Tremonti: crisi, adesso molto meglio

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Lou Cypher

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» 2009-09-24 14:04
Tremonti: crisi, adesso molto meglio
Il 2008 un incubo. Banche, se non prestano soldi a che servono?

(ANSA) - ROMA, 24 SET - 'Adesso va molto meglio, l'anno scorso era quasi un incubo'. Cosi' il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti al Tg2 sulla crisi economica.'Un mondo governato dai banchieri non e' un bel mondo', ha aggiunto il ministro. 'Non sono i cittadini al servizio delle banche ma le banche al servizio dei cittadini', ha sottolineato poi. 'Se le banche non prestano i soldi alle imprese - ha ribadito - non si capisce a che cosa servono'.

__________________________

Ben istruito dal suo superiore, il ministro è sempre più convinto di interloquire con "ragazzini di seconda media nemmeno seduti nei primi banchi..."

Con un rischio accettabile, le banche farebbero molto volentieri il loro mestiere, ma la verità è che migliaia di imprese, nè più nè meno dei soggetti che accesero negli Usa il mutuo-casa senza poter permetterselo, sono già indebitate e ad alto rischio di insolvenza...:eek:
 
certo .. hanno lavorato tanto x la crisi che ora non c'è + ...
 
Come si fa a dire che la crisi non c'è, quando da inizio anno a giugno si son persi 580 mila posti di lavoro, quando ci sono solo nel pubblico 100 mila precari che non vedranno rinnovarsi il contratto e mezzo milione di lavoratori in cig?

Ma come si fa?

'Adesso va molto meglio, l'anno scorso era quasi un incubo'

Chiediamolo a fine anno a quel milione e passa che cercherà lavoro.
 
Con un rischio accettabile, le banche farebbero molto volentieri il loro mestiere, ma la verità è che migliaia di imprese, nè più nè meno dei soggetti che accesero negli Usa il mutuo-casa senza poter permetterselo, sono già indebitate e ad alto rischio di insolvenza...:eek:
Ma assolutamente falso. L'Italia è il Paese Europeo con il più basso indebitamento imprenditoriale in rapporto al PIL.
Ciò significa che l'accesso al credito è molto complicato.
 
l'dea di "banca al servizio del cittadino" è incompatibile con una logica capitalistica perchè il fine di un'impresa non è la soddisfazione del cliente ma il profitto.

allora se a Tremonti non piace questo modo di gestire le cose vari una banca pubblica che ha come scopo non il profittto ma il credito.

se ritiene che le banche siano gestite male, legittimissimo e con molte ragioni, metta mano al sistema affinchè i banchieri più capaci emergano.

fa il ministro non il giornalista.
 
eccomi qua, testimone che la crisi non è finita:

interinale, ho lavorato per un anno e mezzo per una grossa banca italiana, oggi mi scade il contratto per la 3 volta, NON rinnovato OK!

1 disoccupato in più OK! ma non c'è la crisi è un' illusione
 
l'dea di "banca al servizio del cittadino" è incompatibile con una logica capitalistica perchè il fine di un'impresa non è la soddisfazione del cliente ma il profitto.

.......


Scusa una domanda facile facile:

sei arrivato ieri da un qualsiasi pianeta del sistema solare, oppure sei terreno anche tu?

Una sciocchezza tale solo uno che non ha mai lavorato, studiato, osservato la realtà di questo mondo terreno può tirarla fuori.

Pensaci. Sono a disposizione per spiegare anche concetti così elementari.
Anche senza tirar fuori le norme ISO serie 9000 o il birraio di Adam Smith.
 
Scusa una domanda facile facile:

sei arrivato ieri da un qualsiasi pianeta del sistema solare, oppure sei terreno anche tu?

Una sciocchezza tale solo uno che non ha mai lavorato, studiato, osservato la realtà di questo mondo terreno può tirarla fuori.

Pensaci. Sono a disposizione per spiegare anche concetti così elementari.
Anche senza tirar fuori le norme ISO serie 9000 o il birraio di Adam Smith.

...e io sono pronto ad ascoltarti con tanta pazienza... :)
 
Bene, cominciamo dalle basi.

