il fallimento di più di 20 anni di politiche keynesiane in Giappone

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

piccola_Tam

Nuovo Utente
Sospeso dallo Staff
Registrato
10/12/09
Messaggi
4.940
Punti reazioni
181
15 ottobre 2014
di Detlev Schlichter


Il voltafaccia di Draghi di due settimane fa ha incoraggiato la maggioranza keynesiana nei media e nei dipartimenti di ricerca economica. Ha iniettato nuova vita nella loro campagna implacabile per un intervento dello stato nell'economia dell'Eurozona. Questa nuova euforia non è stata avviata dal qualcosa che la BCE ha fatto (o annunciato). Come al solito, le misure non sono risultate all'altezza delle aspettative dei sostenitori instancabili dello "stimolo". Per il vero keynesiano, nessun tasso di interesse è mai abbastanza basso, nessun programma di "quantitative easing" è mai abbastanza ambizioso e nessun deficit fiscale è mai abbastanza grande. Ma con il suo discorso di "stimolare la domanda" e le sue richieste di "flessibilità fiscale", Draghi ha finalmente parlato in gergo keynesiano. E' stato questo che ha infiammato i cuori.

"I cori degli angeli devono aver cantato quando si è compreso che la zona Euro ha un problema con la domanda," ha scritto entusiasta Martin Wolf, capo guardiano della fede keynesiana al Financial Times. Ricordate che la mancanza di domanda, nella religione keynesiana, equivale al peccato originale ed alla fonte di tutti i problemi economici. "La domanda aggregata" è la somma di tutte le singole domande e tutti gli individui non stanno domandando abbastanza. Come si è venuta a creare una tale situazione? Qui i keynesiani sono meno precisi. O le persone hanno risparmiato troppo ("l'eccesso di risparmio" cattivo), o hanno investito troppo poco, forse hanno smarrito i loro spiriti animali, o hanno vissuto un momento di Minsky e gravato con troppi rischi i loro bilanci. In ogni caso il settore privato è chiaramente in errore, il che significa che il settore pubblico deve intervenire e, nell'interesse del bene comune, iniettare la propria domanda, cioè "stimolare" l'economia spendendo i soldi degli altri e stampando denaro. La mancanza di "domanda aggregata" è evidentemente una qualche forma di impotenza collettiva che richiede una forte dose di intervento dello stato in modo che compensi la domanda aggregata persa.

Wolf pensa che i deficit debbano essere più alti, preferibilmente in linea con investimenti pubblici e tagli fiscali, e, naturalmente, ci dovrebbe essere un qualche quantitative easing, non solo i magri acquisti da €750 miliardi di titoli garantiti da asset che la BCE ha promesso durante l'ultima incontro. (Purtroppo per Draghi, i paletti di ciò che costituisce un vero QE sono stati segretamente spostati. Solo l'acquisto di titoli di stato è ritenuto degno di questo marchio.)

In tutta onestà, nei confronti del presidente della BCE va detto che ha parlato della necessità di una riforma strutturale, ma come al solito questo per i keynesiani rappresenta uno strazio. "La mia opinione è che le riforme strutturali sono per lo più irrilevanti per la ripresa", osserva Wolfgang Münchau, collega di Wolf al FT. Quello che vuole Münchau è una maggiore spesa fiscale e rotative più arroventate. Le riforme strutturali – la cui necessità, secondo lui, è "irrilevante" – dovrebbero rappresentare solo uno specchietto per le allodole per mantenere buoni i tedeschi. Egli immagina che un "bombardamento a tappeto" monetario e fiscale possa forzare l'economia a crescere di più!

Per commentatori come questi, la prospettiva di una Germania con un bilancio in pareggio (potenzialmente nel 2015, sarebbe il primo sin dal 1969) può causare convulsioni apoplettiche. Secondo il Wall Street Journal, il settimanale sinistroide Der Spiegel ha definito l'obiettivo un "feticcio", dichiarando che "un programma di investimenti per la Germania rappresenterebbe un atto di solidarietà europea." Inoltre il FT sostiene che le previsioni per i deficit nell'Eurozona "al 2.5%" rappresentano una politica di bilancio "troppo stretta".



