di 200 o di 300 a seconda di quello che è al momento la propensione al risparmio che peraltro la riduzione di spesa pubblica tendenzialmente aumenta.

Questo che vuol dire ? che è "conditio sine qua non", in caso di una messa in pista di austerità, di dar luogo a riduzione di pil più che proporzionali rispetto alla qtà dell'austerità stessa messa in pista.E si sa pure che il deficit e il debito pubblico si incrementano con le riduzioni di pil sia in proporzione che in valore assoluto.
Infine stando ai contenuti dei tagli alla spesa pubblica si fa presente che fare sprechi ci vuole un attimo ma scovarli per dar luogo a tagli legittimi di spesa pubblica ci vuole tempo
e dedizione e la logica dell'emergenza spesso non fa al caso e i tagli finiscono sempre con l'esser tagli lineari.
I tagli linerari di spesa pubblica incrementano ancora di più in senso negativo il moltiplicatore negativo che ho detto sopra.


Quindi che dire ora sull'austerità ?
Tutto giusto quello che è stato detto sopra,l'austerità è una pratica virtuosa che se attuata sviluppa buoni sentimenti e prima o poi darà frutti positivi in termini di crescita sta difatto che
bisogna calcolare bene i suoi effetti nefasti oggi su crescita del pil nel medio/ breve periodo su certe specifiche aree,cioè la loro sopportabilità,se no ti aspetta un impoverimento crescente
di quelle aree.
SECONDO VOI SONO STATI CALCOLATI IN UE IN MANIERA GIUSTA TEMPI E QTA' DELL'AUSTERITA',I TAGLI DI SPESA PUBBLICA SONO STATI SEMPRE MIRATI SU SPRECHI E NON LINEARI???
SECONDO ME NO E GLI EFFETTI NEGATIVI SONO SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI .
IN UE NON E' IN DISCUSSIONE L'AUSTERITA' IN SE' MA IL MODO CON CUI SI E' MESSA IN PISTA E DOVE E LE SUE FINALITA' REALI CHE FORSE NON ERANO PROPRIO QUELLE DEL RISANAMENTO.
 
Ultima modifica:
"L'austerita fa crescere. Quando il rigore e la soluzione" di Veronica De Romanis - Letture.org
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L’austerità non è una misura di politica economica imposta dagli altri, dall’Europa o dalla Germania, ma è il risultato di scelte di politica economica effettuate dai governi nazionali che l’hanno resa inevitabile.
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Come ha ricordato il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi: “Non tutti i programmi di austerità sortiscono lo stesso effetto sull’economia”. Tali effetti dipendono in gran parte dal modo in cui il programma viene implementato.
Secondo il presidente dell’Istituto di Francoforte, da una parte c’è un’austerità “buona” che ha un impatto espansivo sull’economia e prevede meno tasse, una ricomposizione della spesa verso investimenti e infrastrutture, ed è sostenuta da un piano di riforme strutturali.
Dall’altra parte, c’è quella “cattiva” che, invece, è recessiva perché aumenta (molto) le tasse, e riduce (poco) la spesa corrente (per intenderci, il comparto che finanzia la macchina dello stato e va dagli stipendi dei dipendenti pubblici ai costi per le auto blu).
Il problema è che questa austerità “cattiva” tende a prevalere, perché politicamente meno impegnativa: un tratto di penna è sufficiente per innalzare le tasse, mentre diminuire le spese significa esporsi a lunghe e sfibranti negoziazioni con centri di interesse organizzati e influenti, un’operazione che comporta una inevitabile perdita di consenso – almeno nell’immediato.

Come risponde Lei ai pregiudizi sull’austerity?

Con i numeri. I paesi che nell’ultimo quinquennio hanno implementato l’austerità “buona” e quindi hanno tagliato la spesa improduttiva oggi crescono: la Spagna oltre il 3%, l’Irlanda oltre il 5%, l’Inghilterra oltre il 2%. Quelli che invece, come l’Italia e la Francia, non lo hanno fatto e anzi l’hanno aumentata, oggi sono i fanalini di coda e crescono meno della media dell’euro.
Peraltro, l‘esperienza dimostra che con politiche di rigore non è vero che si perdono le elezioni. L’austerità – quella “buona” – non ha, impedito ai leader che l’hanno seguita di vincere le elezioni, ad esempio, tre volte in Lituania e due volte nel Regno Unito. Oppure di ottenere la maggioranza dei voti: come Pedro Pasos Coelho in Portogallo e Mariano Rajoy in Spagna. Il premier spagnolo, in particolare, è arrivato primo in ben due tornate elettorali, oggi è di nuovo alla guida del paese eppure continua a dichiarare di voler proseguire con il rigore di bilancio.
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"L'austerita fa crescere. Quando il rigore e la soluzione" di Veronica De Romanis - Letture.org
 