Lesson one.

a) Tu oggi apri una panetteria ma, dato che sei un capitalista secondo la tua definizione, miri unicamente a ricavare il maggior valore aggiunto assoluto.
Quindi fai un pane schifoso, pieno di materie prime scadenti di basso costo e cotto anche poco perché la corrente elettrica del forno costa assai.

b) Il tuo cliente, non conoscendoti ancora, prova ad acquistare il tuo pane, si accorge alla cassa che costa notevolmente più del normale, ma ormai, pur di malavoglia, perfeziona l'acquisto.

c) Il giorno dopo, col cavolo che il tuo cliente torna a comprare da te. Tu resti col tuo schifoso pane invenduto.

d) Il giorno ancora successivo, ripresentandosi la situazione precedente, chiudi l'attività.

E' abbastanza esplicativo? Devo continuare? :)
 
Bene, cominciamo dalle basi.

Lesson one.

a) Tu oggi apri una panetteria ma, dato che sei un capitalista secondo la tua definizione, miri unicamente a ricavare il maggior valore aggiunto assoluto.
Quindi fai un pane schifoso, pieno di materie prime scadenti di basso costo e cotto anche poco perché la corrente elettrica del forno costa assai.

b) Il tuo cliente, non conoscendoti ancora, prova ad acquistare il tuo pane, si accorge alla cassa che costa notevolmente più del normale, ma ormai, pur di malavoglia, perfeziona l'acquisto.

c) Il giorno dopo, col cavolo che il tuo cliente torna a comprare da te. Tu resti col tuo schifoso pane invenduto.

d) Il giorno ancora successivo, ripresentandosi la situazione precedente, chiudi l'attività.

E' abbastanza esplicativo? Devo continuare? :)

io direi di no e ti inviterei a riflettere, nel limite del possibile, sulla differenza tra "fine e "mezzo".

dovessi risponderti a tono anzichè consigli dovrei darti dell'********* ma mi hai fatto ridere e ti perdono.
 
Catilina,
finché si scherza va tutto bene, quando si vuole scendere a livello infantile, almeno in questa sede, bene non va. Ti consiglio vivamente di non reiterare atteggiamenti e linguaggio non consoni. Non voglio neanche sapere cosa c'è sotto quei puntini, altrimenti mi vien voglia di sculacciarti, ed è meglio per entrambi che si resti su argomenti adatti al forum.

Anche senza entrare in trattati di gestione aziendale, è intuitivo che il fattore tempo costituisce l'obiettivo primario di qualsiasi attività: nessuno mette in campo capitale, lavoro, intelligenza senza configurare un planning di lungo o, meglio, lunghissimo periodo. Salvo attività particolari come il private equity.
Quando dici che il fine di una azienda è il profitto, è tautologico, ovvio. Tuttavia dobbiamo fare una analisi del termine: non significa profitto assoluto, alla prendi i soldi e scappa, ma relativo, ossia la più alta remunerazione possibile in funzione dell'ottimale continuità operativa nel tempo.
Lapalissiano che la soddisfazione della clientela sia la più valida assicurazione di tale continuità. Quindi non uno strumento in senso stretto, un mezzo, ma un obiettivo, un fine che ti consente di raggiungere un profitto duraturo.
Quando sopra accennavo ai sistemi di qualità codificati dalle norme ISO 9000, si può, proprio attraverso l'impostazione metodologica, per non dire filosofica, di tale normativa, verificare l'assunto della finalità della soddisfazione del cliente. Insieme a tanti altri aspetti che non stiamo qui a sviluppare.

Mi pare inutile ricordare, inoltre, che il capitalismo si fonda sulla libera concorrenza di attori economici, il che sottende l'esistenza di due o più competitors, per cui affermare che "il fine di un'impresa non è la soddisfazione del cliente ma il profitto", in senso ragionato, è una sciocchezza.

Stammi bene.
 
Catilina,
finché si scherza va tutto bene, quando si vuole scendere a livello infantile, almeno in questa sede, bene non va. Ti consiglio vivamente di non reiterare atteggiamenti e linguaggio non consoni. Non voglio neanche sapere cosa c'è sotto quei puntini, altrimenti mi vien voglia di sculacciarti, ed è meglio per entrambi che si resti su argomenti adatti al forum.