Nel frattempo in Giappone...

Le cose forse vanno molto meglio in Giappone, un posto chiaramente non gestito da Teutoni spaventati dall'inflazione ed ossessionati dall'austerità, e negli ultimi 20 anni è stata la patria della "flessibilità fiscale".

"Il Giappone ha avuto deficit di bilancio pari all'8.4% del PIL l'anno scorso, ed aveva anche un debito pubblico pari al 245% del PIL (!), il più alto tra le principali economie", come ha riportato il Wall Street Journal la scorsa settimana. Beh, deve essere stata iniettata un sacco di domanda aggregata nell'economia!

Sin dalla bolla degli anni '80 scoppiata poi nel 1989, il paese ha implementato l'intero libro guida del keynesismo e l'ha fatto ripetutamente, ma in particolare ha impiegato ad nauseam la proposta di Wolf, Der Spiegel e Münchau di "investimenti pubblici "per stimolare l'economia – senza alcun risultato, altro che causare deficit sempre più grandi.

Attingendo da fonti del FMI, Wikipedia ha compilato il seguente elenco di politiche di stimolo suicide: "Tra il 1992 e il 1995, il Giappone ha provato sei programmi di spesa per un totale di ¥65.5 bilioni e ha tagliato le aliquote fiscali sul reddito nel 1994. Nel gennaio 1998, il Giappone ha temporaneamente tagliato di nuovo le tasse per un totale di ¥2 bilioni. Poi, nell'aprile dello stesso anno, il governo ha presentato un pacchetto di stimolo fiscale da ¥16.7 bilioni, quasi la metà dei quali finiti nelle opere pubbliche. Nel novembre 1998 venne annunciato un altro pacchetto di stimolo fiscale da ¥23.9 bilioni. Un anno dopo (novembre 1999), venne provato un altro pacchetto di stimolo fiscale da ¥18 bilioni. Infine, nell'ottobre 2000, il Giappone ha annunciato l'ennesimo pacchetto di stimolo fiscale da ¥11 bilioni. Nel corso degli anni '90, il Giappone ha provato 10 pacchetti di stimolo fiscale per un totale di oltre ¥100 bilioni, ed ognuno ha fallito nel curare la recessione. L'unica cosa che sono riusciti a fare è stato peggiorare lo status fiscale del Giappone."

Oh, ma la lista non sarebbe completa senza questa frase:

"La politica monetaria espansiva del Giappone non è riuscita a generare la ripresa."

Per 18 anni i tassi ufficiali del Giappone non sono saliti al di sopra dell'1%. Il Paese è stato per più di 20 anni il ratto da laboratorio del keynesismo applicato – e dire che i risultati promessi non si sono materializzati è un eufemismo.

Per minimizzare il misero fallimento del keynesismo in Giappone, i commentatori solgono dire che l'inflazione è troppo bassa affinché il pump priming fiscale possa funzionare. E' colpa della deflazione – anche se in Giappone l'indice dei prezzi al consumo è rimasto invariato negli ultimi 10 anni. In netto contrasto con ciò che i media vogliono far credere, in Giappone c'è stata stabilità dei prezzi (più o meno). E' vero, la Banca del Giappone non ha tenuto sempre accesa la stampante monetaria, e ha intercambiato agli attacchi di QE un approccio più calmo. Evidentemente il keynesismo funziona solo se alla spesa fiscale sconsiderata viene affiancata una stampa di denaro altrettanto sconsiderata. E questo è il cuore dell'Abenomics, iniziato nel 2013 con la promessa di porre fine alla "deflazione" (stabilità dei prezzi) tra gli applausi della fratellanza keynesiana globale. Negli ultimi 12 mesi, il Giappone non solo ha fatto registrare il più grande deficit fiscale, ma la sua banca centrale ha sperimentato uno degli aumenti più veloci del bilancio in tutto il mondo sviluppato. Se qualcuno ha provato l'approccio "bombardamento a tappeto" di Münchau, questo è stato il Giappone.