"L'austerita fa crescere. Quando il rigore e la soluzione" di Veronica De Romanis - Letture.org
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L’austerità non è una misura di politica economica imposta dagli altri, dall’Europa o dalla Germania, ma è il risultato di scelte di politica economica effettuate dai governi nazionali che l’hanno resa inevitabile.
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Come ha ricordato il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi: “Non tutti i programmi di austerità sortiscono lo stesso effetto sull’economia”. Tali effetti dipendono in gran parte dal modo in cui il programma viene implementato.
Secondo il presidente dell’Istituto di Francoforte, da una parte c’è un’austerità “buona” che ha un impatto espansivo sull’economia e prevede meno tasse, una ricomposizione della spesa verso investimenti e infrastrutture, ed è sostenuta da un piano di riforme strutturali.
Dall’altra parte, c’è quella “cattiva” che, invece, è recessiva perché aumenta (molto) le tasse, e riduce (poco) la spesa corrente (per intenderci, il comparto che finanzia la macchina dello stato e va dagli stipendi dei dipendenti pubblici ai costi per le auto blu).
Il problema è che questa austerità “cattiva” tende a prevalere, perché politicamente meno impegnativa: un tratto di penna è sufficiente per innalzare le tasse, mentre diminuire le spese significa esporsi a lunghe e sfibranti negoziazioni con centri di interesse organizzati e influenti, un’operazione che comporta una inevitabile perdita di consenso – almeno nell’immediato.

Come risponde Lei ai pregiudizi sull’austerity?

Con i numeri. I paesi che nell’ultimo quinquennio hanno implementato l’austerità “buona” e quindi hanno tagliato la spesa improduttiva oggi crescono: la Spagna oltre il 3%, l’Irlanda oltre il 5%, l’Inghilterra oltre il 2%. Quelli che invece, come l’Italia e la Francia, non lo hanno fatto e anzi l’hanno aumentata, oggi sono i fanalini di coda e crescono meno della media dell’euro.
Peraltro, l‘esperienza dimostra che con politiche di rigore non è vero che si perdono le elezioni. L’austerità – quella “buona” – non ha, impedito ai leader che l’hanno seguita di vincere le elezioni, ad esempio, tre volte in Lituania e due volte nel Regno Unito. Oppure di ottenere la maggioranza dei voti: come Pedro Pasos Coelho in Portogallo e Mariano Rajoy in Spagna. Il premier spagnolo, in particolare, è arrivato primo in ben due tornate elettorali, oggi è di nuovo alla guida del paese eppure continua a dichiarare di voler proseguire con il rigore di bilancio.
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"L'austerita fa crescere. Quando il rigore e la soluzione" di Veronica De Romanis - Letture.org


Mario Draghi: “Non tutti i programmi di austerità sortiscono lo stesso effetto sull’economia”. Tali effetti dipendono in gran parte dal modo in cui il programma viene implementato.

ah!! ecco mi sembrava strano ed ecco la risposta che dà ragione a quanto ho già detto io.
Andrebbe solo aggiunto che quando tale austerità non è fatta bene gli effetti sono peggiori del male che si è voluto combattere.

Quindi per concludere.
Il problema non sta tanto in accademiche considerazioni sulla necessità di fare buona politica in alternativa alla finanza allega o al malaffare
che lasciano il tempo che trovano,ma vedere nel concreto l'austerità fatta,come e dove e in che qtà .
E secondo me spagna e irlanda sono crescite finte che ben presto dimostreranno i limiti.
La crescita abnorme in spagna della ultra sx,anche se non governa,è già un chiaro sintomo di un'insoddisfazione diffusa e poi a che punto sta il debito estero che è il vero problema di quel paese e che in alcuni casi la crescita può peggiorare ????
e per l'irlanda per cortesia non confondiamo la creazione di paradisi fiscali con la crescita per cortesia.


sul ilsole 24 ore ore,un art di agosto 2016

Il debito pubblico spagnolo è salito ancora in giugno facendo segnare con il 100,9% del Pil il record dell’ultimo secolo. Il balzo di 18,5 miliardi di euro registrato a giugno - spiegano alla Banca centrale di Madrid - ha portato il valore assoluto del debito pubblico a 1.107 miliardi di euro segnando un nuovo massimo assoluto, da quando esistono serie statistiche ufficiali sulla contabilità nazionale, peggiorando il dato di marzo quando il debito aveva superato per la prima volta il valore del Pil arrivando al 100,5 per cento.

