ti ringrazio per avermi dato del Paperon de Paperoni... in effetti mi sento più Gastone...
ho notato che sei molto precisa e competente e che rapidamente sai trovare soluzioni e risposte!
naturalmente avrai già un buon lavoro... peccato
Il perno principale ruota sul valore e sul "ruolo" del bene. In merito al secondo punto oltre a dare, migliorare e accrescere il prestigio di un'azienda, l'opera d'arte non deve dar luogo ad aspettative di incremento dei volumi di vendita. In parole povere il fine ultimo è tenerlo in azienda e non rivendendolo successivamente a scopo di lucro. Nel caso infatti l'azienda investa in una singola o più opere d'arte non è previsto nessun piano di ammortamento e il bene costituisce patrimonio aziendale.
In merito riprendo le parole del commercialista Marco Bodo:
L’art. 2426 n2) Codice Civile afferma che “il costo delle immobilizzazioni immateriali e materiali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, deve essere sistematicamente ammortizzato…”.
Il Comitato Consultivo per le norme antielusione del 14 ottobre 2005, n. 29 ha affermato che l’acquisto di una scultura di ingente valore da adibire ad arredo di un immobile non costituisce un bene ammortizzabile e il relativo costo non può essere quindi dedotto ex art. 102 Tuir.
Alla stessa soluzione giunge anche la corte di Cassazione con la sentenza del 13 ottobre 2006, n. 22021 in relazione all’acquisto di quadri da parte di un albergo come arredo per i propri ambienti.
Tuttavia, sempre il comitato consultivo per le norme antielusione, con il parere del 5 maggio 2008, n. 8, si è espresso a favore dell’ammortamento dell’acquisto di un’opera d’arte.
Autorevole dottrina ha tuttavia precisato che i due pareri, sebbene arrivino a conclusioni diametralmente opposte, non siano in conflitto tra loro. Infatti secondo il comitato per le norme antielusione il criterio da seguire per l’ammortamento di opere d’arte acquistate in regime d’impresa, è legato all’ingente valore artistico del bene.
Altra tesi è quella invece che considera le spese sostenute per l’acquisto di opere d’arte alla stregua di spese di rappresentanza e di conseguenza deducibili con i criteri previsti per tali tipologie di costi.
Anche la prassi (Circ. Agenzia delle Entrate n. 34/2009) ha evidenziato che una spesa di rappresentanza, per considerarsi tale dovrà possedere finalità tipicamente promozionali, collegate a generare un ritorno economico in capo a chi le sostiene.
Di tesi completamente contraria è il comitato consultivo per l’applicazione delle norme anti elusione (parere n. 29/2005) che arriva alla conclusione che l’acquisto di oggetti d’arte non sia qualificabile come spesa di rappresentanza.
Anche in questo caso quindi si assiste a un quadro normativo di incerta applicabilità.
Qualora invece tali beni non costituiscano l’oggetto dell’impresa, la loro cessione generà plusvalenze imponibili ex art. 86 co.1 del Tuir (o minusvalenze deducibili).
Tali plusvalenze saranno determinate come differenza tra prezzo di vendita dell’opera d’arte, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione e il costo non ammortizzato dei beni medesimi (verrà quindi considerato l’intero costo d’acquisto in quanto i beni artistici non sono ammortizzabili).
Qualora i beni siano posseduti da almeno tre esercizi, è possibile frazionare la plusvalenza in un massimo di cinque esercizi.