Anche senza entrare in trattati di gestione aziendale, è intuitivo che il fattore tempo costituisce l'obiettivo primario di qualsiasi attività: nessuno mette in campo capitale, lavoro, intelligenza senza configurare un planning di lungo o, meglio, lunghissimo periodo. Salvo attività particolari come il private equity.
Quando dici che il fine di una azienda è il profitto, è tautologico, ovvio. Tuttavia dobbiamo fare una analisi del termine: non significa profitto assoluto, alla prendi i soldi e scappa, ma relativo, ossia la più alta remunerazione possibile in funzione dell'ottimale continuità operativa nel tempo.
Lapalissiano che la soddisfazione della clientela sia la più valida assicurazione di tale continuità. Quindi non uno strumento in senso stretto, un mezzo, ma un obiettivo, un fine che ti consente di raggiungere un profitto duraturo.
Quando sopra accennavo ai sistemi di qualità codificati dalle norme ISO 9000, si può, proprio attraverso l'impostazione metodologica, per non dire filosofica, di tale normativa, verificare l'assunto della finalità della soddisfazione del cliente. Insieme a tanti altri aspetti che non stiamo qui a sviluppare.

Mi pare inutile ricordare, inoltre, che il capitalismo si fonda sulla libera concorrenza di attori economici, il che sottende l'esistenza di due o più competitors, per cui affermare che "il fine di un'impresa non è la soddisfazione del cliente ma il profitto", in senso ragionato, è una sciocchezza.

Stammi bene.

microalfa, se tu, con un tono meno strfottente, avessi proposto queste tua specifiche ti avrei risposto che se dire che il fine del capitalismo è il profitto é una sciocchezza, è altrettanto al cubo affermare che il fine del capitalismo è il cliente.

considerare il mezzo " soddisfare il cliente " prevalente sul fine ultimo dell'imprenditore , massimizzare il profitto, mi sembra non meno ridicolo delle sciocchezze che hai scritto sopra.

se non vuoi scherzare lascia perdere le ISO 9000 e ripassa la logica.
 
Ultima modifica:
Mi pare inutile ricordare, inoltre, che il capitalismo si fonda sulla libera concorrenza di attori economici, il che sottende l'esistenza di due o più competitors, per cui affermare che "il fine di un'impresa non è la soddisfazione del cliente ma il profitto", in senso ragionato, è una sciocchezza.

Peccato che l'esistenza delle banche centrali distorga completamente questo piccolo e insignificante principio.
 
Tremonti: crisi, adesso molto meglio...

_________________________


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» 2009-09-25 19:53
Commercio: chiusi gia' 36mila negozi
Per Confesercenti nel 2009 a rischio 70 mila esercizi

(ANSA) - ROMA, 25 SET - Ancora nessuna luce in fondo al tunnel per il commercio in Italia: vendite al dettaglio in calo a luglio e i negozi chiudono. Nei primi 6 mesi, secondo Movimpresa di Unioncamere, hanno abbassato la saracinesca 36mila negozi. Fosche le previsioni di Confesercenti per fine anno:a rischio chiusura 70 mila punti vendita. Le Regioni in cui e' andata peggio sono Campania (dove hanno chiuso 4.598 negozi) e Lombardia (4.056 chiusure).Seguono Lazio (3634),Puglia (3348) e Sicilia (3306).

__________________________

:mmmm::mmmm::mmmm:

Attenzione che a fronte della chiusura di 36mila negozi ne sono stati aperti 26mila (l'ho letto in un'altro articolo oggi che se volete riprendo); il dato resta comunque sconfortante ma il saldo e' -10mila.
 
Gli italiani sono sempre quelli che spendono meno e hanno paura di investire ed innovarsi: mettiamocelo in testa. Stiamo pagando più degli altri una crisi non nostra.
 
Mi pare inutile ricordare, inoltre, che il capitalismo si fonda sulla libera concorrenza di attori economici, il che sottende l'esistenza di due o più competitors, per cui affermare che "il fine di un'impresa non è la soddisfazione del cliente ma il profitto", in senso ragionato, è una sciocchezza.

Peccato che l'esistenza delle banche centrali distorga completamente questo piccolo e insignificante principio.


..che non è un principio :) è un giudizio.

almeno per chi riesca ancora a distinguere il "capitalismo" da "forma di mercato".

ti sembra, detto con simpatia, che una multinazionale, espressione emblematica del capitalismo, ricerchi la libera concorrenza o piuttosto agisca per diventare monopolista ??
 
Secondo me i problemi stanno nel sistema. La 'crisi' è in atto ormai da decenni.