Ecco di nuovo il Wall Street Journal:

"I dati rivisti [...] hanno mostrato che il prodotto interno lordo del paese si è contratto del 7.1% nel trimestre aprile-giugno rispetto a quello precedente, poiché le imprese ed i consumatori si sono spaventati dopo che il governo ha aumentato le imposte sulle vendite."

Che cosa? – Dopo 20 anni di stimolo fiscale e stampa monetaria a tavoletta, un aumento del 3% della tassa sulle vendite fa schiantare l'economia?

"Anche se era una conclusione scontata che l'impatto negativo della tassa incidesse sul forte calo del PIL, gli analisti esprimono ancora preoccupazione. [...] 'Tutto sta calando – consumi, spese in conto capitale, investimenti in abitazioni ed infrastrutture. Non va affatto bene', ha detto in un'intervista Etsuro Honda, consigliere economico dell'amministrazione Abe."

Si parla ora di rinviare il prossimo aumento delle tasse, che tra l'altro non risolverà il vero problema del Giappone: un fardello di debito crescente.

Ma hey, perché non inaugurare qualche altro "investimento pubblico" extra per stimolare l'economia?



Sorpresi? Non dovreste

Non posso escludere che tutta questa folle iperattività possa causare un trimestre strano mostrando un po' di crescita. Forse i giapponesi vedranno esaudito il loro desiderio di una maggiore inflazione, rendimenti più elevati ed una moneta svalutata. (Meglio stare attenti a ciò che si desidera!) Possiamo escludere con sicurezza che questo programma keynesiano libererà un giorno gli spiriti animali giapponesi e condurrà l'economia su un sentiero di crescita equilibrata ed autosufficiente. Queste politiche sono parte del problema, non sono la soluzione.

Niente di tutto questo dovrebbe lasciarvi sorpresi. Il keynesismo fallirà, ma non lo sappiamo grazie al Giappone. Basta solo uno sguardo ai suoi fondamenti teorici deboli. Questo è ciò che fece un giornalista più di 50 anni fa: l'incomparabile Henry Hazlitt, che era il principale editorialista su finanza ed economia presso il New York Times (1934-1946), e che nel 1959 pubblicò la sua dissezione critica della Teoria Generale di Keynes. Hazlitt spiegò perché le politiche keynesiane falliscono inesorabilmente. Quelli sì che erano bei tempi per il giornalismo, non oggi con tutta questa implacabile propaganda sulla necessità di un maggiore "stimolo".

Ciò che probabilmente irrita di più delle tesi keynesiane, ostentate con una certa sfacciataggine dai più illusi, è che questi commentatori evocano lo spettro di un "decennio perduto in stile Giappone" anche in Europa se i loro consigli cadranno nel vuoto. E' allucinante.

Nonostante il nuovo amore tra Draghi ed i keynesiani, credo che ci sia ancora resistenza alle tesi keynesiane in Germania e tra il contingente settentrionale della zona Euro. Questi paesi restano del parere (ragionevole) che senza cambiamenti strutturali in Francia e in Italia, senza riforme che aumentino la loro competitività, senza la riduzione del loro tasso di disoccupazione e senza la stabilizzazione delle loro prospettive di bilancio, Germania e Co. rischiano di pagare per eventuali problemi fiscali in questi Paesi. Il mercato è del parere che il carico di debito è già stato condiviso in gran parte tramite la BCE. Ricordate la promessa pericolosa di Draghi di "fare tutto il necessario", essa è profondamente impopolare in Germania. Inoltre non è così semplice. Quando uno dei grandi Paesi affronterà il suo momento greco, Draghi scoprirà che dopo tutto non potrà fare più di tanto. Credo che il governo tedesco riuscirà ad ottenere ciò che vuole: i governi francese ed italiano devono fare i compiti. C'è poco appetito per una qualsiasi avventura fiscale à la Keynes.

