mistic investor
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Buonasera a tutti i forumisti, parafrasando il titolo di un libello di Swift vorrei illustrare una modesta proposta per evitare il declino totale del nostro benamato paese:
Attualmente cresciamo annualmente dello 0,qualcosa, abbiamo una disoccupazione mostruosa e dilagante, sopratutto tra i più giovani, il sistema paese è avviato al declino più totale. Sopratutto c'è la sensazione che tutto andrà sempre peggio.
A mio avviso la questione più preoccupante è legata al drammatico andamento del mondo del lavoro. Precari, sottoccupati, inoccupati, neet et similia. In particolar modo a soffrire sono le fasce più giovani della popolazione. Non lavorano, non si sposano, non fanno figli. E sopratutto sono rassegnati a questa condizione. Attualmente invece spendiamo attorno al 17% del pil in assistenza sociale, per la quasi totalità (14%) in pensioni.
Ecco una possibile soluzione, step by step:
1)Tagliare le pensioni per la parte eccedente gli 800 euro (lordi) mensili, analogamente a quanto succede con l'irpef sui redditi, più cresce la pensione, più aumenta il taglio. ovviamente operando "chirurgicamente", tenendo conto di: patrimonio mobiliare e immobiliare, carichi di famiglia, contributi effettivi. Non credo sarà un dramma per un 75enne con un paio di immobili e 200 k in banca perdere 150 euro/mese su 1500. Non credo neanche distorca più di tanto i suoi consumi. Si potrebbe recuperare un 8% almeno di spesa pensionistica, circa 20 miliardi annui e nessuno morirà per questo.
2) Tali risorse vanno usate per tagliare il costo del lavoro di giovani e meno giovani (potenzialmente tutti i precari o sottoccupati che non riescono ad accedere dignitosamente al mkt del lavoro), in maniera piuttosto sensibile: un 30% di quello che costerebbe all'azienda un neoassunto, per almeno un triennio. Ovviamente l'azienda non deve aver provveduto a licenziamenti in mansioni analoghe, in quanto il lavoratore così assunto non deve essere sostitutivo di un altro. La cosa va regolamentate per evitare furbate all'italiana. Ne sarebbero esclusi gli impieghi sopra e sotto una certa soglia di retribuzione annua lorda, questo per evitare di sovvenzionare troppo gli impieghi "most skilled" e viceversa, per non sussidiare i c.d. "mc job". Andrebbero inoltre esclusi gli impieghi statali di qualunque tipo (lo Stato trova in bilancio le risorse per assumere). Ovviamente non ci sono soldi per tutti, ma il programma sarebbe ciclico e andrebbe a vantaggio di molti. Ipotizzando circa 15 k a lavoratore e ipotizzando di spendere 15 mld annui si potrebbero "assistere" 1 milione di lavoratori a triennio.
3) Gli altri 5 mld si possono utilizzare per costituire una corporate tax d'elite, finanziare start up, sostegni alle famiglie per i figli up ecc..
4) spostate un po' di risorse dalla rendita pensionistica al lavoro e agli investimenti, avremmo maggiori consumi (quindi più pil). Un giovane a 1200 euro spende di più dell'analogo pensionato. Inoltre il taglio comincerebbe ad essere "pesante" solo oltre una certa soglia (es. 1500), oltre la quale si presume che cifre crescenti di reddito divengano via via meno utili (analogamente ai principi ispiratori dell'irpef). Perciò è ragionevole supporre un effetto netto positivo tra i consumi in crescita dei nuovi occupati e quelli in calo dei pensionati.
4) Non tutti i lavoratori assistiti rimarranno occupati a fine triennio, ma buona parte di essi si. Sarà aumentato quindi il numero complessivo dei lavoratori, in maniera maggiore rispetto a quello dei pensionati. Una volta aumentati stabilmente i posti di lavoro e abituati i pensionati a "costare meno" avremmo un più favorevole rapporto lavoratori/pensionati e un minor costo a pensionato. Perciò sarà possibile ridurre i contributi inps in busta paga ed in ultima analisi il costo del lavoro, stabilmente e per tutti i contratti in essere.
Quale nonno non sarebbe contento, anziché continuare a sussidiare il nipote con i soliti 100-200 euro "allungati" allo stesso, di prendere 100-200 euro in meno di pensione e vedere il nipote in grado di trovare un lavoro e realizzarsi socialmente e professionalmente?
In uno scenario del genere non è del tutto irragionevole pensare che si potrebbe tornare a crescere a ritmi più decenti di quelli attuali, magari 1,5-2% in più di pil?
Aiutatemi a capire, sarà che essendo giovane a me sembra tanto lampante e pure fin troppo ovvio?
Sbaglio da qualche parte, macroeconomicamente parlando?
Dico eresie?
Invito i più esperti di me a postare i loro contributi, in un clima cordiale, a sostegno o a smentita della mia proposta.
p.s.: astenersi politicanti, pensionati faziosi e amanti della retorica.