La Spagna dopo la lunga recessione si sta riprendendo più velocemente delle altre grandi economie europee: secondo le ultime stime del governo conservatore il 2016 dovrebbe chiudersi con un aumento del Pil pari al 2,9% dopo che nel 2015 la crescita era stata del 3,2 per cento. E tra aprile e giugno la disoccupazione è scesa al 20%: il livello più basso dall’estate del 2010.
 
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interessante l'articolo della De Romanis

speriamo che qualcuno si degni di leggere il libro prima di giudicarlo

come ho ricordato in passato la presidenza Obama ha ridotto costantemente il deficit e l'economia è cresciuta
 
interessante l'articolo della De Romanis

speriamo che qualcuno si degni di leggere il libro prima di giudicarlo

come ho ricordato in passato la presidenza Obama ha ridotto costantemente il deficit e l'economia è cresciuta

che fai pubblicità ????
in verità su un forum sarebbero più graditi degli interventi critici,che ne dici ???
 
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di Francesco Cancellato - 3 Giugno 2017 - 08:30

No, a Veronica De Romanis i luoghi comuni non piacciono granché. E evidentemente, nemmeno le favole di chi racconta che l’Italia volerebbe se non fosse per il rigore imposto dall’Europa e dai suoi padroni teutonici. Economista formata tra la Sapienza e la Columbia University, docente alla Luiss e alla sede dell’Università di Stanford a Firenze, De Romanis ha appena dato alle stampe “L’austerità fa crescere” (Marsilio, 2017), un volume che prova a dimostrare, con dovizia di numeri e dettagli, perché quelle dell’austerità eccessiva, recessiva, imposta, ingiusta, inutile e responsabile dell’ascesa dei populisti siano panzane auto-assolutorie. E che invece, se ben attuato, il rigore nei conti pubblici sia un vettore di crescita economica, oltre che un segno di responsabilità e solidarietà verso le nuove generazioni e gli altri Paesi che appartengono all’Unione Europea.

Partiamo da un altro luogo comune, De Romanis, quello per cui evocare tagli e rigore faccia perdere le elezioni. Emanuel Macron, in piena campagna elettorale, ha annunciato un taglio di sessanta miliardi alla spesa pubblica francese. Eppure oggi è all’Eliseo…

Ha fatto ancora di più, Macron. In uno dei dibattiti televisivi ha detto a Marine Le Pen che il deficit non era una buona cosa per la Francia. Parliamo di un Paese che non rispetta le regole da nove anni e che non ha mai ottenuto una sanzione per questo. A dimostrazione che le regole non sono così rigide come si vuol dar credere. Poteva starsene zitto, e invece ha infranto un tabù.

E ha pure vinto le elezioni…

Questa cosa che l’austerità sia responsabile dell’ascesa dei populisti è una bufala da smontare. Non è il primo Macron, a vincere promettendo rigore economico.

Sì ok, la Germania, i Paesi del nord Europa…

Non solo. Anche gli spagnoli hanno rieletto per due volte Mariano Rajoy, uno che diceva che la Spagna dovesse continuare con il consolidamento fiscale, mentre hanno punito Podemos, che prometteva più spesa pubblica. E in Portogallo, nonostante al governo per un gioco di alleanze ora ci sia il socialista Costa - che peraltro ha ricevuto l'investitura dal presidente della repubblica uscente solo promettendo di rispettare i patti con i creditori internazionali - era stato il premier uscente Coelho a prendere più voti di tutti, un altro difensore dell’austerità. Persino in Grecia i sondaggi attuali danno Nea Demokratia, altro partito del rigore, in netto vantaggio su Syriza. Parliamo di Paesi che hanno fatto sacrifici duri. Se fossero stati inutili, non crede si sarebbero ribellati a chi glieli ha imposti?

Evidentemente non lo sono.