Ma Wolf e Münchau non dovrebbero disperarsi. Possono sempre godere dei meravigliosi successi del Keynesismo ogni qual volta che guardano al Giappone.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli



Read more: Johnny Cloaca's Freedonia: Keynes è stato un fallimento in Giappone – Non c'è bisogno di adottarlo anche in Europa
 
beh ma l'abenomics è una vaccata colossale (un qe in salsa kamikaze)

è sostanzialmente una operazione di facciata
ritira azioni e titoli di stato, visto che la borsa va bene e gli interessi sono bassi? (reali negativi, uau, che fiducia sti investitori)

intanto non esiste più un mercato delle obbligazioni giapponese, price discovery quelle cose romantiche di una volta...

ma tranquilli, tanto basta incrementare per i secoli dei secoli la quantità di moneta, come se il calo demografico fosse frutto di un boom economico, ma certo, famoso boom economico e parallela estinzione :clap: (OK!)
 
beh ma l'abenomics è una vaccata colossale

è sostanzialmente una operazione di facciata
ritira azioni e titoli di stato, visto la borsa va bene e gli interessi sono bassi (reali negativi)

intanto non esiste più un mercato delle obbligazioni giapponese, price discovery quelle cose romantiche di una volta...

ma tranquilli, tanto basta incrementare per i secoli dei secoli la quantità di moneta, come se il calo demografico fosse frutto di un boom economico, ma certo, famoso boom economico e parallela estinzione :clap: (OK!)

ma chissenefrega di Abe !! Io guardo il PAESE GIAPPONE. Dove la disoccupazione è meno del 4% !!!!!!!!! Un Paese che risorge da uno Tsunami
costato un quarto di trilione di dollari mentre noi per 200 milioni di euro
(danni aGenova) siamo qui siamo allo sbando..MA PER FAVORE !!
 
ma chissenefrega di Abe !! Io guardo il PAESE GIAPPONE. Dove la disoccupazione è meno del 4% !!!!!!!!! Un Paese che risorge da uno Tsunami
costato un quarto di trilione di dollari mentre noi per 200 milioni di euro
(danni aGenova) siamo qui siamo allo sbando..MA PER FAVORE !!

risorto? va che non hanno risolto una bega, se non come ti dicevo manipolando artificialmente gli indicatori di facciata (borsa, obbligazioni)

consumer spending a livelli tragici se guardi


The three molten cores at Fukushima plant, each weighing a hundred tons, are so radioactive, that no one can approach them, including robots, which melt down immediately, Dr. Helen Caldicott, the 1985 Nobel Peace Prize nominee, physician and anti-nuclear advocate, states in an interview to Radio VR: “And no one ever will, and the contamination will go on for hundreds of years,” Ms. Caldicott cites top physicists as saying.
 
ma chissenefrega di Abe !! Io guardo il PAESE GIAPPONE. Dove la disoccupazione è meno del 4% !!!!!!!!! Un Paese che risorge da uno Tsunami
costato un quarto di trilione di dollari mentre noi per 200 milioni di euro
(danni aGenova) siamo qui siamo allo sbando..MA PER FAVORE !!

Ma negli ultimi anni con Abe il Giappone ha attuato politiche monetariste friedmaniane.

Le politiche keynesiane per una ventina d' anni erano precedenti.

Milton Friedman aveva detto che il QE sarebbe stato necessario al Giappone, che non lo aveva attuato.

Invece Bernanke più recentemente negli USA ha attuato il QE

then there's Japan. As I pointed out before, Friedman thought QE was the answer to its lost decade, too. That's what he said in 1998, and what he repeated in 2000, as you can see below:

Now, the Bank of Japan's argument is, "Oh well, we've got the interest rate down to zero; what more can we do?" It's very simple. They can buy long-term government securities, and they can keep buying them and providing high-powered money until the high-powered money starts getting the economy in an expansion.
...

Rand Paul Loves Milton Friedman, but Milton Friedman Would Have Hated Rand Paul - The Atlantic
 
Ultima modifica:
Ma negli ultimi anni con Abe il Giappone ha attuato politiche monetariste friedmaniane.

