Alessandro Celli
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Un critico disse :
“Nella Torino degli anni Ottanta, dove continua a dominare l'Arte povera, esordisce uno scultore sorprendente, dal gusto dark ed esistenziale, mosso dalle inedite questioni ambientali, il cui universo è popolato da giganteschi insetti kafkiani e dove non c'è spazio per alcuna forma di consolazione. Sergio Ragalzi, nato nel 1951, alla sua prima mostra importante al Castello di Rivara si fa fotografare con una maschera antigas sul volto. Nel 1984 arriva a Roma nella galleria di Fabio Sargentini, che ne apprezza il talento e lo sostiene nonostante i temi scottanti in epoca di grande ottimismo e il colore nero assoluto e senza speranze: sagome emblematiche di missili e bombe, coppie umane ridotte a relitti e ombre, inquietanti metamorfosi tra uomini e animali. Con assoluta coerenza, senza mai un cedimento né una concessione, Ragalzi da oltre trent'anni va avanti per la sua strada.
Rischia di essere considerato un isolato ma prima o poi il mercato lo premierà come uno degli artisti più originali, seppure crudo e spietato.”
Sull’ultima frase non lo so, comunque l’artista è interessante.
Peraltro ha lavorato con alcune delle principali gallerie italiane, Paludetto, Sargentini, Weber, Cannaviello, Annunciata, Grossetti, Repetto poi ancora Carlina, Rolando Anselmi. Il suo lavoro è stato seguito e trattato da i più importanti critici: Achille Bonito Oliva, Maurizio Calvesi, Filiberto Menna, Enrico Crispolti, Luca Beatrice, Emilio Villa, R.H. Fuchs, Marisa Vescovo.
Poi arrivò al MACRO di Roma, nel settembre 2010, eppure non se ne parla tanto.
Per approfondire:
Castello di Rivara - Centro d'arte contemporanea
“Nella Torino degli anni Ottanta, dove continua a dominare l'Arte povera, esordisce uno scultore sorprendente, dal gusto dark ed esistenziale, mosso dalle inedite questioni ambientali, il cui universo è popolato da giganteschi insetti kafkiani e dove non c'è spazio per alcuna forma di consolazione. Sergio Ragalzi, nato nel 1951, alla sua prima mostra importante al Castello di Rivara si fa fotografare con una maschera antigas sul volto. Nel 1984 arriva a Roma nella galleria di Fabio Sargentini, che ne apprezza il talento e lo sostiene nonostante i temi scottanti in epoca di grande ottimismo e il colore nero assoluto e senza speranze: sagome emblematiche di missili e bombe, coppie umane ridotte a relitti e ombre, inquietanti metamorfosi tra uomini e animali. Con assoluta coerenza, senza mai un cedimento né una concessione, Ragalzi da oltre trent'anni va avanti per la sua strada.
Rischia di essere considerato un isolato ma prima o poi il mercato lo premierà come uno degli artisti più originali, seppure crudo e spietato.”
Sull’ultima frase non lo so, comunque l’artista è interessante.
Peraltro ha lavorato con alcune delle principali gallerie italiane, Paludetto, Sargentini, Weber, Cannaviello, Annunciata, Grossetti, Repetto poi ancora Carlina, Rolando Anselmi. Il suo lavoro è stato seguito e trattato da i più importanti critici: Achille Bonito Oliva, Maurizio Calvesi, Filiberto Menna, Enrico Crispolti, Luca Beatrice, Emilio Villa, R.H. Fuchs, Marisa Vescovo.
Poi arrivò al MACRO di Roma, nel settembre 2010, eppure non se ne parla tanto.
Per approfondire:
Castello di Rivara - Centro d'arte contemporanea