Certo che no, visto che Spagna, Irlanda e Portogallo sono tra i Paesi che crescono maggiormente in Europa, sicuramente più di Italia e Francia che oggi crescono meno della media dell'area Euro, che l’austerità non sanno nemmeno cosa sia, in confronto.

Oddio, da noi c’è stato Monti…
Sì, quel governo è l'unico che ha fatto l'austerità. Del resto è stato chiamato proprio per fare il lavoro sporco, ossia mettere i conti in sicurezza, quello che i politici non hanno voluto prendersi la responsabilità di fare. Il governo tecnico è anomalia tutta italiana.

E dopo?
C’è un modo per misurare austerità: surplus primario al netto del ciclo. Durante il governo Monti questo surplus è aumentato dall’1% circa al 3,7%. Con Renzi alla fine del 2016 era già tornato al 2,5%. Ma per dire che abbiamo attuato una politica espansiva, in questi ultimi anni, basterebbe osservare la spesa pubblica, che non ha fatto che aumentare.

Davvero?
Tra il 2013 e il 2016 la spesa totale è cresciuta di quasi 10 miliardi, quello che è stato tagliato sono gli investimenti fissi lordi, la parte più produttiva della spesa pubblica. Per tre miliardi, a voler essere precisi. Quel che non è cresciuto è il Pil, a dimostrazione che non basta spendere, ma bisogna spendere bene.

E com’è che si spende bene?

Il nostro Paese dovrebbe spendere in formazione per i giovani, in un sistema duale di alternanza scuola-lavoro come quello tedesco, efficiente e molto costoso. E ancora, spendere per le politiche attive del lavoro: dovrebbero essere i centri per l’impiego a trovare lavoro ai giovani, non le conoscenze e le amicizie. Noi per le politiche attive spendiamo un decimo di quel che spende l’austera Germania. Infine, per permettere alle donne di lavorare: un tasso di occupazione femminile di 14 punti inferiore all’area euro grida vendetta.

E invece…

E invece abbiamo speso per dare 80 euro al mese al ceto medio, cosa che non è servita nemmeno a rilanciare i consumi visto che gli italiani se li sono messi sotto il materasso. E abbiamo offerto la decontribuzione ai nuovi contratti di lavoro, che ha drogato il mercato per un anno, un intervento costato oltre 12 miliardi, risorse che se messe nel taglio strutturale del cuneo fiscale avrebbero avuto un impatto ben diverso sulla crescita.

Buone o cattive, come le finanzi queste maggiori spese, se non a debito?

Riducendo deduzioni e detrazioni fiscali, ad esempio, un insieme di oltre settecento voci che riducono la trasparenza del bilancio, peraltro. E poi facendo revisione della spesa. Che non vuol dire semplicemente tagliare: appena arrivata alla Cancelleria, Angela Merkel ha portato avanti una spending review molto seria, ma non ha toccato né la scuola, né la sanità, né la attività di ricerca e sviluppo, cui invece ha aumentato in budget. Lo sostengo da anni: una buona spending review è esito di scelte politiche. Per questo deve farla il ministro dell’economia, non i commissari tecnici, che infatti vengono mandati regolarmente a casa, mentre le loro proposte finiscono a prendere polvere nei cassetti.

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http://www.linkiesta.it/it/article/...a-crescere-leconomia-e-protegge-i-piu-/34458/

L'austerità del partito popolare spagnolo sarebbe fare deficit pubblico dal 10% del 2009 ad oltre il 5% del 2015?
Sarebbe portare il debito pubblico (insieme ai compari che li hanno preceduti) dal 34% del 2007 al 100% odierno?

Nuova Democrazia della Grecia sarebbe il partito del rigore? Quelli che hanno falsificato i conti che in realtà nascondevano un deficit del 9%?

Tsipras paga il rigore che sta applicando in Grecia ed i Greci hanno già dimenticato i guai ed i ritardato rigore applicato da Nuova Democrazia.

L'austerità di Monti ha fatto tanti danni; ha portato l'avanzo primario (di botto) al 2% da negativo che era nel 2011.
Lo ha fatto in un anno (2012) di recessione.
Ciò ha portato il debito pil dal 119% del 2011 al 129% del 2013. Ed ha provocato grossi problemi all'economia italiana ed alle banche che hanno portato le sofferenze a dismisura; determinando così altri problemi alla crescita e, di conseguenza, ancora ai conti pubblici; problemi che ci porteremo dietro ancora per anni.
 
