Allora non è vero che il Protezionismo fa sempre male alla crescita ?

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

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Il sito di analisi politica ed economica Makroskop, curato da Heiner Flassbeck e Paul Steinhardt, passa al vaglio in questo documentato articolo il mito neoliberista secondo cui il libero mercato sarebbe sinonimo di crescita e benessere per tutti, mentre il protezionismo foriero di povertà e disastri. Giungendo alla conclusione che un’analisi senza pregiudizi della storia economica degli ultimi due secoli permette di affermare l’opposto: il libero mercato non porta affatto vantaggi a tutti e un certo protezionismo può giovare allo sviluppo economico di un paese, come risulta in particolare se si esamina il periodo precedente alla Prima guerra mondiale, proprio quello solitamente usato come prova a sostegno delle tesi neoliberiste.

Patrick Kaczmarczyk, recupera i risultati economici di alcune economie occidentali nel XIX e XX secolo per comprendere se sia poi così vero che il protezionismo coincide sempre con un regresso economico e ad un inferiore livello degli scambi internazionali. Perché serve andare così indietro nel tempo? Perché molti economisti e storici collegano proprio al periodo antecedente alla Prima Guerra Mondiale l’esperimento originario di economia globalizzata (e pacifica).

Vocidallestero >> Il mito della crescita attraverso il libero scambio

articolo lungo e corredato di tabelle


..........Come risposta alla crescente guerra dei prezzi e alla incombente depressione del 1870, i proprietari terrieri insieme a nuovi imprenditori emergenti dell’industria riuscirono a far accettare in vaste aree dell’Europa un più forte protezionismo, che è rimasto in vigore fino all’inizio della Prima guerra mondiale. L’impero austro-ungarico innalzò le tariffe doganali nel 1876, l’Italia seguì nel 1878 e la Germania si unì al trend nel 1879.

Anche dall’altra parte dell’Atlantico il forte sviluppo economico degli USA ebbe poco a che fare con il libero commercio , Negli anni dal 1866 al 1883 gli USA si trincerarono dietro a dazi doganali mediamente del 45% per l’importazione di prodotti industriali (i dazi inferiori furono del 25%, i superiori del 60%) e ottennero nonostante – o grazie a? – questa politica economica una crescita notevole e progressi tecnologici.


Sarebbe stato logico aspettarsi, nel periodo successivo, una riduzione degli scambi internazionali e dell’output in tali economie, ma ciò non avvenne. “Nel periodo dal 1860 al 1879, quando il commercio era fortemente liberalizzato, sia la crescita della produzione sia l’export furono molto deboli. Invece durante la fase protezionistica immediatamente successiva il tasso di crescita della produzione aumentò di più del 100% e l’export aumentò del 35%”. ...........


protezionismo.jpg
 
Il sito di analisi politica ed economica Makroskop, curato da Heiner Flassbeck e Paul Steinhardt, passa al vaglio in questo documentato articolo il mito neoliberista secondo cui il libero mercato sarebbe sinonimo di crescita e benessere per tutti, mentre il protezionismo foriero di povertà e disastri. Giungendo alla conclusione che un’analisi senza pregiudizi della storia economica degli ultimi due secoli permette di affermare l’opposto: il libero mercato non porta affatto vantaggi a tutti e un certo protezionismo può giovare allo sviluppo economico di un paese, come risulta in particolare se si esamina il periodo precedente alla Prima guerra mondiale, proprio quello solitamente usato come prova a sostegno delle tesi neoliberiste.

Patrick Kaczmarczyk, recupera i risultati economici di alcune economie occidentali nel XIX e XX secolo per comprendere se sia poi così vero che il protezionismo coincide sempre con un regresso economico e ad un inferiore livello degli scambi internazionali. Perché serve andare così indietro nel tempo? Perché molti economisti e storici collegano proprio al periodo antecedente alla Prima Guerra Mondiale l’esperimento originario di economia globalizzata (e pacifica).

Vocidallestero >> Il mito della crescita attraverso il libero scambio

articolo lungo e corredato di tabelle


..........Come risposta alla crescente guerra dei prezzi e alla incombente depressione del 1870, i proprietari terrieri insieme a nuovi imprenditori emergenti dell’industria riuscirono a far accettare in vaste aree dell’Europa un più forte protezionismo, che è rimasto in vigore fino all’inizio della Prima guerra mondiale. L’impero austro-ungarico innalzò le tariffe doganali nel 1876, l’Italia seguì nel 1878 e la Germania si unì al trend nel 1879.

