La storia di Daniele Galliano raccontata da lui stesso.
In questo bellissimo articolo tratto da
www.lastampa.it datato 28/03/2008, Daniele Galliano in un intervista a Luca Beatrice racconta noi direttamente lui la sua storia.
"Io scappo New York"
Il pittore espone alla Esso Gallery: "Qui mi snobbano"
di LUCA BEATRICE
Classe 1961. Pinerolese di nascita e residente a Torino da oltre vent’anni. Da ragazzo lavora in fabbrica, poi scopre la vocazione della pittura, pur non essendo mai entrato in un’aula dell’Accademia. Dipinge per strada, in Liguria, i ritratti dei turisti. Arrivano le prime mostre, all’inizio degli Anni 90, dove è subito notato da critici e galleristi. Sono le prime tappe di una carriera importante, da Torino a New York. E’ la storia di Daniele Galliano,
il miglior pittore piemontese (in molti pensano anche italiano) della sua generazione. Un artista che lega la propria vicenda con quella della sua città, rappresentandone l’altra faccia, notturna e livida, il mix di razze e culture, l’austerità geometrica dell’architettura, la magia, le stranezze, la follia. Ma soprattutto Galliano è uno dei pochi a essere uscito dai confini nazionali, facendosi notare all’estero, confidando unicamente nelle proprie forze.
Oggi inaugura la sua nuova personale a New York. Non è un esordio, ma un ritorno. Quale era il suo stato d'animo allora e quale oggi?«Sono passati più di dieci anni dall'ultima volta che ho esposto il mio lavoro a New York, nel settembre 1997. La prima fu da Annina Nosei nel febbraio 1996, ad appena quattro anni dal mio esordio ufficiale nel mondo dell'arte con una piccola mostra all'Unione Culturale di Torino che ebbe un successo inaspettato. Mi sono trovato fin da subito a lavorare con gallerie di serie A,
a essere acquistato da collezionisti importanti come Carlo Monzino, Lucio Dalla, Dolce & Gabbana, Luca di Montezemolo, a dover realizzare una mostra alla Gnam di Roma: il morale, ovviamente, era alle stelle».
All'epoca era un giovane emergente, oggi è una realtà dell'arte italiana. Che cosa è cambiato nel frattempo?«
Curiosamente, gli altri due artisti che come me avevano esposto nello stesso periodo a New York, Maurizio Cattelan e Vanessa Beecroft, vennero invitati alla Biennale di Venezia da Germano Celant. Fu necessario prendere atto che in Italia per la pittura si stavano avvicinando tempi assai difficili. Da allora infatti non è cambiato granché: Cattelan di Biennali ne ha fatte cinque e la Beecroft ha esposto pure la sorella coricata sul sofà. Io invece ho partecipato solo a quella dell'Avana. Di recente si sono ricreate con Esso Gallery le condizioni per tornare a lavorare nel cuore dell'impero, nella città più importante al mondo per l'arte».
Si parla di Torino come città dell'arte contemporanea. Eppure è davvero raro che le istituzioni cittadine sostengano un artista locale, esponendolo nei musei o aiutandolo a proporsi all'estero. Lei per esempio ha fatto tutto da solo.
«A parte lo smog e i prossimi inceneritori, Torino rimane una gran bella città dove è molto piacevole andare a spasso, gustarsi un bicerin in uno dei suoi suggestivi caffè, visitare la mostra di un artista milanese o berlinese o americano in uno dei musei cittadini, dove, e questa è una cosa assai bizzarra, forse unica al mondo,
agli artisti locali non viene consentito di fare alcunché».
Da Esso Gallery, diretta da Filippo Fossati, torinese espatriato anche lui, espone tutte opere nuove. Qual è il filo conduttore della nuova mostra?«Il titolo "Marziani"
nasce come sempre dall’osservazione di tic nervosi e abitudini di un’umanità ormai disumanizzata, sospesa nel nulla, manipolata e indotta a compiere gesti e azioni che nulla hanno a che fare con la propria vera natura».