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L'austerità del partito popolare spagnolo sarebbe fare deficit pubblico dal 10% del 2009 ad oltre il 5% del 2015?
Sarebbe portare il debito pubblico (insieme ai compari che li hanno preceduti) dal 34% del 2007 al 100% odierno?

per non parlare del debito estero che è ancora peggio come avevo scritto e se a questo aggiungiamo l'irlanda che ha seguito la pista di creare paradisi artificiali per i
capitali esteri,come si vede non esistono esempi positivi di applicazione corretta dell'austerità.

Ma vedi quello che io volevo puntualizzare con i miei precedenti interventi è che non ha senso scrivere che l'austerità è virtuosa e crea crescita.
Ma la cosa è indiscussa, nessuno che abbia sale in zucca si permetterebbe mai di dire che fare delle finanza allegra senza curarsi dei debitori è cosa buona.
Quello che si addebita a bruxelles è l'uso pregiudiziale e burocratico dell'austerità come un sorta di diktat a priori fatto di percentuali uguali per tutti e in tutti i casi
che è contrario a qualsiasi logica macroeconomica.
E quando l'austerità non viene utilizzata così diventa un'arma di penalizzazione per giustificare prestiti forzosi dalle UE a copertura di debiti esteri principalmente a danno del sistema bancario privato tedesco e francese che hanno i maggiori surplus comm.li.
 
L'austerità del partito popolare spagnolo sarebbe fare deficit pubblico dal 10% del 2009 ad oltre il 5% del 2015?
Sarebbe portare il debito pubblico (insieme ai compari che li hanno preceduti) dal 34% del 2007 al 100% odierno?

Nuova Democrazia della Grecia sarebbe il partito del rigore? Quelli che hanno falsificato i conti che in realtà nascondevano un deficit del 9%?

Tsipras paga il rigore che sta applicando in Grecia ed i Greci hanno già dimenticato i guai ed i ritardato rigore applicato da Nuova Democrazia.

L'austerità di Monti ha fatto tanti danni; ha portato l'avanzo primario (di botto) al 2% da negativo che era nel 2011.
Lo ha fatto in un anno (2012) di recessione.
Ciò ha portato il debito pil dal 119% del 2011 al 129% del 2013. Ed ha provocato grossi problemi all'economia italiana ed alle banche che hanno portato le sofferenze a dismisura; determinando così altri problemi alla crescita e, di conseguenza, ancora ai conti pubblici; problemi che ci porteremo dietro ancora per anni.

Nuova Democrazia forse sarebbe il partito del rigore per il futuro o in altri periodi , non prima che esplodesse la crisi greca.

Monti probabilmente doveva portare rapidamente in positivo l' avanzo primario per dare un segnale di svolta ai mercati e ad altri stati della zona Euro in vista di accordi su piano anti-spread o altro.
 
un bel default e passa la paura :o

non vorrete mica mettere a posto il debito mentre garantite ogni npl di ogni banca, dai che le favolette non ci credo
(nessuno ci crede a essere sincero avete visto target2?)
 
un bel default e passa la paura :o

non vorrete mica mettere a posto il debito mentre garantite ogni npl di ogni banca, dai che le favolette non ci credo
(nessuno ci crede a essere sincero avete visto target2?)

Target 2 è un non problema visto che è una conseguenza diretta del QE.

I problemi sono, ad esempio, il debito estero della Spagna ad oltre il 90% che si confronta con quello del 30% dell'Italia.
 
oh mamma ma ti stanno vendendo a mani basse il debito e il problema e' che non vendono quello spagnolo?
ma siamo alle comiche finali?


rimane sto problemuccio degli npl, che siamo in molti a voler capire come pretendete (sperate di) risolvere
 
Target 2 è un non problema visto che è una conseguenza diretta del QE.

I problemi sono, ad esempio, il debito estero della Spagna ad oltre il 90% che si confronta con quello del 30% dell'Italia.

tu dici
Target 2 è un non problema visto che è una conseguenza diretta del QE

francamente non capisco come tu possa dire che Target 2 sia conseguenza diretta del QE.
Allora ricapitoliamo.
Target è un sistema di regolazione dei pagamenti internazionali all'interno dell'area UE per cui se un soggetto greco compra una
macchina dalla germania tramite un prestito e fa fare un bonifico dalla sua banca greca prestatrice verso la banca tedesca,questo determina in automatico l'accensione di un credito
da parte della banca tedesca beneficiaria nei confronti della BN tedesca e questa a sua volta nei confronti della BN greca e questa alla fine nei
confronti della banca greca.
Se per caso il debito non viene onorato si crea un credito inevaso della BN tedesca sulla BN greca e di questa sulla Bo greca.
Non capisco a questo punto cosa c'entra il QE ?