Le politiche keynesiane per una ventina d' anni erano precedenti.

then there's Japan. As I pointed out before, Friedman thought QE was the answer to its lost decade, too. That's what he said in 1998, and what he repeated in 2000, as you can see below:

Now, the Bank of Japan's argument is, "Oh well, we've got the interest rate down to zero; what more can we do?" It's very simple. They can buy long-term government securities, and they can keep buying them and providing high-powered money until the high-powered money starts getting the economy in an expansion.
...

Rand Paul Loves Milton Friedman, but Milton Friedman Would Have Hated Rand Paul - The Atlantic

hai letto della lost decade ? hai ANCHE letto del MITO della LOST DECADE..
se non l'hai ancora fatto...studia
 
ma chissenefrega di Abe !! Io guardo il PAESE GIAPPONE. Dove la disoccupazione è meno del 4% !!!!!!!!! Un Paese che risorge da uno Tsunami
costato un quarto di trilione di dollari mentre noi per 200 milioni di euro
(danni aGenova) siamo qui siamo allo sbando..MA PER FAVORE !!

Alt, non si sta dicendo "che brutto il Giappone".
Si sta invece dicendo: che peccato che un paese come il Giappone debba ritrovarsi in mezzo a politiche simili.

Un carro armato con il motore di una 500.
 
Alt, non si sta dicendo "che brutto il Giappone".
Si sta invece dicendo: che peccato che un paese come il Giappone debba ritrovarsi in mezzo a politiche simili.

Un carro armato con il motore di una 500.
come fa un motore della 500 ad avere disoccupazione ZERO (dico zero perchè il 4% è ritenuto ZERO, cioè il limite MINIMO)
forse ci sfugge (senza forse) qlcs circa il Giappone.
 
come fa un motore della 500 ad avere disoccupazione ZERO (dico zero perchè il 4% è ritenuto ZERO, cioè il limite MINIMO)
forse ci sfugge (senza forse) qlcs circa il Giappone.

Forse dipende dalle politiche rigide del Giappone sull' immigrazione.

Più si lasciano entrare disoccupati stranieri che fanno concorrenza ai disoccupati locali nella ricerca di occupazione, più è probabile che i disoccupati nati in un certo stato restino disoccupati
 
Forse dipende dalle politiche rigide del Giappone sull' immigrazione.

Più si lasciano entrare disoccupati stranieri che fanno concorrenza ai disoccupati locali nella ricerca di occupazione, più è probabile che i disoccupati nati in un certo stato restino disoccupati

c'è un indice in Giappone che non vedo usato altrove.
Il numero di posti LIBERI per ogni richiedente. In Giappone quell'indice
lo vedo sempre maggiore di 1. Significa che per ogni cittadino in cerca di lavoro
c'è PIU' DI UN POSTO VACANTE. Come da noi :angry:
ma per favore....lo vuoi capire che il Giappone è l'unico Paese che possa
stare al passo degli USA in (quasi) tutti i campi ?
Il Giappone i satelliti se li fabbrica e lancia da solo..noi lo facciamo a livello Europeo.
 
In Giappone ci vado per lavoro ogni tanto (2-3 volte all'anno). In passato ci sono stato anche per qualche mese di seguito.

Qui si straparla senza conoscerlo

- Il Giappone è una serie di isole montuose, con scarse risorse agricole e niente materie prime
- Si trova imboscato alla periferia di tutto, dell'Asia e dell'Occidente
- E' incredibilmente sovrappopolato, ha 130 milioni di persone su 378.000 Kmq, peraltro quasi tutti montuosi. Per capirci in Germania sono 80 milioni su 357.000 Kmq :D In Italia siamo meno della metà dei giapponesi in 300.000 Kmq !!

Insomma ha tutti gli ingredienti per essere un paese del terzo mondo, invece è una potenza mondiale, con un reddito pro capite che supera la Germania in grande scioltezza.
 
c'è un indice in Giappone che non vedo usato altrove.
Il numero di posti LIBERI per ogni richiedente. In Giappone quell'indice
lo vedo sempre maggiore di 1. Significa che per ogni cittadino in cerca di lavoro
c'è PIU' DI UN POSTO VACANTE. Come da noi :angry:
ma per favore....lo vuoi capire che il Giappone è l'unico Paese che possa
stare al passo degli USA in (quasi) tutti i campi ?
Il Giappone i satelliti se li fabbrica e lancia da solo..noi lo facciamo a livello Europeo.