Anche dall’altra parte dell’Atlantico il forte sviluppo economico degli USA ebbe poco a che fare con il libero commercio , Negli anni dal 1866 al 1883 gli USA si trincerarono dietro a dazi doganali mediamente del 45% per l’importazione di prodotti industriali (i dazi inferiori furono del 25%, i superiori del 60%) e ottennero nonostante – o grazie a? – questa politica economica una crescita notevole e progressi tecnologici.


Sarebbe stato logico aspettarsi, nel periodo successivo, una riduzione degli scambi internazionali e dell’output in tali economie, ma ciò non avvenne. “Nel periodo dal 1860 al 1879, quando il commercio era fortemente liberalizzato, sia la crescita della produzione sia l’export furono molto deboli. Invece durante la fase protezionistica immediatamente successiva il tasso di crescita della produzione aumentò di più del 100% e l’export aumentò del 35%”. ...........


Vedi l'allegato 2383337

belli questi dati di 2 secoli e 1 secoli fa
 
incredibile !! ci voleva Trump per rispolverare i discorsi sul free trade. Non un benedetto economista che se la
sentisse di indagare a fondo. Ora alcuni lo stanno facendo...finalmente.
 
incredibile !! ci voleva Trump per rispolverare i discorsi sul free trade. Non un benedetto economista che se la
sentisse di indagare a fondo. Ora alcuni lo stanno facendo...finalmente.

ramirez non è affatto vero che nessun benedetto economista se l'è sentita di indagare a fondo sui problemi scaturenti dal liberoscambismo odierno.
Per es. in italia Emiliano Brancaccio ha denuciato da tempo e con rigore teorico gli effetti nefasti del liberoscambismo.
Per il resto che dire ?
Io sono del tutto contrario a chi pone limiti di principio alla estensione su scala internazionale della divisione del lavoro che è la conseguenza logica del libero scambio.
Più si estende la divisione del lavoro come effetto del libero scambio e più si estende la capacità di produzione dell'umanità e ci si affranca dalla povertà e del bisogno.
Ma att.ne perchè libero scambio non significa liberoscambismo indiscriminato e senza controlli, è necessario che gli stati stabiliscano e facciano rispettare degli standard senza dei quali non è possibile far concorrere i fattori produttivi in condizioni di parità,dimodochè,alla fine,si impongano veramente i migliori e non quelli che subiscono meno limitazioni di carattere sociale e ambientale e fiscale.

Per es la concorrenza dei paesi emergenti,che come si sa operano in condizioni di assenza di sicurezze sociali e ambientali minime e con assneza di fiscalità non è una concorrenza positiva.
Può al momento favorire quei paesi,ma nel lungo periodo determina profondi segnali di frenata nelle economie lacerando la domanda globale che è prodotta dai paesi occidentali avanzati stessi mediante una rincorsa al ribasso sul costo del lavoro,e questo per primo finisce per danneggiare prorio i paesi emergenti.
Inoltre rischia di spazzar via anche alcuni fattori produttivi non meritevoli indebolendo la produttività nel suo insieme.

conclusione
alle problematiche di cui sopra non è certo il protezionismo la risposta adeguata,la vedo più che altro una risposta emotiva e di forza che un paese come gli usa di Trump si può permettere solo perchè ha un economia largamente in grado di soddistare,oltrechè una sua potente domanda interna,anche larga parte della sua domanda esterna a partire dalle materie prime.
E non escluderei che sia anche una forma propagandistica e populistica che trump sbandiera proprio per allontanare lo spettro di quei controlli fiscali e sui movimenti dei capitali che sono una parte essenziale di qui proveidmenti che andrebbero presi per frenare il liberscambismo indiscriminato e che lui teme in maniera particolare.
 
se sei la prima potenza al mondo e imponi i trattati agli altri con dietro l'esercito più forte del mondo può fare benissimo.
Non ci vuole un genio per capirlo.
Solo che se uno ci guadagna l'altro ci perde perchè il protezionismo a differenza del free trade è un gioco a somma 0 o negativo.
 
se sei la prima potenza al mondo e imponi i trattati agli altri con dietro l'esercito più forte del mondo può fare benissimo.
Non ci vuole un genio per capirlo.
Solo che se uno ci guadagna l'altro ci perde perchè il protezionismo a differenza del free trade è un gioco a somma 0 o negativo.