Attualmente cresciamo annualmente dello 0,qualcosa, abbiamo una disoccupazione mostruosa e dilagante, sopratutto tra i più giovani, il sistema paese è avviato al declino più totale. Sopratutto c'è la sensazione che tutto andrà sempre peggio.
A mio avviso la questione più preoccupante è legata al drammatico andamento del mondo del lavoro. Precari, sottoccupati, inoccupati, neet et similia. In particolar modo a soffrire sono le fasce più giovani della popolazione. Non lavorano, non si sposano, non fanno figli. E sopratutto sono rassegnati a questa condizione. Attualmente invece spendiamo attorno al 17% del pil in assistenza sociale, per la quasi totalità (14%) in pensioni.
Ecco una possibile soluzione, step by step:
1)Tagliare le pensioni per la parte eccedente gli 800 euro (lordi) mensili, analogamente a quanto succede con l'irpef sui redditi, più cresce la pensione, più aumenta il taglio. ovviamente operando "chirurgicamente", tenendo conto di: patrimonio mobiliare e immobiliare, carichi di famiglia, contributi effettivi. Non credo sarà un dramma per un 75enne con un paio di immobili e 200 k in banca perdere 150 euro/mese su 1500. Non credo neanche distorca più di tanto i suoi consumi. Si potrebbe recuperare un 8% almeno di spesa pensionistica, circa 20 miliardi annui e nessuno morirà per questo.
2) Tali risorse vanno usate per tagliare il costo del lavoro di giovani e meno giovani (potenzialmente tutti i precari o sottoccupati che non riescono ad accedere dignitosamente al mkt del lavoro), in maniera piuttosto sensibile: un 30% di quello che costerebbe all'azienda un neoassunto, per almeno un triennio. Ovviamente l'azienda non deve aver provveduto a licenziamenti in mansioni analoghe, in quanto il lavoratore così assunto non deve essere sostitutivo di un altro. La cosa va regolamentate per evitare furbate all'italiana. Ne sarebbero esclusi gli impieghi sopra e sotto una certa soglia di retribuzione annua lorda, questo per evitare di sovvenzionare troppo gli impieghi "most skilled" e viceversa, per non sussidiare i c.d. "mc job". Andrebbero inoltre esclusi gli impieghi statali di qualunque tipo (lo Stato trova in bilancio le risorse per assumere). Ovviamente non ci sono soldi per tutti, ma il programma sarebbe ciclico e andrebbe a vantaggio di molti. Ipotizzando circa 15 k a lavoratore e ipotizzando di spendere 15 mld annui si potrebbero "assistere" 1 milione di lavoratori a triennio.
3) Gli altri 5 mld si possono utilizzare per costituire una corporate tax d'elite, finanziare start up, sostegni alle famiglie per i figli up ecc..
4) spostate un po' di risorse dalla rendita pensionistica al lavoro e agli investimenti, avremmo maggiori consumi (quindi più pil). Un giovane a 1200 euro spende di più dell'analogo pensionato. Inoltre il taglio comincerebbe ad essere "pesante" solo oltre una certa soglia (es. 1500), oltre la quale si presume che cifre crescenti di reddito divengano via via meno utili (analogamente ai principi ispiratori dell'irpef). Perciò è ragionevole supporre un effetto netto positivo tra i consumi in crescita dei nuovi occupati e quelli in calo dei pensionati.
4) Non tutti i lavoratori assistiti rimarranno occupati a fine triennio, ma buona parte di essi si. Sarà aumentato quindi il numero complessivo dei lavoratori, in maniera maggiore rispetto a quello dei pensionati. Una volta aumentati stabilmente i posti di lavoro e abituati i pensionati a "costare meno" avremmo un più favorevole rapporto lavoratori/pensionati e un minor costo a pensionato. Perciò sarà possibile ridurre i contributi inps in busta paga ed in ultima analisi il costo del lavoro, stabilmente e per tutti i contratti in essere.
Quale nonno non sarebbe contento, anziché continuare a sussidiare il nipote con i soliti 100-200 euro "allungati" allo stesso, di prendere 100-200 euro in meno di pensione e vedere il nipote in grado di trovare un lavoro e realizzarsi socialmente e professionalmente?
In uno scenario del genere non è del tutto irragionevole pensare che si potrebbe tornare a crescere a ritmi più decenti di quelli attuali, magari 1,5-2% in più di pil?
Aiutatemi a capire, sarà che essendo giovane a me sembra tanto lampante e pure fin troppo ovvio?
Sbaglio da qualche parte, macroeconomicamente parlando?
Dico eresie?
Invito i più esperti di me a postare i loro contributi, in un clima cordiale, a sostegno o a smentita della mia proposta.
p.s.: astenersi politicanti, pensionati faziosi e amanti della retorica.