E allora?

Visto che in Giappone entrano pochi immigrati stranieri non è strano che ci siano pochi disoccupati.

Se improvvisamente gli stranieri e gli extracomunitari occupati nelle aziende italiane decidessero di andarsene e dessero le dimissioni si libererebbero parecchi posti di lavoro e crollerebbe il tasso di disoccupazione tra gli italiani che troverebbero occupazione più facilmente.


Il fallimento delle politiche keynesiane precedenti in Giappone è evidente, basta vedere l' indice Nikkei in confronto ai massimi degli anni '80 mentre il NASDAQ ha recuperato di piu' in meno tempo dopo lo scoppio della bolla del 2000.

Se le politiche precedenti non avessero fallito, il governo Abe non avrebbe premuto per svalutare pesantemente lo Yen e per attuare un QE che sarebbe stato più efficace decenni fa.
 
8/08/2012

La smart fraction è una teoria controversa, che cerca di investigare il rapporto tra le capacità cognitive di una popolazione e lo sviluppo del Paese di riferimento. I risultati mostrano un’alta correlazione tra il livello di intelligenza del 5% più dotato (la smart fraction) e i livelli di benessere. Seguendo questo metodo, i Paesi più ‘intelligenti’ si trovano in Asia, mentre l'Italia è a metà classifica.

Non più la media, insomma, ma l’effetto di una smart fraction, diciamo il 5% più intelligente in un dato campione. La teoria, che potrebbe essere tacciata di elitarismo, si basa sull’assunzione e considerazione che il 5% più intelligente, in una popolazione, va a ricoprire ruoli di spicco (almeno in teoria…), che si tratti di ingegneri, architetti, avvocati, medici: la cosiddetta classe dirigente. Una sorta di zoccolo duro dell’intelligenza che finisce con l’influire sull’ambiente circostante, irradiando con i suoi benefici effetti l’intero contesto....

I Paesi più ‘intelligenti’ si trovano in Asia: Singapore, Corea del Sud, Giappone, Taiwan e Hong Kong, con un QI medio di 125. Sorprende la posizione arretrata dei Paesi scandinavi (tra la decima e la quarantesima posizione). L’Italia e i Paesi del Sud del Mediterraneo navigano a metà classifica. ....

Davvero gli asiatici sono i più intelligenti del pianeta? | Linkiesta.it

Il metodo è controverso
 
si gli asiatici sono MEGLIO !! lo dicono le scuole (i risultati) in Uk e USA.
Dove gli asiatici performano meglio dei bianchi anglosassoni.
ciò detto forse la forza del Giappone è stata questa:
.
The Japanese Communist Party (JCP, Japanese: 日本共産党, Nihon Kyōsan-tō) is a communist political party in Japan and is one of the largest non-governing communist parties in the world.

Following the most recent general election, held on December 16, 2012, the party holds eight seats in the House of Representatives and following the most recent councillors election, held on July 21, 2013, the party holds eleven seats in the House of Councillors.[4]
.
PRATICAMENTE IN GIAPPONE NON HANNO AVUTO I NEFASTI EFFETTI
DI UN PARTITO COMUNISTA E RELATIVI SINDACATI.
 
game over ragazzi, GS, famosa banca talebbana di grillini e gombloddisti scrive

un cambio più basso non implica un pari aumento di competitività causa input prices (ah non hanno materie prime, come noi, discorso lungo...)

inoltre il modello monofattoriale (propaganda) per polli come al solito non funziona nella realtà, la domanda globale è un fattore più importante dell'export price, vista l'austerità fiscale negli usa e in europa (soppressione fiscale dei consumi)

Errori madornali (:D), o se volete assunzioni sbagliate

1 i prezzi di esportazione non variano come il cambio
(non sono scesi come nelle passate svalutazioni dello yen)