Con il protezionismo,se te lo puoi permettere sino in fondo,ci guadagni al momento certo,ma prima o poi il mondo circostante ti imporrà,anche per necessità di crescita economica comparata con le altre nazioni capitalistiche di uscire dall'isolazionismo che ti sei scavato attorno, se no perdi la posizione dominante iniziale.
In pratica risuccede quello che avvenne in occasione dell'ultima guerra.
E poi credo poco al momento alla veridicità del protezionismo di Trump che ha più una finalità populista per acquisire consensi e null'altro.
 
Al di là della questione in sè, sui cui si potrebbe anche discutere in modo interessante, mi permetto di far notare un paio di contraddizioni abbastanza eclatanti.


..........Come risposta alla crescente guerra dei prezzi e alla incombente depressione del 1870, i proprietari terrieri insieme a nuovi imprenditori emergenti dell’industria riuscirono a far accettare in vaste aree dell’Europa un più forte protezionismo, che è rimasto in vigore fino all’inizio della Prima guerra mondiale. L’impero austro-ungarico innalzò le tariffe doganali nel 1876, l’Italia seguì nel 1878 e la Germania si unì al trend nel 1879.

In pratica dice che la depressione fu accompagnata al protezionismo.
Per poi sostenere che invece non ci fu depressione, ma un periodo di prosperità.

Ovunque sia la verità, sarà meglio avere una versione coerente e non contraddittoria..

La lettura di quegli anni non è facile, anche perchè i dati a disposizione sono chiaramente inferiori.

Anche dall’altra parte dell’Atlantico il forte sviluppo economico degli USA ebbe poco a che fare con il libero commercio , Negli anni dal 1866 al 1883 gli USA si trincerarono dietro a dazi doganali
...
durante la fase protezionistica immediatamente successiva ... l’export aumentò del 35%”.

Quindi il commercio internazionale è una cosa bella od una cosa brutta? :)

Siccome lo scopo del protezionismo non è di certo un maggiore commercio internazionale, le cose andrebbero viste in modo un po' più logicamente coerente... non si può portare come esempio di prosperità (chiamata però depressione :D) un maggiore commercio internazionale (con tanto di tabella del commercio europeo), dopo aver detto che lo sviluppo non fu dovuto al commercio. :D

Può anche darsi che il periodo fu comunque espansivo, il protezionismo non fu in grado di arrestare il commercio e con esso lo sviluppo economico.. ma, come spesso accade, il protezionismo danneggiò gli strati deboli della popolazione (protezionismo = sussidio ai produttori pagato dai consumatori ;)), ed è per questo che qualcuno ricorda come "depressione" un periodo di pil in crescita.

Comunque ripeto: intepretare periodi del genere, di cui si ha per forza una conoscenza limitata, non è facile..
 
Al di là della questione in sè, sui cui si potrebbe anche discutere in modo interessante, mi permetto di far notare un paio di contraddizioni abbastanza eclatanti.




In pratica dice che la depressione fu accompagnata al protezionismo.
Per poi sostenere che invece non ci fu depressione, ma un periodo di prosperità.

Ovunque sia la verità, sarà meglio avere una versione coerente e non contraddittoria..

La lettura di quegli anni non è facile, anche perchè i dati a disposizione sono chiaramente inferiori.



Quindi il commercio internazionale è una cosa bella od una cosa brutta? :)

Siccome lo scopo del protezionismo non è di certo un maggiore commercio internazionale, le cose andrebbero viste in modo un po' più logicamente coerente... non si può portare come esempio di prosperità (chiamata però depressione :D) un maggiore commercio internazionale (con tanto di tabella del commercio europeo), dopo aver detto che lo sviluppo non fu dovuto al commercio. :D

Può anche darsi che il periodo fu comunque espansivo, il protezionismo non fu in grado di arrestare il commercio e con esso lo sviluppo economico.. ma, come spesso accade, il protezionismo danneggiò gli strati deboli della popolazione (protezionismo = sussidio ai produttori pagato dai consumatori ;)), ed è per questo che qualcuno ricorda come "depressione" un periodo di pil in crescita.