Sulla Spagna aggiungerei a quello che sostieni te giustamente

a) Il problema è che la Spagna sta facendo i conti con un calo del pil assai superiore al nostro a partire dal 2008 in pratica sta cercando e ancora non li ha raggiunti i livelli di pil
del 2011 da cui ha avuto una caduta elevatissima, per cui non si può parlare di crescita vera e propria ma di un recupero in piena regola a fronte di un eccezionale caduta.

b) La crescita del pil spagnolo poi è una crescita drogata fuori dagli schemi di austerity di bruxelles e cioè basata sugli aiuti comunitari anche nostri,e quindi a deficit come nelle migliori tradizioni keynesiane.Bisogna quindi aspettare quando la Spagna rientra nei parametri come lo è già per noi per vedere se,senza aiuti ad hoc,riuscirà egualmente a crescere e allora si potrà dire
che l'euro e le sue politiche fanno bene o fanno male.

c) La domanda interna con questa crescita non si consolida in quanto si basa per lo più sul debito pubblico e sulla vendita all'estero di prodotti con basso incremento di valore aggiunto da parte loro.
Tale crescita pertanto non tocca come dovrebbe l'accumulo pericoloso dell'elevato debito estero iberico,la disoccupazione resta stabile e l'occupazione messa in pista è sempre più precaria e a basso costo.
E'evidente che ci troviamo difronte al consueto boom dell'economia iberica che resta fortemente dipendente dal mercato esterno,che con questa crescita si accentua fortemente.
Boom dell'economia iberica sottoponibile a brusche frenate e questo gli spagnoli lo avvertono con chiarezza e lo esprimono con un dissenso chiaro tramite il voto.


E l'irlanda, piccolo paese,e oramai rifugio per l'evasione fiscale, non mi si vorrà dire che rappresenta un modello di crescita credibile

Dove stanno quindi questi successi dell'austerità di bruxelles ????
 
L'austerità del partito popolare spagnolo sarebbe fare deficit pubblico dal 10% del 2009 ad oltre il 5% del 2015?
Sarebbe portare il debito pubblico (insieme ai compari che li hanno preceduti) dal 34% del 2007 al 100% odierno?

L'austerità sarebbe ridurre il deficit, in modo sensibile, riducendo la spesa.
Non regalare pensioni.

Quant'è la spesa pubblica spagnola ora rispetto al picco della crisi (2009)?
 
Rigore ed austerità sono stati applicati in grecia, con risultati sconfortanti..recentemente i greci hanno dovuto annunciare ulteriore tagli alla spesa...in realtà sono concetti che nascondono solo un semplice dato..si tolgono soldi all'economia reale e si danno alla finanza, in un giro sempre più vorticoso e rapace. Questo sta diventando un problema, in primis per la finanza stessa.
È del tutto chiaro che oltre un certo limite, lo stato non può funzionare senza soldi..i cavalcavia crollano, i disastri avvengono per mancanza di protezione civile, chiudono gli ospedali e le scuole, i centri terremotati non si ricostruiscono, le strade sono piene di buche,ecc.ecc.
Il disastro del grattacielo di londra avviene perché i vigili del fuoco 🚒 intervengono dopo alcune ore dalla prima chiamata..poi si scopre che il governo aveva chiuso tre caserme per risparmiare , tutte nei dintorni...cosi come nel caso recente di rigopiano, gli spazzaneve non funzionavano per mancanza di fondi, le strade erano ricoperte di neve, e quando c'è stato il disastro, ci sono volute ore e ore per arrivare a prestare soccorso. Due casi lontanissimi, ma simili..legati dal,taglio dissennato dei fondi per la protezione civile.
Allora, qual'e' lo scopo degli austeriani?? A mio modo di vedere, l'unico scopo è un governo delle multinazionali e una società alla blade runner, dove una umanità informe combatte per la sopravvivenza giornaliera...è questo che volete???
 
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