2 non sono i prezzi ma la domanda globale a essere il principale fattore dell'export

e stampaaaaa belllooooooooo
(io ci avrei dato dentro di più, abenomics è solo una operazione di facciata, una cura sintomatologica)

-------------------------------------------------------------
Blind spot from the outset in “weak yen = export recovery” scenario

A weak yen boosts export price competitiveness, fueling a recovery in export volume that supports a sustained economic recovery via improved corporate earnings, capex recovery, and wage growth. At least, this was the scenario painted when bold monetary easing was launched as the first arrow of Abenomics to induce yen depreciation. Government officials and market participants alike believed for a long time that the yen’s rapid depreciation thereafter would at some point drive an export recovery. However, a tangible recovery in export volume is yet to materialize.

Actually, this is not the first time a weaker yen has failed to revive exports. Since the 1990s, Japan has experienced four phases of yen appreciation followed by depreciation, but in none of those phases was there any clear correlation between exchange rate and export volumes. Equating yen depreciation with export recovery would appear to invite multiple misconceptions and miscalculations (see Exhibit 1).

Firstly, a weaker yen does not necessarily result in lower export prices (on a local currency basis). Since a weak yen also increases exporters’ input prices, it is unlikely that export prices will fall at the same rate that the yen declines in value. Export prices also have a more limited impact on export volume than global demand, making the latter a more important determinant for exports.


 

Allegati

  • abe1.jpg
    abe1.jpg
    31,2 KB · Visite: 538
  • abe2.jpg
    abe2.jpg
    33,1 KB · Visite: 533
  • abe3.jpg
    abe3.jpg
    85,2 KB · Visite: 537
Ultima modifica:
quindi leggo e imparo che il Giappone esporta meno. Ergo mi chiedo :
yen caro ? prodotti scadenti ? oppure
oppure succede questo:
The shift abroad has been led by the biggest of Japanese corporate names. Toyota Motor Corp (7267.T) made 60 percent of its automobiles outside of Japan in 2012, up from 42 percent in 2003. ($1 = 102.3100 Japanese Yen)
.
...as manufacturers have less money to repatriate after they moved production abroad.
 
Un articolo può servire a ricordare come era la situazione del Giappone prima che Shinzō Abe venisse eletto primo ministro nel dicembre 2012

I guai dell’economia giapponese
Nel 2011, per la prima volta in trent'anni, il Giappone ha importato più di quanto ha venduto all'estero: non è solo colpa dello tsunami, dicono gli esperti

25 gennaio 2012

Il ministero delle Finanze giapponese ha dichiarato che nel 2011 la bilancia commerciale del Giappone è stata in deficit, per la prima volta dal 1980. Il deficit, secondo i dati del ministero, è stato di circa 2.490 miliardi di yen (24,5 miliardi di euro). La bilancia commerciale è un indicatore economico molto importante per un paese, e il deficit giapponese è dovuto alle conseguenze del terremoto e dello tsunami del marzo 2011, ma anche a diversi altri fattori che secondo gli analisti rivelano una fase di difficoltà più profonda dell’economia giapponese. Le esportazioni, infatti, sono state il motore principale della crescita economica giapponese negli ultimi anni: il paese importa materie prime ed esporta (principalmente negli Stati Uniti, in Cina e nell’UE) prodotto tecnologici, dall’elettronica alle auto alle fibre ottiche e ai semiconduttori.

La bilancia commerciale tiene conto del valore complessivo delle esportazioni di un paese, cioè di quello che un paese vende all’estero, e del valore delle importazioni, cioè di quello che un paese compra dall’estero e consuma. Non tiene conto di altri fattori importanti, come i trasferimenti finanziari e gli investimenti internazionali di un paese, che insieme alla bilancia commerciale formano il conto delle partite correnti: se si tiene conto anche di questi fattori, il conto delle partite correnti giapponese continua ad essere positivo, ma secondo gli analisti questo cambierà nei prossimi anni, già a partire dal 2015. Questo cambiamento avrebbe probabilmente conseguenze molto pesanti per il valore della moneta giapponese, lo yen, e per il mercato dei titoli di Stato giapponesi, che fino ad ora sono stati considerati molto solidi, tanto da beneficiare della crisi dell’area dell’euro.