Comunque ripeto: intepretare periodi del genere, di cui si ha per forza una conoscenza limitata, non è facile..

:D
 
io lo sostengo da una vita. Accordi di scambio BILATERALI. Oppure a livello europeo CON POSSIBILITA' per uno Stato di
optare per uno bilaterale se lo ritiene più vantaggioso. Io sono disposto a comprare da te se tu sei disposto a comprare da me.
Regola fissa e ferrea ? certo che no ! se ho bisogno assoluto di ..smartphone e non sono in grado di produrli accetterò
uno sbilancio comm.le verso chi li produce, magari convincendolo a comprare da me qualcosa che produco e che a lui serve.
Lo so che la critica a questo ragionamento è che QUELLO CHE CONTA NON E' LO SBILANCIO VERSO UNO MA LO SBILANCIO GENERALE...lo so ma se curo lo sbilancio paese per paese probabilmente evito quello generale..
 
io lo sostengo da una vita. Accordi di scambio BILATERALI. Oppure a livello europeo CON POSSIBILITA' per uno Stato di
optare per uno bilaterale se lo ritiene più vantaggioso. Io sono disposto a comprare da te se tu sei disposto a comprare da me.
Regola fissa e ferrea ? certo che no ! se ho bisogno assoluto di ..smartphone e non sono in grado di produrli accetterò
uno sbilancio comm.le verso chi li produce, magari convincendolo a comprare da me qualcosa che produco e che a lui serve.
Lo so che la critica a questo ragionamento è che QUELLO CHE CONTA NON E' LO SBILANCIO VERSO UNO MA LO SBILANCIO GENERALE...lo so ma se curo lo sbilancio paese per paese probabilmente evito quello generale..

ramirez secondo me sbagli nel sostenere una logica del tipo "do ut des" che ha tanto un carattere ricattatorio che mal si concilierebbe con il mercato.
Io penserei invece a un sistema di accordi internazionali volti a stabilire ed estendere degli standard per cui si possano mettere il più possibile tutti i fattori produttivi
in condizioni di parità operativa sul mercato internazionale.Lo sbilancio va anche bene se però è generato secondo naturali e sani regole di concorrenza.
E' del tutto giusto che un paese che risulta spendaccione paghi con uno sbilancio dei conti con l'estero, l'importante è che lo sbilancio nasca
veramente da una colpa economica e non da ineguaglianza nelle condizioni in cui operano i propri agenti economici.
 
ramirez secondo me sbagli nel sostenere una logica del tipo "do ut des" che ha tanto un carattere ricattatorio che mal si concilierebbe con il mercato.

No guarda, scusa... premetto che non è che ce l'ho con te... ti leggo anche poco... è che sei una miniera di battute involontarie...
Logica del "do ut des" che non si concilia con il mercato è (a modo suo) un piccolo capolavoro... :D
 
No guarda, scusa... premetto che non è che ce l'ho con te... ti leggo anche poco... è che sei una miniera di battute involontarie...
Logica del "do ut des" che non si concilia con il mercato è (a modo suo) un piccolo capolavoro... :D


premetto anch'io che non ce l'ho con te

Ma quale sarebbe la battuta involontataria ???
sai certe volte il ridere immotivatamente può risultare un grave segnale di turbe mentali in fasi iniziali att.ne
 