Partiamo dal principio di Nash secondo cui ogni individuo cerca di 'massimizzare' il proprio profitto, inteso come benessere, sopravvivenza e possibilità di trasmettere i propri geni. Nel mondo attuale il miglior modo per fare questo è accumulare e gestire denaro.

Immaginiamo (paradosso del prigioniero) che ognuno di noi viva in una comunità di 10 individui e supponiamo di poter quantificare il benessere, quantificazione che nel mondo attuale viene egregiamente rappresentata dagli 0 nel conto in banca. Abbiamo a disposizione 2 scelte: scelta a e b.

Effettuando la scelta a si aggiunge un punto di benessere a tutti i membri della comunità noi esclusi.

Effettuando la scelta b si aggiungono 2 punti al nostro benessere e zero agli altri membri.

La teoria di Nash dice che ognuno di noi farà la scelta b, anche se da un punto di vista collettivo è molto più efficiente la scelta a. Come ovviare il problema? Mettendo delle penalità alla scelta b, in maniera tale che mi convenga scegliere a. Ad esempio facendo una legge (ma bisogna farla rispettare) che multi di 3 chiunque effettui la scelta b.

Faccio un esempio pratico e attuale: ho 1 tonnellata di rifiuti radioattivi, me ne devo liberare. La scelta più logica sarebbe denunciare la presenza di rifiuti radioattivi e pagare per un corretto smaltimento e stoccaggio. Per far questo devo pagare molto profumatamente una società seria che mi gestisca il processo. Scelta b: butto in mare di nascosto i rifiuti. Faccio un danno enorme all'ambiente, quindi in piccola parte anche a me stesso, ma ho un ritorno in benessere dal fatto che non pago lo smaltimento. Morale della favola tutti inquinano, perchè conviene.

Bisogna creare delle regole serie e COLLETTIVE e farle rispettare, e questo vale in qualsiasi ambito, soprattutto quello bancario perchè è alla base del concetto di denaro che è la misura del benessere.

Anzi secondo me il denaro come concepito oggi è qualcosa di deleterio. Essendo nella nostra cultura misura diretta del benessere, ne siamo schiavi. E' il nostro Dio e la nostra vita ruota intorno ad esso. Ci ha portato allo schema di vita produci-consuma-crepa, e ha imbarbarizzato la cultura, il pensiero, il gusto per le piccole cose. E' questa la vera crisi, cioè il pensare che possiamo uscire da questo paradosso rimanendo all'interno del sistema, quando proprio il sistema è la crisi stessa. Il denaro è quella cosa che rende naturale e efficiente la scelta b, visto che crea in maniera estremamente efficace un parametro da seguire per quantificare il benessere, parametro che irrimediabilmente tutti seguiamo. Nel seguirlo abbiamo distrutto l'ambiente, le risorse, e cancellato intere culture.

Se non esistesse il denaro nel fare il nostro lavoro avremmo come scopo principale quello di farlo bene (scelta a). Farlo male non mi porterebbe grossi vantaggi (scelta b non più di tanto conveniente). I falegnami di 200 anni fa costruivano mobili che duravano secoli. Oggi non li farebbe nessuno perchè costerebbero troppo. Meglio farne uno che dura 15 anni, tanto la qualità il cliente non la vede quando lo compra. Tra 15anni chissene, anzi ne vendo un altro.
 
Interessante il tuo ragionamento.
Quello che osservo e' che la gente che non e' d'accordo con questo "sistema" (produci-consuma-crepa, denaro come misura di ricchezza, imbarbarimento, bassa qualita', ecc..) non ha reali vie d'uscita! o no?

Dal lato "imprenditore": ormai siamo in competizione mondiale, mercato aperto, non ci si puo' chiudere nel proprio piccolo. India, Cina, sono realta' che ci invadono, a meno di poche isole felici e non so quanto reggeranno. Come fanno a pagare gli ingegneri 2500 euro in olanda quando qui sono pagati la meta' e il costo della vita e' uguale? In USA lo stipendio medio di un software engineer e' 90mila dollari (stat.2009), cioe' 5 mila euro al mese.

Dal lato "lavoratore": ti devi adattare, e' un dramma sia perdere il lavoro che riqualificarsi, non sei realmente padrone del tuo destino, subisci conseguenze sulle quali non puoi farci nulla (fallisce l'azienda, perdi la pensione per via della crisi dei mercati, ecc..)
 
Stato
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