Nel 2011, le importazioni del Giappone sono aumentate del 12 per cento e le esportazioni sono diminuite del 2,7 per cento rispetto al 2010. Le cause sono state diverse: hanno sicuramente pesato il terremoto e lo tsunami dell’11 marzo 2011, che hanno danneggiato e bloccato per settimane gli impianti di aziende fondamentali per le esportazioni giapponesi nel settore dell’auto e dell’elettronica, come Toyota e Sony. Ma hanno pesato anche le disastrose alluvioni in Thailandia, che hanno colpito stabilimenti che producevano beni per le aziende giapponesi, e la crisi della zona euro: molti investitori hanno investito grandi somme nello yen, vista la debolezza del dollaro e dell’euro, causandone l’aumento di valore (il che vuol dire anche che le merci giapponesi, per i paesi esteri, costavano di più), e dall’altra parte Europa e Stati Uniti hanno comprato meno beni giapponesi. Il Giappone soffre anche la concorrenza crescente della Corea del Sud e di altri paesi asiatici, e il progressivo invecchiamento della sua popolazione.
Il disastro della centrale nucleare di Fukushima, poi, ha causato anche un aumento delle importazioni nel settore energetico, mentre per la prima volta nella sua storia il Giappone registrava un’insofferenza dell’opinione pubblica verso l’energia nucleare (e il governo di conseguenza ritardava la ripartenza delle centrali ferme per manutenzione): le importazioni di petrolio greggio sono aumentate del 21,3 per cento e quelle di gas naturale del 37,5 per cento rispetto al 2010. Il governo, intanto, fatica a prendere contromisure, vista la tradizionale incapacità della politica giapponese di prendere decisioni drastiche e l’abitudine a procedere solo con consensi molto ampi: l’aumento dell’IVA (che inciderebbe molto probabilmente sui consumi, diminuendoli) proposto dal primo ministro Noda è molto contestato e ha già portato a un rimpasto del governo a metà gennaio.

I guai dell'economia giapponese - Il Post


Alcune importanti aziende giapponesi hanno aziende della Corea del Sud tra i principali concorrenti

Concorrenza sempre più agguerrita in Corea del Sud, Sony Xperia Z2 in vendita prima del Galaxy S5 - hdblog.it

Tv hi-tech, dopo Samsung anche Sony vara i display ultra HD
 
Ultima modifica:
...as manufacturers have less money to repatriate after they moved production abroad.

mmm forse che conviene produrre all'estero?
orca non abbiamo ancora svalutato abbastanza allora ;)

stampaaaaaa (è dura fare concorrenza al vietnam a schiavi ubbidienti)
 

Allegati

  • abe4.jpg
    abe4.jpg
    60,9 KB · Visite: 506
quindi leggo e imparo che il Giappone esporta meno. Ergo mi chiedo :
yen caro ? prodotti scadenti ? oppure
oppure succede questo:
The shift abroad has been led by the biggest of Japanese corporate names. Toyota Motor Corp (7267.T) made 60 percent of its automobiles outside of Japan in 2012, up from 42 percent in 2003. ($1 = 102.3100 Japanese Yen)
.
...as manufacturers have less money to repatriate after they moved production abroad.

Ti ha scritto EMI, e' perche' la domanda mondiale e' inferiore, quindi non e' sempre e solo una questione di prezzo/cambio.


Vorrei anche aggiungere che spesso le fabbriche all'estero sei COSTRETTO a farle.
Ad esempio in Indonesia e' vietato importare automobili, il governo impone che le aziende mettano fabbriche li da loro, e Toyota e' una delle uniche 3 (mi pare) che e' li.

fra l'altro adesso non gli basta nemmeno quello, ma vogliono anche un local content piu' grande (la Toyota inmporta tutto in Indonesia e poi fa solo e semplice assemblaggio)
 
Indietro