prima il link The ideas of Kenneth Arrow | VOX, CEPR’s Policy Portal
.
leggo : Second, Arrow (1962b) developed a formal theory of how knowledge grows because of economic activity. In his famous model of the economics of learning-by-doing, he argued that the growth of technical knowledge should not be understood as the product of random insights and inspirations by scientists and others, but as a consequence of the environment produced by economic activity. This means that economic growth can beget growth. Arrow’s vision preceded by two decades the emergence of modern endogenous growth theory, pioneered by Paul Romer and Nobel laureate Robert Lucas.
.
prendiamo la mia città, Pavia. Avevamo la Necchi macchine per cucire . Leader mondiale. 5000 dipendenti mi pare negli anni d'oro.
Avevamo solo quello ? NOOOOOOO ! Intorno alla Necchi una miriade di piccoli artigiani producevano semplici pezzi al tornio. Avevamo solo quello ? NOOOOO ! Quei piccoli artigiani studiavano o facevano studiare i figli presso scuole professionali perchè UN DISEGNO LO DEVI SAPER LEGGERE per poter poi procedere alla lavorazione del pezzo.
Persa la NECCHI si è perso tutto quello che gli stava attorno.
La globalizzazione dice che morta la Necchi si fa qualcosa d'altro. Può darsi ma non so se si riesce a ricreare quel network
di piccoli artigiani alcuni dei quali hanno creato piccole aziende di valore.
Quando si dice beh ora lo fanno in Cina ..si vede solo una piccola parte di ciò che si perde, non si intuisce quanto
know how presente e futuro si perde. Se nel calcolo si inserisce anche questa 'perdita' i vantaggi della globalizzazione
potrebbero essere meno scontati.
 
200 anni dalla pubblicazione di “On the Principles of Political Economy and Taxation”, this column salutes David Ricardo’s ..ecc ecc

Paul Krugman examined why non-economists have such a hard time grasping the implications of trade based on comparative advantage, aside from the inherent difficulty of the concept. The reason, he concluded, is not just that many people fail to understand the positive-sum nature of trade, wanting instead to view it in the context of an international rivalry based on zero-sum competition. Equally important is that many ancillary assumptions that economists take for granted (labour mobility, full employment, flexible wages and prices, balanced trade, and so forth) are needed for it to fully make sense.

quindi le teorie di Ricardo valgono A PATTO CHE siano osservate certe condizioni
e se le condizioni NON SONO OSSERVATE ???
 
il mondo non sta finendo a spatafascio per colpa del libero scambio...
ma perchè non riesce a gestire la deflazione che crea il miglioramento della produttività che hai grazie al libero scambio

in ogni caso i differenziali inflattivi usa vs resto del mondo sono eccessivi (es minimal wage a 15 dollari) ... lo so stampano loro e non gli altri, bel macello per fischer (no, la yellen non mi sembra una cima), fondamentalmente è un vicolo cieco

- se lasciano tutto cosi si svuotano di attività produttive (es bmw in messico) e devono fare food stamp per sempre (ovvero mantenere a fondo perso intere fette di popolazione) e ridursi in uno stato socialista e improduttivo

- se mettono dazi, beh... ovvio... cosa succede... bye bye gdp mondiale... benvenuta recessione. Soprattutto perchè il mondo ha bisogno di dollari per comprare energia... e credo che sia ancora peggio (non so fischer come la pensa) creare una articiale carenza a livello periferico (per la tenuta di questo sistema monetario) della moneta di riserva globale... Prima o poi potrebbero nascere alternative
 
Ultima modifica:
Da che mondo è mondo, si sa benissimo che è il libero scambio a fare male alla crescita.

Come da che mondo è mondo si sa che il protezionismo (quello vero) dà risultati misti, a volte buoni, altre volte no.

L'export promotion alla coreana è difficile (e forse oggi impossibile) da portare avanti.

Il mercantilismo alla tedesca è - kantianamente - moralmente condannabile.

Gli accordi bilaterali sono il meglio in assoluto: lo dice la teoria, lo dice l'esperienza.

(E in più lo dice anche Ramirez.)

L'insensatezza del libero scambio è nota e non è neppure il caso di soffermarcisi.
 
da che mondo è mondo.. Fonte attendibilissima.

Basta conoscere un po' di storia dell'economia.
Il free trade è stato applicato solo due volte e per brevi periodi dalla potenza in quel momento egemone, Gran Bretagna prima e Stati Uniti poi.
"Applicato" grazie alla forza militare, ovviamente.
È solo con l'istituzione della WTO che si è andati verso una progressiva liberalizzazione, con risultati quanto meno deludenti.
(Non c'è neppure la prova che la WTO abbia incrementato gli scambi...)
 
Basta conoscere un po' di storia dell'economia.

Sarebbe interessante capire come avrebbe fatto la Cina a far uscire miliardi di persone dalla povertà assoluta senza export. Perchè anche Mao ci aveva provato..
 
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